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Domenico34 – Fare del bene per amore di qualcuno – Sommario, Presentazione, Introduzione. Capitoli 1-10.

Ultimo Aggiornamento: 23/01/2012 00:05
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01/01/2012 00:32

Quando l’amore è manifestato con azioni che altri possono scorgere, vale a dire che possono vedere, la cosa è tutta un’altra cosa.

Dio stesso che, per definizione della Sua natura, è “amore” (1 Giov. 4:8), ha voluto dare la prova all’intera umanità, attraverso il dono di Suo Figlio che ha mandato sulla terra. Quando pensiamo a Giovanni 3:16,

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna,

non si può fare a meno di mettere in evidenza la prova dell’amore di Dio. La prova consiste nel “dare”: Dio ha tanto amato, che ha dato...

Chi ama dà, perché in fin dei conti, la vera essenza dell’amore è “donare”.
Nel matrimonio, per esempio, nell’atto sessuale che i due sposi compiono, non fanno altro di darsi l’uno all’altro, in un’azione reciproca e spontanea.

Dal momento che l’uno dei due si rifiuta di dare, (e secondo una recente sentenza della Corte Suprema dell’Italia, è “violenza, stupro”) non c’è amore pratico; c’è solamente egoismo.

Il vero amore non conosce cosa sia egoismo, visto ch’è l’opposto della sua essenza. Ecco perché l’apostolo Giovanni esortava la fratellanza a non amare a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità (1 Giov. 3:18).

Saul tenta di uccidere Davide


Davide andava e riusciva bene dovunque Saul lo mandava. Saul lo mise a capo della gente di guerra ed egli era gradito a tutto il popolo, anche ai servitori di Saul.
All’arrivo dell’esercito, quando Davide ritornava dopo aver ucciso il Filisteo, le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suono dei timpani e dei triangoli e alzando grida di gioia;
le donne, danzando, si rispondevano a vicenda e dicevano: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila».
Saul ne fu molto irritato; quelle parole gli dispiacquero e disse: «Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli manca altro che il regno!»
E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio.
Il giorno dopo, un cattivo spirito, permesso da Dio, si impossessò di Saul che era come fuori di sé in mezzo alla casa, mentre Davide sonava l’arpa, come faceva tutti i giorni. Saul aveva in mano la sua lancia
e la scagliò, dicendo: «Inchioderò Davide al muro!» Ma Davide schivò il colpo per due volte.
Saul aveva paura di Davide, perché il SIGNORE era con lui e si era ritirato da Saul;
perciò Saul lo allontanò da sé e lo fece capitano di mille uomini; ed egli andava e veniva alla testa del popolo.
Davide riusciva bene in tutte le sue imprese e il SIGNORE era con lui.
Quando Saul vide che egli riusciva molto bene, cominciò ad aver paura di lui;
ma tutto Israele e Giuda amavano Davide, perché andava e veniva alla loro testa
(18:5-16).

Quello che creò il gran problema nella vita di Saul, e gli cambiò notevolmente i sui sentimenti e i suoi atteggiamenti nei confronti di Davide, fu senza dubbio le parole del canto delle donne.

...Le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suono dei timpani e dei triangoli e alzando grida di gioia;
e donne, danzando, si rispondevano a vicenda e dicevano: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila»
(1 Samuele 18:6-7).

Queste parole che rappresentavano l’espressione più genuina e i sentimenti più caldi di riconoscenza per la gran vittoria che Davide aveva riportato sul gigante Goliat, (a beneficio di tutto Israele, oltre che del re in persona), non furono valutati da Saul, nella stessa maniera.

La risposta che ne seguì subito, rappresenta la prova più tangibile.
Saul ne fu molto irritato; quelle parole gli dispiacquero e disse: «Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli manca altro che il regno!»
E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio
(vv. 8-9).

Che “l’irritazione” che manifestò Saul, rispecchiasse l’interpretazione che aveva data a quell’evento particolare, non c’è dubbio, anche perché trova piena adesione con gli atteggiamenti ostili che manifestò nei confronti di Davide.

Eppure Davide, rischiando la propria vita, quando andò a combattere con il gigante Goliat, aveva liberato Israele, non solo da quell’incirconciso Filisteo, (e con lui anche dall’esercito Filisteo), ma anche dal disprezzo e dallo scherno che si erano riversati su di lui, per tanti giorni.

Se poi si tiene conto dei risultati che Davide otteneva in tutte le spedizioni che Saul gli affidava, l’apprezzamento che le donne misero in risalto con il loro canto, oltre ad essere realistico, rappresentava anche una meritata riconoscenza pubblica, sotto l’aspetto pratico.

Questo, però, a Saul, non fu di gradimento, per il semplice fatto che, equivaleva ad accettare la sua inferiorità nei confronti di Davide.
Siccome il suo “io” venne potentemente scosso, da essere paragonato ad una vera e propria “destituzione”, il suo potere di regnare venne messo in discussione.

Si continuerà il prossimo giorno...
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02/01/2012 14:57

Eppure Saul sapeva, che Dio lo aveva rimosso dall’ufficio di regnante sopra il suo popolo e che lo stesso regno, l’aveva dato a un’altro migliore di lui.
Egli perciò, pur riconoscendo che a Davide gli “spettava il regno”, fece del tutto per mettere fuori, questo scomodo inquilino. Ecco perché il testo biblico aggiunge: E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio (v. 9).

Non si deve tener conto solo il fatto che Saul non guardasse di buon occhio Davide; bisogna anche aggiungere altri elementi, per capire come mai quest’uomo avesse cambiato umore e si comportasse in quel modo. Si tenga presente che il giorno dopo, cioè subito, uno spirito cattivo, permesso da Dio, si impossessò di Saul (v. 10).

Questo spirito cattivo, senza dubbio, lo spingeva all’omicidio; e, se Davide, non venne inchiodato al muro dalla lancia che Saul gli scagliò, non fu perché non venne presa bene la mira, ma perché Davide schivò il colpo. Ci fu senza dubbio in quel giorno, un’intervento di Dio, che mise in salvo Davide, facendolo agire in quel modo.

Di Saul, in seguito, il testo biblico afferma: Saul continuò più che mai a temere Davide, e gli fu sempre nemico (v. 29).

Infine, Davide era amato da Gionatan, (18:1); da tutto Israele e Giuda (18:16); da tutti i servitori di Saul (18:22); da Mical, figlia di Saul (18:28), ma mai è detto che Saul amasse Davide.

È vero che la Scrittura afferma che Saul si era “affezionato molto a Davide” (16:21); ed era “gradito a lui” (18:22); questo però non significa che Saul amasse Davide, nel senso pieno che ha questo termine.

Davide genero di Saul


Saul disse a Davide: «Ecco Merab, la mia figlia maggiore; io te la darò in moglie; solo sii per me un guerriero valente, e combatti le battaglie del SIGNORE». Or Saul diceva tra sé: «Così non sarà la mia mano a colpirlo, ma la mano dei Filistei».
Ma Davide rispose a Saul: «Chi sono io, che cos’è la mia vita, e che cos’è la famiglia di mio padre in Israele, perché io diventi genero del re?»
Ma quando giunse il momento di dare Merab, figlia di Saul, a Davide, fu invece data in sposa a Adriel il Meolatita.
Però Mical, figlia di Saul, amava Davide; lo riferirono a Saul e la cosa gli piacque.
Saul disse: «Gliela darò, perché sia per lui una trappola ed egli cada sotto la mano dei Filistei». Saul dunque disse a Davide: «Oggi, per la seconda volta, tu puoi diventare mio genero».
Poi Saul diede quest’ordine ai suoi servitori: «Parlate in confidenza a Davide e ditegli: "Ecco, tu sei gradito al re e tutti i suoi servitori ti amano; diventa dunque genero del re"».
I servitori di Saul sussurrarono queste parole all’orecchio di Davide. Ma Davide replicò: «Sembra a voi cosa semplice diventare genero del re? Io sono povero e di umile condizione».
I servi riferirono a Saul: «Davide ha risposto così e così».
Saul disse: «Dite così a Davide: "Il re non domanda dote; ma domanda cento prepuzi dei Filistei, per vendicarsi dei suoi nemici"». Saul aveva in animo di far cadere Davide nelle mani dei Filistei.
I servitori dunque riferirono quelle parole a Davide; ed egli fu d’accordo di diventare genero del re in questa maniera. E prima del termine fissato,
Davide si alzò, partì con la sua gente, uccise duecento uomini dei Filistei, portò i loro prepuzi e ne consegnò il numero preciso al re, per diventare suo genero.
E Saul gli diede in moglie Mical, sua figlia. Saul vide e riconobbe che il SIGNORE era con Davide; e Mical, figlia di Saul, l’amava
(18:17-28).

Se Saul pensava di dare la sua figlia maggiore Merab, in moglie a Davide, non fu per mantenere la promessa fatta in precedenza, circa la ricompensa che avrebbe ricevuto colui che avrebbe ucciso il Filisteo Goliat (17:25), ma perché credeva che tenendolo vicino a sé e combattendo le battaglie del SIGNORE, qualche giorno sarebbe potuto cadere nelle mani dei nemici, senza che a lui venisse imputata la sua morte.

Come si vedeva chiaramente, tutte le mosse che escogitava Saul, avevano sempre come obbiettivo la morte di Davide.

Il fatto poi che nel giorno in cui Merab avrebbe dovuto diventare la moglie di Davide, venne data invece in sposa ad Adriel Meolatita (18:19), non ci fu nessun cambiamento nei piani di Saul, anche quando gli venne data Mical, visto che lei l’amava.

Se poi si tiene presente che Saul chiese a Davide cento prepuzi dei Filistei (v. 25) in cambio di una normale dote, per dargli sua figlia Mical, è un’ulteriore conferma di quanta malignità concepiva quell’uomo nei confronti di Davide.

Che poi Davide non sia caduto nelle mani dei Filistei, come Saul si augurava, ciò è un’altra prova che Dio vigilava sulla vita del suo servitore, e che nessuna arma fabbricata, sarebbe prevalsa contro di lui (Isaia 54:17).

RIFLESSIONE PER IMPARE QUALCOSA DI UTILE PER LA NOSTRA VITA

Se partiamo dal detto della Scrittura: Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno (Romani 8:28), si possono meglio apprezzare gli interventi di Dio a favore dei Suoi figli.

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03/01/2012 00:16

Un altro testo biblico afferma:
«Non toccate i miei unti e non fate male ai miei profeti» (1 Cronache 16:22).

«Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti» (Salmi 105:15).

Se i due testi ripetono le identiche parole, è perché il secondo dipende dal primo, e il primo viene attribuito a Davide, anche se egli lo scrisse molto tempo dopo l’evento della macchinazione di Saul.

Anche se non si può affermare che Davide avesse composto il testo che il Cronista riporta, rifacendosi a se stesso, non si può neanche escluderlo.
Comunque siano andate le cose, dal punto di vista generale, nel testo in questione, si può benissimo includere Davide, sia come “unto” e sia come “profeta”, perché egli in effetti, corrisponde a l’uno e all’altro.

L’unzione che Davide aveva ricevuto da Samuele, era quella per l’ufficio di Re. Quell’unzione parlava della scelta di Dio. Se Samuele aveva versato su Davide “il corno d’olio”, l’aveva fatto dietro esplicito comando del Signore.

La scelta quindi, non l’aveva fatta il profeta, ma Dio, secondo la testimonianza che Egli stesso rese: Io ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, che eseguirà ogni mio volere (Atti 13:22).

Toccare un “unto del Signore” (allo scopo di fargli del male, naturalmente), significava inveire contro un preciso piano e disegno divino, allo scopo di neutralizzarlo o peggio ancora distruggerlo.

A questo punto sorge spontanea la domanda: Saul era a conoscenza che Samuele aveva unto d’olio Davide, per essere il futuro re d’Israele?

Dalla paura che Samuele esternò a Dio, di essere messo a morte da Saul, quando lo stesso re avrebbe saputo che lui si era recato nella casa di Isai, per ungere uno dei suoi figli, sembra di escluderlo.

Da quello che si può capire dalla Scrittura, non sembra che Samuele, durante la sua vita, abbia comunicato a Saul di avere unto Davide, per regnare su Israele.
Che Samuele avesse comunicato a Saul da molto tempo che Dio l’aveva rimosso dal suo ufficio, perché aveva trovato un altro migliore di lui, è cosa certa.

Se quindi, la risposta è affermativa, cioè che Saul sapesse dell’unzione di Davide, la sua responsabilità è enorme e nessuna delle sue trame tendente a far morire Davide, può essere giustificata.

In tutti gli interventi che Gionatan fece con suo padre, in favore di Davide, non risulta che egli avesse fatto menzione dell’unzione di Davide, anche se più tardi, confidò a Davide che suo padre stesso sapeva che sarebbe stato il futuro re d’Israele (cfr. 1 Samuele 23:17).

Questo però non vuol dire che Gionatan fosse al corrente dell’unzione di Davide.

Che Davide sapesse ciò che significava “toccare l’unto del Signore, questo è provato dai seguenti testi.

Davide disse alla gente: «Mi guardi il SIGNORE dall’agire contro il mio re, che è l‘unto del SIGNORE, e dal mettergli le mani addosso; poiché egli è l‘unto del SIGNORE» (1 Samuele 24:7).

Ecco, in questo giorno tu vedi con i tuoi occhi che oggi il SIGNORE ti aveva dato nelle mie mani in quella caverna; qualcuno mi disse di ucciderti, ma io ti ho risparmiato e ho detto: Non metterò le mani addosso al mio signore, perché egli è l‘unto del SIGNORE (1 Samuele 24:11).

avide gli disse: «Come mai non hai temuto di stendere la mano per uccidere l‘unto del SIGNORE?» (2 Samuele 1:14).

Davide gli disse: «Il tuo sangue ricada sul tuo capo, perché la tua bocca ha testimoniato contro di te quando hai detto:"Io ho ucciso l‘unto del SIGNORE"» (2 Samuele 1:16).

Presso gli Israeliti, gli unti del Signore, erano i sacerdoti, i profeti e i re, mentre tra la cristianità, sono stati tutti quelli che hanno ricevuto da Dio un ministero.
L’unzione su costoro, l’ha fatta lo Spirito Santo. Mettere quindi, la mano su di loro, significa andare contro lo Spirito del Signore e ostacolare l’opera Sua.

Il testo biblico è un serio monito per tutti, e ci richiama al rispetto e alla sottomissione.
Quando si rispetta un servo del Signore, e non si va in giro per diffamarlo con ogni sorta di calunnie, o propalando maldicenze, che non hanno niente di verità, e non si è di ostacolo né di impedimento all’opera del ministero, allora in effetti siamo attivi collaboratori di Dio, pronti a favorire il lavoro dello Spirito Santo, nella vita delle persone, sia che si tratti dei salvati come anche dei peccatori inconvertiti. Ame!

PS: Se al termine del capitolo 5 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura


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04/01/2012 00:02

Capitolo 6




COMINCIA LA VITA RAMINGA PER DAVIDE



Un nuovo attentato per la vita di Davide

Saul confidò a Gionatan, suo figlio, e a tutti i suoi servitori che vuole uccidere Davide. Ma Gionatan, figlio di Saul, che voleva un gran bene a Davide,
informò Davide della cosa e gli disse: «Saul, mio padre, cerca di ucciderti; quindi, ti prego, sta’ in guardia domani mattina, tieniti in un luogo segreto e nasconditi.
Io uscirò e mi terrò al fianco di mio padre, nel campo dove tu sarai; parlerò di te a mio padre, vedrò come vanno le cose e te lo farò sapere».
Gionatan dunque parlò a Saul, suo padre, in favore di Davide e gli disse: «Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, poiché egli non ha peccato contro di te, anzi il suo servizio ti è stato di grande utilità.
Egli ha rischiato la propria vita, ha ucciso il Filisteo e il SIGNORE ha operato una grande liberazione in favore di tutto Israele. Tu l’hai visto e te ne sei rallegrato; perché dunque peccare contro il sangue innocente, uccidendo Davide senza ragione?»
Saul diede ascolto alla voce di Gionatan e fece questo giuramento: «Com’è vero che il SIGNORE vive, egli non sarà ucciso!»
Allora Gionatan chiamò Davide e gli riferì tutto questo. Poi Gionatan ricondusse Davide da Saul. Egli rimase al suo servizio come prima
(19:1-7).

A differenza delle altre volte in cui Saul tentò di mettere a segno il colpo mortale contro Davide, questa volta invece preferisce confidarsi con suo figlio Gionatan e con i suoi servitori. A loro, infatti, rivela il piano diabolico che ha concepito dentro di sé, per far morire Davide.

Se Davide si fosse comportato male con Saul o gli avesse recato danno, la sua intenzione di volerlo mettere fuori, avrebbe potuto trovare giustificazione, ai fini di una giusta vendetta, dal punto di vista umano.

Siccome però sappiamo che in Davide non c’era il minimo indizio che convergesse in quella direzione, non sapremmo spiegarci come Saul ebbe il coraggio di parlare a Gionatan e ai suoi servitori di quel piano diabolico.
Nei due precedenti tentativi, Saul agì da solo, cioè senza confidare a nessuno la sua malvagia intenzione.

Approfittando che Davide era solo in casa sua, impegnato a suonare l’arpa, allo scopo di portare sollievo al turbamento di Saul, sotto la spinta di quello spirito cattivo che si trovava in lui, Saul tentò il colpo, pensando che con la sua lancia, avrebbe inchiodato al muro Davide.

Però, questo suo tentativo non riuscì, non solo perché Davide seppe schivare il colpo, ma soprattutto anche per l’intervento di Dio in suo favore, così che la lancia scagliata con tutta la potenza infernale, invece di colpirlo, andò a conficcarsi nella parete.

Fino a quel giorno, nessuno nella casa di Saul, o dei suoi servitori, sapeva, o avrebbe potuto avere un minimo sospetto, che il re concepisse piani omicidi nei confronti di Davide.
Avranno certamente subito un vero shock, quando Gioanatan e i suoi servitori, lo vennero a sapere, soprattutto perché l’uno e gli altri, amavano veramente Davide!

Gionatan a quell'inaspettata notizia, non rimase indifferente e scettico, ma seppe con prontezza reagire, avvisando il suo amico, perché si mettesse in guardia, per evitare di cadere nella trappola del padre. I buoni e i veri amici, agiscono così, nei confronti di quelli che essi veramente amano!

Se tu ami veramente una persona, oltre a immedesimarti facilmente nel suo bisogno, non resterai con le mani in mano; ma farai senza dubbio tutto ciò ch’è in tuo potere, in modo da renderti utile. Mettere in guardia qualcuno contro un pericolo, specialmente quando l’interessato non lo conosce e neanche ha il minimo sospetto di cadervi dentro, in pratica significa risparmiarlo da immane tragedia e da strazianti pianti.

Messo in salvo e al sicuro colui che egli ama, ora Gionatan può parlare con suo padre, perorando la causa di Davide.
Mettendo in risalto, tutto il bene che Davide aveva fatto in favore di tutto Israele, a rischio della propria vita, Gionatan trova la maniera per convincere suo padre che, il piano che ha concepito per uccidere Davide, è folle e significa essenzialmente “peccare contro se stesso”.

Dal momento che Gionatan può provare l’innocenza di Davide, perché in realtà egli non ha commesso nessun peccato contro il re, la sua argomentazione convinse Saul, a desistere da quella malvagia iniziativa, portandolo addirittura a giurare nel nome del Signore: «Com’è vero che il SIGNORE vive, egli non sarà ucciso!» (v. 6).
Solo quando Gionatan ebbe l’assicurazione che il problema era stato felicemente risolto, poté comunicarlo a Davide e ricondurlo di nuovo da Saul per rimanervi al suo servizio.

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05/01/2012 00:04

Saul ritorna alla carica

Ricominciò di nuovo la guerra e Davide uscì a combattere contro i Filistei, inflissi loro una grave sconfitta e quelli fuggirono davanti a lui.
Allora uno spirito cattivo, permesso dal SIGNORE, s’impossessò di Saul. Egli sedeva in casa sua tenendo in mano una lancia, mentre Davide sonava l’arpa.
Allora Saul cercò di inchiodare Davide al muro con la lancia; ma Davide schivò il colpo e la lancia andò a conficcarsi nel muro. Davide fuggì e si mise in salvo in quella stessa notte.
Saul inviò degli uomini a casa di Davide per tenerlo d’occhio e ucciderlo la mattina dopo; ma Mical, moglie di Davide, lo informò della cosa, dicendo: «Se in questa stessa notte non ti metti in salvo, domani sei morto».
Mical calò Davide da una finestra ed egli se ne andò, fuggì e si mise in salvo.
Poi Mical prese l’idolo domestico e lo pose nel letto; gli mise in capo un cappuccio di pelo di capra e lo coprì con un mantello.
Quando Saul inviò degli uomini a prendere Davide, lei disse: «È malato».
Allora Saul inviò di nuovo i suoi uomini perché vedessero Davide, e disse loro: «Portatemelo nel letto, perché possa ucciderlo».
Quando giunsero quegli uomini, ecco che nel letto c’era l’idolo domestico con in testa un cappuccio di pelo di capra.
Saul disse a Mical: «Perché mi hai ingannato così e hai dato al mio nemico la possibilità di fuggire?» Mical rispose a Saul: «lui che mi ha detto:"Lasciami andare, altrimenti ti ammazzo!"»
(19:8-17).

Scongiurato il tentativo di uccidere Davide, Saul, che sembrava si fosse ricreduto e avesse fatto marcia indietro, ritorna alla carica.

Sembra che la ripresa dell’ostilità di Saul, nei confronti di Davide, debba essere ricercata, in primo luogo, nella strepitosa vittoria che Davide riportò sui Filistesi. Infatti, è significativo che il (v. 9) che riparla dello spirito cattivo nuovamente si impossessa di Saul, cominci: Allora uno spirito cattivo...

È probabile che Saul non abbia partecipato attivamente alla gioia per la grande vittoria ottenuta da Davide.

In quel caso, il sentimento di gelosia che si era manifestato nella vita di Saul, a seguito delle parole del canto delle donne: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila» (18:7), si sia ripresentato di nuovo nella sua mente, favorendo lo “spirito cattivo” di avere il sopravvento nella sua vita.

Il fatto che lo vediamo agire nella stessa maniera come aveva agito in precedenza, questo è un elemento che favorisce quest'interpretazione.

Che quello “spirito cattivo”, sia lo stimolo propulsivo all’azione di Saul nel lanciare la sua lancia per inchiodare Davide alla parete, ci sembra ovvio.

Questa volta, a differenza del passato che rimase in casa di Saul, per continuare a suonare l’arpa, Davide, non solo schiva il colpo della lancia che si conficca nella parete, ma ravvisa la pericolosità della minaccia, e perciò si dà alla fuga mettendosi in salvo quella stessa notte.

Certo di sapere che Davide si era messo in salvo, andando a casa sua, dove c’era sua moglie Mical, Saul vi inviò subito degli uomini, col preciso incarico di controllare la situazione, in modo che al mattino, Davide venisse preso e messo a morte.

Mical, da brava e intelligente moglie che era, avvisò Davide del pericolo, lo calò da una finestra, così Davide poté mettersi in salvo in quella stessa notte, ma dovette darsi alla fuga.
Da quella notte in poi, Davide cominciò a essere un vero fuggitivo, e questo stato si protrasse per un lungo periodo, dato che non potè stare più in casa sua con sua moglie.

Davide va da Samuele a Rama

Davide dunque fuggì, si mise in salvo, andò da Samuele a Rama e gli raccontò tutto quello che Saul gli aveva fatto. Poi, egli e Samuele andarono a stare in Naiot.
Questo fu riferito a Saul, dicendo: «Ecco, Davide è a Naiot, presso Rama».
Saul inviò i suoi uomini a prendere Davide, ma quando questi videro profetizzare i profeti, riuniti sotto la presidenza di Samuele, lo spirito di Dio investì gli inviati di Saul che si misero anche loro a profetizzare.
Ne informarono Saul, che inviò altri uomini, i quali pure si misero a profetizzare. Saul ne mandò ancora per la terza volta, ma anche questi si misero a profetizzare.
Allora si recò egli stesso a Rama. Giunto alla grande cisterna che è a Secu, chiese: «Dove sono Samuele e Davide?» Gli fu risposto: «A Naiot, presso Rama».
Egli andò dunque là, a Naiot, presso Rama. Lo spirito di Dio investì anche lui ed egli continuò il suo viaggio profetizzando finché giunse a Naiot, presso Rama.
Anche lui si spogliò delle sue vesti, anche lui profetizzò in presenza di Samuele e rimase steso a terra nudo tutto quel giorno e tutta quella notte. Da lì viene il detto: «Saul, è anche lui tra i profeti?»
(19:18-24).

Visto che Davide si trova in una stretta morsa, preferisce correre verso Samuele, e raccontargli tutte le cose che Saul gli ha fatte.

Che Davide si sia sfogato con Samuele e abbia scaricato la sua tensione, è naturale pensarlo. Ma cosa abbia risposto Samuele al rapporto di Davide, non ci è dato di sapere, anche perché il testo sacro tace.

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06/01/2012 00:01

Il fatto poi che questo testo specifichi che, Samuele e Davide andarono a stare a Naiot, ciò è un chiaro indizio del suggerimento che Samuele avrà dato a Davide, per superare quel momento difficile.

Forse Samuele e Davide non avranno pensato che, ci sarebbe stata la possibilità che qualcuno avrebbe riferito a Saul quanto era convenuto con Samuele.

Però, si sa, che nel giro di poco tempo, non solo la notizia arriva a Saul, ma lo stesso manda subito i suoi uomini, con l’incarico di arrestare Davide.

Il pericolo per Davide è serio. Dio sa che Davide e Samuele, non hanno i mezzi per far fronte e opporsi all’azione degli uomini di Saul. In conseguenza di ciò, decide una sua insolita strategia, per risolvere quel caso difficile.
Immaginiamo il probabile ragionamento che Dio ha fatto con se stesso. A Naiot, c’è un gruppo di profeti che profetizzano sotto la presidenza di Samuele.

Quando gli uomini di Saul arriveranno a Naiot, con l’incarico di arrestare Davide, e vedranno quei profeti profetizzare, si fermeranno per guardare; mentre saranno intenti ad osservare quella scena, il mio Spirito scenderà su di loro, così che anch’essi si metteranno a profetizzare con gli altri profeti.

Infatti, così avvenne! Quando gli uomini inviati da Saul arrivarono a Naiot.
Vedendo i profeti che profetizzavano sotto la presidenza di Samuele, furono attratti da quella manifestazione, e, invece di proseguire per portare a termine la loro missione, cominciarono a guardare verso quei profeti che profetizzavano, e mentre che loro erano intenti e concentrati per quello che vedevano, lo Spirito del Signore scese su di loro, e anch’essi cominciarono a profetizzare assieme con gli altri profeti.

La notizia dell’accaduto arrivò subito a Saul, il quale, senza cercare spiegazione della notizia pervenutagli, mandò un’altra squadra, però anche i secondi fecero lo stesso come i primi, e più tardi anche la terza spedizione, si comportò come le precedenti, cioè: tutti gli uomini mandati da Saul, furono intenti a profetizzare, sotto la presidenza di Samuele.

Non sapendo spiegarsi tutta la faccenda, e non trovando un’altra soluzione al caso, Saul decide di andare di persona a Naiot, sempre con l’intenzione di arrestare Davide, e metterlo a morte.

Dio vede tutto ciò: il proposito folle e la determinazione di Saul a liquidare Davide, a qualsiasi costo, e, con un’azione insolita e pacifica, Egli sventa la velleità di quest’uomo.

Non appena Saul arriva a Naiot, a differenza di come si erano comportati i suoi uomini in precedenza, si toglie le sue vesti e anche lui profetizza alla presenza di Samuele e rimane steso a terra nudo tutto quel giorno e tutta quella notte.

Non è che Saul con i suoi uomini “diventarono” profeti: rimasero quelli che erano prima; con la differenza, però, che in quel giorno particolare, furono usati da Dio a profetizzare, in una maniera insolita e inaspettata.
Tutto questo, naturalmente, non solo perché lo Spirito di Dio venne su di loro, ma anche perché il piano divino, riguardante la Sua Sovranità, rimanesse fermo, per la salvaguardia della vita di Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio.

RIFLESSIONE SUGLI INTERVENTI INSOLITI DI DIO


Gionatan, nel giorno che perorò la causa di Davide davanti a suo padre, mise in risalto l’azione che compì Davide, quando egli uccise il Filisteo Goliat.

Egli ha rischiato la propria vita, ha ucciso il Filisteo e il SIGNORE ha operato una grande liberazione in favore di tutto Israele. Tu l’hai visto e te ne sei rallegrato; perché dunque peccare contro il sangue innocente, uccidendo Davide senza ragione?» (19:5).

Da una parte, il bene che Davide aveva fatto, è innegabile: nessuno lo può contestare; neanche lo stesso Saul.

Eppure, egli, come se i suoi occhi fossero bendati, acceso da una gelosia che non lo lasciava in pace, vuole a qualsiasi costo eliminare Davide.

Dall’altra parte, Davide, che sa di essere innocente davanti a Saul, perché in fin dei conti non ha commesso nessun peccato contro il re, trovandosi stretto in una morsa, è forzato a lasciare la propria casa, sua moglie e vivere la sua vita come un ramingo. Davide, per una spiccata caratteristica che aveva in sé, era audace (cfr. 16:18).

Il suo coraggio, si sarà facilmente sviluppato nella sua vita, principalmente a seguito delle varie esperienze avute, non solo per le vittorie che conseguì sui nemici, mentre stava alle dipendenze di Saul, ma anche prima quando era dietro il gregge di suo padre, e poi soprattuto nel rendersi conto che il Signore era con lui. Questa consapevolezza, senza dubbio, lo ha sostenuto nei momenti più critici della sua esistenza.

Inoltre, Davide, come tutti gli altri esseri umani, non era scevro dall’essere assalito da certi pensieri, come per esempio: se Dio mi ha scelto per governare come re del Suo popolo Israele, perché devo incontrare tutti questi ostacoli? Perché non posso vivere tranquillamente in casa mia e stare con mia moglie, come del resto fanno tutti gli altri?

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07/01/2012 00:04

Perché devo vivere la mia vita come un errante, come se fossi un fuorilegge? Perché il mio Dio permette che l’ingiustizia di Saul prevalga su di me?
Questi e tanti altri pensieri, avranno affollato nella sua mente riempiendola di tante domande, alle quali non sempre riusciva a dare le giuste risposte.

Anche se Davide non riusciva a spiegarsi ogni situazione che si presentava davanti a sé, nondimeno, la sua fede in Dio, immancabilmente lo sosteneva nelle varie difficoltà che incontrava.

Dio però, che è Sovrano e ha tutto sotto controllo, ha a sua disposizione tanti mezzi per aiutare e soccorrere Davide, l’uomo secondo il suo cuore che eseguirà ogni suo volere (Atti 13:22), quando verrà a trovarsi in difficoltà.
Ora si serve di Gionatan, per scongiurare, anche se è momentanea, la decisione di suo padre, di eliminare Davide. Più tardi, darà una particolare accortezza a Mical consigliando a suo marito di mettersi in salvo, perché suo padre lo vuole uccidere.

Quando si reca da Samuele, in cerca di rifugio e per sottrarsi all’ostilità spietata di Saul, Davide vede quello che succede agli emissari di Saul, mandati per arrestarlo; e, forse, sarà rimasto sbalordito, nel vedere lo stesso Saul, steso a terra che profetizza alla presenza di Samuele. Se tutte queste cose sono chiare davanti a Davide, nel senso che le ha viste con i propri occhi, forse non riesce ad afferrare in pieno il significato degli insoliti interventi divini in suo favore.

Eppure questi avvenimenti testimoniano efficaciamente della fedeltà di Dio e della Sua bontà, nel dirigere tutte le situazioni inerenti alla vita di Davide e come Egli prende cura di lui.

Anche se certe volte e in situazioni particolari, Dio compie certi insoliti interventi, nel senso che non sono comuni, cioè Egli non li fa spesso, ma quando ritiene di doverle effettuare, li compie sempre a beneficio dei suoi figli e dei suoi servitori, in modo particolare.

Infine, non possiamo sorvolare un particolare, ponendo una domanda in merito. Qual’è lo scopo principale di Dio, nel difendere e nel proteggere la vita di Davide? Solo perché era l’uomo secondo il suo cuore, o c’era qualcos’altro?

Senza dubbio, quando Dio intevenne per mettere in valvo Davide, dall’odio spietato di Saul, Egli non mirava solamente alla successione del regno d’Israele, (anche se quello era un punto fermo), mirava piuttosto a garantire la continuità dei Suoi piani e dei Suoi disegni, per ciò che riguardava il futuro del Messia.

Sappiamo con assoluta certezza che, secondo i piani divini, cioè in conformità a quello che il Signore aveva stabilito nell’eternità, il Messia avrebbe dovuto avere una discendenza Davidica, cioè, doveva uscire dal ceppo della casa di Davide, cioè d’Isai. Basta citare una sola profezia, a sostegno di quanto sopra. Eccola:

Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici.

Lo Spirito del SIGNORE riposerà su di lui: Spirito di saggezza e d’intelligenza, Spirito di consiglio e di forza, Spirito di conoscenza e di timore del SIGNORE.
Respirerà come profumo il timore del SIGNORE, non giudicherà dall’apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire,
ma giudicherà i poveri con giustizia, pronuncerà sentenze eque per gli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra farà morire l’empio.
La giustizia sarà la cintura delle sue reni, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi
(Isaia 11:1-5).

Che il testo d’Isaia sia una profezia messianica, nessuno lo mette in dubbio. Dal momento che tutti gli altri sette figli che Isai, erano stati esclusi da Dio stesso, a succedere nel regno d’Israele, rimaneva il solo Davide per quella carica.

Se Davide fosse stato eliminato da Saul, (come egli si era proposto con la sua ferma determinazione), non sarebbe solamente venuta a mancare una maglia nella catena della successione del regno, ma una persona che avrebbe dovuto essere paragonata a una “radice”, che avrebbe fatto spuntare l’albero. Non è possibile parlare dell’albero genealogico del Messia, senza la persona di Davide, perché appunto egli costituiva una maglia della catena ed era anche “radice”.

Davanti a questa specifica considerazione, l’attacco mirante ad eliminare Davide, non era solamente per ciò che riguardava la successione al regno d’Israele, mossa e mantenuta in piede da Saul geloso, ma da una forza infernale che mirava a togliere la “radice” perché non spuntasse l’albero.

Se per un'assurda ipotesi Saul fosse stato abile a togliere di mezzo Davide, particolarmente con quella sua andata a Naiot, il piano di Dio per ciò che riguardava il Messia, avrebbe dovuto pagarne le spese; la Parola del Signore sarebbe stata screditata e tutto il piano della redenzione sarebbe andato in fumo.

In vista di quest'obbiettivo, che gli uomini non riuscivano ad intravedere, Dio non poteva rimanere indifferente. Ecco perché intervenne direttamente Lui, in una maniera insolita, investendo col Suo Spirito, l’uomo che era diventato uno strumento nelle mani di Satana, determinato a far naufragare il piano della Sua volontà.

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08/01/2012 00:31

Mi chiederete in ultima analisi: Se Saul non fosse stato investito dallo Spirito di Dio e non avesse profetizzato alla presenza di Samuele e in mezzo a tutti gli altri profeti (compresi tutti gli uomini che aveva mandato in precedenza, i quali profetizzavano come tutti gli altri), avrebbe Saul portato a termine il suo piano, cioè: arrestare Davide e farlo morire? Vi rispondo con un perentorio sì!

Che ognuno di noi, sappia fare tesoro, di tutto quello che il Signore, fa a nostro favore. A Lui sia la gloria e l’onore!

PS: Se al termine del capitolo 6 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura



Capitolo 7




PATTO FRA DAVIDE E GIONATAN E FUGA A NOB E A GAT



Nonostante che Dio abbia compiuto un’azione insolita e straordinaria, per liberare Davide dalle mani di Saul, mentre quell'ultimo si trovava a Naiot con Samuele, lui tuttavia non si sentiva al sicuro rimanendo in quella località.

Davide va a trovare Gionatan

Davide fuggì da Naiot, presso Rama, andò a trovare Gionatan e gli disse: «Che cosa ho fatto? Qual è la mia colpa? Qual è il mio peccato verso tuo padre, perché egli minacci la mia vita?»
Gionatan gli rispose: «No affatto! Tu non morirai. Ecco, mio padre non fa niente, né di grande né di piccolo, senza dirmelo. Perché dovrebbe nascondermi questa intenzione? Non è possibile».
Ma Davide replicò, giurando: «Tuo padre sa molto bene che io ho trovato grazia agli occhi tuoi; perciò avrà detto:"Gionatan non sappia questo, affinché non ne abbia dispiacere"; ma, com’è vero che il SIGNORE vive e tu stesso vivi, tra me e la morte non c’è che un passo».
Gionatan disse a Davide:«Che cosa desideri che io ti faccia?»
Davide rispose a Gionatan: «Domani è la luna nuova, e io dovrei pranzare con il re; lasciami andare e mi nasconderò per la campagna fino alla terza sera.
Se tuo padre nota la mia assenza, tu gli dirai: "Davide mi ha pregato con insistenza di lasciarlo andare fino a Betlemme, la sua città, perché c’è il sacrificio annuale per tutta la sua famiglia".
Se egli dice:"Va bene!" allora il tuo servo avrà pace; ma se invece si adira, sappi che il male che mi vuol fare è deciso.
Mostra dunque la tua bontà verso il tuo servo, perché hai fatto entrare il tuo servo in un patto con te nel nome del SIGNORE. Se c’è in me qualche malvagità, uccidimi tu; ma non condurmi da tuo padre!»
Gionatan disse:«Lungi da te questo pensiero! Se io venissi a sapere che il male è deciso da parte di mio padre e sta per venirti addosso, non te lo farei sapere?»
Davide disse a Gionatan: «Chi m’informerà, nel caso che tuo padre ti dia una risposta dura?»
Gionatan disse a Davide: «Vieni, andiamo fuori nei campi!» E andarono insieme fuori nei campi.
Gionatan disse a Davide: «Il SIGNORE, il Dio d’Israele, mi sia testimone! Quando domani o dopodomani, a quest’ora, io avrò sentito quello che pensa mio padre, se egli è ben disposto verso Davide e io non mando a fartelo sapere,
il SIGNORE tratti Gionatan con tutto il suo rigore! Nel caso poi che mio padre voglia farti del male, te lo farò sapere e ti lascerò partire perché tu ti metta al sicuro; e il SIGNORE sia con te come è stato con mio padre!
Possa tu, se sarò ancora in vita, usare verso di me la bontà del SIGNORE, perché io non muoia.
Non cessare mai di essere buono verso la mia casa, neppure quando il SIGNORE avrà sterminato dalla faccia della terra fino all’ultimo i nemici di Davide.
Così Gionatan strinse alleanza con la casa di Davide, dicendo: «Il SIGNORE faccia vendetta dei nemici di Davide!»
Per l’amore che aveva verso di lui, Gionatan fece di nuovo giurare Davide; perché egli l’amava come la sua stessa vita.
Poi Gionatan gli disse: «Domani è la luna nuova e la tua assenza sarà notata, perché il tuo posto sarà vuoto.
Dopodomani dunque tu scenderai giù fino al luogo dove ti nascondesti il giorno di quel fatto e rimarrai presso la pietra di Ezel.
Io tirerò tre frecce da quel lato, come se tirassi al bersaglio.
Poi subito manderò il ragazzo, dicendogli: "Va’ a cercare le frecce". Se dico al ragazzo: "Guarda, le frecce sono di qua da te, prendile!" tu allora vieni, perché tutto va bene per te e non hai nulla da temere, come il SIGNORE vive!
Ma se dico al giovane: "Guarda, le frecce sono di là da te!" allora vattene, perché il SIGNORE ti manda via.
Quanto a quel che abbiamo convenuto tu e io, ecco, il SIGNORE ne è testimone per sempre»
(20:1-23).

L’unica persona di cui Davide poteva fidarsi, eccetto Samuele, naturalmente, era Gionatan.

Con lui egli poteva parlare a cuore aperto, senza nessuna riservatezza, poiché sapeva che era un “sincero amico”, uno che “veramente lo amava”, come la sua stessa vita.

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09/01/2012 00:08

Dove si trovava Gionatan, non ci viene dato da sapere, anche perché il testo biblico tace. Questo però non ha nessun'importanza; quello che conta è sapere la conversazione che hanno avuto i due.
Nelle tre domande che Davide rivolge a Gionatan: «Che cosa ho fatto?
Qual è la mia colpa? Qual è il mio peccato verso tuo padre, perché egli minacci la mia vita?»
(v. 1), si può leggere tutta l’angoscia e l’inquietitudine che c’era nel suo cuore.

D’altra parte, Davide non aveva torto ad esprimersi in quel modo, perché sapeva con certezza che Saul era determinato a liquidarlo. Davanti a quelle precise parole, Gionatan risponde con prontezza: no affatto! Tu non morirai.

Se egli dà quest'assicurazione all’amico, ciò non significa che egli non crede a quello che gli viene detto, ma semplicemente che ricordando che suo padre non fa niente, né di grande né di piccolo, senza dirglielo (e siccome fino a quel momento suo padre non gli aveva comunicato niente, né di bene né di male nei confronti di Davide), Gionatan credeva che le cose potessero essere diversamente di come asseriva Davide.

Quando però Davide gli replica con giuramento:
«Tuo padre sa molto bene che io ho trovato grazia agli occhi tuoi; perciò avrà detto: "Gionatan non sappia questo, affinché non ne abbia dispiacere"; ma, com’è vero che il SIGNORE vive e tu stesso vivi, tra me e la morte non c’è che un passo,

Gionatan si rende conto che la minaccia di morte per il suo amico esiste.
Lo stesso atteggiamento di disponibilità che Gionatan offre a Davide, sta dimostrando che egli non può più affermare: no affatto!
L’assicurazione che Gionatan promette a Davide di indagare presso suo padre, dimostra che egli ha preso atto della situazione e vuole interessarsi fino in fondo.

Quando poi Gionatan si convince che veramente suo padre ha deciso di far morire Davide, oltre a manifestare tutta la sua indignazione e il suo profondo dolore per il suo amico, non rimane più accanto a suo padre a mangiare allo stesso tavolo, anzi si leva e va subito da Davide e gli conferma che quanto gli aveva detto, è vero.

I veri amici e quelli che amano con tutto il cuore, non restano indifferenti davanti a certe situazioni dolorose; partecipano attivamente con l’immedesimarsi alle loro situazioni, e, per dirla con l’apostolo Paolo, a proposito dell’amore:

L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia,
non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male,
non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità;
soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa
(1 Corinzi 13:4-7).

Patto tra Davide e Gionatan


Prima che i due si separino, sentono il bisogno di impegnarsi l’uno verso l’altro, con un giuramento nel nome del Signore.

Gionatan disse a Davide: «Va’ in pace, ora che abbiamo fatto tutti e due questo giuramento nel nome del SIGNORE. Il SIGNORE sia testimone fra me e te, e fra la mia e la tua discendenza, per sempre».
Davide si alzò e se ne andò, e Gionatan tornò in città
(20:42-43).

Che questo giuramento abbia rappresentato un ulteriore legame di amicizia e di fedeltà reciproca, lo dimostreranno gli eventi futuri. Qui di seguito vogliamo rifarci ad alcuni di loro.

Quando Davide, nella sua vita di ramingo, si trovava nel deserto di Zif, l’amico Gionatan, lungi dal dimenticarlo, lo va a trovare.

Allora Gionatan, figlio di Saul, si alzò e andò da Davide nella foresta. Egli fortificò la sua fiducia in Dio
e gli disse: «Non temere; poiché Saul, mio padre, non riuscirà a metterti le mani addosso. Tu regnerai sopra Israele, io sarò il secondo dopo di te; e lo sa bene anche Saul, mio padre».
I due fecero alleanza in presenza del SIGNORE; poi Davide rimase nella foresta e Gionatan andò a casa sua (23:16-18).

Più tardi, quando sul campo di battaglia con i Filistei, Saul e Gionatan rimasero uccisi, Davide nel comporre la sua elegia, cioè il canto funebre, si espresse nel seguente modo:

Il fiore dei tuoi figli, o Israele, giace ucciso sulle tue alture! Come mai sono caduti quei prodi?
Non portate la notizia a Gat, non lo pubblicate per le strade di Ascalon; le figlie dei Filistei ne gioirebbero, le figlie degl’incirconcisi ne farebbero festa.
O monti di Ghilboa, su di voi non cada più né rugiada né pioggia; i vostri campi non diano più primizie per le offerte; poiché là fu gettato via lo scudo dei prodi, lo scudo di Saul, che l’olio non ungerà più.
L’arco di Gionatan non tornava mai dalla battaglia senza avere sparso sangue di uccisi, senza aver trafitto grasso di prodi; e la spada di Saul non tornava indietro senza avere colpito.
Saul e Gionatan, tanto amati e cari mentr’erano in vita, non sono stati divisi nella loro morte. Erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni!
Figlie d’Israele, piangete su Saul; egli vi rivestiva deliziosamente di scarlatto, alle vostre vesti metteva degli ornamenti d’oro.
Come mai sono caduti i prodi in mezzo alla battaglia? Come mai venne ucciso Gionatan sulle tue alture?
Io sono in angoscia a motivo di te, Gionatan, fratello mio; tu mi eri molto caro, e l’amore tuo per me era più meraviglioso dell’amore delle donne.
Come mai sono caduti i prodi? Come mai sono state infrante le loro armi?
(2 Samuele 1:19-27).

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10/01/2012 00:18

Ma l’episodio più commovente e più significativo, (a noi addirittura c'ispirò il titolo di questo libro, “Fare del bene per amore di qualcuno”) è descritto con le seguenti parole:

Davide disse: «C’è ancora qualcuno della casa di Saul, al quale possa fare del bene per amore di Gionatan?»
C’era un servo della casa di Saul, di nome Siba, che fu fatto venire da Davide. Il re gli chiese: «Sei tu Siba?» Egli rispose: «Servo tuo».
Il re gli disse: «C’è ancora qualcuno della casa di Saul al quale io possa far del bene per amore di Dio?» Siba rispose al re: «C’è ancora un figlio di Gionatan, storpio dei piedi».
Il re gli disse: «Dov’è?» Siba rispose al re: «È a Lodebar in casa di Machir, figlio di Ammiel».
Allora il re lo mandò a prendere in casa di Machir, figlio di Ammiel, a Lodebar.
E Mefiboset, figlio di Gionatan, figlio di Saul, andò da Davide, si gettò con la faccia a terra e si prostrò davanti a lui. Davide disse: «Mefiboset!» Egli rispose: «Ecco il tuo servo!»
Davide gli disse: «Non temere, perché io non mancherò di trattarti con bontà per amore di Gionatan tuo padre, ti restituirò tutte le terre di Saul tuo nonno e tu mangerai sempre alla mia mensa».
Mefiboset s’inchinò profondamente e disse: «Che cos’è il tuo servo, perché tu ti degni di guardare un cane morto come sono io?»
Allora il re chiamò Siba, servo di Saul e gli disse: «Tutto quello che apparteneva a Saul e a tutta la sua casa io lo do al figlio del tuo signore.
Tu dunque, con i tuoi figli e con i tuoi servi, coltiverai per lui le terre e gli porterai il raccolto, perché il figlio del tuo signore abbia pane da mangiare; Mefiboset, figlio del tuo signore, mangerà sempre alla mia mensa». Siba aveva quindici figli e venti servi.
Siba disse al re: «Il tuo servo farà tutto quello che il re mio signore ordina al suo servo». Mefiboset mangiò alla mensa di Davide come uno dei figli del re.
Mefiboset aveva un figlioletto chiamato Mica; tutti quelli che stavano in casa di Siba erano servi di Mefiboset.
Mefiboset abitava a Gerusalemme perché mangiava sempre alla mensa del re. Era zoppo di entrambi i piedi
(2 Samuele 9:1-13).

Davide va a Nob, dal sacerdote Achimelec


Davide andò a Nob dal sacerdote Achimelec; Achimelec gli venne incontro turbato e gli disse: «Perché sei solo e non hai nessuno con te?»
Davide rispose al sacerdote Achimelec: «Il re mi ha dato un incarico e mi ha detto: "Nessuno sappia nulla dell’affare per cui ti mando e dell’ordine che ti ho dato"; e quanto alla mia gente, le ho detto di trovarsi in un dato luogo.
Ora che hai qui a portata di mano? Dammi cinque pani o quelli che si potrà trovare».
Il sacerdote rispose a Davide, e disse: «Non ho sotto mano del pane comune, ma c’è del pane consacrato; i giovani si sono almeno astenuti da contatto con donne?»
Davide rispose al sacerdote: «Da quando sono partito, tre giorni fa, siamo rimasti senza donne, e quanto ai vasi della mia gente erano puri; e se anche la nostra missione è profana, essa sarà oggi santificata da quel che si porrà nei vasi».
Allora il sacerdote gli diede del pane consacrato, perché non c’era là altro pane tranne quello della presentazione, che era stato tolto dalla presenza del SIGNORE, perché fosse sostituito con pane caldo nel momento in cui veniva preso.
Quel giorno, uno dei servi di Saul si trovava là trattenuto in presenza del SIGNORE; si chiamava Doeg, era edomita, e capo dei pastori di Saul.
Davide disse ad Achimelec: «Non hai qui disponibile una lancia o una spada? Perché io non ho preso con me né la mia spada né le mie armi, tanto premeva l’incarico del re».
Il sacerdote rispose: «C’è la spada di Goliat, il Filisteo, che tu uccidesti nella valle dei terebinti; è là avvolta in un panno dietro l’efod; se la vuoi prendere, prendila, perché qui non ce n’è altra all’infuori di questa». Davide disse: «Nessuna è pari a quella; dammela!»
(21:1-9).

Visto che la situazione di vita raminga non accennava a diminuire, Davide va a Nob, città dei sacerdoti, a trovare il sacerdote Achimelec.
Andò solamente per chiedere pani ed armi, o anche per consultare il Signore, per sapere cosa avrebbe dovuto fare?

Stando alle parole di Doeg (22:10), il sacerdote consultò il Signore per Davide. Ma se questo venne fatto dal sacerdote Achimelec, non fu sicuramente perché Davide insorgesse contro Saul e gli tendesse delle insidie, come il re asserì (22:13).

Stando invece alla risposta che Achimelec diede a Saul, egli si limitò solamente a dargli del pane e la spada del Filisteo Goliat (22:14-15).
C’è da riflettere sull’atteggiamento che Davide assunse davanti al sacerdote Achimelec, in quel giorno. Davanti a quell’uomo, Davide usa un parlare menzognero. Inventa una storia, per coprire la vera situazione in cui effettivamente si trova, a seguito di una precisa domanda che il sacerdote gli rivolge.

Davide sa molto bene che non sta asserendo la verità ad Achimelec, nel raccontargli quella storia, anche se da quest’ultimo venne creduta.
Più tardi però, in base a quello che la storia sacra ci racconta, Davide ha dovuto prendere atto di essere stato la causa della tragedia della morte di ottantacinque sacerdoti che portavano l’efod ed anche della distruzione della citta di Nob, che venne passata a fil di spada, per opera di Saul (22:6-19), perché un suo servo, di nome Doeg, riferì a Saul che il sacerdote Achimele, aveva dato a Davide il pane consacrato e la spada di Goliat.

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11/01/2012 00:13

Davide si reca a Gat

Allora Davide si alzò, e quel giorno riprese a fuggire lontano da Saul e andò da Achis, re di Gat.
I servi del re dissero ad Achis: «Non è questi Davide, il re del paese? Non è egli colui del quale si cantava nelle danze: "Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila?"»
Davide si tenne in cuore queste parole e temette Achis, re di Gat.
Mutò il suo modo di fare in loro presenza, faceva il pazzo in mezzo a loro, tracciava dei segni sui battenti delle porte e si lasciava scorrere la saliva sulla barba.
Achis disse ai suoi servitori: «Guardate, è un pazzo. Perché me l’avete condotto?
Mi mancano forse dei pazzi, che mi avete condotto questo a fare il pazzo in mia presenza? Costui non entrerà in casa mia!»
(21:10-15).

Nello stato di esasperazione in cui Davide si trova, non sa più cosa fare. Il fatto stesso che si “reca” presso i Filistei, (in una situazione normale non l’avrebbe fatto mai) di sua spontanea volontà, e non perché è condotto da altri, (come se fosse un prigioniero di guerra) per sfuggire davanti a Saul, denota che Davide va in cerca di un posto, in cui possa sentirsi al sicuro e al riparo.

In questa sua disperata ricerca, si finge addirittura “pazzo”, compiendo quello che di solito fanno le persone malati di mente.

Però, la sua strategia non ebbe quell’esito sperato, perché il re Achis, si rifiutò di farlo entrare in casa sua.A questo punto si potrebbe chiedere: come mai che Davide si comportò in questa maniera, inventando storie inesistenti e raccontando bugie una dietro l’altra?

Il dire le “bugie” e il raccontare storie inesistenti per farsi credere, appartengono alla natura umana di Davide, e non hanno niente a che vedere con i piani e i disegni divini per lui.
Se si dovesse addirittura giustificare l’atteggiamento di Davide, per la situazione in cui si trovava, e accettare le sue “bugie” come se fossero armi di autodifesa, (cosa che non è possibile ammettere) non potremmo però deviare dalla Scrittura che ci ammonisce severamente:
Il vostro parlare sia: "Sì, sì; no, no"; poiché il di più viene dal maligno (Matteo 5:37).

I ministri del vangelo devono avere sempre …un parlare veritiero... (2 Corinzi 6:7); e quello dei credenti in generale deve essere sempre ...con grazia, condito con sale, per sapere come rispondere a ciascuno (Colossesi 4:6).

UTILI INSEGNAMENTI CHE POSSIAMO IMPARARE

1) Dall’amicizia di Gionatan

Dall’amicizia che Davide aveva con Gionatan, possiamo, non solo valutare il concetto stesso di “amicizia”, ma soprattutto anche imparare, sul piano della vita pratica, come coltivare e mantenere una vera e sincera amicizia.

I seguenti testi biblici ci aiuteranno meglio a penetrare l’argomento e a capirne la sua portata.

L’amico ama in ogni tempo; è nato per essere un fratello nella sventura (Proverbi 17:17).

Chi ha molti amici può esserne sopraffatto, ma c’è un amico che è più affezionato di un fratello (Proverbi 18:24).

L’olio e il profumo rallegrano il cuore; così fa la dolcezza di un amico con i suoi consigli cordiali.
Non abbandonare il tuo amico né l’amico di tuo padre, e non andare in casa del tuo fratello nel giorno della tua sventura; una persona a te vicina vale più di un fratello lontano
(Proverbi 27:9-10).

Il primo testo mette in risalto la validità di un’amicizia per “tutte” le “situazioni” e per “tutte” le “circostanze”, nel senso che non è circoscritta o limitata a determinate cose, visto che il vero amico ama in ogni tempo.

Concepire un’amicizia priva di amore, è come se si volesse costruire una casa senza fondamenta. Il fondamento è una struttura portante che serve per sostenere il peso dell’intero edificio.

Nello stesso modo l’amore, oltre ad essere un sentimento, sotto l’aspetto della vita pratica, può essere anche paragonato a una struttura portante, da servire per sostenere il peso di tutto quello che si incontra nella vita di ogni giorno e si manifesta l’uno verso l’altro.

Questo modo di parlare non si addice solamente per ciò che riguarda l’unione matrimoniale, tra un uomo e una donna (per noi, e in base a quello che insegna la Bibbia, la Parola di Dio, il matrimonio non è altro che l’unione, non semplicemente oggettivo, ma fisico, di un uomo e di una donna), e non di due uomini o di due donne, (come recentemente alcuni governi hanno stabilito, legalizzando per legge il “matrimonio degli omosessuali”), si adatta anche, nel senso più largo, alle buone relazioni tra due persone.

Quando parliamo di buone relazioni, intendiamo riferirci ad un legame di simpatia e di rispetto reciproco, senza connetterlo con la posizione sociale, al colore della pelle, alla cultura, al sesso, maschio o femmina, o altro.

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12/01/2012 00:03

Se una buona amicizia dipendesse dalla condizione sociale, sarebbe difficile una convivenza tra un ricco e un povero, tra un bianco e un negro, tra una persona colta e un semeanalfabeta, tra un uomo e una donna; ognuno andrebbe sicuramente in cerca del proprio simile. Mentre se c’è l’amore come legame che unisce due individui, a parte che il discorso è tutto un’altro, ben altra è la sua stima.

Davide e Gionatan erano due esseri differenti, per ciò che riguardava la posizione sociale: il primo era figlio di un povero Betlemita, il secondo, figlio di un regnante, quindi candidato al trono. Nonostante ciò, si erano legati con una vera amicizia, perché il legame che li univa era l’amore.

Ecco perché Gionatan si comportava con Davide meglio di un fratello, nei vari bisogni della sua vita di quest’ultimo. Il secondo testo sottolinea la differenza che esiste, tra un fratello, secondo la carne, e un amico che si affezioni più di un fratello carnale.

Gionatan con Davide era uno di questi casi; ecco perché quando Saul metteva Davide alle strette, Gionatan gli stava vicino, aiutandolo ed incoraggiandolo.

Il terzo detto di Salomone, mette in risalto il valore di un consiglio che viene dato ad un amico. Gionatan lo fece diverse volte con Davide, quando lo consigliava in maniera cordiale.

Infine, il quarto testo biblico, ricorda che una persona, con la caratteristica di un “amico”, vale più di un fratello lontano, per il semplice fatto, che il fratello lontano ti può abbandonare facilmente quando incontri una difficoltà o il pericolo; mentre l’amico vicino lo hai a portata di mano, e quando ti rivolgi a lui, ti saprà stendere la sua mano.

Anche in questo, Gionatan per Davide, fu un esempio mirabile. Da queste persone dobbiamo imparare come comportarci e vivere dal punto di vista pratico con gli altri, e non avere solamente nozioni teoriche nella nostra mente!

) Dall’impegno che si prende


Gli impegni che Davide e Gionatan presero, l’uno verso l’altro, li suggellarono con un giuramento nel nome del Signore. Questo significa che il loro impegno li vincolava, non per un certo numero di giorni, ma per tutta la loro vita.
Ma il bello di questo loro impegno consiste nel fatto che la fedele e la leale amicizia, non la limitarono solamente al tempo della loro vita, ma la estesero anche alla loro discendenza.

Cosa che Davide, in modo particolare rispettò, visto che Gionatan morì molto tempo prima di lui (2 Samuele 9).
Un impegno preso e non rispettato, non ha alcun valore, né davanti agli uomini, né davanti a Dio, anche se ha a che fare, con grandi programmi e ambiziose realizzazioni.

3) Da certe trovate che si escogitano e le conseguenze che causano

Certe trovate che si fanno, come quelle che inventò Davide, quando raccontò al sacerdote Achimelec, storie inesistenti per farsi credere che gli stava dicendo la verità, per ottenere quello che voleva, non sono da imitare.
Il credente, in modo particolare, deve tenere costantemente presente che certe verità bibliche, hanno la loro fondamentale importanza, quando si traducono nella vita pratica di ogni giorno.

Dire sempre la verità e tenere lontano la menzogna, ha il pregio di non farsi considerare bugiardo, quando si dice la verità, o veritiero quando si dice la menzogna.

L’affermzione di Gesù: la verità vi farà liberi (Giovanni 8:34), anche se nel contesto non si riferisce al modo di parlare, ma alla Sua dottrina, può essere applicata benissimo anche al nostro linguaggio. Proverbio: Le bugie hanno le gambe corte, mentre la verità viene sempre a galla.

4) Dalla correttezza del comportamento davanti agli altri

Apparire diverso di quello che effettivamente si è, rappresenta una forma d'ipocrisia a tutti gli effetti. Essere un ipocrita, significa avere solo una bell'apparenza, mentre in realtà si è tutt’altro.

Davide, davanti al re Achis, comportandosi come un pazzo, tracciando dei segni sui battenti delle porte e lasciandosi scorrere la saliva sulla barba, compì un’azione di un vero ipocrita.

L’ipocrisia, sotto qualsiasi aspetto la consideriamo, non è mai raccomandabile, ma solamente da ripudiare e condannare severamente.

Un’ipocrita in una comunità, a parte di essere il peggiore nemico, può essere paragonato ad una mosca morta, che guasta il pregio di un olio profumato (Ecclesiate 10:1).

Se poi si tengono presenti i tanti guai a voi, scribi e farisei ipocriti (Matteo 23), che Gesù pronunciò all’indirizzo dei religiosi di quel tempo, si può capire che il Signore non lodò mai l’ipocrisia, ma la condannò sempre senza mezzi termini.

PS: Se al termine del capitolo 7 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura

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[Modificato da Domenico34 12/01/2012 00:04]
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Capitolo 8




ALTRI EPISODI DELLA VITA RAMINGA DI DAVIDE



Davide nella spelonca di Adullam

Davide partì di là e si rifugiò nella spelonca di Adullam. Quando i suoi fratelli e tutta la famiglia di suo padre lo seppero, scesero là per unirsi a lui.
Tutti quelli che erano in difficoltà, che avevano debiti o che erano scontenti, si radunarono presso di lui ed egli divenne loro capo. Così ebbe con sé circa quattrocento uomini.
Di là Davide andò a Mispa di Moab e disse al re di Moab: «Permetti che mio padre e mia madre vengano a stare da voi, fino a quando io sappia quello che Dio farà di me».
Egli dunque li condusse davanti al re di Moab ed essi rimasero con lui tutto il tempo che Davide fu nella sua fortezza.
Il profeta Gad disse a Davide:«Non stare più in questa fortezza; parti e va’ nel paese di Giuda». Davide allora partì, e giunse nella foresta di Cheret
(22:1-5).

Congedatosi dal re Achis, poiché non gli era consentito di rimanere con i Filistei, Davide partì di là e si rifugiò nella spelonca di Adullam. In questo tempo di girovagare, egli si muove sempre in cerca di rifugio, per sottrarsi alla cattura da parte di Saul.

Trovandosi in questa spelonca, Davide compose il Salmo 142, (che poi era una preghiera che rivolse al suo Dio) in cui descrive esattamente lo stato morale e fisico in cui si trova.

Facilmente questo Salmo, Davide lo compose quando era solo, prima che la sua famiglia lo raggiungesse e che si associassero a lui, i quattrocento uomini, di cui parla il testo. Nelle parole del Salmo, possiamo leggere i sentimenti e le preoccupazioni che assillano Davide.

Trovandosi solo e non avendo altri con lui, si sfoga davanti al suo Dio, e con lacrime, descrive, non solo lo stato persecutorio in cui si trova, ma anche il suo stato d’animo di scoraggiamento e di abbattimento.

Cantico di Davide, quand’era nella spelonca. Preghiera. Io grido con la mia voce al SIGNORE; con la mia voce supplico il SIGNORE.
Sfogo il mio pianto davanti a lui, espongo davanti a lui la mia tribolazione.
Quando lo spirito mio è abbattuto in me, tu conosci il mio sentiero. Sulla via per la quale io cammino, essi hanno teso un laccio per me.
Guarda alla mia destra e vedi; non c’è nessuno che mi riconosca. Ogni rifugio mi è venuto a mancare; nessuno si prende cura dell’anima mia.
Io grido a te, o SIGNORE. Io dico: «Tu sei il mio rifugio, la mia parte nella terra dei viventi».
Sii attento al mio grido, perché sono ridotto agli estremi. Liberami dai miei persecutori, perché sono più forti di me.
Libera l’anima mia dalla prigione, perché io celebri il tuo nome. I giusti trionferanno con me, perché m’avrai colmato di beni
(Salmo 142:1-7).

Questo Salmo si può sintetizzare nel seguente modo:

1) Il grido di Davide

Notiamo per prima cosa che Davide grida con la sua voce al Suo Dio e si sfoga davanti a lui. Nella sua solitudine, può dare corso alla sua angoscia e alla sua tribolazione, esponendole al suo Signore, certo che Egli verrà in soccorso al suo bisogno.

Quando veramente la persona si apre davanti a Dio, è difficile che il Signore rimanga sordo e indifferente.

La promessa contenuta nel Salmo 50:15 invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai», è vera ed è anche valida per tutte le situazioni e per ogni tempo.

Dio non è venuto mai meno in ciò che Egli dice nella Sua Parola, e tutti potranno constatarne la sua veracità, poiché appunto la Parola del SIGNORE, è stabile nei cieli (Salmo 119:89).

Lo spirito di Davide era abbattuto per il perdurare dello stato persecutorio e anche per il fatto che le persone care a lui, come Gionatan e Samuele, non erano vicini a lui poiché con le loro parole, lo potrebbero risollevare dal suo abbattimento.

2) La sua solitudine

Davide si rende conto che alla sua desta non c’è nessuno. Queste parole rappresentano la prova che quando egli elevò la sua preghiera a Dio, non c’èra nessuno nella caverna con lui.

È molto importante che in questa particolare condizione, Davide rivolga il suo sguardo al Signore.

Se egli avesse conosciuto le parole di Gesù: Io sono con voi tutti i giorni (Matteo 28:20), non avrebbe detto che alla sua destra non c’e nessuno; avrebbe certamente preso fiato e non si sarebbe considerato come un passero solitario (Salmo 102:7), ma in compagnia col suo Dio.

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3) Davide è agli estremi

Questo significa, (per usare un’espressione figurativa) che Davide si trova con le spalle al muro. Ecco perché non riesce ad intravedere una via di scampo per la sua vita; ogni rifugio gli è venuto a mancare.

Quando una persona si trova con le spalle al muro, in pratica significa che non sa dove deve andare e cosa fare. Questa condizione di estrema difficoltà, porta il credente, in modo particolare, ad abbandonarsi completamente nelle mani del Signore ed avere piena fiducia in Lui.

Davide nella sua estrema difficoltà, non solo riconosce che ogni rifugio gli è venuto a mancare; che nessuno si prende cura dell’anima sua; egli ora può dire: tu sei il mio rifugio, la mia parte nella terra dei viventi. Infine, chiude la sua preghiera chiedendo al Signore di essere liberato dalla sua prigione, perché possa celebrare il Suo nome.

La risposta di Dio

Chi comunicò alla casa di Davide che egli si trovava nella spelonca di Adullam, non ci viene dato di sapere. Però, quando lo vengono a sapere, si affrettano di andarlo a trovare.

Per Davide che non aspettava la visita dei suoi genitori e dei suoi fratelli, quando li vide arrivare presso di sé nella spelonca, sicuramente sarà stato motivo di gioia, di rianimazione e di coraggio.

Nello stato attuale, non può dire di essere stato abbandonato dai suoi genitori (Salmo 27:10), come qualcuno erroneamente a ventilato, perché li ha vicini a lui nella spelonca, anche se più tardi saranno sistemati presso il re di Moab (22:3-4).

Come se tutto si fosse concluso con l’arrivo dei suoi genitori e dei suoi fratelli, vennero a trovare Davide, per arruolarsi con lui, un bel numero di persone: esattamente quattrocento uomini. Tra costoro, la Scrittura precisa che, vi erano di quelli che si trovavano in difficoltà; altri che avevano debiti, ed infine, quelli che erano scontenti. Davide divenne loro capo, sicuramente dietro il loro consenso.

Ma se consideriamo le caratteristiche di queste persone, possiamo con ragione chiederci: che aiuto avrebbero potuto dare a Davide, questi uomini, quando loro stessi ne avevano bisogno?

La difficoltà di Davide consisteva nel fatto di trovarsi sotto la stretta persecutoria di Saul, che non lo lasciava in pace. Ma tra i nuovi arrivati, c’erano di quelli che erano in difficoltà. Di che cosa si trattasse, la Bibbia non lo specifica.

Era forse in relazione ai debiti che avevano contratto, e poi successivamente non si trovavano nelle possibilità di fare fronte ai loro impegni?

Non possiamo affermarlo, ma neanche si può escluderlo. Ammesso che la loro difficoltà consistesse in questo, che aiuto poteva dare Davide a loro?
Egli viveva come ramingo; non aveva risorse economiche, e viveva alla giornata. Cosa avrebbe potuto fare Davide per questi esseri umani?
Se poi pensiamo agli scontenti, che cosa avevano incontrato nella loro vita per essere delusi e ridotti in quello stato?

Non è facile rispondere a questi interrogativi, dal momento che non conosciamo la storia della loro vita!

Qualunque siano stati i motivi di questi quattrocento uomini che andarono a trovare Davide nella spelonca di Adullan e che decisero di unirsi a lui, l’unica cosa di cui egli poteva beneficiare, era la loro presenza.

Prima Davide era solo, e non poteva comunicare con nessuno, ora invece ha presso di sé la compagnia di tanti uomini, con i quali comunicare e raccontare la storia della sua vita, e le diverse vicissitudini che ha incontrato nel corso degli anni. Queste storie che Davide potrebbe aver raccontato a quegli uomini, in difficoltà, indebitati e scontenti, potranno cambiare la loro condizione?

Tutto rimane sospeso nel buio e nell’incertezza, se Davide si fosse limitato a raccontare solamente le prove che ha incontrato, le distrette che gli sono piombate addosso, l’incertezza della sua vita e la mancanza di sicurezza per il suo domani.

Se egli invece ha raccontato pure (come noi pensiamo) gli interventi di Dio a suo favore, come è stato liberato più di una volta dalla morte, e la fiducia che ha nel suo Signore, queste cose sì, che possono aprire un nuovo orizzonte, fare spuntare un astro brillante, per illuminare il sentiero tenebroso e possono imprimere decisive svolte nella vita, soprattuto pensando al potere di Dio a disposizione di coloro che si rivolgono a Lui.

Ogni qualvolta che Davide parlava con gli scontenti, e raccontava loro quel che il suo Dio aveva fatto per lui, sicuramente avrà concluso: quello che il mio Signore ha fatto per me, lo potrà fare anche per voi.

Nel dire queste cose, recava conforto ai suoi uomini, e li incoraggiava a guardare con fiducia verso l’avvenire; ma nello stesso tempo, l’incoraggiamento e la speranza che infondeva negli altri, servivano a beneficiare la sua stessa vita, poiché il messaggio indirizzato agli altri, prima che arrivasse a destinazione, portava sollievo e conforto anche a lui, in quanto che le parole uscivano dalla sua bocca.

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Quindi, Davide che si trovava in uno stato di gran bisogno e di avere sicurezza per la sua vita, comunicando con gli uomini che si erano uniti a lui, ricavava dalla loro compagnia, quella serenità che gli permetteva di guardare avanti e continuare ad avere fiducia nel suo Dio.

Essere a capo di persone in difficoltà, indebitate e scontente, non era certamente qualcosa di cui Davide aveva pensato o desiderato conseguire.

Se invece quei quattrocento uomini fossero stati tutti valorosi combattenti, forti e determinati a non cedere a tutti gli attacchi sferrati da persone avverse, (come era Saul contro Davide), il discorso sarebbe stato un altro, come anche la valutazione dal punto di vista umano.

Dio, il Sovrano, Colui che ha tutto sotto controllo, che guarda e protegge la vita di Davide, permise che quei quattrocento uomini (che non valevano niente umanamente parlando) andassero a finire sotto il comando del suo servitore, così che egli, guidandoli, proteggendoli nei momenti difficili, incoraggiandoli e sostenendoli nei periodi turbolenti, imparasse lui stesso a ricevere quello che dava agli altri.
Il detto di Gesù è vero ed è anche di attualità: date e vi sarà dato (Luca 6:38).

RIFLESSIONI SULLA VITA DI DAVIDE


Quello che abbiamo detto sulla condizione in cui venne a trovarsi Davide, quando si rifugiò nella spelonca di Adullam, specialmente tenendo presente il Salmo 142, ci fornisce materia di riflessione su due specifici argomenti:
1) Nessun amico;
2) sentirsi soli.

Riportiamo qui di seguito alcuni testi biblici, che ci aiuteranno in questa riflessione

1) Nessun amico

A causa dei miei nemici sono diventato obbrobrio, un grande obbrobrio per i miei vicini, e uno spavento per i miei conoscenti. Chi mi vede fuori fugge via da me (Salmo 31:11).

Amici e compagni stanno lontani dalla mia piaga, i miei stessi parenti si fermano a distanza (Salmo 38:11).

Sono un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre (Salmo 69:8). (Anche se questo testo è messianico, non esclude che Davide lo applichi alla sua vita).

Hai allontanato da me amici e conoscenti; le tenebre sono la mia compagnia (Salmo 88:18).

Tutti i fratelli del povero l’odiano; quanto più gli amici suoi si allontaneranno da lui! Egli li supplica con parole, ma già sono scomparsi (Proverbi 19:7).

Infatti, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senz’avere un altro che lo rialzi! (Ecclesiaste 4:10).

Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono (Marco 14:50).

Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava (Luca 15:16).

L’infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l’acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me» (Giovanni 5:7).

2) sentirsi soli

Egli rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il SIGNORE, per il Dio degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita» (1 Re 19:10).

Veglio e sono come il passero solitario sul tetto (Salmo 102:7).

Cerca di venir presto da me, perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n’è andato a Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia (2 Timoteo 4:9-10).

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