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La Vita di Cristo non è racchiusa in un pensare. E se invece di un pensiero tu portassi la Vita?
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Domenico34 – GESÙ CRISTO È DIO? – Capitoli 7-16 + APPENDICE E BIBLIOGRAFIA

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2012 00:23
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26/12/2011 00:12

In queste parole abbiamo la descrizione di un’azione personale che Cristo compì. Ci domandiamo: Di che cosa Cristo si svuotò? Di qualcosa che non gli apparteneva, o di qualcosa che era suo per natura o esistenza?. Il fatto stesso che Gesù compì quest’azione di svuotamento, è una prova che egli aveva un qualcosa che ha voluto mettere da parte, ai fini della sua missione.
Se l’essere uguale a Dio (l’unica cosa che Paolo afferma in questo testo) non rientrava, nella sua natura di «essere», quale fu la cosa che Cristo mise da parte, o della quale si svuotò?

È chiaro allora quando il testo precisa (e questa è l’esatta interpretazione di (Filippesi 2:6), che Cristo non considerò o stimò, l’essere uguale a Dio come un guadagno (che non si lascia sfuggire), come nel caso della tentazione di Adamo (sarete come Dio), né tanto meno ad una tentazione di Cristo anteriore alla creazione del mondo, perché qui non si tratta di una tentazione, ma di un atto libero, e dal termine arpagmom va esclusa ogni idea di furto, di rapina.

Quando si analizza il v.10 in cui viene affermato che nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio, nei cieli, sulla terra e sotto la terra, appare più evidente la caratteristica della deità di Gesù Cristo, soprattutto quando questo testo si mette a confronto con (Isaia 45:23), ch’è il testo parallelo di (Filippesi 2:10). Nel testo di Isaia si legge:

Per me stesso io l’ho giurato; è uscita dalla mia bocca una parola di giustizia, e non sarà revocata: Ogni ginocchio si piegherà, davanti a me, e ogni lingua mi presterà giuramento.

Si sa molto bene che in questo testo è Geova che reclama una simile cosa e che non c’è essere che non abbia a piegare il suo ginocchio davanti a lui. La stessa autorità di Geova, Paolo la vede in Cristo Gesù, perciò non esita di applicare a lui le parole di (Isaia 45:23).

Tutta la rimanente argomentazione che Paolo fa, quando parla dell’ubbidienza di Cristo, del suo abbassamento e del suo innalzamento da parte del Padre, tutto va inquadrato e compreso in riferimento alla sua missione come Messia, che Egli compì su questa terra. Non è quindi fuori posto che Cristo, quasi al termine della sua missione, dica al Padre:

Glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse.

E le seguenti parole: Affinché veggano la mia gloria che tu mi hai data (Giovanni 17:5,24). Il voler mettere in risalto che questa non è la stessa gloria che ha Geova, per il fatto che la gloria di Gesù viene data dal Padre, è una delle tante meschine considerazioni. Per poter confutare questa asserzione, basti ricordare le parole di (Isaia 42,8:

Io sono l’Eterno; tale è il mio nome; e io non darò la mia gloria ad un altro, né la lode che m’appartiene agl’idoli.

Se Geova dà la «sua gloria» a Gesù, è prova che tra lui e Cristo non c’è nessuna differenza. Se Cristo fosse «un altro», secondo il testo di (Isaia 42:8), Geova non darebbe la sua gloria. Si potrebbe ribattere che (Giovanni 17:5) non afferma che la gloria, che Cristo reclama, è quella di Geova. Sorge allora la domanda: Quanti tipi di Gloria ha il Padre? Si noti bene che la gloria a cui Gesù Cristo fa riferimento, ha origine nell’eternità, prima che il mondo fosse.

Si tenga poi in debito conto l’affermazione di Cristo: Io sono nel Padre e il Padre è in me, e subito si capirà che la gloria del Cristo non è diversa da quella del Padre, di Geova. L’apostolo Giovanni dirà chiaramente, ch’è
Gloria come quella dell’Unigenito venuto da presso il Padre (Giovanni 1:14) [Per l’esegesi di Filippesi 2:5-11 cfr. J. Gnilka, La lettera ai Filippesi, pagg. 200-252. Per la storia del concetto di morphē, cfr. J. Behm, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vol. VII, Col. 477-509. Per la storia del concetto arpazō-arpagmon, cfr. W. Foerster, GLNT, I Col. 1255-1263].

3. COLOSSESI 2:9

Poiché in lui (Cristo) abita corporalmente tutta la pienezza della deità.

La versione della TNM della Torre di Guardia, dice: «Perché in lui dimora corporalmente tutta la pienezza della qualità divina» [Cfr. E. Stauffer, GLNT, IV, Col. 464 ed E. Lohse, Le lettere ai Colossesi e a Filemone pag. 193].

La parola greca usata in questo testo è: theotetos da theotes che significa: «Divinità, natura divina ed esprime l’essere divino». Questo termine in tutto il N.T. ricorre una sola volta, e precisamente in questo testo di (Colossesi 2:9). Un altro termine, che con ogni probabilità è stato frainteso dalla Torre di Guardia è: theiotes, da theios, che significa:
«Divinità, ed esprime la proprietà del divino, la divinità» [Cfr. H. Kleinknecht, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testaemto) Vol. IV, Col. 473-474 ed E. Lohse, Le lettere ai Colossesi e a Filemone, pag. 193].

Anche questo testo ricorre una sola volta nel N.T. precisamente in (Romani 1:20), in cui è detto:

Poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità theiotes, si vedono chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue.

Si continuerà il prossimo giorno...
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