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Domenico34 – I segni che accompagneranno coloro che avranno creduto

Ultimo Aggiornamento: 05/10/2011 00:06
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21/09/2011 00:08

Il gruppo di Efeso (Atti 19:1-7)

Nel suo terzo viaggio missionario, Paolo, arrivando ad Efeso, e trovando un gruppo di 12 credenti, domandò loro se avevano ricevuto lo Spirito Santo, da quando avevano creduto. Questi affermarono che neanche avevano sentito annunciare che esistesse lo Spirito Santo. Avendo Paolo domandato di quale battesimo fossero battezzati, ed avendo saputo che erano stati battezzati del battesimo di Giovanni, comandò che fossero battezzati nel nome del Gesù Signor. Questi 12 credenti efesini sono stati regolarmente battezzati del battesimo cristiano, vale a dire di quello che Cristo istituì dopo la sua risurrezione, e nonostante ciò, niente accadde in loro che possa portare Paolo a dichiarare che quel gruppo avesse ricevuto lo Spirito Santo, ha seguito di essere stati battezzati in acqua. Se lo Spirito Santo viene dato battesimo in acqua, come grazia derivante da lui, perché mai la Scrittura dice:

e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue e profetizzavano? (v. 6).

La chiarezza di quest'affermazione esclude in maniera categorica che il «dono dello Spirito Santo» si riceve battesimo in acqua. Quando lo Spirito Santo «scese» su quei credenti, ci fu una manifestazione delle lingue, come prova che lo Spirito Santo era stato ricevuto. Nel giorno della Pentecoste è detto:

E tutti furono ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue (Atti 2:4).

Dei credenti samaritani è detto: Ed essi ricevettero lo Spirito Santo (Atti 8:17). Di Paolo è detto: Sii ripieno dello Spirito Santo (Atti 9:17). Della casa di Cornelio è detto:

Lo Spirito Santo cadde sopra di chi udiva la parola (Atti 10:44).

E del gruppo di Efeso è detto: Lo Spirito Santo scese.

Queste testimonianze apostoliche, superiori a tutte le altre assicurazioni, stabiliscono chiaramente:

1) Che in nessun caso il dono dello Spirito Santo venne dato assieme al battesimo in acqua;

2) Col ricevimento del dono dello Spirito Santo, c'era la manifestazione del parlare in altre lingue, come segno esterno che era venuto lo Spirito Santo. Questo è l'unico segno che il N.T. conosce e di cui parla, come prova che portarono gli apostoli ad affermare che lo Spirito Santo era sceso sulla vita di tanti credenti.

Ignorare questa precisa e chiara testimonianza, significa non dare asto e credito alla deposizione apostolica registrata nel N.T. Quando l'assicurazione apostolica non viene presa in seria considerazione, si rischia di far dire al N.T. quello che esso non vuole dire.

Il parlare in lingue nell'insegnamento di Paolo

Per rispondere adeguatamente se il parlare in lingue o glossolalia, si fermò nell'era apostolica, o se continuò in tempi successivi e se ai nostri giorni è compatibile con la dottrina del N.T. e in perfetta aderenza teologica, dobbiamo esaminare l'insegnamento di Paolo in merito a questo specifico argomento, dato che è soltanto lui, tra gli autori del N.T. (escluso Luca per il libro degli Atti e (Marco 16:17), che tratta l'argomento della glossolalia, anche se negli scritti di Paolo non leggiamo mai che lo Spirito Santo, quando viene nella vita di un credente, o per usare il linguaggio degli Atti, quando è sparso, o quando discende, si manifesta, segno esterno del parlare in lingue. Da quello che Paolo dice però, abbiamo abbastanza materiale, non solo per conoscere l'argomento nella sua giusta dimensione, ma anche e soprattutto per valutare la compatibilità del fenomeno estatico della glossolalia ai nostri giorni.

Qui non si tratta di fare riferimento a quello che si verifica tra i «Pentecostali», si tratta invece di sapere se il parlare in lingue, come segno «accompagnatore» di chi crederà, è valido anche ai nostri giorni, o se ha senso di continuità nella vita della Chiesa di tutti i tempi. Se il parlare in lingue, come fenomeno estatico della glossolalia, è strettamente legato ad una speciale manifestazione dello Spirito Santo, è ingiustificata quindi l'affermazione del teologo carismatico Fugwell, che dice:

«la dottrina dei pentecostali (classic è Scritturalmente e teologicamente errata».

Se poi quello che si verifica tra i «pentecostali» (e non è soltanto in mezzo a loro), circa il fenomeno estatico della glossolalia, è provabile con l'insegnamento paolino (e con la storia del cristianesimo), come manifestazione dello Spirito Santo, il problema del parlare in lingue, interessa la Chiesa nella sua totalità, e non solamente un determinato movimento.

Noi non siamo tanto interessati ad esaminare l'argomento del parlare in lingue, dal punto di vista denominazionale (anche se facciamo parte di questo movimento pentecostal, quanto di esaminarlo per ciò che riguarda la manifestazione dello Spirito Santo, nella vita della Chiesa. Fatta questa premessa, che vuole essere anche una garanzia di serietà e di obiettività, passiamo ad esaminare quello che l'apostolo Paolo ci dice in merito al parlare in lingue.

Si continuerà il prossimo giorno...
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