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Domenico34 - LA FEDE NELLE EPISTOLE DI PAOLO -

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2011 00:07
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16/11/2011 00:21

7) Efesini 6:23:

Pace ai fratelli e amore con fede [ pistes] da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo.

In questa parte terminale dell’epistola, in cui l’Apostolo, secondo la sua usanza, saluta la fratellanza, formulando ai fratelli l’augurio della pace unito all’amore con fede da parte di Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. Perché Paolo unisce la fede all’amore, porta lo Schlier a consigliare di intendere le parole dell’apostolo nel seguente modo.

«Sulla scorta di 4:2, è meglio intendere l’amore come forza intima della pace. Comunque, si tratta dell’amore che nasce dalla fede» [Cfr. H. Schlier, La lettera agli Efesini, pagg. 492-493].

Se si accetta che l’amore nasce dalla fede, come conseguenza logica questi elementi non si possono mai dissociare tra di loro. Infatti, concepire la fede senza l’amore o viceversa, è come se dovessimo parlare di un bell’albero senza frutti. Se la fede è sempre certezza di cose che si sperano e dimostrazione di cose che non si vedono (Ebrei 11:1), parimente l’amore, che non si manifesta come semplice pensiero ma si dimostra con azioni tangibili, dà più valore alla fede e la stessa fede diventa più significativa quando viene accompagnata dalle opere dell’amore.

EPISTOLA AI FILIPPESI

Nota introduttiva

In questa epistola, la fede non viene menzionata tante volte. Nei suoi quattro capitoli che la compongo, questo termine si trova solamente quattro volte. Giova sempre soffermarsi anche brevemente su queste quattro occorrenze, se non altro per vedere in quali contesti l’apostolo Paolo ne tratta.

1) Filippesi 1:25:

Questo so sicuramente, che rimarrò e dimorerò presso di voi tutti per il vostro avanzamento e per la gioia della vostra fede [ pistes].

Questo primo riferimento alla fede si trova in un contesto che parla della prigionia di Paolo. L’Apostolo, lungi dall’essere scoraggiato e avvilito per la presente situazione, capisce chiaramente che le cose che gli sono accadute sono risultate ad un più grande avanzamento dell’evangelo (v. 12). Poiché l’evangelo ne ha tratto il maggiore beneficio, le catene che l’Apostolo porta, rappresentano una viva testimonianza del Cristo al quale egli appartiene. Non solo questo, ma sono addirittura diventate motivo di incitamento per molti fratelli, nel proclamare la Parola di Dio senza paura (v. 14). È vero che Paolo pensa a quelli che predicano Cristo per invidia e contesa ma non può negare nello stesso tempo che ci sono quelli che lo predicano di buon animo e per amore (vv. 15,17). In questa precisa prospettiva, l’Apostolo trova il modo per esprimere il suo compiacimento, per il fatto che Cristo è annunciato e di questo egli si rallegra al presente e si rallegrerà per l’avvenire .

Se Paolo fosse stato un settario, o se avesse voluto difendere una posizione denominazionale, non avrebbe certamente espresso questi pensieri; avrebbe addirittura condannato o per lo meno biasimato coloro che predicavano Cristo per invidia e conteSalmo Ogni cristiano e ogni predicatore del vangelo, dovrebbe imparare da Paolo come reagire davanti a quelli che, pur non appartenendo alla medesima denominazione, annunziano Cristo, potenza e sapienza di Dio (1 Corinzi 1:24).

Davanti al pensiero della morte che l’Apostolo manifesta — che in questo contesto potrebbe avere significato come se egli pensasse a una possibile condanna a morte —, Paolo ha imparato che il vivere è Cristo, e il morire guadagno. Dovendo però fare la scelta tra il migliore e il necessario, preferisce pensare al beneficio dei suoi fratelli, anziché l’andare ed essere con Cristo (vv. 21-24). È in questa visuale che l’Apostolo esprime la sua fiducia in termini di sicurezza che egli non sarà messo a morte, ma che rimarrà presso i suoi fratelli per il loro avanzamento e per la gioia della loro fede. Ecco un uomo che pensa più agli altri che a se stesso! Ogni credente dovrebbe avere questa meta davanti a sé, e, tutta la sua vita, dovrebbe dedicarla per l’avanzamento e la gioia della fede di un altro credente.

2) Filippesi 1:27:

Soltanto, comportatevi in modo degno dell’evangelo di Cristo, affinché, sia che venga e vi veda, o che sia assente, oda nei vostri riguardi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede [ pistei ] dell’evangelo.

In questo verso l’Apostolo rivolge alla comunità dei Filippesi una paterna esortazione ricordando loro quanto sia importante comportarsi in modo degno dell’evangelo di Cristo. Poiché la parola è rivolta ai convertiti, l’esortazione paolina tende a far comprendere a questi fratelli che il loro comportamento (sia per quanto riguarda nell’ambito della fratellanza e sia soprattutto con quelli che vivono al di fuori di essa) non può essere lo stesso di quelli che non si sono convertiti a Cristo, deve essere necessariamente diverso, cioè degno dell’evangelo di Cristo. A questo punto giova ricordare la parola di Gesù quando definì il suo discepolo: sale e luce del mondo (Matteo 5:13,14), e che lo stesso Paolo in 2:15, chiarisce meglio il valore della sua esortazione quando precisa:

affinché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo ad una generazione ingiusta e perversa, fra la quale risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la parola della vita.

Si continuerà il prossimo giorno...
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