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Domenico34 – GESÙ CRISTO È DIO? – Capitoli 7-16 + APPENDICE E BIBLIOGRAFIA

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2012 00:23
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01/01/2012 00:30

Abbiamo esposto solamente il contesto, nel quale (Giovanni 8:58) si trova, ed abbiamo messo in evidenza il carattere polemico del ragionamento di Gesù con i Giudei. Il fatto che i Giudei presero delle pietre per lapidarlo, è una prova inconfutabile, che l’affermazione di Gesù: Avanti che Abramo fosse nato, io sono, fu da loro giustamente interpretata come bestemmia, meritevole di essere punita con una lapidazione. È importante, a questo punto tener presente i cinque casi per cui la norma per lapidazione era riconosciuta legale.

1. Spiriti indovini (Levitico 20:27);
2. Bestemmia (Levitico 24:10-23);
3. Falsi profeti che incitavano all’idolatria (Deuteronomio 13:5 10);
4. Figlioli ribelli (Deuteronomio 21:18-21);
5. Adulterio e violenza carnale (Deuteronomio 22:20-24; Levitico 20:10).

Se i Giudei avessero inteso le parole di (Giovanni 8:58), come dice la Torre di Guardia: «Un passato storico» non avrebbero avuto nessun diritto di procedere alla lapidazione, perché la legge, sotto la quale essi vivevano, non li autorizzava per una simile esecuzione. Solo per bestemmia, e la bestemmia per loro era, non solo che Gesù faceva risalire la sua esistenza prima della nascita di Abramo, ma addirittura si identificava con Geova, l’Eterno presente.

Davanti a questa prospettiva, la portata teologica di (Giovanni 8:58), è innegabile, anche davanti ad un Bultmann che non è disposto a riconoscere la divinità di Gesù Cristo, soprattutto quando si fa un confronto con (Esodo 3:14 e Isaia 43:10; 44:6; 48:12).

Questi quattro testi dell’A.T. attribuiscono aGeova, l’espressione «Io sono», ch’è, a dire il vero: Un’auto-definizione di Jahvè. Dal momento che Geova stesso si definisce il grande IO SONO, è assurdo, anzi balordo, per la Torre di Guardia che non crede alla deità di Gesù Cristo, lasciare il testo di (Giovanni 8:58) col «presente»: Io sono.

Ma se la Torre di Guardia, avesse esaminato gli altri tre testi di Giovanni in cui ricorre la frase Egō eimi, da loro stessi tradotti al presente, non avrebbero mai sognato di falsificare (Giovanni 8:58), col passato prossimo: Io sono stato. Prima però, di procedere all’esame dei tre testi appena menzionati, è nostro dovere mettere in luce quello che l’evangelista Giovanni dice di Gesù Cristo. Nel brano di (Giovanni 8:30-59), di cui abbiamo fatto la sintesi, viene affermato che

Abramo vostro padre, ha giubilato, nella speranza di vedere il mio giorno; e l’ha veduto, e se n’è rallegrato (v.56).

In questo verso si fa esplicito riferimento del giubilo e del vedere di Abramo, per quanto riguarda il giorno di Cristo. Ci sia consentito chiedere: Quando esultò Abramo e quando vide il giorno di Cristo? Non bisogna dimenticare che questa affermazione di Gesù, indusse i Giudei a dire: Tu non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo? Cristo affermò che Abramo vide lui, mentre i Giudei chiedevano se Cristo avesse visto Abramo.

La diversa affermazione, non spostò i termini: Abramo giubilò, Abramo vide il giorno di Cristo. Questo giubilo e questo vedere di Abramo, si verificò nei giorni del patriarca oppure la parola di Cristo deve intendersi da un punto di vista profetico? Anche se il giubilo di Abramo si fa risalire a (Genesi 17:17) e alla nascita di Isacco, il cui nome significa: «Il riso», resta sempre aperto il problema, dal momento che Cristo affermò che Abramo vide il suo giorno e ne gioì, se questo si verificò ai suoi giorni.

Bisogna notare inoltre che qui Cristo dà una spiegazione agli eventi e alle promesse fatte ad Abramo, promesse che vennero fatte da Dio e come tali non potevano restare inadempiute. Dal momento che (Giovanni 8.58), con il suo presente: «Io sono», stabilisce, in maniera categorica la preesistenza di Cristo, non solo alla vista di Abramo, ma di tutte le cose (Giovanni 1:1). Egli, Cristo, era presente anche al tempo della vita di Abramo, nella stessa maniera come lo è ai nostri giorni e in eterno.

Stabilito in maniera certa, che Abramo vide il giorno di Cristo, e che di questo suo vedere, l’afferma e lo specifica Cristo, anche se questa parola va intesa da un punto di vista profetico, rimane chiaro il fatto che Cristo non abbraccia soltanto il passato, ma possiede la caratteristica del presente, in virtù della quale viene identificato con l’IO SONO di Esodo 3:14.

c) I TRE TESTI DI GIOVANNI SULL‘Egō eimi.

Giovanni 8:24:
Perciò v’ho detto che morrete nei vostri peccati; perché se non credete che son io Egō eimi morrete nei vostri peccati.

Anche se il nostro Luzzi, mette tra parentesi (il Cristo), nome che non è presente nel testo greco, ma lo si sottintende, perché è di lui che si sta parlando, l’affermazione di Gesù, letta così come è stata scritta in greco, acquista più importanza, perché mette in risalto il valore dell’Egō eimi, per ciò che Gesù specificherà.

Per due volte in questo testo è menzionato il termine «morrete», e questa morte è messa in relazione col non credere che il Cristo è Egō eimi Io sono. Quando si capisce bene il valore religioso e teologico di questo testo, non si può negare la funesta conseguenza che ha il non credere che il Cristo è l’IO SONO, per la vita presente e per l’eternità.

Si continuerà il prossimo giorno...
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