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Domenico34 – Gesù... Il Divin Guaritore – Capitolo 1. GUARIGIONI CONTENUTE NEL VANGELO DI MATTEO

Ultimo Aggiornamento: 29/06/2011 16:42
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20/06/2011 00:19

2) La fede nella sua manifestazione, ha sempre bisogno di un punto di contatto. Infatti, è col contatto — non con qualsiasi oggetto che capita tra mano, ma col divino — che la fede si concretizza maggiormente nella sua manifestazione fino a raggiungere quella meta sperata. La donna del nostro racconto evangelico, anche se toccò Gesù dal di dietro, con chiaro intento per non farsi notare dalla folla, era sempre il divino che toccava. E fu il divino che, unendosi all’umano, produsse il miracolo nella vita di quella sofferente. Quando la certezza, in un atto di fede, ha la meglio sulla vita umana, quello che una persona non ha potuto ricevere, andando da questo o da quest’altro, lo riceve da Gesù, poiché Egli è lo stesso: ieri oggi e in eterno (Ebrei 13:8).

3) Per i discepoli di Gesù, dietro la domanda del loro maestro: Chi mi ha toccato? rappresentava una domanda senza logica, dato che la folla lo stringeva da ogni parte. Ma le cose che non hanno logica secondo l’uomo, acquistano una rilevante importanza secondo Dio. Per Eli, che non vedeva l’interno della vita angosciata di Anna, quella donna era ubriaca, poiché muoveva solamente le labbra nel suo modo di pregare, mentre ella effettivamente stava spandendo l’anima sua davanti a Dio (1 Samuele 1:13-15). C’è uno solo, cioè Dio, che sa vedere e valutare tutte le azioni che la fede compie, ed è solamente Lui, che sa dare alla persona, tramite la fede, le cose di cui essa ha veramente bisogno. Non c’è piccola azione di fede che non riceva una giusta ricompensa da parte di Dio. Una fede della grandezza di un granello di senape, ha il potere di spostare una montagna (Matteo 17:20).

4) Quando la scienza medica si manifesta impotente davanti a certe situazioni di malattie, talché essa ne aumenta le sofferenze degli ammalati anziché sanarli, e li lascia nella delusione, senza un raggio di speranza, solo il Signore, attraverso la fede, può risolvere quei casi disperati e cambiare il duolo in gioia, la malattia in guarigione.
5) Si dice comunemente che il denaro apre tutte le porte; in pratica però non sempre si attualizza. Col denaro si può comprare il pane, ma non si può comprare l’appetito; si può comprare una casa con tutte le moderne comodità, ma non si può comprare la felicità che rende gioiosa una persona. Non sempre il denaro può risolvere certe situazioni di vita, — come il caso della donna dal flusso di sangue — ; si può andare da diversi specialisti, pagare le loro spettanze, senza ricevere la guarigione. Ma la fede, che non si vende al mercato e non si trova in nessuna banca terrena, pure essendo paragonata a volte come al denaro, indirizza e guida la persona nella giusta direzione, cioè a Dio, il quale sa risolvere quei casi disperati ed insolubili da parte dell’uomo, senza dire mai che la fede è troppa poca, per ricevere quello di cui si ha bisogno.

7. LA RISURREZIONE DELLA FIGLIA DI IAIRO

Mentre egli diceva loro queste cose, uno dei capi della sinagoga si avvicinò e si inchinò davanti a lui, dicendo: «Mia figlia è morta proprio ora, ma vieni, metti la mano su di lei ed ella vivrà». E Gesù, alzatosi, lo seguì insieme ai suoi discepoli. Quando Gesù arrivò in casa del capo della sinagoga e vide i sonatori di flauto e la folla che faceva strepito, disse loro: «Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme». Ed essi lo deridevano. Poi, quando la folla fu messa fuori, egli entrò, prese la fanciulla per la mano ed ella si alzò. La fama di ciò si divulgò per tutto quel paese (Matteo 9:18,19,23-26); par. (Marco 5:22-24,35-43; Luca 8:41-42,49-56).

Anche per questo caso, i tre evangelisti, Matteo, Marco e Luca che raccontano la risurrezione della figlia del capo della sinagoga Iairo, non dicono tutti le stesse cose, Però, attraverso quello che ognuno di loro dice, oltre ad avere un quadro generale della situazione, si possono apprezzare e valutare meglio certi particolare che, lungi dal gettare discredito tra un evangelista e l’altro, e magari pensare chi di loro racconti veramente come andarono le cose, (tenendo presente soprattutto il motivo principale di ogni evangelista nel redigere l’evangelo), quei punti di contrasto che appaiano nel testo evangelico scompaiano, e si valorizza giustamente quello che ognuno di loro scrisse.

Esame del testo

Siccome Matteo ha notevolmente abbreviato tanto da tagliare quasi 2/3 del testo di Marco, ne consegue che tutti i particolari secondari sono stati eliminati. Giustamente osserva Gnilka:

«Ciò che è rimasto in Matteo potrebbe definirsi un ammaestramento sulla fede» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, I, pag. 498].

Matteo, che preferisce omettere il nome di questo personaggio che va da Gesù, si limita solamente a definirlo come uno dei capi della sinagoga. Se non ci fossero Marco e Luca che dicono chiaramente che questo capo della sinagoga si chiamava Iairo, non conosceremmo mai il suo nome. Questo però non significa che la storia che Matteo narra di questo capo della sinagoga sia una storia fittizia e che la breve narrazione che egli ne fa, non abbia nessun significato ai fini per cui ha scritto il suo vangelo.

Tutto il significato particolare che Matteo vuole mettere in evidenza di questo ignoto capo della sinagoga, nonché della sua reale fede, risiede nel fatto che quest’uomo va a Gesù e gli dice: «Mia figlia è morta proprio ora, ma vieni, metti la mano su di lei ed ella vivrà» (Matteo 9:18).

È infatti con la menzione della morte, che la fede di quest’uomo appare nella sua grandiosità. Quando si pensa alla morte, di solito si vuole alludere all’impossibilità di poter fare qualche cosa. Infatti, è davanti alla morte che cessa ogni speranza, che ogni piano o disegno che l’uomo ha concepito, vengono annullati ed ogni forma di una qualsiasi prospettiva, viene resa nulla nella sua attuazione.

Quindi, un uomo che va in cerca di aiuto per la sua figlia che è morta da poco, è in pratica qualcuno che si comporta in maniera diversa di come si comportano gli altri. Se poi, questo elemento viene messo in relazione alla fede, allora, l’insegnamento che l’evangelista vuole trarre da questa, oltre ad apparire nella sua luminosità, acquista una vitale importanza tanto da giustificare l’omissione di ogni altro particolare.

Il fatto poi che questo capo della sinagoga si esprima in termini di assoluta certezza: per ciò che riguarda l’andare di Gesù a casa sua, la mano che egli avrebbe posata su sua figlia e il relativo risultato salutare che ne sarebbe seguito, tutto è in perfetta sintonia con la sua vera fede, fede di cui noi abbiamo assolutamente bisogno di possedere, per potere vedere nella nostra vita l’opera miracolosa della potenza di Dio. Valutato in questo contesto, il racconto che Matteo ci fornisce, appare abbastanza chiaro e luminoso, l’ammaestramento che l’evangelista vuole dare ai suoi lettori.

Per Marco e Luca invece, che sono orientati verso altri obbiettivi, il racconto della figlia di Iairo, viene presentato sotto un’altro aspetto, sempre allo scopo di farci notare ed apprezzare la fede di questo padre. La preghiera che fa a Gesù in favore di sua figlia, è fatta con molta insistenza, per il fatto che la figlia si trova agli estremi (Marco 5:23). Questo, naturalmente, non voleva dire solamente a Gesù:
Vieni subito, non perdere tempo, perché mia figlia sta per morire,

ma esprime essenzialmente anche continuità di richiesta, elemento che non è comune nelle normali preghiere che vengono innalzate a Dio. Quando una preghiera viene rivolta a Dio in questa maniera, difficilmente Egli rimarrà indifferente. Luca, da parte sua, per dare un senso umano a quel padre che prega Gesù in favore della figlia, aggiunge che essa era unica di circa dodici anni (Luca 8:42). Tutti e tre gli evangelisti sono concordi nel riferirci che dopo che il capo della sinagoga fece la sua richiesta a Gesù in favore della figlia, Gesù si mosse per andare nella casa di Iairo.

Per Marco e Luca, la figlia dodicenne del capo della sinagoga, non è morta, è agli estremi, stava per morire (Luca 8:42). Anche se appare chiaramente la discordanza con Matteo, nondimeno questo particolare non deve essere interpretato come elemento nocivo per discreditare, o l’uno o l’altro degli evangelisti.

Tenendo presente i particolari di Marco — dato che si suppone che tanto Matteo che Luca abbiano attinto da Marco, e che ognuno di loro ha adattato la narrazione per uno scopo ben preciso —, l’atteggiamento del capo della sinagoga, in quel momento estremo della vita della propria figlia, acquista un significato particolare. Invece di rimanere accanto alla figlia, come avrebbe fatto un comune padre, preferisce allontanarsi da casa, per andare alla ricerca di Gesù, Colui che avrebbe potuto risolvere quel caso disperato.

Si continuerà il prossimo giorno...
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