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Domenico34 – Il cammino di un popolo – Dall’Egitto alla terra di Canaan. Sommario, Prefazione ed Introduzione. Capitoli 1-14

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2012 00:30
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08/02/2012 00:09

A questo punto (senza che Mosè avesse chiesto aiuto) intervennero Aaronne e Cur, che si trovavano vicini a lui ed avevano capito non solo la sua stanchezza ma anche il collegamento diretto tra le sue mani alzate e la vittoria di Giosuè su Amalec.

Presero una pietra, ve lo fecero sedere e gli tennero le mani alzate, uno da una parte e l'altro dall'altra… fino al tramonto del sole. A questo punto il testo specifica che:

Giosuè sconfisse Amalec e la sua gente, passandoli a fil di spada (v. 13).

La vittoria su Amalec, quindi, non è da attribuire ad una sola persona ma alla partecipazione e alla cooperazione di quattro distinti individui, Mosè, Giosuè, Aaronne e Cur, con un solo obiettivo.
Da quest'episodio del passato, i cristiani possono trarre almeno tre insegnamenti di vita pratica:

1) Mosè, il capo supremo del popolo d’Israele, fece quello che rientrava nelle sue competenze, cioè sostenne il bastone di Dio e tenne le mani alzate, finché ebbe la forza di farlo.

Come già detto, il bastone indicava l’autorità divina conferitagli da Dio; le mani alzate simboleggiavano la sua preghiera d’intercessione in favore di Giosuè, che combatteva contro i nemici del popolo di Dio.
Mosè, come servo di Dio, ebbe bisogno di essere sostenuto quando sopraggiunse la stanchezza e non ce la faceva più a tenersi in piedi e a tenere alzate le mani.

I servi di Dio dei nostri giorni e di tutte le epoche (non importa se sono responsabili di grandi o di piccole assemble sono uomini e, avendo le medesime debolezze di ogni essere umano, hanno bisogno di essere sostenuti nelle loro attività ministeriali, soprattutto quando danno cenni di stanchezza.

Mosè ebbe la saggezza e l’umiltà di accettare l’aiuto di Aaronne e Cur, che lo fecero sedere su una pietra e gli sostennero le mani per l’intera giornata.
Se non avesse accettato questo aiuto, avrebbe inesorabilmente compromesso l’esito della vittoria e dimostrato d’essere una persona superba ed arrogante.

I servi di Dio, dunque, devono imparare a non rifiutare mai l’aiuto e il sostegno che viene loro offerto nei momenti difficili della vita.
Non devono mai dire che non ne hanno bisogno perché è proprio in virtù del sostegno altrui che sarà loro accordata la vittoria.

2) Giosuè, l’uomo scelto per guidare le operazioni di combattimento, non si era auto-nominato capo con l’intento di mettere in mostra le sue capacità e il suo coraggio.

Egli seppe accettare con umiltà l’incarico assegnatogli e, senza perdersi d’animo nei momenti in cui il nemico prevaleva su di lui e sui suoi, continuò a combattere con determinazione, fino al compimento della sua missione.

A questo punto si può fare un parallelo tra Mosè e Giosuè e tra Paolo e il giovane Timoteo. Il grande apostolo rivolse a Timoteo la seguente esortazione:

Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna alla quale sei stato chiamato e in vista della quale hai fatto quella bella confessione di fede in presenza di molti testimoni (1 Timoteo 6:12).

Ogni giovane servitore del Signore, chiamato nell’opera del ministero, deve mantenersi fedele all’incarico ricevuto e svolgere il suo mandato con tenacia e perseveranza, senza invadere il campo o il ruolo degli altri.

Se saprà mantenersi umile in tutto quello che farà, alle sue spalle ci sarà sempre qualcuno che terrà le mani alzate verso il cielo (cioè intercederà) per lui, per assicurargli la vittoria.

3) Di Aaronne si sa con certezza che era il fratello carnale di Mosè e che era stato designato da Dio a svolgere il ruolo di sommo sacerdote, mentre di Cur abbiamo poche notizie; ma entrambi seppero valutare obbiettivamente e velocemente il bisogno d’aiuto di Mosè e di Giosuè, che stava combattendo a valle.

Essi prima compresero che la vittoria di Giosuè era strettamente collegata al fatto che le mani di Mosè rimanessero alzate per tutto il giorno; poi, non aspettarono che venisse loro fatta una specifica richiesta e, considerando la gravità del caso, si offrirono spontaneamente, senza calcolare il sacrificio che avrebbero dovuto affrontare.

Mantenere le mani alzate di un servitore di Dio a volte comporta enormi sacrifici e un prezzo alto da pagare.
Ma, quando abbiamo una chiara visione del bene del popolo di Dio, siamo pronti a rinunciare ad ogni interesse egoistico e a dedicare il nostro tempo e la nostra vita per il benessere comune.

Questi insegnamenti, tradotti nella vita pratica, contribuiscono notevolmente al progresso dell’opera di Dio, e possono produrre grandi benefici a chi ha fatto la sua parte (grande o piccol nel servizio del Signore.

Alla fine del combattimento non venne innalzato nessun trofeo in onore di Mosè, Giosuè, Aaronne e Cur, anche se furono loro gli artefici materiali di quella importante vittoria.

Al monumento che venne costruito, cioè un altare, fu assegnato il nome: il Signore è la mia bandiera (Esodo 17:15), proprio per mettere in risalto a Chi spettava tutta la gloria e l’onore. Amen!

Si proseguirà il prossimo giorno...
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