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Domenico34 - LA FEDE NELLE EPISTOLE DI PAOLO -

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2011 00:07
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Sesso: Maschile
02/11/2011 00:02

Dal testo che abbiamo esaminato, risulta chiaramente che per un certo tempo, (non si sa esattamente per quanto) Pietro non ebbe nessuna difficoltà a mangiare assieme con gli etnicocristiani di Antiochia, dimostrando apertamente sia a Paolo che agli atri, giudeocristiani e etnicocristiani, che lui in qualità di giudeocristiano, non aveva niente in contrario a condividere con questi cristiani il loro modo di vivere. Questo naturalmente perché Pietro l’aveva capito chiaramente in precedenza, cioè con l’evento della casa di Cornelio (Atti 10).

Se poi il discorso si sposta su quello che egli sostenne al concilio apostolico di Gerusalemme (Atti 15:7-11), diventa più chiaro che l’Apostolo non condivideva l’opinione dei giudaizzanti, che avrebbero voluto un taglio netto col modo di vivere degli etnicocristiani, a meno che quest’ultimi non fossero stati disposti ad accettare la pratica della circoncisione e l’osservanza della legge di Mosè. Si nota subito che la posizione di Pietro era uguale a quella di Paolo. Però, quando nella chiesa di Antiochia arrivarono alcuni da parte di Giacomo, Pietro ebbe paura di loro, e, facendo un voltafaccia con la sua stessa convinzione, si ritirò dagli etnicocristiani e non si unì più alle loro mense. Anche se questo atteggiamento fu visto da tutti e lo stesso Barnaba venne trascinato dalla loro ipocrisia, non tutti però si resero conto che Pietro, (in qualità di capo per la missione dei giudeocristiani) non stava comportandosi secondo la verità dell’evangelo. Fu Paolo che vide questo e fu lui che ebbe il coraggio di rimproverare Pietro davanti a tutti. Quindi, le parole del (v. 16), non sono indirizzate ai giudeocristiani, come qualcuno suggerisce, ma a Pietro.

Quando Paolo fa riferimento alle opere della legge, per ottenere la giustificazione, giustamente afferma che per tali opere, l’uomo, sia giudeo che pagano, non può mai concquistarsi la giustificazione. Il non mangiare assieme ai gentili convertitesi al cristianesimo, era appunto l’osservanza di quello che diceva la legge intorno a certi cibi che i gentili mangiavano liberamente e che ai giudei era proibito. Ma che cosa s’intende precisamente con queste opere della legge che non procurano la giustificazione? Considerando il contesto di Galati 2:16 e anche altri passi della lettera, quali (3:2,5,10)

«si ricava che come opere di tal genere non si vogliono affatto indicare soltanto le prescrizioni rituali del giudaismo, compresa la circoncisione, ma le opere dell’uomo deducibili dalla totalità del nomos, dalla torà (cfr. specialmente 3:10-12 con l’espressione del v. 11: en mon [ ! ] oudeis dikaioutai para the) = (mediante la legge, nessuno è giustificato davanti a Dio). Questa constatazione è confermata dalla lettera ai Romani (cfr. specialmente 3:20,27; 4:2; 9:11,31; 11:6). «Le opere della legge» contengono per Paolo un principio religioso, che viene annullato dalla norma della grazia e della fede instaurata escatologicamente in Cristo. Solo un’esegesi ingenua potrebbe negare questi risultati e limitare «le opere della legge» ai precetti rituali giudaici.

La giustificazione avviene per fede: ciò è valevole per sempre (presente acronico dikaioutai in Galati 2:16a) e — secondo l’esegesi scritturistica di Paolo — è già stato valido da sempre, come mostra l’esempio di Abramo (cfr. Galati 3:6-12; Romani 4:2,23). Al posto del principio della legge, che comunque non portava alla giustificazione (cfr. Galati 3:11), subentra il principio della fede (dia pistes Christos Isuo). Qui la preposizione dia qualifica la fede come la via alla giustificazione per l’uomo, col che però la pistis non dev’essere intesa a sua volta come (nuova) «opera», e lo dimostra la netta antitesi «fede» / «opere della legge». La fede è la risposta appropriata a una concreta offerta di grazia da parte di Dio, espressa mediante il genitivo oggettivo Christou Isou che segue pistes. La fede giustificante ha il suo fondamento oggettivo in quell’evento salvifico che è inscindibilmente congiunto con la persona e con l’opera redentrice di Gesù Cristo; essa perciò non è una fede qualsiasi, ma, detto in forma pregnante, «fede in Cristo Gesù», come l’Apostolo si affretta a precisare» [Cfr.F. Mussner, La lettera ai Galati, pag. 274, nota 6].

La seconda parte del (v. 16), mette in evidenza, sia per la vita di Paolo come anche per quella di Pietro (per non parlare di tutti gli altri giudei convertitisi) che essi hanno creduto in Cristo Gesù, affinché fossero giustificati mediante la fede di Cristo. È chiaro quindi, dove vuole arrivare l’Apostolo con queste sue parole: mettere Pietro davanti alla realtà della sua salvezza. In altre parole Paolo voleva dire a Pietro: Se tu sei salvato = giustificato, lo sei solamente per la fede in Cristo Gesù e non in virtù delle opere della legge. Questa è una verità che deve essere ribadita continuamente da ogni predicatore del vangelo, per non deviare dalla verità dell’evangelo.

A questo punto non ci resta altro che fare qualche osservazione sulla vita di Pietro per ciò che riguarda la polemica che ci fu tra lui e Paolo. Dall’epistola ai Galati come del resto di tutte le altre epistole paoline, non si dice niente della possibile reazione che avrebbe potuto avere Pietro nei confronti di Paolo. Ha capito Pietro il valore e il significato dell’intervento di Paolo? Ha conservato nel suo cuore risentimenti nei suoi confronti? Se non ci fosse niente nel N.T. che potesse rispondere alle due domande, non sapremmo veramente proprio nulla di come andarono le cose tra Pietro e Paolo. Però, un riferimento nella (2 Pietro 3:15), che parla specificatamente di Paolo, dicendo addirittura: il nostro caro fratello Paolo, questo potrebbe essere la chiave per dare una risposta alle nostre due domande.

A questo punto si presenta il problema della paternità, cioè se la 2 Pietro sia stata scritta dall’Apostolo o sia stato un’altro a farlo, usando il suo nome. Siccome il nostro scopo non è quello d’intrattenerci su questo dibattuto problema, possiamo rimandare il lettore alle opere specifiche [Cfr.Karl Hermann Schelkle, Le lettere di Pietro e di Giuda, pagg. 288-294 e di Everett F. Harrison, La Parola del Signore, Vol. 2 pagg. 423-434].

Si continuerà il prossimo giorno...
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