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Domenico34 - ROMANI - ESAME DEL CAPITOLO 8 DELL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI

Ultimo Aggiornamento: 07/11/2010 02:06
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16/10/2010 23:16

vv. 12-17

12 Così dunque, fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne;
13 perché se vivete secondo la carne voi morrete; ma se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete;
14 infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio.
15 E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!»
16 Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio.
17 Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui.


Con l’esame dei vv. 12-17, si chiede la prima sezione del capitolo 8 dell’epistola di Paolo ai Romani.

In questo tratto dell’epistola, Paolo mette in risalto una preziosa verità, che non riguarda la sola fratellanza di Roma, include anche tutti i credenti di ogni epoca, cioè noi (compreso l’apostolo) non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne. Che cosa vuol dire Paolo, con queste sue parole? Vuole esattamente significare che dalla carne, non abbiamo ricevuto proprio niente di bene, da essergli debitori; l’unico debito che il credente ha (anche se l’apostolo non lo specifica, ma è sottinteso) è verso lo Spirito di Dio. Infatti, è mediante lo Spirito, che il credente può far morire le opere del corpo.

Tenendo presente ciò, il cristiano è esortato a non vivere secondo la carne, perché se si vive in quel modo, si andrà incontro ad una morte sicura (spiritualmente parlando). Se l’apostolo esorta in questo modo, (e la sua esortazione è ferma e decisa e non si presta ad equivoci) vuol significare che i credenti sono esposti ad un serio pericolo. Quindi, il fedele deve fare molta attenzione a non cedere alla pressione della carne, per ciò che concerne le varie concupiscenze. Il vivere, infatti, (che non è la semplice vita fisica ma quella spirituale) è esclusivamente garantita se mediante lo Spirito, si faranno morire le opere del corpo.

Con il v. 14 l’apostolo, con poche parole, parla dei figli di Dio, un tema molto importante, che viene chiarito da tanti passi biblici. A questo punto si può domandare: chi sono questi figli di Dio? Lo stesso Paolo risponde: quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio. Questa risposta è sommaria e chiarisce solamente un aspetto della verità, visto che non risponde a tutta la tematica che comporta un simile argomento.

Uno dei testi basilari, su quest'argomento, come punto di partenza, è senza dubbio Giovanni 1:12-13. Questo testo recita: ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figli di Dio: a quelli, cioè, che credono nel suo nome;
i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio
.

Senza riflettere seriamente, con troppa facilità si afferma che tutti gli uomini sono figli di Dio. Quest’affermazione, senza dubbio, è fondata sul fatto che, visto che tutti gli uomini sono stati creati da Dio, ne consegue che tutti sono figli di Dio, dicono alcuni. Essere creature di Dio è una cosa, ed essere Suoi figli, è ben altro; la differenza che esiste tra le due cose, è talmente abissale che non è possibile ignorarla. Tutti siamo creature di Dio, ma non tutti siamo Suoi figli. Il testo di Giovanni stabilisce che non si nasce figli di Dio, ma si diventa, ricevendo Gesù e credendo nel Suo nome. L’evangelista Giovanni parla di un “diritto”, per diventare figli di Dio, e, questo, naturalmente, non si ha per nascita naturale, ma solamente per la fede in Cristo Gesù. Inoltre, si precisa anche che, i figli di Dio, non nascono da sangue, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio, cioè dall’alto.

Ritornando al nostro testo dell’epistola ai Romani, pur parlando specificatamente di figli di Dio, bisogna anche precisare che l’autore, principalmente, si limita a mettere in risalto i privilegi che questi figli hanno. Infatti, essere guidati dallo Spirito di Dio, (che implica necessariamente la sottomissione dell’uomo, senza la quale lo Spirito non potrà portarlo avanti). Si sa, infatti, che lo Spirito Santo, non è mandato al mondo, perché il mondo non lo può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi (Giovanni 14:17). Quindi, essere guidati dallo Spirito di Dio, è un privilegio riservato solamente ai credenti che, mediante la fede in Cristo Gesù, sono diventati figli di Dio, nati da alto. Quest'elemento deve essere messo in risalto, nella giusta dimensione, per interpretare giustamente le parole di Paolo.

Il fatto poi che l’apostolo continui con l’affermare: voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!», dà più forza al privilegio che hanno quelli che hanno creduto in Cristo Gesù e lo hanno ricevuto nella loro vita, come il loro personale Salvatore. Lo spirito di servitù, domina in tutte le persone che non hanno la fede in Cristo e li trascina verso la paura. I credenti, invece, non solo non hanno ricevuto questo spirito, ma gli è stato concesso lo Spirito di adozione, mediante il quale li porta a gridare Abba Padre.

Ma che cosa è esattamente lo Spirito di adozione? È un privilegio che il credente ha, che non gli deriva dalla sua nascita, in quanto apparteneva ad un’altra famiglia, la famiglia umana. Con l’adozione, invece, viene incorporato a tutti gli effetti, nella famiglia di Dio, acquista il pieno diritto di essere considerato un vero figlio di Dio e partecipa alla condivisione di tutti i beni del Padre celeste. Un privilegio di questo genere, non è da paragonare con nessuna famiglia di questa terra. Questo naturalmente, in virtù della nuova nascita, e, in conseguenza di ciò, rivolgendosi a Dio lo può chiamare Abba Padre.

L’espressione Abba Padre, si trova tre volte nel Nuovo Testamento ed esprime un’intimità particolare. Gesù per il primo, la usò una volta nel giardino del Getsemane, quando fece quell’ardente preghiera: "Abba, Padre, ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi" (Marco 14:36). Le altre due volte si trovano, una nel nostro passo ai Romani e l’altra in Galati 4:6), sempre riferita ai credenti.
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