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La Vita di Cristo non è racchiusa in un pensare. E se invece di un pensiero tu portassi la Vita?
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Domenico34 - La prima moltiplicazione dei pani – Sommario, Prefazione, Introduzione. Capitoli 1-4

Ultimo Aggiornamento: 26/03/2012 00:07
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27/02/2012 00:04

5. UN MESSAGGIO PARTICOLARE PER OGNI DISCEPOLO DI GESÙ

Le considerazioni che abbiamo fatto fino a questo punto, non sono le sole; credo che ce ne siano delle altre, da applicare nella vita di ogni discepolo di Gesù e particolarmente in quelli che sono chiamati al ministero, per quanto riguarda le loro responsabilità inerenti allo svolgimento del compito stesso. Un ministero, qualunque esso sia, non viene dato per l’utilità di chi lo riceve, ma essenzialmente per il beneficio degli altri. Che questi sono potuti essere individuati nell’ambito di una Comunità, intesi come chiesa locale o possono estendersi al di fuori di lei, non cambia il fine per questo il ministero è stato dato. Tenendo presente lo scopo divino, ogni persona chiamata al ministero, dovrebbe fare molta attenzione a non essere di ostacolo all’azione e all’opera dello Spirito Santo.

Quando leggiamo di non contristare lo Spirito Santo di Dio... (Efesini 4:30), dobbiamo ricordare che quella esortazione Paolo la rivolgeva ai credenti e non al mondo incredulo. Ciò significa che il credente o colui che ha ricevuto il ministero in un modo particolare, ha ancora la facoltà di opporsi a quello che lo Spirito Santo vuole fare, cioè contristarlo, per il fatto che non gli si permette di fare quello che vorrebbe.

Le opere e le azioni dello Spirito Santo, devono essere valutate con una mente illuminata dalla Parola di Dio e con occhi unti dal collirio divino (Apocalisse 3:18). Colui che è stato chiamato al ministero, – e non soltanto il semplice discepolo che si limita a seguire il Signore Gesù in obbedienza alla Sua Parola –, deve imparare dal Divino Maestro e cercare di imitarlo nel miglior modo, perché nel suo ministero non vi siano solamente parole, ma soprattutto quelle manifestazioni dello Spirito, che contrassegnano l’opera divina. Credo che si potrebbero applicare le parole dell’apostolo Paolo, nel contesto di quello che stiamo dicendo:

La mia parola e la mia predicazione non consistettero in parole persuasive di umana sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza (1 Corinzi 2:4).

Il servitore del Signore che, nell’esercizio del suo ministero non sa valutare quelle circostanze e situazioni particolari che si presentano davanti a sé, e tiene maggiormente conto del fattore tempo, inteso come durata da dedicare all’attività ministeriale e non dei reali bisogni delle persone, non è certo un buon servitore, che favorisce le manifestazioni dello Spirito di Dio.

Oggi, in modo particolare, viviamo programmando il tempo, con un certo rigore, in maniera tale che tutto si svolge secondo una ben definita tabella di marcia. Lungi da noi il volere disprezzare o minimizzare coloro che si attengono ad una rigorosa programmazione delle varie attività della vita. Le considerazioni che stiamo facendo, non hanno di mira le attività secolari, ma lo svolgimento dell’opera del ministero, aperto alle manifestazioni divine.
I discepoli di quei tempi, pensavano e credevano che Gesù in quel giorno, avesse dimenticato che era arrivata la sera, che era tardi, e che fosse stato più che ragionevole che la folla venisse mandata a casa, senza ulteriori ritardi, in modo che tutti avessero avuto la possibilità di comprarsi da mangiare, dato che si trovavano in un luogo deserto.

Oggi, vale a dire nel nostro tempo, non è difficile costatare che le riunioni nei luoghi di culto vengono tenute con una certa programmazione; lo svolgimento del raduno è previsto entro un certo orario e tutto deve terminare entro quell’ora stabilita. Se qualche riunione si protrae oltre al normale, non mancano chi protesta: È tardi, è trascorso troppo tempo, è ora di mandare tutti a casa. Mi domando: come farà lo Spirito Santo a muoversi in mezzo al popolo, quando gli stessi ministri, che dovrebbe favorire le manifestazioni spirituali, Lo impediscono e vi si oppongono?

Non sta a noi stabilire a quale orario del culto si deve muovere lo Spirito di Dio. Quando lo sguardo è rivolto al reale bisogno del popolo, non si dirà mai: È tardi, è troppo il tempo che siamo stati in chiesa.

«Date voi a loro da mangiare», non sono parole che hanno il solo significato per quanto riguarda le cose materiali, contengono il messaggio della responsabilità. L’umanità in genere, è piena di problemi; i bisogni che si possono notare sono tanti e diversi l’uno dall’altro. Gesù si rivolge ai suoi discepoli, con quel preciso comando, non solo perché sono gli unici ai quali può rivolgere un simile ordine, ma anche e soprattutto per far capire loro che, invece di pensare di mandare tutti a casa, devono capire la loro responsabilità, che li impegna, come seguaci di Gesù, a darsi da fare a che quel bisogno che essi stessi vedono possa essere risolto. A questo punto si potrà chiedere: come sarà ciò possibile? Non si possono invertire le posizioni, che cioè Gesù occupi il posto dei discepoli e gli alunni quello di Gesù. Pensare in questo modo, è quanto mai assurdo e blasfemo.

Quando però, il discepolo di Gesù e particolarmente colui che è chiamato al ministero, prende atto della sua responsabilità inerente al suo appello, invece di sottrarsi alla sua responsabilità, potrà piuttosto pensare a quel detto dell’apostolo Paolo: Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica (Filippesi 4:13).

Facendo affidamento su Cristo, sulla veracità della Sua Parola e sul Suo potere, il discepolo può diventare un attivo collaboratore del Signore, il solo che ha il potere di produrre il miracolo. Una cosa è declinare la propria responsabilità, con la motivazione: “Io non posso fare nulla”, e un’altra idea è tenerla costantemente presente. «Date voi a loro da mangiare».

Si continuerà il prossimo giorno...
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