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Domenico34 - LA FEDE NELLE EPISTOLE DI PAOLO -

Ultimo Aggiornamento: 24/11/2011 00:07
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23/10/2011 00:11

6) 1 Corinzi 15:17:

ma se Cristo non è stato risuscitato, vana è vostra fede; [ pistis ] voi siete ancora nei vostri peccati.

Continuando il discorso che l’Apostolo ha fatto nei (vv. 12-16), con il (v. 17) egli aggiunge qualcosa che ha a che fare con la salvezza. In senso concreto, non c’è salvezza senza il perdono dei peccati. Se uno è ancora nei suoi peccati, ciò significa che questi non sono stati tolti. I peccati del peccatore vengono perdonati, e col perdono vengono tolti dalla sua vita, mediante la fede in Cristo Gesù. Ma non di un Cristo morto, ma di un Cristo vivente, cioè risuscitato dai morti.

Se con la sua morte Gesù Cristo ha espiato i peccati del peccatore, con la sua risurrezione, ne ha garantito la giustificazione (Rom 4:25), cioè il peccatore è stato dichiarato giusto da Dio, come se egli non avesse mai commesso peccati preso in questo contesto teologico, si può meglio comprendere la portata del (v. 17).

7) 1 Corinzi 16:13:

Vegliate, state fermi nella fede, [ pistei ] comportatevi virilmente, siate forti.

Quest’ultimo riferimento alla fede, che la 1 Corinzi fa, riguarda una precisa esortazione in forma imperativa.

«State fermi nella fede si riferisce alla stabilità del cristiano fermamente radicato in Cristo, una stabilità vistosamente assente nei Corinzi» [Cf. G. Stählin, GLNT. Vol. VII, col. 1467, nota 28].

SECONDA EPISTOLA AI CORINZI

Nota preliminare

«Dopo aver attentamente ascoltato i grandi maestri per penetrarne il pensiero» scriveva il Ruskin in Sesame and Lilies, «si deve andare oltre e penetrarne il cuore». Sono due doveri che l’arte dello scrivere impone a chi legge; con alcuni scrittori è più facile affrontare il primo di questi doveri, ma con altri il secondo riesce meno difficile. L’autore della II Corinzi dovrebbe essere posto in quest’ultima categoria, perché quel documento così personale e ricco di pathos lascia ben pochi lettori insensibile al battito accelerato del cuore di chi lo ha redatto anche se, a volte, li mette in difficoltà quando vogliono seguirne i ragionamenti. L’Apostolo si svela così apertamente ed esprime con tanta libertà il mutamento del suo umore e dei suoi sentimenti che nessun ostacolo impedisce di penetrare nell’intimo del suo cuore e di comprendere la grande tenerezza che esso alberga insieme con le gioie ed i timori. «La Seconda Epistola ai Corinzi è forse la lettera che rivela di più il carattere e il pensiero dell’Apostolo... Gloria e umiliazione; vita e morte; una visione di angeli che lo rinvigorisce; la spina nella carne che lo abbatte; una grandissima tenerezza, ma non priva di severità; un dolore smisurato, delle consolazioni smisurate; ecco alcune fra le contraddizioni che si conciliano nello stesso uomo» [Cfr. L. Morris, La prima epistola di Paolo ai Corinzi, pag. 288].

Per quanto riguarda le occorrenze che ha la 2 Corinzi intorno alla fede, sono esattamente sei, cioè una in meno rispetto alla 1 Corinzi. La 2 Corinzi non differisce rispetto alla prima solo per il numero di occorrenze; sono anche diversi i contesti nei quali appare la fede. L’esame di tutti i riferimenti che contiene questo scritto paolino, metterà in risalto le varie verità che vengono proclamate, valevoli anche per i cristiani dei nostri giorni.

1) 2 Corinzi 1:24:

Non già che dominiamo sulla vostra fede, [ pistes] ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché state saldi per fede [ pistei ]

Il primo riferimento alla fede si trova in un contesto del comportamento dell’Apostolo nei confronti della fratellanza dei Corinzi. Poiché Paolo era stato colui che li aveva generati in Cristo (1 Corinzi 4:15), la fratellanza avrebbe potuto pensare che lui, in qualità di apostolo e di padre spirituale, si sarebbe avvalso della sua autorità per signoreggiare la loro vita, quindi agire nei loro confronti come un vero e proprio monarca. Se la fratellanza di Corinto avesse avuto simili convincimenti, l’Apostolo, con questa sua epistola dimostrava loro che non era nella sua intenzione agire come un comandante in prima, e considerare i fratelli come i suoi sudditi.

Non è un puro caso che questi sentimenti che rispecchiavano l’atteggiamento umile e comprensivo di Paolo, li abbia manifestati proprio all’inizio della sua epistola. Onde fugare ogni sospetto, l’Apostolo ci tiene a dire, con franchezza e fermezza che egli, in mezzo a loro, si era

comportato con la semplicità e sincerità di Dio, non con sapienza carnale, ma con la grazia di Dio (v. 12).

Se l’Apostolo aveva ritardato la sua visita a Corinto, come egli stesso aveva preannunciato, non l’aveva fatto per altri scopi, ma solamente per risparmiare quella fratellanza. Se Paolo non avesse aggiunto altre parole, avrebbe dato la più grande dimostrazione di essere un vero dittatore, uno che vuole tenere tutti sotto la sua autorità. Ma con le parole: Non già per dominare la vostra fede, fornisce la più ampia garanzia che in lui non c’è né il desiderio né la volontà di essere considerato un gerarca dispotico, «un tiranno che vuole dare ordini riguardo alla coscienza, ben deciso ad ottenere la loro sottomissione in tutte le cose» [R.V.G. Tasker, La seconda epistola di Paolo ai Corinzi, p. 60]; ma vuole essere semplicemente un collaboratore della loro gioia, con l’augurio che questi fratelli rimangano saldi nella loro fede.

Si continuerà il prossimo giorno...
[Modificato da Domenico34 23/10/2011 00:13]
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