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Domenico34 - LA FEDE NELLE EPISTOLE DI PAOLO -

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2011 00:07
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09/10/2011 02:37

Siccome l’Apostolo sa molto bene che cosa può fare l’evangelo nella vita di chiunque crede, deve anche rivelare che la giustizia di Dio, — che è l’elemento essenziale di tutto quello che egli esporrà in breve —, viene rivelata nel vangelo di fede in fede. Quindi, appare chiaro, fin dalle prime battute, il ruolo che ha la fede e l’importanza che essa riveste, in questa esposizione teologica che verrà fatta.

«Negli scritti di Qumran si trova una anticipazione assai rimarchevole di questo duplice significato della giustizia di Dio; a) la sua propria giustizia, b) la giustizia con cui Egli giustifica i peccatori sulla base della fede. «Per la Sua giustizia il mio peccato è cancellato... Se inciampo a causa di una iniquità della carne, la sentenza contro di me si trova nella giustizia di Dio che dura in eterno... Per la Sua misericordia Egli ha fatto sì che potessi avvicinarmi, e per la Sua amorevole benevolenza Egli avvicina a Sé la sentenza contro di me. Per la Sua vera giustizia Egli mi giudica e per la Sua immensa bontà Egli fa l’espiazione di tutte le mie iniquità. Per la Sua giustizia Egli mi purifica dalle impurità dell’uomo mortale e dal peccato dei figli degli uomini, così che io possa lodare Dio per la Sua giustizia e l’Altissimo per la Sua gloria» [Cfr. F. F. Bruce, L’epistola di Paolo ai Romani, pagg. 94, 95].

La frase: giustizia di Dio, greco [ dikaiosun theou ] che poi è una formula prediletta di Paolo, specialmente nell’epistola ai Romani, ha il suo particolare e profondo significato, specialmente quando viene inquadrata nel contesto della salvezza. Poiché il concetto stesso di giustizia greco. [ dikaiosun ] ha un posto rilevante nella teologia biblica, specie nel N.T. che ricorre 91 volte, di cui 57 negli scritti paolini (in particolare 33 in Romani), e, poiché questo tema non rientra nello scopo di questo libro, rimandiamo il lettore alle opere specifiche, per un maggiore approfondimento [Cfr. G. Schrenk, GLNT, Vol. 2, col. 1236-1289; K.Kertelge, Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, col. 861-874; H. Seebass, Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, pagg. 799-808; Dizionario di teologia biblica, pagg. 427-437]. Siccome nell’evangelo che Paolo predica, viene rivelata la giustizia di Dio, ne consegue la piena giustificazione della maggiore insistenza nell’epistola ai Romani, poiché è in essa che viene trattato specificatamente il soggetto della giustizia di Dio.

La fede, ovviamente, in questo processo di rivelazione, nel senso cioè di mettere in evidenza, far conoscere, svolge un ruolo primario e fondamentale, ragione per cui, la stessa citazione che viene addotta di Habacuc 2:4, serve essenzialmente all’Apostolo a mettere maggiormente in risalto il valore della fede, poiché il giusto vivrà per la fede. Concepire infatti il ‘vivere’ del giusto senza la fede, significa, non solamente svuotare la vita della sua vera essenza, ma anche e soprattutto farla apparire in una diversa dimensione di come Dio l’ha tracciata e l’ha stabilita. La vita di una persona in genere, non è scevra di pericoli e difficoltà, — e quella del giusto non è diversa —, ragion per cui, per superare facilmente questi sbarramenti, il giusto, in maniera particolare, non può fare affidamento alle sue capacità umane, deve necessariamente appellarsi alla fede, la sola che può garantirgli il superamento di ogni pericolo e difficoltà)


4) Romani 3:22:


cioè la giustizia di Dio mediante la fede pistes in Gesù Cristo verso tutti e sopra tutti coloro che credono, perché non c’è distinzione.

Stabilito come punto fermo che la giustizia di Dio viene rivelata nel vangelo di Cristo, (1:17) e che alla stessa rendono testimonianza la legge e i profeti (3:21), e, visto che l’Apostolo nel tratto 3:9-20 ha dimostrato, tramite le Scritture, precisamente: (Salmo 14:3; 53:1-3; 5:9; 140:3; Proverbi 1:16; Isaia 59:7 e Sal 36:1) che tutti gli uomini, tanto Giudei quanto Greci sono tutti sotto peccato (3:9), e, premettendo che:

nessuna carne sarà giustificata davanti a lui (cioè davanti a Dio) per le opere della legge perché la legge dà soltanto la conoscenza del peccato (N. Riveduta 3:20),

gli si impone la necessità di chiarire e specificare come tutti gli uomini, essendo peccatori, privi della gloria di Dio (3:23), possono essere beneficati dalla giustizia di Dio al punto di essere addirittura giustificati, cioè dichiarati giusti. Questo cambiamento di ‘stato’, naturalmente, non può avvenire nella vita del peccatore per le opere della legge, ma solamente mediante la fede in Gesù Cristo.

A questo punto lo Schlier, nel suo commento scrive:

«Ma di che natura è questa giustizia? E come viene elargita? La prima risposta l’abbiamo da questo versetto. Il [ de ] ha valore esplicativo e indica un contrasto. La [ dikaiosun theu ] = (giustizia di Dio) è una particolare giustizia di Dio e la specialità sua consiste nel modo in cui si diviene partecipi di essa Si tratta infatti di una [dikaiosun theu dia ts pistes Xristou ]» [Cfr. H. Schlier, La lettera ai Romani, pagg. 188,189], (la giustizia di Dio mediante la fede in Cristo).

È solamente in virtù o ‘mediante’ la fede che si può essere giustificati. Onde evitare che le parole dell’Apostolo possano essere fraintese o mal comprese, si precisa e si specifica che questa fede, deve essere in Gesù Cristo. Cosa vuol dire Paolo con questa precisazione dogmatica? La giustizia di Dio può essere applicata nella vita del peccatore ai fini della sua giustificazione, solamente attraverso Gesù Cristo, il divino Mediatore tra Dio e l’uomo (1 Timoteo 2:5), e ciò avviene in virtù di quello che Egli ha fatto. La fede in Lui, non è solamente l’anello di congiunzione tra il divino e l’umano, ma è soprattutto l’appropriazione del ‘merito’ che Gesù Cristo ci ha acquistato con la sua morte. Appare quindi abbastanza chiaro che, senza la fede in Gesù Cristo, la giustizia di Dio non può beneficare nessun peccatore.

Si continuerà il prossimo giorno...
[Modificato da Domenico34 10/10/2011 00:24]
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