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Domenico34 – Giona... Un uomo che non ha pietà per i Niniviti. Capitolo 3. LA PREDICAZIONE DI GIONA A NINIVE

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    Domenico34
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    00 26/06/2011 00:09

    Capitolo 3




    LA PREDICAZIONE DI GIONA A NINIVE




    Il testo

    La parola del SIGNORE fu rivolta a Giona, per la seconda volta, in questi termini:
    «Alzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama loro quello che io ti comando».
    Giona partì e andò a Ninive, come il SIGNORE aveva ordinato. Ninive era una città grande davanti a Dio; ci volevano tre giorni di cammino per attraversarla.
    Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!»
    I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo.
    E poiché la notizia era giunta al re di Ninive, questi si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere.
    Poi, per decreto del re e dei suoi grandi, fu reso noto in Ninive un ordine di questo tipo: «Uomini e animali, armenti e greggi, non assaggino nulla; non vadano al pascolo e non bevano acqua;
    uomini e animali si coprano di sacco e gridino a Dio con forza; ognuno si converta dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani.
    Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo».
    Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece
    (Giona 3:1-10).

    Dio parla nuovamente a Giona

    Dopo che Giona è stato messo in salvo, cioè tirato fuori dalle acque marire, Dio gli indirizza nuovamente la Sua parola ordinandogli di levarsi e andare a Ninive, la gran città, e proclamare quello che Lui gli ha comandato. Tra la prima e la seconda volta non c’è stata nessuna differenza nel messaggio divino; sia nella prima che nella seconda volta, Dio ha parlato a Giona nella forma imperativa: Alzati, vai... (1:2; 3:2). Il profeta, però, non assunse lo stesso atteggiamento: la prima volta fuggì in Tarsis, lontano dalla presenza del Signore (1:3); mentre la seconda volta, partì e andò a Ninive (3:3).

    Tra il tempo del primo messaggio divino e il secondo, Giona fece una triste esperienza che lo indusse a correggere il suo comportamento nei confronti del comando di Dio. Che la sua correzione gli costò cara, l’abbiamo notato quando egli fu gettato in mare, inghiottito da un pesce e rimanendo nel suo ventre per tre giorni e tre notti. Quell’insolita e amara esperienza non solo indusse il profeta a fare dei ripensamenti sul suo passato, a correggerlo nei confronti del comando divino, ma, sicuramente, lasciò dei segni nella sua vita interiore.

    Certe amare esperienze che si fanno si potrebbero evitare se l’uomo prendesse sul serio la determinazione di ubbidire a Dio, in tutto quello che Egli ordina. Però, questo non succede sempre. Spesso la persona, invece di ascoltare il Signore, dà retta ai suoi sentimenti umani che, generalmente, lo porteranno ad agire all’opposto con i piani divini e la Sua volontà. Naturalmente, un simile atteggiamento non sarà immune da serie ripercussioni che la persona subirà nella sua esistenza: sia che si creda o meno, si verificherà quello che afferma la Parola del Signore. Ecco cosa dichiara la Sacra Scrittura:

    La tua malvagità è quella che ti castiga; le tue infedeltà sono la tua punizione. Sappi dunque e vedi che cattiva e amara cosa è abbandonare il SIGNORE, il tuo Dio, e il non aver di me nessun timore», dice il Signore, DIO degli eserciti (Geremia 2:19).

    Ora che Giona ha riconosciuto la sua colpa, si è umiliato, ha imparato la lezione e ha pagato il prezzo della sua disubbidienza a Dio, quando il Signore ritorna a parlargli nuovamente, è pronto a ubbidire e recarsi nella città di Ninive per proclamare il messaggio divino.

    Tenuto conto che Ninive è una grande città, e ci volevano tre giorni di cammino per attraversarla. Giona cominciò a inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!» (vv. 3-4).

    I Niniviti davanti al messaggio divino

    Dall’atteggiamento che i Niniviti assunsero davanti al messaggio divino, proclamato da Giona, possiamo osservare i seguenti cinque elementi che caratterizzarono il loro pentimento.

    1) I Niniviti credettero a Dio;
    2) proclamarono un digiuno;
    3) si vestirono di sacchi;
    4) per ordine del re, tutti gli uomini dovevano gridare a Dio con forza;
    5) ognuno doveva convertisi dalla sua malvagità.

    1) I Niniviti credettero a Dio

    Questo ci porta a credere che il messaggio che Giona predicò a loro venne accettato come parola divina e non come parola umana, cioè del profeta. Questo è un elemento molto importante da metterlo in risalto. Sì, direbbe: perché è importante mettere in evidenza questo elemento? Perché non sempre l’uomo riconosce e accetta un certo tipo di parlare da parte di Dio. Qualcuno riferisce che Giona, probabilmente

    «ha trovato la città psicologicamente preparata al suo messaggio da due pestilenze precedenti (nel 765 e nel 759) e da una ecclissi totale di sole il 15 giugno del 763. La gente, a quei tempi, spesso considerava questi avvenimenti come segni dell’ira divina» (John D. Hannah, Investigate le Scritture, Antico Testamento, pag. 1534).

    Per illustrare il punto di cui sopra, ci serviremo di un esempio tratto dalla Parola del Signore. Ecco il passaggio.

    Tutti i capi degli uomini armati, Iocanan, figlio di Carea, Iezania, figlio di Osaia, e tutto il popolo dal più piccolo al più grande, si avvicinarono
    e dissero al profeta Geremia: «Ti sia accetta la nostra supplica, e prega il SIGNORE, il tuo Dio per noi, per tutto questo residuo (poiché, di molti che eravamo, siamo rimasti pochi, come lo vedono i tuoi occhi)
    affinché il SIGNORE Dio tuo, ci mostri la via per la quale dobbiamo camminare, e che cosa dobbiamo fare».
    Il profeta Geremia disse loro: «Ho inteso; ecco, io pregherò il SIGNORE, il vostro Dio, come avete detto; tutto quello che il SIGNORE vi risponderà ve lo farò conoscere, non vi nasconderò nulla».
    Quelli dissero a Geremia: «Il SIGNORE sia un testimone verace e fedele contro di noi, se non facciamo tutto quello che il SIGNORE, il tuo Dio, ti manderà a dirci.
    Sia la tua risposta gradevole o sgradevole, noi ubbidiremo alla voce del SIGNORE nostro Dio, al quale ti mandiamo, affinché bene ce ne venga, per aver ubbidito alla voce del SIGNORE nostro Dio»
    (Geremia 42:1-6).

    Dal giono che Geremia ricevette l’incarico di tutti i capi, di pregare il Signore per loro, per conoscere quello che avrebbero dovuto fare, passarono dieci gioni e Dio rispose a quella preghiera indicando ai richiedenti quello che avrebbero dovuto fare. Geremia si recò dai capi e fece conoscere loro quello che Dio gli aveva detto. Ecco il messaggio divino.

    e disse loro: «Così parla il SIGNORE, Dio d’Israele, al quale m’avete mandato perché io gli presentassi la vostra supplica:
    "Se continuate ad abitare in questo paese, io vi ci stabilirò e non vi distruggerò; vi pianterò e non vi sradicherò; perché mi pento del male che vi ho fatto.

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    Domenico34
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    00 27/06/2011 02:04
    Non temete il re di Babilonia, del quale avete paura; non lo temete, dice il SIGNORE, perché io sono con voi per salvarvi e per liberarvi dalla sua mano;
    io vi farò trovar compassione davanti a lui; egli avrà compassione di voi e vi farà tornare nel vostro paese".
    Ma se dite: "Noi non rimarremo in questo paese"; se non ubbidite alla voce del SIGNORE vostro Dio,
    e dite: "No, andremo nel paese d’Egitto, dove non vedremo la guerra, non udremo suono di tromba, e dove non avremo più fame di pane, e abiteremo laggiù,"
    ebbene, ascoltate allora la parola del SIGNORE, o superstiti di Giuda! Così parla il SIGNORE degli eserciti, Dio d’Israele: "Se siete decisi a recarvi in Egitto, e se andate ad abitarvi,
    la spada che temete vi raggiungerà laggiù, nel paese d’Egitto; la fame che vi spaventa vi starà alle calcagna laggiù in Egitto, e là morirete.
    Tutti quelli che avranno deciso di andare in Egitto per abitarvi, vi moriranno di spada, di fame o di peste; nessuno di loro scamperà, non sfuggirà al male che io farò venire su di loro".
    Infatti così parla il SIGNORE degli eserciti, Dio d’Israele: "Come la mia ira e il mio furore si sono riversati sugli abitanti di Gerusalemme, così il mio furore si riverserà su di voi, quando sarete entrati in Egitto; sarete abbandonati all’esecrazione, alla desolazione, alla maledizione e all’infamia; non vedrete mai più questo luogo".
    O superstiti di Giuda! Il SIGNORE parla a voi: "Non andate in Egitto!" Sappiate bene che quest’oggi io vi ho avvertiti.
    Voi ingannate voi stessi, a rischio della vostra vita; poiché m’avete mandato dal SIGNORE vostro Dio, dicendo: "Prega il SIGNORE, il nostro Dio, per noi; tutto quello che il SIGNORE nostro Dio dirà, faccelo sapere esattamente, e noi lo faremo".
    Io ve l’ho fatto sapere quest’oggi; ma voi non ubbidite alla voce del SIGNORE, del vostro Dio, né a nulla di quanto egli mi ha mandato a dirvi.
    Ora sappiate bene che voi morirete di spada, di fame e di peste, nel luogo dove desiderate andare per abitarvi»
    (Geremia 42:9-22).

    Il profeta fu molto preciso nel riferire quello che Dio gli aveva rivelato e nello stesso tempo gli fece comprendere chiaramente a che cosa sarebbero andati incontro, qualora non avessero accettato la parola del Signore. Quale fu la risposta? Ecco il testo.

    Quando Geremia ebbe finito di dire al popolo tutte le parole del SIGNORE loro Dio, tutte le parole che il SIGNORE loro Dio, l’aveva incaricato di dir loro,
    Azaria, figlio di Osaia, e Iocanan, figlio di Carea, e tutti gli uomini superbi dissero a Geremia: «Tu dici il falso; il SIGNORE, il nostro Dio, non ti ha mandato a dire: "Non andate in Egitto per abitarvi,"
    ma Baruc, figlio di Neria, ti incita contro di noi per darci in mano dei Caldei, per farci morire o per farci deportare a Babilonia».
    Così Iocanan, figlio di Carea, tutti i capi degli uomini armati e tutto il popolo non ubbidirono alla voce del SIGNORE, che ordinava loro di abitare nel paese di Giuda.
    Iocanan, figlio di Carea, e tutti i capi degli uomini armati presero tutti i superstiti di Giuda i quali, da tutte le nazioni dov’erano stati dispersi, erano ritornati per abitare nel paese di Giuda:
    gli uomini, le donne, i bambini, le figlie del re e tutte le persone che Nebuzaradan, capo delle guardie, aveva lasciate con Ghedalia, figlio di Aicam, figlio di Safan, come pure il profeta Geremia, e Baruc, figlio di Neria,
    e andarono nel paese d’Egitto, perché non ubbidirono alla voce del SIGNORE; e giunsero a Tapanes
    (Geremia 43:1-7).

    Che differenza tra i Niniviti e i capi che andarono da Geremia! Che nessuno segua questo esempio!

    2) I Niniviti proclamarono un digiuno

    Anche se la popolazione di Ninive era pagana, cioè non apparteneva al popolo d’Israele e come tale non aveva la legge del Signore che li istruiva circa il comportamento da assumere davanti a certi casi particolari, tuttavia, certi atteggiamenti che assunse davanti a situazioni particolari e drammatiche trovavano il loro riscontro con gli atteggiamenti degli Israeliti.

    Il digiuno, per esempio, che venne proclamato non rappresentava il risultato di un’esortazione da parte del profeta Giona, perché questi non rivolse al popolo nessuna esortazione al pentimento, dato che si limitava ad affermare: Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta (v. 4). Era pertanto una atto spontaneo, dettato da una particolare situazione, e aveva lo scopo non solo di umiliarsi, ma anche la speranza di ottenere il favore di Dio, visto che su di loro pendeva una seria minaccia punitiva da parte dell’Eterno.

    C’è differenza quando un’azione si compie a seguito di una sollecitazione esterna e quando si compie nella piena libertà dell’individuo. Dal momento che i Niniviti credettero che Dio li avrebbe seriamente puniti a motivo della loro malvagità, il digiuno che proclamarano rappresentava l’evidenza esterna del loro modo di credere, nella speranza che l’ira divina si fosse acquietata e non venisse sopra di loro il severo castigo.

    Per chi conosce le Sacre Scritture, l’atteggiamento che i Niniviti assunsero davanti a Dio, col digiuno che proclamarono, è da lodare, non perché il digiuno in sé acquistava meriti, ma perché portava le persone a umiliarsi davanti a Dio. È ben assodato e documentato che Dio ha sempre voluto e apprezzato quando l’uomo si umilia davanti a Lui. Davanti a questo atteggiamento, Dio ha sempre manifestato la Sua clemenza e la Sua bontà verso il peccatore. Basterebbe un solo esempio tratto dalla Scrittura, per servire come prova, di quanto testé affermato.

    Si sa che il re Acab, durante gli anni del suo regno, fu un re che fece ciò che dispiaceva al Signore più di quelli che l’avevano preceduto.

    Acab, figlio di Omri, fece ciò che è male agli occhi del SIGNORE più di tutti quelli che l’avevano preceduto.
    Acab fece anche l’idolo d’Astarte. Acab fece più di quello che avevano fatto tutti i precedenti re d’Israele per provocare lo sdegno del SIGNORE, Dio d’Israele (1Re 16:30,33), e si era anche venduto a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE (1Re 21:20), perché era istigato da sua moglie Izebel
    (1Re 21:25)

    Davanti alla condotta depravata di questo re, il profeta Elia aveva pronunciato una severa condanna nei suoi confronti, nei seguenti termini:

    Quelli di Acab che moriranno in città saranno divorati dai cani, e quelli che moriranno nei campi saranno divorati dagli uccelli del cielo» (1Re 21:24).

    Davanti a un simile messaggio, quale fu la reazione di Acab e la risposta di Dio? Ecco cosa afferma la Sacra Scrittura:

    Quando Acab udì queste parole, si stracciò le vesti, si coprì con un sacco, e digiunò; dormiva avvolto nel sacco, e camminava a passo lento.
    «Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché egli si è umiliato davanti a me, io non farò venire la sciagura mentre egli è ancora vivo; ma manderò la sciagura sulla sua casa, durante la vita di suo figlio»
    (1Re 21:27,29).

    Tra i tanti testi biblici che si potrebbe citare, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, per parlare del digiuno, ne scegliamo uno che può magistralmente illustrarne il valore. È il classico esempio del digiuno che fece la regina Ester con le sue ancelle, unitamente a tutti i Giudei che abitavano in Susa, residenza reale del re Assuero.

    Il digiuno di tre giorni che Ester fece fu pieno, nel senso che in quei tre giorni non si mangiò e neanche si bevve acqua, giorno e notte. Lo scopo era di ottenere un’udienza presso il re Assuero, visto che erano trascorsi trenta giorni dalla mancata chiamata di quest’ultimo. Il testo precisa:

    «Tutti i servitori del re e il popolo delle sue provincie sanno che se qualcuno, uomo o donna che sia, entra dal re nel cortile interno, senza essere stato chiamato, per una legge che è uguale per tutti, deve essere messo a morte, a meno che il re non stenda verso di lui il suo scettro d’oro; nel qual caso, ha salva la vita. E io sono già trenta giorni che non sono stata chiamata per andare dal re».
    Le parole di Ester furono riferite a Mardocheo.
    E Mardocheo fece dare a Ester questa risposta: «Non metterti in mente che tu sola scamperai fra tutti i Giudei perché sei nella casa del re.
    Infatti, se oggi tu taci, soccorso e liberazione sorgeranno per i Giudei da qualche altra parte; ma tu e la casa di tuo padre perirete; e chi sa se non sei diventata regina appunto per un tempo come questo?»
    Allora Ester ordinò che si rispondesse a Mardocheo:
    «Va’, raduna tutti i Giudei che si trovano a Susa, e digiunate per me, state senza mangiare e senza bere per tre giorni, notte e giorno. Anch’io con le mie ancelle digiunerò allo stesso modo; e dopo entrerò dal re, sebbene ciò sia contro la legge; e se io debbo perire, che io perisca!»
    Mardocheo se ne andò, e fece tutto quello che Ester gli aveva ordinato
    (Ester 4:11-17).

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    Domenico34
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    00 28/06/2011 00:13
    Ottenuta l’udienza, Ester avrebbe dovuto perorare la causa del suo popolo, oltre a quella sua personale, poiché anche lei era un membro della famiglia dei Giudei. Tutto ciò in risposta a un disegno criminale che era stato concepito per distruggere tutti i Giudei che si trovavano nell’impero di Assuero. Il digiuno, quindi, aveva lo scopo di preparare il terreno, in modo che Ester potesse trovare grazia presso il monarca e, successivamente, chiedere la grazia perché lei i tutti i Giudei del regno non venissero sterminati. I capitoli 5, 6 e 7, del libro che portano il nome di Ester, descrivono dettagliatamente la buona riuscita che Ester ebbe nella sua iniziativa, quando ottenne dal re Assuero la grazia di salvargli la vita assieme a quella del suo popolo.

    3) I Niniviti si vestirono di sacchi

    Il vestimento di sacco era fatto di un tessuto ruvido e si indossava in segno di lutto,

    ]C]Allora Giacobbe si stracciò le vesti, si vestì di sacco, e fece cordoglio di suo figlio per molti giorni (Genesi 37:34);

    Davide disse a Ioab e a tutto il popolo che era con lui: «Stracciatevi le vesti, cingetevi di sacco e fate cordoglio per la morte di Abner!» Il re andò dietro alla bara (2Samuele 3:31);

    Laméntati come una vergine vestita di sacco che piange lo sposo della sua giovinezza! (Gioele 1:8);

    oppure per una disgrazia personale o nazionale,
    Mi sono cucito un cilicio sulla pelle, ho prostrato la mia fronte nella polvere (Giobbe 16:15);

    Gli anziani della figlia di Sion stanno per terra in silenzio; si sono gettati della polvere sul capo, si sono vestiti di sacchi; le vergini di Gerusalemme curvano il capo al suolo (Lamentazione 2:10);

    Quando Mardocheo seppe tutto quello che era stato fatto, si stracciò le vesti, si coprì di un sacco, si cosparse di cenere, e uscì per la città, mandando alte e amare grida (Ester 4:1).

    in segno di penitenza per i peccati,
    Quando Acab udì queste parole, si stracciò le vesti, si coprì con un sacco, e digiunò; dormiva avvolto nel sacco, e camminava a passo lento (1Re 21:27);

    Il ventiquattresimo giorno dello stesso mese, i figli di Israele si radunarono, vestiti di sacco e coperti di polvere, per celebrare un digiuno (Neemia 9:1);

    I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo (Giona 3:5);

    Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! perché se in Tiro e Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute tra di voi, già da molto tempo si sarebbero pentite, con cilicio e cenere (Matteo 11:21),

    o durante particolari preghiere volte a ottenere liberazione,
    Quando il re Ezechia ebbe udito questo, si stracciò le vesti, si coprì di un sacco, ed entrò nella casa del SIGNORE.
    Mandò Eliachim, sovrintendente del palazzo, Sebna, il segretario, e i sacerdoti più anziani, coperti di sacchi, dal profeta Isaia, figlio di Amots
    (2Re 19:1-2);

    Volsi perciò la mia faccia verso Dio, il Signore, per dispormi alla preghiera e alle suppliche, con digiuno, con sacco e cenere (Daniele 9:3).

    A volte i profeti lo usavano come simbolo del ravvedimento auspicato nelle loro predicazioni,

    verso quel tempo, il SIGNORE parlò per mezzo d’Isaia, figlio di Amots, e gli disse: «Va’, sciogliti il sacco dai fianchi e togliti i calzari dai piedi». Questi fece così e camminò seminudo e scalzo (Isaia 20:2);

    Io concederò ai miei due testimoni di profetizzare, ed essi profetizzeranno vestiti di sacco per milleduecentosessanta giorni (Apocalisse 11:3).

    Vestirsi di sacco per lutto o per penitenza era una pratica comune non soltanto in Israele, ma anche in Damasco, I suoi servitori gli dissero: «Abbiamo sentito dire che i re della casa d’Israele son dei re clementi; lascia dunque che ci mettiamo dei sacchi sui fianchi e delle corde al collo e usciamo incontro al re d’Israele; forse egli ti salverà la vita» (1Re 20:31);

    a Moab, Per le strade tutti indossano sacchi, sui tetti e per le piazze ognuno urla, piangendo a dirotto (Isaia 15:3);

    Ammon, Urla, o Chesbon, poiché Ai è devastata; gridate, o città di Rabba, vestitevi di sacchi, spandete lamenti, correte qua e là lungo le muraglie, poiché Malcom va in esilio insieme con i suoi sacerdoti e con i suoi capi (Geremia 49:3);

    Tiro, A causa di te si raderanno il capo, si vestiranno di sacchi; per te piangeranno con amarezza d’animo, con cordoglio amaro (Ezechiele 27:31)

    e Ninive, I Niniviti credettero a Dio, proclamarono un digiuno, e si vestirono di sacchi, tutti, dal più grande al più piccolo (Giona 3:5).

    4) Per ordine del re, tutti gli uomini dovevano gridare a Dio con forza

    Quando il re di Ninive venne a conoscenza del messaggio che Giona predicava e che il popolo udendolo aveva creduto a Dio, indetto un digiuno e si era vestito di sacchi, la scrittura precisa che il re si alzò dal trono, si tolse il mantello di dosso, si coprì di sacco e si mise seduto sulla cenere (v. 6) e per suo ordine venne decretato che tutto il popolo gridasse con forza a Dio.

    Quel gridare con forza a Dio non significava solamente alzare il tono della voce, come se Dio fosse sordo e dormisse, ma che tutti con fermo proponimento si rivolgessero a Dio con preghiere e supplicazioni, per far sì che la punizione annunciata da Giona non cadesse sopra la popolazione di Ninive. In altre parole, la preghiera e la supplica dei Niniviti non doveva essere un puro formalismo religioso (come diremmo noi oggi), ma un pregare con tutto l’ardore del cuore e con ferma determinazione, ai fini di ottenere da Dio quello che si chiedeva.

    5) Ognuno doveva convertisi dalla sua malvagità

    La seconda cosa che il re di Ninive aveva ordinato, era che, ogni persona, senza escludere nessuno, doveva convertirsi dalla sua malvagità. Se Dio aveva avvisato Ninive che, nel giro di quaranta giorni, l’avrebbe distrutta, era essenzialmente a motivo della loro malvagità.

    Dio non ha mai chiuso gli occhi sopra il peccato e non l’ha mai giustificato, come spesso fa l’uomo dei nostri tempi. Se è vero che Egli è benigno, misericordioso, lento a l’ira e di grande compassione,

    Il SIGNORE passò davanti a lui, e gridò: «Il SIGNORE! Il SIGNORE! il Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in bontà e fedeltà (Esodo 34:6),

    e che non vuole la morte dell’empio, ma la sua salvezza,
    Io infatti non provo nessun piacere per la morte di colui che muore, dice DIO, il Signore. Convertitevi dunque, e vivete! (Ezechiele 18:32),

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    00 29/06/2011 00:23
    Di’ loro: "Com’è vero che io vivo, dice DIO, il Signore, io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie! Perché morireste, o casa d’Israele? (Ezechiele 33:11),

    è altrettanto vero che Dio non assolve il colpevole, che conserva la sua bontà fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente; che punisce l’iniquità dei padri sopra i figli e sopra i figli dei figli, fino alla terza e alla quarta generazione!» (Esodo 34:7),

    perché Egli è anche un fuoco consumante Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante (Ebrei 12:29).

    Lo scopo di gridare a Dio con forza, e convertirsi ognuno dalla sua malvagità e dalla violenza compiuta dalle sue mani (Giona 3:8), aveva un preciso scopo, Forse Dio si ricrederà, si pentirà e spegnerà la sua ira ardente, così che noi non periamo» (Giona 3:9).

    Il fatto stesso che viene precisato: Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece (Giona 3:10), è una schiacciante prova che i Niniviti si convertirono veramente dalla loro malvagità e non è vero che non fu reale, come sostengono alcuni critici.

    Riflessioni

    Al termine dell’esame del contenuto del capitolo 3 di Giona, alcune riflessioni si impongono, per chiarire ultiriormente le nostre affermazioni:
    1. Se Dio si adira e fa pervenire all’uomo un messaggio di giudizio, non lo fa certamente per incutere spavento e terrore, o per privare l’essere umano della sua libertà di vivere la sua vita come meglio crede, ma solamente per far comprendere che la malvagità che si manifesta e si concretizza nelle azioni compiute arrecherà danno al malvagio, secondo il detto della Scrittura: La malvagità farà perire il malvagio, quelli che odiano il giusto saranno considerati colpevoli (Salmi 34:21).

    2. Quando le persone credono di trovarsi a posto, quando vivono nella dissoluzione, nell’infedeltà, nella ribbellione, nell’ingiustizia, facendo suprusi di ogni genere al prossimo, nell’approfittarsi degli altri per ricavarne il maggiore profitto per loro stessi, pensano e credono di essere dei supermen. Persone che sono capaci di sbrogliare le matasse ingarbugliate, intelligenti a saper fare le cose e non danno importanza al loro modo di vivere, ingannano loro stessi. Verrà il giorno in cui, si creda o no, verrà tutto scoperto e reso palese, che dovranno rendere conto a Dio. Forse durante la loro vita terrena si sono beffati di Dio e della Sua Parola e hanno schernito e deriso quelli che hanno fede in Dio; non hanno voluto ascoltare nessuna forma di richiamo all’onestà, alla rettitudine e alla giustizia. Che cosa potranno dire davanti a Dio e quali giustificazioni presentarGli?

    3. Si tenga presente che la vita umana è come un fiore della campagna, che, la mattina esso fiorisce e verdeggia, la sera è falciato e inaridisce (Salmo 90:6), e che la lunghezza degli anni, rispetto all’eternità, è paragonabile a un soffio, Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira; finiamo i nostri anni come un soffio o una parola [G. Diodati] (Salmo 90:9). È da veri stolti vivere la propria esistenza come dei scapestrati, senza il timore di Dio.

    4. Quando ci perviene un invito alla conversione, al ravvedimento, non facciamo orecchie da mercante. Umiliamoci davanti a Dio, apriamo il nostro cuore alla Sua Parola, poiché è scritto che, Dio resiste ai superbi ma dà grazia agli umili (1Pietro 5:5).

    Inoltre, ascoltiamo quello che afferma la Bibbia, Oggi, se udite la sua voce, non indurite il vostro cuore come a Meribà, come nel giorno di Massa nel deserto (Salmi 95:8),

    mentre ci viene detto: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori, come nel giorno della ribellione» (Ebrei 3:15);

    perciò, come dice lo Spirito Santo: «Oggi, se udite la sua voce, 8. non indurite i vostri cuori come nel giorno della ribellione, come nel giorno della tentazione nel deserto (Ebrei 3:7-8);

    Dio stabilisce di nuovo un giorno-oggi-dicendo per mezzo di Davide, dopo tanto tempo, come si è detto prima: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!» (Ebrei 4:7).

    5. La vera conversione e il vero pentimento non sono comportamenti che si manifestano con le semplici parole, ma sono accompagnati da azioni visibili, che altri possono vedere. Inoltre, il vero pentimento e la vera conversione non portano l’individuo solamente a umiliarsi, ma lo conducono a Dio e, immancabilmente, riceverà perdono, perché Egli trova piacere nel perdonare il peccatore, anziché punirlo. Il detto della Scrittura si adatta per tutti i tempi e per ogni individuo: Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia (Proverbi 28:13); perché il Figlio dell’uomo (Gesù Cristo) è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto» (Luca 19:10).

    6. Nella stessa maniera, come Dio non ha distrutto i Niniviti, anzi li ha perdonati, perché ha visto come si erano convertiti dalla loro malvagità, così farà per ogni peccatore che riccorre a Lui, consapevole di essere tale. Beato l’uomo a cui la trasgressione è perdonata, e il cui peccato è coperto! (Salmo 32:1), Amen!

    PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura