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Domenico34 – I segni che accompagneranno coloro che avranno creduto

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2011 00:06
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24/09/2011 00:16

Che lo stesso H. Lindsey non condivide l'interpretazione di «questi molti studiosi della Bibbia» (a titolo di curiosità vorremmo conoscere i loro nomi, è provato da quanto egli afferma.

«Per ammissione di molti, questo è un brano della Scrittura difficile, ma io sono portato a credere che la «perfezione»

si riferisce ad una condizione che sarà vera quando Cristo tornerà per la Chiesa e ci darà dei corpi glorificati come il suo». Leon Morris, a sua volta afferma: «La perfezione, to telaio, dà l'idea dello scopo ultimo, evidentemente con riferimento al piano di Dio. Quando sarà giunta la fine, tutto ciò che è parziale sarà abolito» [L. Morris, La prima epistola di Paolo ai Corinzi, pag. 221]. Anche per N. Hillyer, il testo di 1 Corinzi 13.10 va interpretato: «Quando la perfezione sarà venuta: non la perfezione in senso qualitativo, ma nel senso di completezza, cioè la piena conoscenza di Dio» [N. Hillyer, Commentario Biblico, III, pag. 372].

Anche se non avessimo autori che dissentono, l'esegesi di quegli studiosi che interpretano il testo di 1 Corinzi 13:10 nel senso dell'epoca in cui è stato completato il Canone del N.T., c'induce a condurre un esame critico del testo, per vedere se Paolo avesse mai avuto nella sua mente una simile interpretazione, o se questa interpretazione è capace di superare la prova. Anche se il termine teleios come abbiamo riferito, ha in primo luogo il significato di «Finito, completo, compiuto», a cui sicuramente gli studiosi in questione si sono aggrappati, non vediamo come si possa armonizzare col verbo venire: elthē, che Paolo adopera prima di to teleion.

Che il verbo venire erxomai, viene ampiamente usato nel N.T. con riferimento ad una persona, ad un evento partiare e a giorni decisivi, mentre la forma elthē, presso gli antichi, s'impiegava per la venuta del dio [J. Schneider, GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. III, 913-937], tutto questo è largamente documentato. Se Paolo avesse avuto nella sua mente «l'epoca in cui è stato completato il Canone del N.T.», in questo testo di (1 Corinzi 13:10), certamente non avrebbe usato il verbo venire elthé, che non s'addice per quanto riguarda il completamento del Canone del N.T. Tutto invece è normale, se con il termine teleios, s'intende «una condizione», o il completamento della salvezza, che chiuderà il ciclo della venuta del Signore.

È a quel tempo che Paolo allude in 1 Corinzi 13:10, e sa che è in quel tempo, che la profezia, la conoscenza e il parlare in lingue, non avranno nessun motivo di esistere, quindi cesseranno nel loro normale esercizio di manifestazione dello Spirito. Ma in attesa di questo straordinario avvenimento, non c'è nessuna ragione plausibile, perché i doni dello Spirito debbano essere annullati anticipatamente, e non servano più per il benessere lettivo.

Doni e ministeri nella Chiesa

Abbiamo rilevato che i doni dello Spirito, non vengono dati per il bene di chi li riceve, ma per il bene comune. La Chiesa, che è il corpo di Cristo, viene edificata, non solo direttamente dal suo fondatore, Gesù Cristo, ma anche per mezzo dei doni dello Spirito. Per dissipare ogni ombra d'incertezza, circa la funzione e l'utilità dei doni e dei ministeri, Paolo afferma che

Dio ha costituito nella Chiesa (o come altri traduce: Dio ha posto nella Chies in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come dottori (o maestri (1 Corinzi 12:28).

Apostoli, profeti e dottori, fanno parte dei ministeri che Paolo menziona in (Efesini 4:11). Se questi ministeri Dio li ha posti nella Chiesa (e qui Chiesa, non ha il senso di una Comunità locale, come si potrebbe pensare, per Esodo alla chiesa di Corinto), ma l'insieme della cristianità, la totalità di ogni singola Comunità. È impossibile restringer il valore e la dimensione della Chiesa, al solo periodo apostolico. Il tempo della Chiesa, non abbraccia solamente l'era apostolica, si estende fino alla parusia, trattandosi della stessa Chiesa nella quale Dio ha posto i ministeri.

Non vediamo, d'altra parte, come l'affermazione paolina, può intendersi in maniera diversa. Nello stesso testo di 1 Corinzi 12:28, Paolo precisa,
Poi i miracoli; poi i doni di guarigione, i doni di governo, la diversità delle lingue.

In questa seconda parte del testo, vengono nominati tre doni dello Spirito, secondo 1 Corinzi 12:8-10 e due, secondo (Romani 12:6-8). La diversità delle lingue, o il parlare in lingue, Dio li ha costituito o posto nella Chiesa, al pari dell'apostolo, del profeta, dell'insegnante, delle potenti operazioni, delle guarigioni, ecc. senza il minimo accenno, al cosiddetto «tempo apostolico». Se il problema del parlare in lingue si affronta nella maniera come l'apostolo Paolo l'ha esposto, cioè inteso come manifestazione dello Spirito per il bene comune e posto da Dio stesso nella Chiesa, non si può arrivare alla conclusione che la glossolalia fu solamente per la sola epoca apostolica, e che ai giorni nostri è impensabile una continuazione delle stesse manifestazioni.

Quando poi si passa ad esaminare le sette domande formulate nel testo di 1 Corinzi 12:29,30, e tenendo presente la validità dei doni e dei ministeri posti da Dio nella Chiesa, non si può desumere che sol perché l'apostolo Paolo dice che non tutti parlano le lingue, che il fenomeno estatico della glossolalia, debba essere considerato annullato, non avendo niente di utilità ai nostri giorni. Una volta che il testo di 1 Corinzi 13:10, usato per provare la cessazione del parlare in lingue, ha un diverso significato di come è stato interpretato, ogni argomentazione che si è fatta per sostenere quella prova, si trova priva di fondamento, basata su un'errata interpretazione, priva di un qualsiasi legame esegetico e storico, solo per sostenere un punto di vista che non ha niente di scritturale e di teologico.

Si continuerà il prossimo giorno...
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