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Domenico34 - LA FEDE NELLE EPISTOLE DI PAOLO -

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2011 00:07
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26/10/2011 00:37

6) 2 Corinzi 13:5:

Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede; [ pistei ] provate voi stessi. Non riconoscete voi stessi che Gesù Cristo è in voi? A meno che non siate riprovati.

In quest’ultimo riferimento alla fede, Paolo ritornando a difendere la sua autorità apostolica, avverte la fratellanza del pericolo che vanno incontro, se continueranno ad ascoltare i calunniatori e i diffamatori dell’Apostolo. La prova che questi credenti indagano nella vita di Paolo, riguarda il Cristo che parla in lui. Se l’Apostolo ha scritto la presente lettera, l’ha fatto tenendo presente quelli che hanno peccato e tutti gli altri, che egli non intende risparmiare, una volta che sarà venuto a Corinto.

Con l’invito ad esaminare voi stessi per vedere se siete nella fede, Paolo non vuole insinuare nella mente di quei credenti, come se fossero scaduti dalla grazia; vuole solamente esprimere la sua preoccupazione e indurli a fare una certa verifica per conoscere se Cristo è ancora in loro. Se la prova dovesse portare alla constatazione che Cristo non è più in loro, significherebbe in pratica che sono riprovati.

Anche se l’Apostolo ha usato un tono severo e forte con i Corinzi, non l’ha fatto sicuramente per giudicarli e scoraggiarli, ma per far loro comprendere che l’autorità che il Signore gli ha data, egli l’ha usata per la loro edificazione e non per la loro distruzione (v. 10).

EPISTOLA AI GALATI

Nota preliminare

Delle 19 occorrenze che l’epistola ai Galati contiene per quanto riguarda la fede, come contenuto e significato si avvicinano a quelle dell’epistola ai Romani, che sotto alcuni aspetti e per alcuni di essi, si trovano sullo stesso piano. Con l’esame che ne faremo, non solo metteremo in evidenza tutti gli elementi che possono maggiormente arricchire la nostra conoscenza, ma anche e soprattutto per farci notare come l’Apostolo inquadrava la fede, quale peso da ad essa e come la colloca nelle varie situazioni che si determinano davanti al suo ministero e in riferimento alla dottrina cristiana che egli insegna.

1) Galati 1:23:

ma esse udivano soltanto dire: «Colui che prima ci perseguitava, ora annunzia quella fede pistin che egli devastava».

Questo primo riferimento alla fede, si trova in un ampio contesto in cui si parla della conversione di Paolo e del come egli si comportò subito dopo la sua conversione a Gesù Cristo. La testimonianza della sua conversione l’Apostolo la racconta ai Galati, non solo per far loro conoscere quello che egli era prima dell’evento sulla via di Damasco, che segnò la svolta decisiva nella sua vita, ma anche per rivendicare l’autorità divina del suo apostolato e della sua dottrina, di fronte agli avversari che erano riusciti a penetrare con le loro eresie nella comunità dei Galati, producendo un certo sbandamento nella loro vita, pronti a lasciarsi prestamente convincere da quelli che predicavano un altro evangelo, rispetto a quello che Paolo predicava, evangelo che essenzialmente si concretizzava nella proclamazione della grazia di Cristo, mediante la quale quei cristiani erano stati chiamati. Siccome però l’Apostolo sa che in effetti non si tratta di parlare di un altro evangelo, ma solamente di pervertire l’evangelo di Cristo, (perché tale è in effetti l’opera degli eretici) e turbare la coscienza tranquilla dei Galati (vv. 6,7).

Davanti a questa tragica realtà che si delinea chiaramente davanti Paolo, egli che sa molto bene che l’evangelo che predica, non viene dall’uomo, né l’ha imparato da nessun uomo, ma l’ha ricevuto per rivelazione da Gesù Cristo (v. 12), egli può rivolgere una ferma e autorevole parola ai suoi fratelli e dir loro:

Anche se noi o un angelo dal cielo vi predicasse un evangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia maledetto. Come già detto, ora lo dico di nuovo: Se qualcuno vi predica un evangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto (vv. 8,9).

Davanti a queste precise e categoriche parole, — che poi rappresentano una chiara evidenza della sua divina autorità apostolica —, Paolo passa a raccontar loro la sua testimonianza, quando era nel giudaismo, dicendo: voi avete udito

come perseguitavo con grande ferocia la chiesa di Dio e la devastavo. ... Ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia, di rivelare in me suo Figlio, affinché l’annunziassi fra i gentili, io non mi consultai subito con carne e sangue, né salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai in Arabia e ritornai di nuovo a Damasco (v. 13-17).

In questo resoconto che Paolo fa della sua conversione, ci sono tre cose che vengono messe in evidenza, dopo l’evento di Damasco.

1. Non mi consultai subito con carne e sangue;
2. non salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me;
3. me ne andai in Arabia…

Su questa puntualizzazione che l’Apostolo fa, i commentatori hanno cercato di comprendere e spiegare, perché Paolo si comportò in quel modo.

Si continuerà il prossimo giorno...
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