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Domenico34 - LA FEDE NELLE EPISTOLE DI PAOLO -

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2011 00:07
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31/10/2011 13:04

Facendo le sue considerazioni su quello che Munk ha detto, giustamente il Mussner scrive:
«Gli etnicocristiani, quand’anche dovessero giudaizzare, non ricostruiscono ciò che prima hanno «abbattuto»; convertendosi, essi non avevano bisogno anzitutto di «demolire» la legge, proprio perché in qualità di pagani non avevano vissuto secondo la legge Qui si rivela tutta la fragilità delle costruzioni del Munck, che portano anche a una completa minimizzazione del conflitto antiocheno fra Paolo e Pietro. Inoltre, da Galati 2:12 risulta chiaramente che i «giudaizzanti» erano di fatto giudeocristiani che indussero Pietro a lasciare, temporaneamente e contro la sua migliore convinzione, la retta via che conduce alla verità dell’evangelo. Il destinatario principale del «discorso» di Paolo in Galati 2:14-21 è Pietro, come risulta inequivocabilmente dalla precisazione del v. 14b (su = Pietro!)» [Cfr.F. Mussner, La lettera ai Galati, pagg. 263-265].

Secondo lo Schmithals (che esprime diversamente le cose), precisa che «noi veniamo a conoscere quegli «effettivi avvenimenti d’Antiochia... solo nell’ambito di una relazione molto finalizzata». Benché i giudeocristiani continuassero a vivere in conformità della legge, il «comportamento di Pietro... non contraddiceva del tutto alla lettera dell’accordo di Gerusalemme; ma contrastava con la sua intenzione», perché questo accordo comportava effettivamente anche certe implicazioni riguardanti il comportamento concreto dei giudeocristiani e degli etnicocristiani («noi ai pagani, essi invece alla circoncisione»). Che in modo particolare Pietro, il capo della missione ai giudei fedeli alla legge, fosse coinvolto in questi fatti e che questi accadessero nella famosa metropoli di Antiochia, dev’essere apparso particolarmente preoccupante ai gerosolimitani», soprattutto anche per le conseguenze che eventualmente dalla comunione di mensa dei giudeocristiani con gli etnicocristiani in Antiochia sarebbero derivate per le comunità giudeocristiani di Giudea, dove si potevano temere rappresaglie da parte del giudaismo.

I messaggeri di Giacomo vennero ad Antiochia a causa di questi timori — e anche Pietro li condivise (phoboumenos tous ek peritoms = (camminare rettamente) secondo lo Schmithals significa «per timore dei giudei», non dei giudeocristiani). «Ciò considerato, non si potrà contestare a Pietro l’onestà e coscienziosità della sua decisione». Davanti a questa visuale che lo Schmithals ha voluto tracciare, la domanda di Mussner, è più che pertinente: «Ma allora, perché Paolo affronta così aspramente Pietro, non gli uomini di Giacomo e gli altri giudeocristiani?». «Di qualunque genere possano essere i motivi personali della condotta di Pietro, Paolo teme evidentemente che il suo ritorno sotto la legge possa essere inteso dai pagani come una decisione teologica in favore della giustizia acquisibile con la legge.. solo in vista delle conseguenze temute per le sue comunità l’incoerenza nel comportamento di Pietro provocò la sua critica. Ciò premesso, si spiegano facilmente anche gli altri particolari dell’argomentazione paolina».

La conclusione che fa lo Schmithals è: «Quantunque Paolo in Galati 2:11 si mostri soprattutto interessato a riferire sulla controversia con Pietro, non si può tuttavia mettere in dubbio che l’argomento vero e proprio di quell’incidente in Antiochia fu il suo disaccordo con Barnaba. L’irritazione contro Pietro fu provocato in gran parte dalla conseguenza alla quale il suo comportamento costrinse proprio Barnaba. Non a caso Luca riferisce soltanto del conflitto fra Paolo e Barnaba; questo è il conflitto che nell’episodio antiocheno è rimasto impresso nella memoria della cristianità».

Che Paolo, sostiene lo Mussner, in effetti consideri colpevole anche Barnaba, si deduce dal plurale orthopodousin in 2:14, nel quale è incluso anche Barnaba; ciononostante riuscirebbe strano che poi tutta l’indignazione di Paolo si sfoghi soltanto su Pietro e che di Barnaba personalmente non si faccia il minimo cenno. Per questo, conclude Mussner, «l’ultima tesi dello Schmithals dovrà essere contrassegnata da un punto interrogativo» [Cfr.F. Mussner, La lettera ai Galati, pagg. 265-267].

L’ultimo punto, sul quale ritengo importante conoscere, è costituito dal modo di intendere dello Lönning, il quale vede nel testo di Galati 2:11 il «problema fondamentale di teologia controversistica». Dopo un esame accurato della storia dell’esegesi di Galati 2:11, il Lönning passa a considerazioni di fondo. Egli capisce assai bene che la storia dell’interpretazione di Galati 2:11 spesso offre pure la risposta attualizzante alle questioni di fronte alle quali si vede posta un’epoca nella sua problematica teologica. Ovviamente questo giudizio vale in particolare per il periodo dell’«insurrezione» riformatoria contro la chiesa papale. L’esegesi cattolica mirò più volte, fino ai nostri giorni, a giustificare Pietro nei confronti dell’attacco di Paolo.

Il Lönning riconosce che il problema fondamentale di Galati 2:11 è questo: qual’è l’essenza dell’«apostolicità»? Egli osserva: «Nel nostro caso il quadro viene drasticamente complicato dal fatto che il testo apostolico parla di una controversia fra due apostoli, in un contesto in cui si sviluppa il tema dell’apostolato. Ancor più: la controversia apostolica coinvolge proprio le due persone che nella storia della chiesa — l’uno in forza della sua posizione centrale nella Scrittura apostolica, l’altro per il predominio della Tradizione apostolica — figurano per così dire come prototipi». Si potrebbe col Crisostomo obbiettare che un dissidio isolato non si può davvero intendere come un «conflitto duraturo», che dia avvio a una permanente posizione di problemi. Ma lo stesso Crisostomo non avverte che, essendo quel celebre conflitto diventato Scrittura in una graf che per la chiesa ha valore canonico, anche la problematica di fondo che emerge è divenuta nella chiesa oggetto di continua meditazione; vale a dire: una simile situazione conflittuale può nella chiesa ripetersi. Richiamato questo principio, come si deve interpretare il conflitto antiocheno? Secondo il Lönning esso riguarda questa problematica: continuità e discontinuità nella vita della chiesa-Salmo. Allora tutta l’argomentazione dell’Apostolo in Galati 1 e 2 mostrerebbe che la «continuità della chiesa è inclusa in h altheia tou euaggeliou (2:14)». «Col nostro testo — cioè col testo considerato nella storia dei suoi effetti — si ha un possibile punto d’incrocio. La chiesa non è direttamente accessibile né alla considerazione empirica né alla deduzione speculativa.

Si continuerà il prossimo giorno...
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