È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Canti di
Lode e
Adorazione
(clicca nella foto)
  
La Vita di Cristo non è racchiusa in un pensare. E se invece di un pensiero tu portassi la Vita?
Canti di
Lode e
Adorazione2
(clicca nella foto)
  
 
Pagina precedente | 1 2 3 4 | Pagina successiva

Domenico34 – Il cammino di un popolo – Dall’Egitto alla terra di Canaan. Sommario, Prefazione ed Introduzione. Capitoli 1-14

Ultimo Aggiornamento: 15/03/2012 00:30
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
24/01/2012 00:38



IL CAMMINO DI UN POPOLO




Dall’Egitto alla terra di Canaan



INDICE DEL VOLUME


Prefazione
Introduzione


PRIMA PARTE



CAPITOLO 1

L’ORDINE DI SCRIVERE: L’ISPIRAZIONE DIVINA

Capitolo 2

Da Ramses a Succot
Ramses
Succot

Capitolo 3

DA SUCCOT A ETAM E AL MAR ROSSO
Etam
Migdol
Il passaggio del Mar Rosso

Capitolo 4

DA ACHIROT A MARA E AD ELIM
Mara
Elim

Capitolo 5

DA ELIM A REFIDIM
La manna
1) L’orario per la raccolta
2) La quantità giornaliera
3) I giorni per la raccolta
4) Non più del quantitativo stabilito
Refidim

Capitolo 6

DA REFIDIM AL DESERTO DEL SINAI
La vittoria sugli Amalechiti
La visita di Ietro
Preparativi per il grande evento
I Dieci Comandamenti

Capitolo 7

DA CHIBROT-ATTAAVA A ASEROT
Una precisa disposizione
Chibrot-Attaava
Aserot

Capitolo 8

NEL DESERTO DI PARAN
Gli esploratori
Il resoconto
Protesta e dietro-front del popolo
Cinque riflessioni

Capitolo 9

IL DESERTO DI SIN E CADES
La profetessa Miriam
La mancanza d’acqua
Il peccato di Mosè e di Aaronne
Considerazioni varie

Capitolo 10

IL MONTE OR E LA MORTE DI AARONNE
Il provvedimento disciplinare
La morte di Aaronne e la successione
Due scopi
Capitolo 11

IL SERPENTE DI RAME
Lo scoraggiamento del popolo
Il popolo mormora nuovamente
I serpenti velenosi
1) Perché i serpenti velenosi non furono allontanati?
2) A che serviva la loro permanenza nel campo?
Il popolo riconosce il proprio peccato
L’insegnamento cristiano

Capitolo 12

BALAC E BALAAM
Vittoria sugli Amorei
Una lezione per tutti
Vittoria su Basan
Balac convoca Balaam
Balac e Balaam
Altri testi su Balaam

Capitolo 13

GIOSUÈ, SUCCESSORE DI MOSÈ
Mosè prega di poter passare il Giordano
Mosè prega per il suo successore
La morte di Mosè
Un insegnamento per noi


SECONDAPARTE



CAPITOLO 14

GIOSUÈ, IL NUOVO CONDUTTORE D’ISRAELE
La chiamata di Dio
Il significato della chiamata di Dio
Il tipo d'insegnamento che Dio volle impartire a Giosuè
Una buona lezione da imparare

CAPITOLO 15

PROMESSE E RACCOMANDAZIONI DIVINE A GIOSUÈ
L’ordine di alzarsi e attraversare il Giordano
Le promesse di Dio fatte a Giosuè
L’esortazione rivolta da Dio a Giosuè

CAPITOLO 16

GIOSUÈ NEL PIENO DEI SUOI POTERI
1. I PRIMI ORDINI DI GIOSUÈ
Il comando che Giosuè impartì agli ufficiali del popolo
Il ricordo di Giosuè ai Rubeniti, ai Gaditi e alla mezza tribù di Manasse
2. GIOSUÈ MANDÒ LE SPIE NELLA CITTÀ DI GERICO
Quello che si può imparare dalla missione dei due esploratori
La missione dei due esploratori
L’attitudine che assunsero nella casa di Raab
La promessa di salvezza per Raab e la sua casa

Capitolo 17

IL PASSAGGIO MIRACOLOSO DEL GIORDANO
Una fermata al Giordano prima di attraversarlo
L’ordine per i portatori dell’arca
L’ordine di prendere le pietre dal Giordano
Una riflessione sul passaggio del fiume Giordano

Capitolo 18

LA CONQUISTA DI GERICO
La fase preparatoria
L’azione degli Israeliti per la conquista di Gerico
Il comportamento degli Israeliti in merito all’ordine ricevuto
Raab con la sua famiglia messa in salvo

Capitolo 19

IL PRIMO PROBLEMA INCONTRATO DA ISRAELE IN CANAAN
I. LA DISFATTA D’ISRAELE AD AI
La disubbidienza di Acan
La tentazione di Acan
Acan nascose il suo peccato
La conseguenza del peccato di Acan
La confessione di Acan
II. LA CITTÀ DI AI CONQUISTATA E DISTRUTTA

Capitolo 20

L’INGANNO DEI GABAONITI
La coalizione di sei re
I Gabaoniti si distaccano dagli altri re

Capitolo 21

LA BATTAGLIA DI GABAON
La minaccia dei Gabaoniti
La richiesta dei Gabaoniti
L’ordine di fermare il sole
Uccisione dei cinque re Amorei
Conquiste nel mezzogiorno

Capitolo 22

LA CONQUISTA DEL SETTENTRIONE
Una coalizione contro Israele
Epilogo delle vittorie

Capitolo 23

ELENCO DI TUTTI I RE SCONFITTI
Le vittorie ai tempi di Mosè
Le conquiste di Canaan
Riflessioni sui re vinti

Capitolo 24

LA SPARTIZIONE DEL PAESE DI CANAAN
La spartizione a sorte
Riflessioni spirituali
1) La parte della nostra eredità
2) L’eredità della vita abbondante
3) La benedizione nei luoghi celesti
4) Seduti nei luoghi celesti

Capitolo 25

L’EREDITÀ DI CALEB
Il ricordo del passato
Il discorso a Giosuè
La richiesta accontentata
Riflessioni su Caleb
1) Onestà e sincerità di Caleb
2) La costanza nell’attendere la promessa divina
3) La fedeltà di Caleb
4) La voglia di combattere

Capitolo 26

LE CITTÀ DI RIFUGIO
Testi biblici
Casi e condizioni particolari
Il significato spirituale
Significato etimologico
1) Chedes significa “santo”
2) Sichem “una spalla”
3) Ebron “comunione”
4) Beser “una fortezza”
5) Ramot “alto” o “esaltato”
6) Golan “gioia” o “esultanza”
Capitolo 27

ULTIMA RADUNANZA A SICHEM
Rassegna delle benedizioni
Enumerazione delle responsabilità
I promemoria della loro promessa

Conclusione generale

Bibliografia



PRESENTAZIONE


Molti lettori della Bibbia conoscono il brano di (1 Corinzi 10:1-13) che esorta a imparare dalle esperienze fatte dagli Israeliti nel corso dell’Esodo, perché:

…queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche.

Ma quanti di noi sono andati a leggersi i viaggi del popolo di Dio dall’Egitto alla terra promessa per trarne fuori tutti questi preziosi insegnamenti?
Questo libro vuole aiutare ogni credente a ripercorrere l’avventuroso pellegrinaggio di Israele per poi aiutarlo a meditare sulle prodigiose liberazioni, le grandi battaglie, le lotte di potere, le mormorazioni, le cadute.
Molte critiche e ribellioni dei credenti si potrebbero benissimo evitare imparando da questi esempi.

Molti pastori e leader avrebbero un rapporto migliore con Dio e la chiesa se facessero tesoro di questi insegnamenti.
E tutti ne guadagneremmo in termini di salute (fisica e spiritual, di tempo risparmiato e di frutti.

Il luogo dove scorre il latte e il miele c’è davvero, e solo chi ubbidisce lealmente al supremo Condottiero e osserva fedelmente le Sue leggi vi accederà.

Gli altri, quelli che non metteranno in pratica questi preziosi consigli o che semplicemente li vorranno ignorare, potranno anche sperimentare qualche vittoria e qualche straordinaria liberazione, ma non entreranno mai in possesso della Terra Promessa.

Dunque raccomando vivamente la lettura di questo libro a tutti coloro che hanno iniziato il cammino con Dio (da pochi giorni o da quarant’anni) e non vogliono fermarsi lungo la strada, ma vogliono raggiungere la mèta, per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù (Filippesi 3:14).

Dr. Nuccio Cavone
(Pastore delle “Assemblee di Dio in Italia”. Ha revisionato la prima parte)


PREFAZIONE


L’impresa che l’autore, il Pastore Domenico Barbera, ha voluto assumersi nel redigere quest’opera: Il cammino di un popolo, non è certamente delle più semplici. Infatti, descrivere tutte le fasi attraversate, i combattimenti sostenuti, le sofferenze affrontate, pur di arrivare là dove questo popolo era diretto, tutto questo comporta un bagaglio culturale non indifferente. Fortunatamente, il popolo di cui ne è descritto il cammino, ha una storia documentata.

Non si tratta di un popolo comune, come ve ne sono molti, ma di un popolo che è ancora in cammino. Questo popolo è stato odiato, ha subito la schiavitù, la deportazione, e, un certo tempo, anche la quasi totale distruzione.

Anche oggi, questo popolo subisce le più crudeli angherie da parte di altri popoli, eppure, Dio ama questo popolo perché gli appartiene, è Lui che lo ha fatto sorgere e il profeta Zaccaria non esita ad affermare che chi tocca questo popolo, “tocca le pupille degli occhi di Dio” (2:8).

Dio ha promesso una patria a questo popolo, specificandone anche i confini, eppure le nazioni di oggi sostengono che questo popolo è un invasore e non ha diritto di “occupare” quella terra che, secondo loro non gli appartiene.
Questo popolo pertanto è ancora in cammino. Fortunatamente, il pastore Barbera ne descrive solamente la prima parte e cioé dall’uscita dell’Egitto fino a Canaan.

La descrizione del viaggio, o l’odissea di questo cammino è basata sulle notizie che si hanno per mezzo dei primi libri del Vecchio Testamento e di quello di Giosuè. Quindi, tutto è documentato e ispirato da Dio perché tramite lo “scritto”, ordinato da Lui stesso, se ne conservasse la memoria da tramandare ai pòsteri.

Il pregio però di quest’opera non sta solamente nella stesura di quegli avvenimenti del tempo lontano, ma particolarmente nell’applicazione che l’autore mette in parallelo con la nostra vita spirituale, poiché anche noi siamo un popolo “eletto”, liberato e redento, in cammino verso una terra promessa, non di questo mondo, ma che è nei cieli e di cui noi siamo i cittadini (Filippesi 3:20).

Questo è veramente interessante, poiché, come quel popolo, guidato ed assistito da Dio, è arrivato in Canaan, malgrado peripezie d’ogni genere, anche noi, con l’aiuto di Dio, varcheremo valli e monti e un giorno entreremo in possesso, non della Canaan terrestre, ma di quella celeste, poiché è là che Dio ci attende (Giovanni 3:16).

Possa quest’opera del pastore D. Barbera essere di aiuto e d’incoraggiamento a tutti quelli che l’avranno tra le mani, affinché, mettendo in parallelo il cammino storico di questo popolo di Dio col proprio cammino spirituale, ne abbiano a trarre gli insegnamenti adeguati per perseverare nelle varie fasi della vita che si presenteranno durante questo terrestre pellegrinaggio.

Il condottiero che ha guidato Mosè e Giosuè in quell’èpico cammino verso la patria promessa, è lo stesso che guiderà anche noi, secondo la sua indefettibile promessa (Matteo 28:20).

Nino Tirelli
(Ex sacerdote della chiesa Cattolica Romana. Ha revisionato l’intera opera

INTRODUZIONE

L’opera che ci accingiamo a scrivere, si divide in due parti: nella prima, tracciamo la storia del cammino del popolo d’Israele, “dall’Egitto al Giordano”, mentre nella seconda, trattiamo del: “passaggio dal fiume Giordano alla terra di Canaan”.

In questo modo potremo avere una visione completa di tutto il tragitto di questo popolo e di quello che sarà per i cristiani, quando termineranno il loro terrestre pellegrinaggio.
Questo è l’obbiettivo che intendiamo perseguire nella presente trattazione.

Descrivere la storia del cammino del popolo d’Israele dalla partenza dal paese di Egitto fino alla terra di Canaan, non è impresa che si possa liquidare in poche parole, ma richiede un accurato esame delle varie tappe indicate nella Bibbia, e in particolare nel libro dei Numeri.

Infatti è in questo libro che vengono nominate le località in cui il popolo d’Israele trascorse i suoi quaranta anni di pellegrinaggio, prima di arrivare al Giordano, il fiume che costituiva l’ostacolo naturale per entrare nella terra di Canaan, la terra che Dio aveva ripetutamente promessa ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe.

Dunque esamineremo questo periodo storico durante il quale il popolo d’Israele fece svariate esperienze che poi avrebbero lasciato un’impronta per tutta la loro vita.

Il testo principale su cui ci baseremo sarà il capitolo 33 del libro dei Numeri, in cui vengono riassunte tutte le tappe.
Ci sono due verbi che vengono ripetutamente menzionati nei 49 versetti di questo capitolo: partirono (43 volte e si accamparono (42 volte. Le località o soste citate sono 43, e tra le più note vi sono: il Mar Rosso, il deserto di Sin e quello del Sinai. Si parla anche di tre monti: Sefer, Or e Abarim.

Questo volume, però, non ha solo finalità storico-bibliche e non si limiterà alla descrizione delle varie situazioni in cui venne a trovarsi il popolo d’Israele durante il lungo pellegrinaggio dall’Egitto alla terra promessa, ma esporrà anche riflessioni e applicazioni che sicuramente forniranno utili insegnamenti e arricchimento spirituale.

Questo è l’obiettivo primario che ci proponiamo.
Per la seconda parte invece, il testo base che maggiormente useremo, sarà il libro di Giosuè.
Infatti, questo testo biblico, più di ogni altra parte della Bibbia, descrive, non solo l’entrata dei figli d’Israele in Canaan, ma ci fornisce anche notizie dettagliate circa ilpossesso di questo territorio.

Con a capo Giosuè, Israele entra nella terra promessa per prenderne possesso, secondo un’antica promessa divina, che risale ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe.

Fu, infatti, a loro, che Dio promise di dare alla loro discendenza, il paese di Canaan. Se questo non si fosse verificato, la promessa di Dio sarebbe rimasta lettera morta, senza nessun valore, sia per gli Israeliti, i diretti interessati, che per tutti quelli che sarebbero venuti in futuro (particolarmente i cristiani).

Nel corso della nostra trattazione, non solo metteremo in risalto l’adempimento della parola del Signore, ma ne trarremo anche degli utili insegnamenti per la vita cristiana. Lo scopo principale, infatti, rimane quello di consolidare la nostra fede in Dio e nella Sua Parola.

La maniera con cui sarà condotta la presente trattazione, non dovrà essere considerata come se volessimo scrivere un commentario sul libro di Giosuè.

Anche se possiamo anticipare che certi elementi del nostro scritto, potrebbero indurre il lettore a considerarlo come tale, non è però tale il nostro scopo, bensì quello di sviluppare il concetto cristiano e di contribuire all’edificazione del popolo di Dio.

Con la speranza che quello che seguirà potrà risultare di benedizione, d'incoraggiamento e di sprone per quanti avranno modo di leggerci, facciamo i migliori e i più sinceri voti che, ognuno che avrà modo di avere fra le mani il presente lavoro, sa ppia con fermezza e determinazione, aggrapparsi alle promesse di Dio e crederle per quelle che sono, per averne il maggiore beneficio per questa vita, e anche per l’eternità.
La versione della Bibbia che sarà usata in questo lavoro, sarà la Nuova Riveduta e quando sarà opportuno rifarci ad altre traduzioni lo specificheremo.

Domenico Barbera

Niagara Falls, Agosto 2004

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
25/01/2012 00:19

PRIMA PARTE



Capitolo 1



L’ORDINE DI SCRIVERE: L’ISPIRAZIONE DIVINA


Il titolo di questo capitolo con la relativa trattazione, pur non avendo nessuna attinenza col titolo del libro, l’abbiamo scritto, non solamente per mettere in risalto la frase: Mosè mise per iscritto... per ordine del SIGNORE, ma principalmente per affermare che anche per le varie tappe del cammino del popolo del Signore, portano il segno caratteristico della divina ispirazione di quanto è stato scritto a loro riguardo

Queste sono le tappe fatte dai figli d'Israele che uscirono dal paese d'Egitto, divisi in schiere, sotto la guida di Mosè e di Aaronne.Mosè mise per scritto le loro marce, tappa per tappa, per ordine del SIGNORE; e queste sono le tappe che fecero nel loro cammino (Numeri 33:1,2).

Questi due versetti non ci indicano soltanto Mosè ed Aronne come guide del popolo che esce dal paese d’Egitto, ma precisano che la lista delle loro marce e tappe fu redatta per esplicita volontà del Signore e non per desiderio di Mosè.
Viene naturale chiedersi: per quale scopo? Solo per tramandarla ai posteri? Noi crediamo che in quest’ordine divino c’era un preciso piano del Signore, quello di far sapere (prima al suo popolo e poi a tutti quelli che avrebbero letto la Bibbi che le cose scritte in questo Libro, non sono frutto della volontà umana, ma di quella divina.

Materialmente, le Sacre Scritture furono scritte da uomini (tranne i Dieci Comandamenti, scritti direttamente dal dito di Dio, cfr. (Esodo 34:28) e Deuteronomio 9:10); ma sappiamo che questi scrittori, pur mantenendo ciascuno i propri talenti e le proprie caratteristiche, sono stati ispirati dallo Spirito Santo per redigere i 66 libri che compongono la Bibbia.

Per quelli che credono alla divina ispirazione, quindi, la Bibbia non può essere considerata il prodotto del genio e dell’intelligenza umana, ma il risultato dell’opera dello Spirito di Dio che, attraverso strumenti umani, portò a compimento un preciso piano divino a beneficio dell’intera umanità.

Ecco perché l’apostolo Paolo affermò, in maniera dogmatica:
Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona (2 Timoteo 3:16,17).

L’apostolo Pietro affermò la stessa cosa, quando scrisse nella sua epistola:
Nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo (2 Pietro 1:21).

Sono numerosi i versetti in cui Dio ordinò a Mosè di “scrivere”, e servono per farci comprendere l’importanza data dal Signore a certi luoghi e avvenimenti.

1) Esodo17:14: Il SIGNORE disse a Mosè, «Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto il cielo la memoria di Amalec».

In questo testo Dio ordina chiaramente a Mosè di scrivere un fatto in un libro, con la chiara motivazione: perché se ne conservi il ricordo. Il fatto da trascrivere era la vittoria che Giosuè aveva riportato sugli Amalechiti.

Questa vittoria fu molto importante per gli Israeliti, non solo perché fu la prima dopo l’uscita dall’Egitto, ma anche per la maniera con cui venne ottenuta.

Trascriverla in un libro serviva a mantenerla inalterata, evitando qualsiasi cambiamento. Le cose affidate alla memoria dell’uomo possono essere facilmente modificate: per pura dimenticanza, per trascuratezza o per malafede; invece, una volta scritte, anche dopo molti secoli, esse rimangono invariate.

Dio non ha affidato le Sue parole alla cosiddetta “tradizione orale”, ma ha ordinato che fossero scritte, così che ogni uomo, a qualsiasi generazione appartenga, possa sapere esattamente come si svolsero le cose dal principio.

2) Esodo34:27: Poi il SIGNORE disse a Mosè, «Scrivi queste parole, perché sul fondamento di queste parole io ho fatto un patto con te e con Israele».

Il contesto di questo versetto si riferisce a quello che il Signore aveva fatto in favore del Suo popolo, sconfiggendo gli Amorei, i Cananei, gli Ittiti, i Perezei, gli Ivvei e i Gebusei.

Poi c’è l’esortazione di Dio al Suo popolo di non stipulare alleanze con gli altri popoli e di non deviare dall’adorazione dell’unico e vero Dio.
Egli prescrive che, per tre volte all'anno, ogni maschio debba comparire davanti al Signore per celebrare la festa degli Azzimi, quella delle Settimane (cioè delle primizie della mietitura del grano) e la festa della raccolta, alla fine dell’anno.

Si proseguirà il prossimo giorno...
[Modificato da Domenico34 25/01/2012 00:26]
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
26/01/2012 00:18

Dio ordina a Mosè di scrivere tutte queste cose, perché è sul fondamento di queste parole che si basa l’alleanza tra Dio e Israele.

In tal modo le condizioni del patto ordinato da Dio rimanevano inalterate e ogni membro della famiglia d’Israele sapeva esattamente cosa doveva mettere in pratica.

3) Isaia30:8: Ora vieni e traccia queste cose in loro presenza sopra una tavola e scrivile in un libro, perché rimangano per i giorni futuri, per sempre.

Anche in questo brano di Isaia troviamo l’ordine divino di scrivere su una tavoletta e in un libro cose che Dio voleva rimanessero per i giorni avvenire, per sempre. Questo, naturalmente non fa che confermarci che la Parola del Signore è stabile e non è soggetta a nessun cambiamento (cfr. Salmo 119:89).

4) Geremia36:2: Prenditi un rotolo da scrivere e scrivici tutte le parole che ti ho dette contro Israele, contro Giuda e contro tutte le nazioni, dal giorno che cominciai a parlarti, cioè dal tempo di Giosia, fino a oggi.

Se Geremia chiese a Baruc di riscrivere quello che il re Ioiachim aveva bruciato col fuoco, fu perché Dio gli ordinò di farlo.
Il fuoco può momentaneamente distruggere la pergamena o la carta su cui è stata scritta la Parola del Signore, ma non la Parola stessa. Attraverso i secoli, la Bibbia è stata più volte bruciata e chi l’ha fatto ha creduto di distruggerla e di estirparla dal cuore del credente. Ma questo piano non è riuscito, perché Dio ha vigilato sulla Sua Parola.

5) Ezechiele24:2;37:16: Figlio d'uomo, scriviti la data di questo giorno, di quest’oggi! Oggi stesso, il re di Babilonia marcia contro Gerusalemme…
Tu, figlio d'uomo, prenditi un pezzo di legno e
scrivici sopra: "Per Giuda e per i figli d'Israele che gli sono associati". Poi prenditi un altro pezzo di legno e scrivici sopra: "Per Giuseppe, bastone di Efraim e di tutta la casa d'Israele che gli è associata".
Nel primo di questi due testi Dio ordinò ad Ezechiele di scrivere la data dell’assedio del re di Babilonia contro la città di Gerusalemme.
Ovviamente, Ezechiele non scrisse con lo scopo di conservare un dato storico (anche se questo ha la sua importanz ma perché glielo ordinò Dio.
Anche l’ordine di scrivere su un legno: Per Giuda e per i figli d’Israele, e su un altro: Per Giuseppe e per la casa d’Israele, venne direttamente dal Signore
.

6) Abacuc2:2: Il SIGNORE mi rispose e disse: «Scrivi la visione, incidila su tavole, perché si possa leggere con facilità…».

Ecco un altro esempio veterotestamentario dell’ordine di scrivere impartito a un profeta.

Tutti i brani esaminati hanno un denominatore comune: Dio ha ordinato di scrivere!

Anche se non sono tantissimi, sono comunque sufficienti per affermare che è stato il Signore in persona a voler mettere per iscritto la Sua Parola, per lasciare un'efficace e convincente testimonianza.

I vari scrittori della Bibbia non scrissero secondo la loro volontà, il loro genio e la loro erudizione. Fu lo Spirito Santo a guidarli a scrivere storie, avvenimenti e profezie. Nel Nuovo Testamento c’è un solo libro, tra i 27 che lo compongono, in cui ricorre (per cinque volte) l’ordine divino di scrivere: il libro dell’Apocalisse. Ecco, qui di seguito i cinque versetti.

7) Apocalisse1:11: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a Pergamo, a Tiatiri, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea».

8) Apocalisse1:19: Scrivi dunque le cose che hai viste, quelle che sono e quelle che devono avvenire in seguito.
Il Personaggio che ordina all’apostolo Giovanni di scrivere ciò che sta vedendo e ciò che vedrà in seguito si autodefinisce l’alfa e l’omega
(v. 8), cioè Gesù Cristo.

Lo scopo dell’ordine è di far conoscere le cose che accadranno. Infatti, se non ci fosse l’Apocalisse di Giovanni si saprebbe ben poco degli eventi futuri, sia per la chiesa di Gesù Cristo che per il mondo. Questo libro non è di facile interpretazione, ma il Signore ha voluto che gli eventi mostrati a Giovanni venissero “scritti”.

9) Apocalisse14:13: E udii una voce dal cielo che diceva: «Scrivi: beati i morti che da ora innanzi muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, essi si riposano dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono».

L’ordine di scrivere qui riguarda i morti che vengono definiti beati e che si riposano dalle loro fatiche. È chiaro che non tutti i morti rientrano in questa categoria, ma solo quelli che muoiono nel Signore.

10) Apocalisse19:9: E l’angelo mi disse: «Scrivi: “Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell'Agnello”». Poi aggiunse: «Queste sono le parole veritiere di Dio».

Qui l’ordine di scrivere, viene a Giovanni da una voce simile al fragore di molte acque e, in vista della celebrazione della cena delle nozze dell’Agnello, gli viene precisato che sono beati solo quelli che sono invitati.

Dunque non tutti parteciperanno a questo banchetto speciale. Per evitare ogni possibile equivoco viene poi ribadito che quello che Giovanni è invitato a scrivere sono le veraci parole di Dio.

11) Apocalisse21:5: E colui che siede sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Poi mi disse: «Scrivi, perché queste parole sono fedeli e veritiere».

L’ultimo ordine di scrivere viene direttamente da Colui che siede sul trono, Colui che fa nuove tutte le cose, e le cui parole sono veraci e veritiere, cioè Dio.
Dunque sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, ricorrono versetti in cui Dio ordina esplicitamente di mettere per iscritto le Sue Parole. La ragione più ovvia è che questo prova l’ispirazione divina delle Scritture.

PS: Se al termine del capitolo 1 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura


Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
27/01/2012 00:08

Capitolo 2



DA RAAMSES A SUCCOT



Partirono da Raamses il primo mese, il quindicesimo giorno di quel mese. Il giorno dopo la Pasqua, i figli d’Israele partirono a testa alta, sotto gli occhi di tutti gli Egiziani,
mentre gli Egiziani seppellivano quelli che il SIGNORE aveva colpito in mezzo a loro, cioè tutti i primogeniti, quando anche i loro dèi erano stati colpiti dal giudizio del SIGNORE.
I figli d’Israele partirono dunque da Raamses e si accamparono a Succot
(Numeri 33: 3-5).

Raamses

Tornare un po’ indietro nel tempo è utile per ricordare il passato e per ricostruire la storia della lunga permanenza dei figli d’Israele nel paese di Egitto, da Raamses alla volta di Succot, la loro prima tappa.

Già al tempo in cui Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e si riconciliò con loro, il messaggio che mandò a suo padre fu:

...Così dice tuo figlio Giuseppe: Dio mi ha stabilito signore di tutto l'Egitto; scendi da me, non tardare; tu abiterai nel paese di Goscen e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi (Genesi 45:9-10).

Accertatosi che la sua discesa in Egitto rientrava nel piano e nella volontà di Dio, Giacobbe incontrò suo figlio Giuseppe proprio a Goscen (Genesi 46:28,29).
Lo stesso Giuseppe indusse i suoi fratelli a chiedere al faraone di permettere loro di stabilirsi a Goscen (Genesi 46:34; 47:4).
Il faraone diede loro l’autorizzazione a stabilirsi a Goscen, con tutto quello che avevano portato da Canaan (47:6).
Così Giuseppe sistemò la famiglia di suo padre nella parte migliore del paese, nel territorio di Raamses, come il faraone aveva ordinato (47:11).

Questi due nomi di Goscen e Raamses indicano, rispettivamente, la regione in cui la famiglia di Giacobbe abitò durante il lungo soggiorno di quattrocentotrent’anni in Egitto (Esodo 12:40).

In base ad Esodo 1:11 la città di Raamses venne costruita come città-deposito dal popolo d’Israele e prese il nome dal faraone Raamses II (1290-1223 a.C.) [Cfr. G. Von Rad, Genesi, pag. 550].

Il testo biblico afferma che la regione in cui la famiglia di Giacobbe si stabilì non era solamente una zona fertile, adatta all’allevamento del bestiame minuto e grosso, ma era anche la parte migliore del paese d’Egitto.

In questo territorio la discendenza del patriarca dunque crebbe in modo straordinario, nonostante i soprusi e i violenti maltrattamenti che subirono durante tutto il tempo della loro permanenza in Egitto.

Quando Giacobbe scese in Egitto, il totale della sua famiglia, compreso Giuseppe e i suoi due figli nati in Egitto, ammontava a settanta persone. Quando ne uscì, al termine dei quattrocentotrent’anni, erano diventati seicentomila uomini a piedi, senza contare i fanciulli (Esodo 12:37).

Si calcola che la somma totale si aggirava intorno a due milioni e mezzo di individui. Dio aveva promesso che avrebbe fatto di Abrahamo una grande nazione (Genesi 12:2) e la stessa promessa venne ripetuta a Giacobbe, a Beer-Sceba (Genesi 46:2-3).

Non è possibile che una promessa divina venga neutralizzata e non si avveri.
Non ci sono forze diaboliche che possano impedire l'adempimento di una promessa divina.

I piani divini, sia riguardanti un popolo che una singola persona, possono essere ostacolati e ritardati, ma mai modificati o annullati. Quello che il Signore ha stabilito nella Sua sovranità si avvererà, in accordo con quanto detto dal profeta:

Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare,
così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non ritorna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata
(Isaia 55:10,11).

Raamses, dunque, evocava al popolo d’Israele la fertilità della zona, il meglio del paese di Egitto e il luogo in cui era cresciuto numericamente in maniera sbalorditiva. Ma riportava alla memoria anche le tante lacrime, i soprusi e le crudeli angherie subite da parte degli Egiziani.

Israele sebbene fosse il popolo di Dio, scelto da Lui stesso, dovette affrontare un periodo di travagli e sofferenze senza pari. E questo stato di cose durò per un tempo determinato: ben quattrocentotrent’anni, al termine dei quali poté uscire dalla fornace di ferro (Deuteronomio 4:20).

La dura schiavitù che la discendenza di Giacobbe subì in Egitto fu permessa dal Signore come un perenne monito a non dimenticare la triste situazione da cui Dio li aveva tratti e anche per comprendere le situazioni d'indigenza in cui si sarebbero trovati gli altri (cfr. Deuteronomio 5:15; 15:15; 16:12; 24:17-18,21-22).

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
28/01/2012 00:30

Infine, Raamses, oltre ad evocare le tante sofferenze fisiche, il pianto straziante di tante mamme nel veder gettati nel Nilo i loro neonati maschi, ricordava loro il modo con cui la mano potente di Dio li aveva liberati dalla schiavitù (Deuteronomio 6:12; 7:19).

Ecco perché il testo sacro (Numeri 33:3) afferma che quando gli Israeliti partirono da Raamses alla volta di Succot, lo fecero a testa alta (pieni di baldanza, N. Diodati; a mano alzata, Diodati e CEI).

L’atteggiamento di un popolo che per tantissimi anni era stato il bersaglio della spietata tirannia degli Egiziani era totalmente cambiato, grazie all’intervento di Dio.

Se il faraone mandò via dal suo paese gli Israeliti non fu perché non erano più di suo gradimento o perché non ricavava più vantaggi dalla loro produttività (come negli anni passati), ma perché fu costretto dalla mano potente del Signore che si era abbattuta su tutti gli Egiziani e aveva fatto morire tutti i loro primogeniti, sia degli uomini che degli animali.

Se Dio non avesse colpito gli Egiziani in quel modo, il faraone non avrebbe mai acconsentito a lasciare partire Israele, e la schiavitù di questo popolo non avrebbe mai avuto fine.

Davanti alla chiara manifestazione della potenza di Dio in loro favore, gli Israeliti che lasciarono l’Egitto avevano tutte le ragioni per uscire a testa alta, pieni di baldanza e a mano alzata.

Questo per dimostrare a tutti, e agli Egiziani in modo particolare, che non stavano lasciando l’Egitto da sconfitti ed umiliati ma come veri trionfatori, grazie al loro Dio onnipotente.

Dalla storia della liberazione del popolo d’Israele, il cristianesimo può ricavare una brillante illustrazione, applicabile alla salvezza di ogni peccatore per opera di Gesù Cristo.

Infatti, chi libera dalla schiavitù del peccato, è solamente il Figlio di Dio, avendo sacrificato la sua vita come prezzo di riscatto (Matteo 20:28).

Una persona o un popolo che viene messo in libertà, ha motivo di alzare la testa, a dimostrazione della riacquistata libertà su chi lo ha tenuto schiavo per tanto tempo e a lode di Colui che lo ha reso veramente libero dal peccato (Giovanni 8:32-36). A Lui la gloria!

Ogni cristiano, nel corso della sua vita, conosce il suo Raamses, il suo luogo di sofferenze e lacrime.
Per alcuni, i dolori e i travagli sono tantissimi e sembrano interminabili, ma bisogna tenere sempre presente quello che lasciò scritto l’apostolo Paolo:

Io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che dev’essere manifestata a nostro riguardo (Romani 8:18).

Le sofferenze del tempo presente non si possono paragonare alla gloria futura perché, qualitativamente, la differenza è abissale e perché, anche in senso quantitativo, le prime hanno una durata, cioè sono limitate, mentre la seconda è illimitata, cioè abbraccia l’eternità.

Anche se i quattrocentotrent’anni di permanenza in Egitto, sotto il peso schiacciante di soprusi e angherie, furono lunghissimi, arrivò il momento della liberazione. Dal giorno in cui Israele uscì dal paese di Egitto cominciò una nuova era, non solo di libertà, ma anche con la rosea prospettiva di entrare in possesso della terra di Canaan, che Dio aveva promesso ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe.

Ogni persona salvata mediante la potenza del vangelo e resa libera dalla schiavitù del peccato comincia una nuova vita (2 Corinzi 5:17), realizza la fedeltà e la bontà di Dio, e ha la certezza di entrare in possesso di una eredità incorruttibile, conservata in cielo (1 Pietro 1:4), che il Signore ha promesso a tutti quelli che Lo amano (1 Corinzi 2:9).

Succot


Il primo accampamento d’Israele dopo la partenza da Raamses fu a Succot.
Questo luogo, che si trova nella valle del Giordano (vicino a Sartan, (1 Re 7:46), ci fa ripensare a Giacobbe e a quello che egli fece in questa stessa località, dopo la riconciliazione con suo fratello Esaù.

Giacobbe partì alla volta di Succot, costruì una casa per sé e fece delle capanne per il suo bestiame; per questo quel luogo fu chiamato Succot (Genesi 33:17).

Visto che la Bibbia non riporta eventi particolari verificatisi durante il primo accampamento di Israele, l’unico elemento di riflessione lo prenderemo proprio dal nome: Succot, che significa “capanne”.

Una capanna, come dice il dizionario, è «una piccola costruzione di pietra, legno, canne, frasche, ecc., usata come rifugio provvisorio (e anche come abitazione o come ricovero per il bestiam dai pastori, dai carbonai, dai contadini o dagli alpinisti. – Per similitudine, casa piccola e povera (specialmente in campagn; tugurio» [S. Battaglia, GDLI, (Grande Dizionario della lingua italiana) Vol. II, pag. 675].

Di solito le capanne erano costruite con frasche o canne ma, anche se fatte con pietre, erano comunque senza fondamenta. Un’abitazione di questo tipo non ha un gran valore perché non è stabile, non resiste alla furia di una bufera, viene facilmente sradicata e quindi non dà nessuna garanzia a chi l’abita.

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
29/01/2012 00:23

Il Signore ordinò che ogni anno, il popolo d’Israele celebrasse per sette giorni la festa delle Capanne:

Il SIGNORE disse ancora a Mosè: «Parla ai figli d'Israele e di' loro: “Il quindicesimo giorno di questo settimo mese sarà la festa delle Capanne, durerà sette giorni, in onore del SIGNORE.
Il primo giorno vi sarà una santa convocazione; non farete nessun lavoro ordinario. Per sette giorni offrirete al SIGNORE dei sacrifici consumati dal fuoco. L'ottavo giorno avrete una santa convocazione e offrirete al SIGNORE dei sacrifici consumati dal fuoco. È giorno di solenne assemblea; non farete nessun lavoro ordinario.
Queste sono le solennità del SIGNORE che voi proclamerete come sante convocazioni, perché si offrano al SIGNORE sacrifici consumati dal fuoco, olocausti e oblazioni, vittime e libazioni, ogni cosa al giorno stabilito, oltre i sabati del SIGNORE, oltre ai vostri doni oltre a tutti i vostri voti e a tutte le offerte volontarie che presenterete al SIGNORE.
Il quindicesimo giorno del settimo mese, quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete una festa al SIGNORE per sette giorni; il primo giorno sarà di completo riposo, e l'ottavo di completo riposo.
Il primo giorno coglierete dagli alberi dei frutti di bell’aspetto, dei rami di palma, rami di mortella e rami di salici di torrente, e vi rallegrerete davanti al SIGNORE, Dio vostro, per sette giorni. Celebrerete questa festa in onore del SIGNORE per sette giorni, ogni anno. È una legge perenne, di generazione in generazioni. La celebrerete il settimo mese.
Abiterete in capanne per sette giorni; tutti quelli che saranno nativi d'Israele abiteranno in capanne, affinché i vostri discendenti sappiano che io feci abitare in capanne i figli d'Israele, quando li feci uscire dal paese d'Egitto. Io sono Il SIGNORE, il vostro Dio
(Levitico 23:33-43).

Nel medesimo spirito e con le stesse regole, venne celebrata la festa delle capanne ai tempi di Esdra e di Neemia:

Il secondo giorno, i capi famiglia di tutto il popolo, i sacerdoti e i Leviti si radunarono presso Esdra, lo scriba, per esaminare le parole della legge.
Trovarono scritto nella legge che il SIGNORE aveva data per mezzo di Mosè, che i figli d'Israele dovevano abitare in capanne durante la festa del settimo mese, e che in tutte le loro città e in Gerusalemme si doveva pubblicare questo bando: «Andate al monte, a cercare rami d’olivo, rami d’olivastro, di mirto, di palma e alberi ombrosi, per farne delle capanne, come sta scritto».
Allora il popolo andò fuori, portò i rami, e ciascuno fece la sua capanna sul tetto della propria casa, nel proprio cortile, nei cortili della casa di Dio, sulla piazza davanti alla porta delle Acque, e sulla piazza davanti alla porta di Efraim.
Così tutta l’assemblea di quanti erano tornati dall’esilio si fece delle capanne, e abitò nelle capanne. Dal tempo di Giosué, figlio di Nun, fino a quel giorno, i figli d'Israele, non avevano più fatto così. E vi fu grandissima gioia
(Neemia 8:13-17).

Come si può notare i materiali usati per costruire le capanne erano: rami d’olivastro, di mirto, di palma e di alberi ombrosi. Ovviamente gli Israeliti, al tempo di Neemia, costruirono queste capanne solo per ricordare il passato, in ubbidienza alla Legge di Mosè, e non certo per restarvi alloggiati dopo i giorni della celebrazione.

Invece, al tempo di Mosè, tende e capanne servirono come abitazioni permanenti per tutta la durata del pellegrinaggio di Israele, da Raamses fino al Giordano.

Quale applicazione spirituale si può ricavare da Succot, la prima tappa del popolo d’Israele?

Come abbiamo detto, Succot significa capanne, abitazioni provvisorie, e ciò dovrebbe ricordare al popolo di Dio che durante il suo cammino terreno, non ha una dimora stabile.

In altre parole, anche se abita in questo mondo, il cristiano non appartiene ad esso, è un cittadino del cielo.

In senso figurato è un residente senza cittadinanza, uno che vive solo provvisoriamente su questa terra e nello stesso tempo è proteso verso la dimora permanente celeste, il cui architetto e costruttore è Dio (Ebrei 11:10).
La Parola di Dio ordina a tutti i veri credenti:

Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio.
Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra…
Fate dunque morire ciò che in voi è terreno: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e cupidigia, che è idolatria.
Per queste cose viene l'ira di Dio [sui figli ribelli]
(Colossesi 3:1-6).

Non dobbiamo mai dimenticare che i nostri cari, la nostra bella casa, il televisore a 99 pollici, il conto in banca, il nostro bel giardino, l’adorata collezione, ecc. sono tutte cose provvisorie, mentre quelle che non si vedono sono eterne (2 Corinzi 4:18).

PS: Se al termine fel capitolo 2 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura.



Capitolo 3



DA SUCCOT A ETAM E AL MAR ROSSO



Partirono da Succot e si accamparono a Etam, che è all’estremità del deserto.
Partirono da Etam e piegarono verso Pi-Achirot, che è di fronte a Baal-Sefon, e si accamparono davanti a Migdol.
Partirono da davanti ad Achirot, attraversarono il mare in direzione del deserto, fecero tre giornate di marcia nel deserto di Etam e si accamparono a Mara.
Partirono da Mara e andarono a Elim, dove c'erano dodici sorgenti d'acqua e settanta palme. Là si accamparono.
Partirono da Elim e si accamparono presso il mar Rosso
(Numeri 33:6-10; Esodo 13:20; 14:1,2).

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
30/01/2012 00:11

Etam

Osservando sulla carta geografica gli spostamenti del popolo d’Israele notiamo che, giunti ad Etam, il Signore avrebbe potuto farli passare subito oltre il Mar Rosso (come avvenne più tardi). Invece, Egli ordinò che tornassero indietro e si accampassero di fronte a Pi-Achirot, fra Migdol e il mare.

Senza il racconto dell’Esodo, non sapremmo come procedeva il popolo e in che modo Dio li guidasse:
Egli non allontanava la colonna di nuvola durante il giorno, né la colonna di fuoco durante la notte, dal cospetto del popolo (Esodo 13:22).

Questa precisazione del testo sacro serve per farci vedere come il Signore, dopo averli fatti uscire del paese d’Egitto, aveva preso saldamente in mano le redini della loro vita e li guidava di giorno e di notte.

La colonna di nuvola che andava davanti a loro serviva per guidarli di giorno e la colonna di fuoco per far luce di notte. Notte e giorno, quindi, Dio era tangibilmente presente in mezzo al Suo popolo.

Questa realtà vale anche per il cristiano di oggi.
Come ci è stato promesso, Gesù è con noi tutti i giorni (Matteo 28:20) e sapere che Egli si prende cura, giorno e notte, dell’esistenza dei Suoi ciò serve a rassicurarci e a infonderci fiducia e coraggio, affinché non ci perdiamo mai d’animo.

Il cammino cristiano infatti non è scevro da avversità e pericoli di ogni genere; ma in qualsiasi evenienza, anche drammatica, in cui potremmo trovarci, possiamo contare sulla presenza e sulla fedeltà di Dio.

Colui che è stato sempre attivo nel condurre il popolo dell’Antico Patto durante il pellegrinaggio nel deserto, continuerà, a maggior ragione, ad assicurare la Sua assistenza ad ogni singolo credente che si è affidato alle Sue mani.

Come conferma un’altra promessa del Nuovo Testamento: Colui che ha cominciato in voi un’opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (Filippesi 1:6).

Migdol

A proposito delle località di Pi-Achirot, Baal-Sefon e Migdol, dove Israele si accampò dopo la partenza da Etam, facciamo qualche osservazione sul significato etimologico dei loro nomi.

Migdol significa “Torre”. Tenendo presente quello che sta per verificarsi, si può comprendere perché il Signore diede a Mosè l’ordine di far tornare indietro il popolo e di farlo accampare in questa località.

Le torri, anticamente, venivano usate come posti di osservazione.
Essendo strutture sopraelevate, esse consentivano di scorgere in lontananza l’avvicinarsi di un pericolo: per esempio, un nemico in arrivo. In questo caso, le sentinelle davano l’allarme e tutto veniva predisposto per fronteggiare la situazione e non cadere nelle mani dell’avversario.

Dio sapeva che il faraone avrebbe inseguito il popolo d’Israele, con l’intenzione di farlo tornare in Egitto. Migdol era il posto ideale per scorgere in lontananza l’arrivo del faraone, con i suoi seicento carri.

Il significato del nome dell’altra località, cioè Baal-Sefon, è “Signore della vigilanza”, ci aiuta anch’esso a comprendere perché il Signore ordinò di ripiegare e di far accampare il suo popolo in queste zone.

Se c’era Uno che osservava attentamente tutto l’evolversi della situazione, questi era sicuramente il Signore, Colui che andava davanti al popolo, di giorno in una colonna di nuvola e di notte in una colonna di fuoco.

Il Signore aveva assunto la guida del Suo popolo, perciò non poteva ignorare la rabbia e la determinazione del faraone, partito all’inseguimento degli Israeliti in marcia verso il Mar Rosso.

Da un punto di vista spirituale, questo episodio ci può insegnare una preziosa verità che sarà utile ricordare per non cadere mai nella trappola dello scoraggiamento: il Guardiano del popolo di Dio non dorme e non sonnecchia (Salmo 121:4)!

Egli è veramente il “Signore della vigilanza” e vigila costantemente su tutti quegli eventi che potrebbero determinare seri pericoli per i Suoi figli.
Anche se tutto è calmo e sereno, e sembra filare nel verso giusto, ci sono sempre in agguato delle forze nemiche, agguerrite dalla furia dell’inferno, capaci di far impallidire i più valorosi e creare scompiglio e turbamento fra il popolo di Dio.

Ma, tenendo presente che il Signore ha tutto sotto controllo, i credenti possono riposare tranquilli e fiduciosi sulle promesse divine, che ci assicurano: neppure un capello del vostro capo perirà (Luca 21:18).

Il passaggio del Mar Rosso

La sosta a Migdol, servì per preparare l’evento straordinario e miracoloso della traversata del Mar Rosso.

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
31/01/2012 00:09

Mentre il popolo si trovava accampato presso il Mar Rosso, vicino a Pi-Achirot, di fronte a Baal-Sefon, il faraone con tutto il suo seguito, costituito da centinaia di carri e cavalieri, venne avvistato in lontananza.

Di fronte alla situazione di grave pericolo, che non avevano previsto, i figli d’Israele ebbero una gran paura e gridarono al SIGNORE (Esodo 14:10).

La paura del popolo era più che giustificata, almeno per tre motivi: 1) la brutalità degli Egiziani, che la popolazione aveva già sperimentato sulla propria pelle; 2) la prospettiva di ritornare schiavi in Egitto; 3) il Mar Rosso che sbarrava loro la strada e non permetteva vie di scampo.

Se il popolo non si fosse trovato davanti a una situazione così drammatica, con ogni probabilità non avrebbe gridato a Dio per essere soccorso.
Ciò che suggerisce la Scrittura in questi frangenti è sempre vero e si applica in tutti i casi:
Invocami nel giorno della sventura, io ti salverò e tu mi glorificherai (Salmo 50:15).

Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno (Romani 8:28).

Davanti a queste specifiche promesse di Dio, invece di guardare alle difficoltà, dobbiamo guardare alla potenza divina, che è a nostra disposizione, e crederci.

La vita cristiana è piena di difficoltà di ogni genere e non è affatto vero che tutto è rose e fiori.

Ci sono tanti monti e tante vallate che rappresentano una continua sfida alla nostra fede.
E se per una malaugurata ipotesi non ci fossero, la nostra fede sarebbe debole e non avrebbe alcun valore.

Infatti, la consistenza e il valore della fede vengono derivano e sono rafforzati dai pericoli e dalle difficoltà che incontriamo nel cammino della vita.

Gli Israeliti nel vedere gli Egiziani dietro di loro, ebbero una gran paura e pensarono che fra poco sarebbero stati uccisi. Ecco perché:
…dissero a Mosè: «Mancavano forse tombe in Egitto, per portarci a morire nel deserto? Che cosa hai fatto, facendoci uscire dall'Egitto?
Era appunto questo che ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare, che serviamo gli Egiziani!” Poiché era meglio per noi servire gli Egiziani che morire nel deserto»
(Esodo 14:11,12).

Nei momenti difficili, per l’uomo che non intravede la via d’uscita e non sa confidare nell’intervento di Dio, spesso si affaccia alla mente il pensiero della sconfitta o della morte. La fede, invece, volge lo sguardo alla provvidenza divina ed è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di realtà che non si vedono (Ebrei 11:1).

Mosè, a differenza del popolo, anche se con i suoi occhi vedeva gli Egiziani e i loro carri come tutti gli altri, si espresse come chi confida in una sicura liberazione e nella soluzione del problema.

Mosè disse al popolo: «Non abbiate paura, state fermi e rivedrete la salvezza che il SIGNORE, compirà oggi per voi; Infatti, gli Egiziani che avete visti quest’oggi, non li vedrete mai più.
Il SIGNORE combatterà per voi, e voi ve ne starete tranquilli».
Il SIGNORE disse a Mosè: «Perché gridi a me? Di' ai figli d'Israele che si mettano in marcia.
Alza il tuo bastone, stendi la tua mano sul mare e dividilo; e i figli d'Israele entreranno in mezzo al mare sulla terra asciutta.
Quanto a me, io indurirò il cuore degli Egiziani e anch’essi entreranno dietro a loro; io sarò glorificato nel faraone e in tutto il suo esercito, nei suoi carri e nei suoi cavalieri.
Gli Egiziani sapranno che io sono il SIGNORE, quando sarò glorificato nel faraone, nei suoi carri e nei suoi cavalieri»
(Esodo 14:13-18).

Per liberare il suo popolo dalle mani degli Egiziani, Dio prima di tutto fermò l’avanzata dei carri del faraone. Ecco perché si legge:

Allora l'Angelo di Dio, che precedeva il campo d'Israele, si spostò e andò a mettersi dietro di loro; anche la colonna di nuvola si spostò dalla loro avanguardia e si fermò dietro a loro,
mettendosi fra il campo dell'Egitto e il campo d'Israele. La nuvola era tenebrosa per gli uni, mentre rischiarava gli altri nella notte. Il campo degli uni non si avvicinò a quello degli altri per tutta la notte
(vv. 19-20).

La notte, con la sua fitta oscurità derivante dalla mancanza della luce del giorno e dalla colonna di nuvola, impedì ai carri del faraone di avvicinarsi all’accampamento d’Israele.

Ma per il popolo d’Israele, quella stessa notte fu radiosa, perché erano illuminati dalla luce divina e perché Dio li fece camminare per l’asciutto, attraverso il Mar Rosso.

Gli Egiziani, con i loro carri, tentarono di inseguire il popolo d’Israele percorrendo la stessa strada che il Signore aveva aperto davanti agli Israeliti.

Ma mentre per gli uni (gli Israeliti) fu un cammino di salvezza e di liberazione, per gli altri (gli Egiziani) significò la distruzione. Le strade che Dio apre per il suo popolo in difficoltà sono sempre salutari per i Suoi figli, ma non per i loro nemici.

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
01/02/2012 00:14

L’evento straordinario e miracoloso che Dio compì dividendo le acque del Mar Rosso, facendo passare il Suo popolo e liberandolo definitivamente dagli Egiziani, è l’emblema della vittoria dell’Onnipotente nei confronti delle potenze diaboliche dell’inferno.

Così, in quel giorno, il SIGNORE salvò Israele dalle mani degli Egiziani, Israele vide gli Egiziani morti sulla riva del mare.
Israele vide la grande potenza con cui il SIGNORE aveva agito contro gli Egiziani. Il popolo perciò ebbe timore del SIGNORE, credette nel SIGNORE e nel suo servo Mosè
(vv. 30-31).

Allo stesso modo ogni cristiano che confida nel Signore Gesù può cantare, con spirito di gratitudine e riconoscenza:
Il SIGNORE è la mia forza e l’oggetto del mio cantico; egli è stato la mia salvezza. Questi è il mio Dio, io lo glorificherò, è il Dio di mio padre, io lo esalterò (Esodo 15:2).

PS: Se al termine del capitolo 3 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura



Capitolo 4




DA ACHIROT A MARA E AD ELIM




Partirono da davanti ad Achirot, attraversarono il mare in direzione del deserto, fecero tre giornate di marcia nel deserto di Etam e si accamparono a Mara.
Partirono da Mara e andarono a Elim; ad Elim dove c'erano dodici sorgenti d'acqua e settanta palme. Là si accamparono
(Numeri 33:8-9);

Poi Mosè fece partire gli Israeliti dal mar Rosso ed essi si diressero verso il deserto di Sur; camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua.
Quando giunsero a Mara, non potevano bere l’acque di Mara perché era amara; perciò quel luogo fu chiamato Mara.
Allora il popolo mormorò contro Mosè, dicendo: «Che berremo?».
Egli gridò al SIGNORE; e il SIGNORE gli mostrò un legno. Mosè lo gettò nell’ acqua, e l’acqua divenne dolce. È lì che il SIGNORE diede al popolo una legge e una prescrizione, e lo mise alla prova, dicendo:
«Se tu ascolti attentamente la voce del SIGNORE che è il tuo Dio, e fai ciò che è giusto agli occhi suoi, porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi, io non ti infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli Egiziani, perché io sono il SIGNORE, colui che ti guarisce».
Poi giunsero quindi a Elim, dov'erano dodici sorgenti d'acqua e settanta palme; e si accamparono lì presso le acque (Esodo 15:22-27).

Mara

Liberati definitivamente dagli Egiziani e col cuore allegro per il grande miracolo che il Signore aveva fatto al Mar Rosso, su ordine di Mosè, gli Israeliti ripartirono.

Il testo sacro precisa che si diressero verso il deserto di Sur, camminarono tre giorni in quella regione arida e non trovarono acqua.

Si può facilmente intuire il loro disagio durante quelle tre giornate.
Per una moltitudine di persone come gli Israeliti (fra uomini, donne e bambini si calcola possano essere stati sui due milioni e cinquecentomila, senza contare l’abbondante bestiam, camminare in un deserto era una vera prova di resistenza, al limite della sopportazione.

L’acqua è un elemento essenziale per il corpo umano (basti pensare che esso è composto d’acqua al 75%) e la sua mancanza crea situazioni drammatiche.
Eppure, non leggiamo che ci siano state manifestazioni di malcontento in mezzo alla gente.

I mormorii cominciarono a manifestarsi dopo le tre giornate di cammino nel deserto, quando trovarono l’acqua e non la poterono bere, perché era inquinata.

Ecco perché a quella località venne assegnato il nome Mara, che significa: “amaro, amarezza”.

A che serve avere acqua a disposizione (anche abbondant quando non la si può utilizzare, perché avvelenata?

Per togliere ciò che intossicava questo prezioso liquido, Dio fa un miracolo: indica a Mosè un legno che, gettato dentro, purifica le acque da ogni inquinamento e le rende potabili.

L’intervento divino, che fece seguito alla preghiera rivolta da Mosè al Signore, prova che Dio era interessato ai bisogni del Suo popolo e vi provvedeva in prima persona.

A questo punto usciamo dallo stretto ambito storico e facciamo un’applicazione spirituale che riguarda tutti noi.
Qui non c’è solamente il ricordo di un episodio passato a favore di un popolo che visse in altri contesti socio-culturali, ma c’è una preziosa lezione per ogni figlio di Dio.

Dio non è mai indifferente quando si verifica un qualsiasi problema in mezzo ai Suoi figli, anzi, è sempre pronto a intervenire e a venire in soccorso di quanti si rivolgono a Lui.

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
02/02/2012 00:14

Il deserto della vita mette a dura prova chiunque, specie quando veniamo da una felice esperienza che ci ha riempito di gioia. Per Israele non fu facile lasciare il Mar Rosso, il luogo in cui Dio aveva manifestato in loro favore la Sua potenza, facendo scaturire dai loro cuori un canto trionfale.

Rimanere accampati in un luogo che evoca continuamente la manifestazione della potenza di Dio, viene naturale.

Nel Nuovo Testamento, dopo aver assistito a una straordinaria trasfigurazione di Gesù (Matteo 17:4), Pietro voleva restare sulla montagna assieme al Signore, a Mosè e a Elia.

Di esperienze spirituali, che arricchiscono in modo straordinario la vita dei credenti, ce ne possono essere tante; e ognuna mette in risalto la bontà di Dio e la premura che Egli ha manifestato nei nostri confronti.
Quindi non fermiamoci alle prime esperienze, ma andiamo avanti.

Mosè era in stretto contatto con Dio e quando impartiva al popolo i suoi ordini, era in piena sintonia con il volere divino.
Dunque, nell’ordine che Mosè diede al popolo di lasciare il Mar Rosso per incamminarsi verso una nuova destinazione, non bisogna vedere solamente la volontà di un capo che vuole perseguire il suo programma, ma anche la volontà divina di farci avanzare per nuove esperienze, e altre vittorie.

Con le tre giornate di cammino nel deserto, Israele fece una nuova esperienza, anche se meno felice di quella del Mar Rosso, che contribuì ad arricchire il loro bagaglio di vita nel servizio di Dio.

Inizialmente, le acque amare portarono gli Israeliti a mormorare contro il servo del Signore Mosè (atteggiamento che non può essere giustificato per nessuna ragion, ma proprio a causa di quella particolare emergenza poterono sperimentare l’intervento del Signore, che cambiò l’amaro in dolce.
Nel corso della vita, a volte i credenti incontrano situazioni che possono essere paragonate a sorgenti amare. Prendiamo come esempio la storia di Naomi.

La sua famiglia a causa di una carestia lasciò Betlemme, in terra di Giuda, e si trasferì nel paese di Moab, in cerca di una migliore sistemazione.

Le cose però non andarono come previsto perché, nel giro di poco tempo, nel paese dove si erano trasferiti venne la morte a portar via il marito e i due figli della povera Naomi.
Quando più tardi ella tornò nella sua terra, i suoi concittadini la riaccolsero con gioia:

...Le donne dicevano: «È proprio Naomi?». E lei rispondeva: «Non chiamatemi Naomi; chiamatemi Mara, poiché l'Onnipotente m’ ha riempita d’ amarezza.
Io partii nell'abbondanza e il SIGNORE mi riconduce spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando il SIGNORE ha testimoniato contro di me, e l'Onnipotente m’ha resa infelice?»
(Ruth 1:19-21).

Naomi, che significa “mia delizia”, preferì farsi chiamare Mara, per esprimere l’amarezza che sentiva in cuore, dopo la perdita del marito e dei figli.

La perdita di un nostro congiunto (marito, moglie, genitori o figli) produce sempre dolore e tristezza nella vita umana. Anche quando si perde un posto di lavoro o una fortuna acquistata col sudore della fronte o la propria salute, si rimane inevitabilmente amareggiati. È come se “l’acqua” della gioia, del benessere e del godimento, che avevamo trovato nel deserto della vita, diventasse amara, insopportabile.

Queste tragiche esperienze non sono riservate solo ai non-credenti, lontani da Dio e dalla Sua Parola, ma anche ai credenti in Cristo Gesù, che si studiano di camminare nelle Sue vie. Ma come intervenne per il popolo d’Israele ai tempi di Mosè, risolvendo quell’enorme problema, Dio interviene anche oggi per i credenti, liberandoli e manifestando la Sua potenza.

Quello che fu indicato a Mosè era un legno particolare o comune? Non ci viene specificato. Però, quando venne gettato nell’acqua inquinata questa divenne dolce, cioè potabile. Ovviamente, se Mosè non avesse obbedito a Dio non sarebbe successo niente.

Dio ha un rimedio da offrire all’uomo di ogni tempo: Cristo Gesù! Solo Lui può addolcire tutte le amarezze della nostra esistenza, cambiare ogni situazione triste e farla diventare motivo di gioia.
Come disse Gesù alla Samaritana, una donna amareggiata dalle delusioni che la vita offre continuamente:

Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo;
ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna
(Giovanni 4:13-14).

Elim


La scena che si presenta a Mara è ben diversa da quella che il popolo trovò di fronte ad Elim. Invece dell’acqua amara, ad Elim c’erano ben dodici sorgenti d’acqua e settanta palme.
Accamparsi in un luogo del genere è stato sicuramente molto piacevole per Israele.

Qualcuno ha spiegato che lo scopo dei dodici pozzi era di riservarne uno per ogni tribù per evitare i litigi, già verificatisi nel passato.

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
03/02/2012 00:54

La presenza delle palme stava a significare che avevano la possibilità di riposare piacevolmente sotto la loro ombra [Cfr. M. Henry, Commentario Biblico, versione italiana, vol. 1, pag. 433].

Le acque di Elim erano potabili; non contenevano elementi nocivi per la salute del popolo.

Ognuno poteva usarle liberamente, senza alcuna restrizione.
Anche se nel corso della vita i cristiani incontrano situazioni difficili di ogni genere, sia dal punto di vista spirituale che umano, non dobbiamo concludere che sarà sempre così.

Di solito, dopo la tempesta segue la bonaccia.
Se certe esperienze negative hanno lasciato l’amaro in bocca e ferite profonde, quelle positive, che immancabilmente seguiranno, addolciranno le amarezze e guariranno le ferite.

Ora, per meglio comprendere il significato spirituale della palma, nelle Scritture, diamo qualche accenno sulla sua altezza, il suo frutto e la sua durata.

«I Greci ed i Romani consideravano la palma l’albero tipico della Palestina e delle zone vicine. Questo albero si innalzava diritto dai 14 ai 20 metri e può sussistere dai 100 ai 200 anni di vita. I frutti molto abbondanti, annui, si presentano in grappoli numerosi: i datteri sono molto ricercati a causa del loro alto valore nutritivo. I persiani hanno menzionato 360 usi della palma da datteri. I noccioli tritati servono anche di alimento per i cammelli del deserto» [Per la sua trattazione, cfr. René Pache, in Nuovo Dizionario Biblico, pagg. 620, 621].

Gli scrittori sacri hanno dato grande importanza a questo albero, tanto da paragonarlo alla crescita del giusto.

Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano (Salmo 92:12).

Alla palma si ispiravano alcuni motivi ornamentali del tempio di Salomone.

Egli fece ornare tutte le pareti della casa, tutto intorno, tanto all’interno quanto all’esterno, di sculture di cherubini, di palme e di fiori sbocciati.
Ricoprì d’oro il pavimento della casa, nella parte interna e in quella esterna.
All’ingresso del santuario fece una porta a due battenti, di legno d’olivo; la sua inquadratura, con gli stipiti, occupava la quinta parte della parete.
I due battenti erano di legno d’olivo. Egli vi fece scolpire dei cherubini, delle palme e dei fiori sbocciati, e li ricoprì d’oro, stendendo l’oro sui cherubini e sulle palme.
Fece pure, per la porta del tempio, degli stipiti di legno d’olivo, che occupavano un quarto della larghezza del muro
e due battenti di legno di cipresso; ciascun battente si componeva di due pezzi mobili.
Salomone vi fece scolpire dei cherubini, delle palme e dei fiori sbocciati e li ricoprì d’oro, stendendolo sulle sculture
(1 Re 6:29,32,35).

La palma, è simbolo di vittoria e di pace:
La gran folla... …prese dei rami di palme, uscì a incontrarlo, e gridava: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d'Israele!» (Giovanni 12:13).

Dopo queste cose guardai e vidi una folla immensa che nessuno poteva contare, proveniente da tutte le nazioni, tribù, popoli e lingue, che stava in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, vestiti di bianche vesti e con delle palme in mano (Apocalisse 7:9).

Anche i libri storici apòcrifi dei Maccabei parlano della palma in riferimento alla pace e alla vittoria:

“Fecero ingresso in quel luogo il ventitrè del secondo mese dell'anno centosettantuno, con canti di lode e con palme, con suoni di cetre, cembali e arpe e con inni e canti, perché era stato eliminato un grande nemico da Israele” (1 Maccabei 13:51).

“Perciò, tenendo in mano bastoni ornati, rami verdi e palme, innalzavano inni a colui che aveva fatto ben riuscire la purificazione del suo proprio tempio” (2 Maccabei 10:7).

Dunque, anche un solo ramo di palma trasmette questo messaggio; se poi ce ne sono dodici alberi, il messaggio è ancora più chiaro.

La vita cristiana non è costellata solo di sconfitte e delusioni (anche se spesso si incontrano resistenze nemiche che infliggono, o fanno presagire, pesanti sconfitt ma, se ci lasciamo guidare da Dio, Egli sicuramente ci farà sperimentare la vittoria e la pace.

Perciò, in mezzo alle tante prove e difficoltà che incontriamo ogni giorno, possiamo unirci all’apostolo Paolo per cantare il suo inno trionfale:

Che diremo dunque riguardo a queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?
Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica.
Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto, e ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio, e anche intercede per noi.
Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?
Com’è scritto: «Per amor di te siamo messi a morte tutto il giorno; siamo stati considerati come pecore da macello». Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amati
(Romani 8:31-37);

…ringraziato sia Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo (1 Corinzi 15:57).

PS: Se al termine del capitolo 4 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura


Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
04/02/2012 00:10

Capitolo 5




DA ELIM A REFIDIM




Partirono da Elim e si accamparono presso il mar Rosso.
Partirono dal mar Rosso e si accamparono nel deserto di Sin.
Partirono dal deserto di Sin e si accamparono a Dofca.
Partirono da Dofca e si accamparono ad Alus.
Partirono da Alus e si accamparono a Refidim, dove non c'era acqua da bere per il popolo
(Numeri 33:10-14).

A differenza del libro dei Numeri, che menziona quattro tappe (Mar Rosso, deserto di Sin, Dofca e Alus) prima dell’arrivo del popolo a Refidim, l’Esodo si limita a menzionare solo il deserto di Sin.

Questo deserto, infatti, comprende tutte le località menzionate nel libro dei Numeri e abbraccia anche tutta la Penisola del Sinai.

Ovviamente il fine che si propone questo libro non è tanto di dilungarsi sulle varie località in cui venne a trovarsi il popolo d’Israele nella sua lunga marcia, quanto quello di considerare gli avvenimenti che si verificarono e soprattutto le esperienze fatte dagli Israeliti.
Ogni esperienza, anche cattiva, può insegnarci qualcosa: se non altro a non ripetere gli stessi errori del passato. Cominciamo quindi ad esaminare quello che accadde agli Israeliti nel deserto di Sin.

La manna

Tutta la comunità dei figli d'Israele partì da Elim e giunse al deserto di Sin, che è fra Elim e il Sinai, il quindicesimo giorno del secondo mese dopo la loro partenza dal paese d'Egitto.
Tutta la comunità dei figli d'Israele mormorò contro Mosè e contro Aaronne nel deserto.
I figli d'Israele dissero loro: «Fossimo pur morti per mano del SIGNORE nel paese d'Egitto, quando sedevamo intorno alle pentole piene di carne e mangiavamo pane a sazietà! Voi ci avete condotti in questo deserto perché tutta questa assemblea morisse di fame!»
(Esodo 16:1-3).

La mancanza di cibo, per questa moltitudine di gente in marcia nel deserto, ha costituito un serio problema.
Non sapendo come risolverlo, gli Israeliti mormorarono contro Mosè e contro Aaronne, rimpiangendo addirittura l’Egitto, dove avevano pentole piene di carne e… pane a sazietà.

La mancanza di cibo fece loro rimpiangere il passato e li convinse che sarebbero morti di fame nel deserto.

L’uomo carnale, quando si trova davanti ad un problema, invece di confidare nell’intervento di Dio per una felice soluzione, tende a fissare il suo sguardo su ciò che potrebbe cascargli addosso.

Questo non solo ha una ripercussione negativa sulla sua vita e sulla sua fiducia in Dio, ma spesso lo spinge anche a compiere qualcosa che Dio non gradisce affatto: mormorare nei confronti delle guide spirituali!

Le mormorazioni di questo tipo implicano una critica a Dio stesso che ha scelto i leaders che ci hanno messi in determinate situazioni.
Ogni forma di mormorazione, indipendentemente dall’oggetto verso cui è rivolta, è sempre da riprovare con forza e determinazione ed è condannata da Dio (cfr. 1 Corinzi 10:10; Filippesi 2:14).

Ma il Signore, nella Sua bontà e misericordia, pur disapprovando le mormorazioni del popolo, comunicò al suo servitore Mosè che avrebbe fatto piovere dal cielo del pane.
Dio non tratta mai l’uomo secondo quello che merita, ma sempre secondo le Sue compassioni (Salmo 103:10).

La manna non era mai comparsa prima di allora e doveva essere raccolta secondo il fabbisogno giornaliero.

Questo cibo soprannaturale cadeva dal cielo durante la notte, si depositava sul terreno in cui erano accampati gli Israeliti e al mattino era pronto per essere raccolto.

In vista del lungo pellegrinaggio nel deserto (che si protrasse per quarant’anni) Dio stabilì precise norme relative alla manna:

1) l’orario per la raccolta;
2) la quantità giornaliera (un omer a testa;
3) i giorni in cui era consentita la raccolta: da domenica a venerdì, perché al sabato Dio non la mandava (il venerdì il popolo era autorizzato a raccoglierne due omer a testa;
4) l’ordine di non raccoglierne più del quantitativo stabilito, altrimenti la manna sarebbe imputridita e avrebbe fatto i vermi.

Davanti a queste precise norme, fissate direttamente da Dio, c’è tanto da riflettere ed imparare.

1) L’orario per la raccolta

Allora il SIGNORE disse a Mosè: «Ecco, io farò piovere pane dal cielo per voi; il popolo uscirà e ne raccoglierà ogni giorno il necessario per la giornata; così lo metterò alla prova e vedrò se cammina o no secondo la mia legge.
Così lo raccoglievano tutte le mattine: ciascuno nella misura che bastava al suo nutrimento; e quando il sole diventava caldo, quello si scioglieva
(Esodo 16:4,21).

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
05/02/2012 00:16

L’orario stabilito per la raccolta della manna era di mattina, prima che il sole scaldasse la terra.
Questo significa che se qualcuno restava addormentato e usciva dalla tenda in ritardo non avrebbe più trovato la manna, perché il calore del sole l’avrebbe fatta sciogliere.

È al mattino che Dio promette di dare pane a sazietà al popolo (v. 8):
Questa sera voi conoscerete che il SIGNORE è colui che vi ha fatto uscire dal paese d'Egitto.
Domattina vedrete la gloria del SIGNORE...
(vv. 6-7).

Si potrebbe pensare che la gloria del Signore, che avrebbero visto in quella circostanza, fosse costituita proprio dal cibo che Dio avrebbe mandato al popolo.

Ma se si considerano altri testi della Sacra Scrittura, si comprende che il suo significato è più profondo.

Per esempio, quando Aaronne parlò al popolo (v. 10), la gloria del Signore che apparve nella nuvola, si riferiva chiaramente alla presenza di Dio stesso.

Infatti, la gloria del Signore non è mai disgiunta dalla Sua presenza; dove c’è Dio, lì si manifesta la Sua gloria (cfr. Esodo 24:17; 40:34; 1 Re 8:11; Ezechiele 3:23; Atti 7:55; 2 Corinzi 3:18).

È all’alba che il Signore mette in rotta gli Egiziani (Esodo 14:24); al mattino Mosè viene chiamato a prepararsi per salire sul monte Sinai e ricevere i Comandamenti (Esodo 34:2,4); di mattina Davide eleva la sua preghiera e il Signore lo ascolta (Salmo 5:3); in riferimento alla città di Dio leggiamo che Dio la soccorrerà al primo chiarore del mattino (Salmo 46:5) e anche se la sera ci accompagna il pianto… la mattina viene la gioia (Salmo 30:5).

Il mattino segna l’inizio di un nuovo giorno, perciò dobbiamo darci da fare per raccogliere il cibo che Dio ci ha provveduto per il nostro sostentamento.
Come il nostro corpo ha bisogno del cibo materiale per sostentarsi e sopravvivere, allo stesso modo l’anima nostra ha necessità di alimentarsi della Parola di Dio, la vera manna che scende dal cielo, che dà forza e vigore per affrontare le varie situazioni della vita di ogni giorno. Come ribadisce Gesù:

Sta scritto: "Non di pane soltanto vivrà l'uomo, ma di ogni parola che proviene dalla bocca di Dio" (Matteo 4:4).

2) La quantità giornaliera


L’omer, era un recipiente per liquidi della capienza di 3,5 litri, quindi della grandezza di un secchiello.

Questa era l’esatta quantità di manna che Dio aveva assegnato a testa e che ogni capofamiglia doveva raccogliere e portare nella propria tenda.

La manna che Dio mandava dal cielo si depositava sul terreno; non entrava direttamente in nessuna tenda, neanche in quelle di Mosè e di Aaronne: tutti dovevano uscire per raccoglierla e portarla nella propria dimora.

Se il calcolo di due milioni e mezzo di Israeliti è esatto, vuol dire che per tutta quella gente occorrevano 8.750.000 litri di manna. Ma questo non era il quantitativo totale mandato da Dio; Egli ne faceva cadere molto di più, che poi si scioglieva quando il sole si levava.

Dio ha sempre provveduto di più del necessario, per il semplice fatto che Egli non è avaro, ma generoso nel donare. La manna fu fornita per tutti i quarant’anni, senza che le scorte divine si esaurissero.

E il fatto di provvederlo ogni giorno ne garantiva la freschezza. Le benedizioni divine non si esauriscono mai e sono sempre fresche e soddisfacenti per i cuori che, ogni mattina, attingono alla Parola, il loro pane spirituale.

3) I giorni per la raccolta

Da domenica a venerdì cadeva dal cielo questa abbondanza di cibo; il solo giorno della settimana in cui Dio non mandava la manna era il sabato.

Questo giorno era considerato sacro dal Signore ed Egli voleva che anche il popolo lo onorasse. La quantità che non scendeva nel giorno di sabato, veniva fornita di venerdì, così il popolo quel giorno era autorizzato a raccoglierne due omer a testa, e cioè il fabbisogno di due giorni. Nonostante Dio avesse detto chiaramente che di sabato non avrebbe mandato manna sulla terra, ci furono quelli che non tennero conto di quanto Dio aveva detto e uscirono ugualmente dalle loro tende in cerca del cibo.

4) Non più del quantitativo stabilito

Dio aveva anche ordinato che non dovevano raccoglierne più di quanto stabilito, altrimenti il cibo si sarebbe imputridito e quindi sarebbe stato inutilizzabile.

Nonostante ciò, ci furono altri che non tennero conto del comando divino.
Questo dimostra ancora una volta la continua disubbidienza del popolo (Esodo 16:20).

Si proseguirà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
06/02/2012 14:04

Dio vuole essere onorato in quello che (Egli) dice e quando agiamo in contrasto con la Sua Parola, Gli diamo sempre un dispiacere.
La lezione pratica che il popolo cristiano può ricavare da questo racconto biblico è:

Dio provvede sempre ai bisogni dei suoi figli, anche se questi camminano in un deserto, dove manca tutto.

Dio conosce le nostre necessità (sia a livello spirituale che material e la razione che ha deciso di fornirci è più che sufficiente.
Quello che Dio ha ordinato, deve essere pienamente rispettato. Come l’ubbidienza rallegra il cuore di Dio, la disubbidienza lo rattrista.

Refidim


A Refidim il popolo non trovò acqua da bere, né per sé né per il bestiame, quindi riprese a mormorare.

Questa volta però il popolo fece di peggio: protestò contro Mosè.
La storia di questa nuova situazione è descritta nel capitolo 17 del libro dell’Esodo:

Poi tutta la comunità dei figli d'Israele partì dal deserto di Sin, marciando a tappe secondo gli ordini del SIGNORE. Si accampò a Refidim, ma non c'era acqua da bere per il popolo.
Allora il popolo protestò contro Mosè e disse: «Dacci dell'acqua da bere». Mosè rispose loro: «Perché protestate contro di me? Perché tentate il SIGNORE?».
Là il popolo patì la sete e mormorò contro Mosè, dicendo: «Perché ci hai fatti uscire dall'Egitto per morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?».
Mosè gridò al SIGNORE, dicendo: «Che cosa devo fare per questo popolo? Ancora un po’ e mi lapideranno».
Allora il SIGNORE disse a Mosè: «Mettiti di fronte al popolo e prendi con te alcuni degli anziani d'Israele; prendi anche in mano il bastone col quale hai percosso il fiume, e va’.
Ecco, io starò là davanti a te sulla roccia che è in Oreb; tu colpirai la roccia; ne scaturirà dell'acqua e il popolo berrà». Mosè fece così in presenza degli anziani d'Israele,
e a quel luogo mise il nome di Massa e Meriba a causa della protesta dei figli d'Israele, e perché avevano tentato il SIGNORE, dicendo: «Il SIGNORE è in mezzo a noi, sì o no?»
(Esodo 17:1-7).

Anche Mosè si comportò diversamente e, davanti a quella nuova situazione e alla minaccia del popolo di ucciderlo, invocò il Signore per sapere cosa fare.
La cosa migliore da fare, quando ci troviamo davanti a situazioni difficili, è sempre quella di rivolgersi al Signore in preghiera e cercare il Suo aiuto.

Anche questa volta Dio non volle tener conto della contesa e della mormorazione del popolo, e diede a Mosè le necessarie istruzioni.
Egli doveva usare lo stesso bastone che aveva usato per percuotere le acque del fiume in Egitto e doveva percuotere la roccia di Oreb.
Da questa roccia uscì tanta acqua da dissetare gli Israeliti e il loro bestiame.

Più tardi l’apostolo Paolo affermerà che quella roccia, da cui Israele bevve dell’acqua, era Cristo. L’apostolo citò questo brano ai credenti di Corinto per esortarli a non ripetere gli stessi errori commessi in passato dai loro antenati (1 Corinzi 10:4,6-7).

I vari avvenimenti riportati dall’A.T. sono stati scritti per istruirci:
Poiché tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione, affinché mediante la pazienza e la consolazione che ci provengono dalle Scritture, conserviamo la speranza (Romani 15:4).

PS: Se al termine del capitolo 5 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura


Capitolo 6




DA REFIDIM AL DESERTO DEL SINAI




Partirono da Refidim e si accamparono nel deserto del Sinai (Numeri 33:15).

Il patto che Dio stipulò con Israele sul Sinai, un evento unico nel suo genere, va considerato con estrema attenzione.
Trattandosi di una manifestazione particolare di Dio, ogni dettaglio ha la sua importanza e il suo valore.

Ma prima è opportuno dare un’occhiata agli avvenimenti che lo precedettero per meglio inquadrare e valutare il modo con cui Dio intervenne a favore del Suo popolo.

La vittoria sugli Amalechiti

Allora venne Amalec per combattere contro Israele a Refidim.
E Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci a combattere contro Amalec; domani io starò sulla vetta del colle con il bastone di Dio in mano»
Giosuè fece come Mosè gli aveva detto e combatté contro Amalec; e Mosè, Aaronne e Cur salirono sulla vetta del colle.
E quando Mosè teneva la mani alzate, Israele vinceva; e quando le abbassava, vinceva Amalec.
Ma le mani di Mosè si facevano pesanti. Allora essi presero una pietra, gliela posero sotto ed egli si sedette; Aaronne e Cur gli tenevano le sue mani alzate, uno da una parte e l'altro dall'altra. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
E Giosué sconfisse Amalec e la sua gente passandoli a fil di spada.

Si proseguirà il prossimo giorno...
[Modificato da Domenico34 07/02/2012 00:18]
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
07/02/2012 00:16

Il SIGNORE disse a Mosè: «Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente sotto il cielo la memoria di Amalec.
Allora Mosè costruì un altare, che chiamò: «Il SIGNORE è la mia bandiera»; e disse:
Una mano s’è alzata contro il trono del SIGNORE, perciò il SIGNORE farà guerra ad Amalec di generazione in generazione» (Esodo 17:8-16).

Chi erano gli Amalechiti e Amalec il loro capostipite? Troviamo la risposta in Genesi 36:12:

Timna era la concubina di Elifaz, figlio di Esaù; ella partorì Amalec a Elifaz. Questi furono i figli di Ada, moglie di Esaù.

Il nome di Esaù evoca un passato torbido, pieno di odi, rancori e sentimenti ostili che egli manifestò nei confronti del fratello Giacobbe.
Sappiamo che Esaù, per venti anni, alimentò nel proprio cuore un odio crudele e la determinazione di vendicarsi. Una simile attitudine non è generale.

Col trascorrere degli anni spesso i rancori e gli odi, generati da torti subiti (veri o presunti), si affievoliscono e si allontanano dal cuore e dalla mente umana.

Non fu così per Esaù, perché, a distanza di vent’anni, voleva ancora vendicarsi di suo fratello Giacobbe e se questo non si verificò fu solo perché Dio, nella Sua misericordia, intervenne ed evitò lo spargimento di sangue.

Esaù quindi rappresenta l’odio spietato e l’insincerità che, nascondendosi sotto il manto dell’ipocrisia, cerca di far del male al prossimo.

La tattica di Amalec, quella di attaccare la retroguardia del popolo d’Israele prendendo di mira soprattutto i deboli e approfittandosi della loro stanchezza, denota una marcata dose di cattiveria, proprio come quella del loro capostipite Esaù.

La vittoria sugli Amalechiti fu la prima che Israele conseguì sopra i nemici, nella prima battaglia dopo l’uscita dal paese d’Egitto. Non è un particolare privo di significato il fatto che Amalec venne a combattere contro Israele a Refidim.

Sicuramente la ragione fu l’abbondanza di acqua potabile, che l’Eterno stesso aveva provveduto in questa località. Difatti questa fu la causa frequente di molte contese fra i popoli antichi.

Se Amalec non si fosse alzato contro Israele e non l’avesse aggredito, probabilmente non ci sarebbe stato quel combattimento; ma, una volta ricevuta la sfida, gli Israeliti non potevano rimanere indifferenti.

Stando a quello che si legge in Deuternomio 25:17-19:
Ricordati di quel che ti fece Amalec durante il viaggio, quando uscisti dall'Egitto:
Egli ti attaccò per via, piombando da dietro su tutti i deboli che camminavano per ultimi, quando eri già stanco e sfinito e non ebbe alcun timore di Dio.
Quando dunque il SIGNORE, il tuo Dio, ti avrà dato pace liberandoti da tutti i tuoi nemici che ti circondano nel paese che il SIGNORE, il tuo Dio, ti dà come eredità perché tu lo possegga, cancellerai la memoria di Amalec sotto al cielo; non te ne scordare!»


Davanti alle provocazioni di Amalec, che attaccava alle spalle gli ultimi, i deboli e i più stanchi tra il popolo, Israele non poteva rimanere passivo.
Purtroppo non sono pochi coloro che, come gli Amalechiti, non hanno scrupoli nel alzarsi contro chi è sfinito.

Gente che non ha la minima sensibilità verso chi soffre, anzi, approfitta della debolezza altrui per levarsi e manifestare tutta la propria spietata cattiveria.

Nello scenario della battaglia contro Amalec, quattro persone si distinsero, ognuna nel rispettivo ruolo: Mosè, nella veste di capo supremo; Giosuè, come selezionatore dei combattenti e condottiero in battaglia; Aaronne e Cur [In riferimento a Cur, qualcuno pensa che si trattava del cognato di Mosè, marito di sua sorella Miriam (cfr. Il Commentario di M. Henry, Vol. 1, pag. 444] nella funzione di sostenitori di Mosè.

Giosuè ricevette l’ordine di selezionare l’esercito per la guerra e venne subito rassicurato: Mosè non sarebbe rimasto nella sua tenda, anzi, avrebbe seguito le fasi della battaglia dalla vetta del colle col bastone in mano, in compagnia di Aaronne e di Cur.

Mosè fece questa promessa rassicurante a Giosuè non solamente nella sua veste di capo supremo del popolo, ma anche in qualità di guida spirituale.
Non dimentichiamo che il bastone che teneva in mano non era come quello di un comune pecoraio, ma quello che nell’Esodo è definito il bastone di Dio, simbolo dell’autorità ricevuta direttamente da Dio.

Il fatto poi che Mosè si portò in vetta al colle non era solo per seguire l’evolversi del combattimento ma anche e soprattutto perché Giosuè, vedendo Mosè col bastone sollevato, riacquistasse forza e coraggio per sconfiggere Amalec.

Il testo precisa, infatti, che quando Mosè alzava la sua mano, Israele vinceva, quando invece l’abbassava, Amalec vinceva (Esodo 17:11). Il segreto della vittoria erano le mani alzate di Mosè!

Per quanto tempo Mosè tenne le sue mani alzate, non ci è dato di sapere; ma non sorprende leggere che a un certo punto le mani di Mosè si facevano pesanti (v. 12), per l’ovvia stanchezza sopraggiunta.

Si proseguirà il prossimo giorno...
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 3 4 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 03:59. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com