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Domenico34 - ROMANI - ESAME DEL CAPITOLO 8 DELL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI

Ultimo Aggiornamento: 07/11/2010 02:06
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27/10/2010 14:49

L’attesa della creazione vv. 19-23.

Abbiamo visto che nel v. 18, l’apostolo parla della gloria che sarà manifestata verso i credenti, gloria che non sarà paragonabile con le sofferenze del tempo presente. Che la gloria, di cui parla il v. 18, non sia quella che si ottiene sulla terra, ma si riferisce a quella futura, cioè quando Gesù ritornerà, appare abbastanza chiaro. Nel v. 19 Paolo parla della creazione che aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio.

19 Poiché la creazione aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio;
20 perché la creazione è stata sottoposta alla vanità, non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta,
21 nella speranza che anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.
22 Sappiamo infatti che fino a ora tutta la creazione geme ed è in travaglio;
23 non solo essa, ma anche noi, che abbiamo le primizie dello Spirito, gemiamo dentro di noi, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo.


In questi versi si parla di uno “stato” in cui si trova la creazione = l’intera umanità, costituito dalla “vanità” e dalla “schiavitù della corruzione” e di una speranza che riguarderà la sua liberazione. Che questo “stato” di “vanità” e di “schiavitù della corruzione”, nel quale si trova la creazione-umanità, sia stato causato da Adamo, (anche se nel nostro testo, l’apostolo non menziona il suo nome) appare abbastanza chiaro per il semplice fatto che egli, è il capostipite della razza umana, visto che la sua origine risale a lui e con lui è stata anche coinvolta nel suo peccato.

Se la Bibbia dichiara che tutti gli uomini sono peccatori, lo fa essenzialmente per il fatto che tutti gli esseri umani sono considerati figli di Adamo. In conseguenza di ciò, l’uomo in genere, si trova in uno stato di “schiavitù e di corruzione”, così talmente assoggettato, che non ha nessuna possibilità di liberarsi, con le proprie capacità. L’unica liberazione verrà da Gesù Cristo, il solo che la potrà produrre, secondo la Sua Parola:

Gesù rispose loro: «In verità, in verità vi dico che chi commette il peccato è schiavo del peccato.
Or lo schiavo non dimora per sempre nella casa: il figlio vi dimora per sempre.
Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi
(Giovanni 8:34-36).

La liberazione, cui si riferisce il testo di Giovanni, riguarda essenzialmente l’opera di salvezza che Gesù Cristo compie nella vita di chi lo accetta e crede nel Suo Nome. Mentre, la liberazione cui parla Paolo, riguarda l’evento escatologico, cioè quando Gesù ritornerà. Sarà in quell’occasione che si verificherà quello l’apostolo afferma, cioè: che la creazione che aspetta con impazienza la manifestazione dei figli di Dio, sarà liberata per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.

Perora i figli di Dio non sono riconosciuti come tali dall’umanità, ma quando saranno manifestati, (e questo avverrà principalmente nel tempo del regno di Cristo in sulla terra, in cui i credenti regneranno con Lui) l’umanità li riconoscerà per quelli che effettivamente sono, e, sarà allora che la creazione sarà liberata dalla “schiavitù della corruzione” per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio.

È vero che quello che Paolo afferma, a modo di una profezia che riguarderà il futuro della creazione, non si trovi in nessun altro posto del N.T. in particolare, da permettere di fare confronti, per capire che cosa effettivamente intendeva dire Paolo; questo però non significa che l’affermazione dell’apostolo non sia vera, come una qualsiasi profezia ispirata dallo Spirito Santo. Paolo definisce “gloriosa” la manifestazione dei figli di Dio, perché sarà impregnata dalla gloria divina che si riverserà su di loro, e, la creazione stessa, non solo la potrà chiaramente vedere, ma ne godrà anche i benefici.

Parlando, infine, del “travaglio”, Paolo precisa che non è solamente la creazione che si trova in quella condizione, ma lo sono anche i figli di Dio, che vivono nel presente, cioè ora, che, pur avendo le primizie dello Spirito, gemono dentro di loro, aspettando l’adozione, la redenzione del loro corpo. In questo discorso, infine, l’apostolo si include nel numero dei figli di Dio, usando il pronome personale “noi”, che aspetta la redenzione dei loro corpi.
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