Domenico34 – Fare del bene per amore di qualcuno – Sommario, Presentazione, Introduzione. Capitoli 1-10.

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Domenico34
00venerdì 16 dicembre 2011 00:23


FARE DEL BENE PER AMORE DI UALCUNO




INDICE DEL VOLUME



Presentazione 15
Introduzione 17

PRIMA PARTE 20

CAPITOLO 1 21

LE CARATTERISTICHE DI SAUL 21
Dati numerici 22
Caratteristiche di Saul 22
1) La giovinezza e la bellezza di Saul 22
Una convocazione particolare a Mispa 25
2) L’apparente umiltà di Saul 26
3) Il ruolo di sacerdote che Saul assunse 28
4) La disubbidienza di Saul 29
5) L’odio geloso di Saul per Davide 30
6) La superstizione che Saul seguì nel consultare
una medium 31
Una riflessione sull’ubbidienza 32

CAPITOLO 2 39

LE CARATTERISTICHE DI DAVIDE 39
Nota numerica 39
La vita di Davide 41

CAPITOLO 3 43

LA GIOVINEZZA DI DAVIDE TRASCORSA A BETLEMME DI GIUDA 43
Il messaggio divino, per ciò che riguarda Saul 46
Il messaggio divino riguardante Davide 52
Una riflessione sulla scelta di Davide 56
1) L’azione dell’uomo 58
2) L'AZIONE DI DIO 60

CAPITOLO 4 63

DAVIDE AL SERVIZIO DI SAUL E BATTAGLIA CONTRO GOLIAT, IL ILISTEO 63
La disponibilità di Davide all’ubbidienza 66
La sfida di Goliat 71
Il confronto tra Davide e Goliat 75
Una particolare riflessione 87
La guerra con i Filistei 78
L’arroganza di Goliat 80
La determinazione di Davide 83

CAPITOLO 5 87

DAVIDE, L’EROE FUGIASCO 87
L’amicizia di Gionatan per Davide 88
Una buona lezione da imparare 89
Saul tenta di uccidere Davide 92
Davide genero di Saul 97
Riflessione per impare qualcosa di utile per la nostra vita 100

CAPITOLO 6 107

COMINCIA LA VITA RAMINGA PER DAVIDE 107
Un nuovo attentato per la vita di Davide 107
Saul ritorna alla carica 112
Davide va da Samuele a Rama 115
Riflessione sugli interventi insoliti di Dio 119

CAPITOLO 7 127

PATTO FRA DAVIDE E GIONATAN – FUGA A NOB E A GAT 127
Davide va a trovare Gionatan 127
Patto tra Davide e Gionatan 134
Davide va a Nob, dal sacerdote Achimelec 138
Davide si reca a Gat 141
Utili insegnamenti che possiamo imparare 144
1) Dall’amicizia di Gionatan 144
2) Dall’impegno che si prende 148
3) Da certe trovate che si escogitano e le conseguenze che causano 149
4) Dalla correttezza del comportamento davanti agli altri 150

CAPITOLO 8 151

ALTRI EPISODI DELLA VITA RAMINGA DI DAVIDE 151
Davide nella spelonca di Adullam 151
1) Il grido di Davide 154
2) La sua solitudine 155
3) Davide è agli estremi 155
La risposta di Dio 156
Riflessioni sulla vita di Davide 161
1) NESSUN AMICO 161
2) sentirsi soli 163

CAPITOLO 9 165

IL GIROVAGARE DI DAVIDE 165
1.Davide salva Cheila dai Filistei 165
Davide consulta Dio 165
La risposta del Signore 169
Saul informato che Davide si trova a Cheila 170
Davide consulta Dio per una situazione particolare 172
Riflessioni su alcune cose 174
2. Davide nel deserto di Zif 178
Una gradita visita 182
La trama degli Zifei 183

CAPITOLO 10 187

DIVIDE RISPARMIA LA VITA DI SAUL 187
Saul alla carica per catturare Davide 190
Davide taglia il lembo del mantello di Saul 192
La dimostrazione che Davide è l’uomo che fa il bene 196
Buone lezioni da imparare 198

CAPITOLO 11 203

DAVIDE RISPARMIA SAUL UNA SECONDA VOLTA 203
Nota preliminare sul contegno di Saul 207
Gli Zifei patteggiano di nuovo con Saul 209
L’azione di Saul 210
L’azione preventiva di Davide 211
Quello che Dio compie 212
La prova che Davide fornì in quella circostanza 214
Riflessioni utili 215

CAPITOLO 12 219

DAVIDE SI STABILISCE FRA I FILISTEI 219
Nota chiarificatrice 221
Davide con i suoi uomini cerca asilo presso i Filistei 227
Gli Amalechiti saccheggiarono e incendiarono Siclag 228
Il recupero di tutto 231
Riflessione su Davide che va dai Filistei 232

CAPITOLO 13 239

SAUL CONSULTA LA MEDIUM DI EN-DOR 239
Nota preliminare 242
Saul davanti ad un doppio problema 243
Il comportamento di Saul 248
Le due interpretazioni 253

CAPITOLO 14 273

LA MORTE DI SAUL E IL CORDOGLIO DI DAVIDE 273
Descrizione della morte di Saul 275
Riepilogo della vita di Saul 278
1) Il cordoglio di Davide per la morte di Saul 281
2) Elegia di Davide per la morte di Saul e di Gionatan 285
Riflessioni su tutto il capitolo 287
1. Preghiere che non vengono esaudite da Dio 287
2. La stregoneria 289
3. Penalità per la disubbidienza 291

SECONDA PARTE 295

CAPITOLO 15 297

DAVIDE, RE DI GIUDA 297
Si apre una nuova era per Davide 297
Davide consulta il Signore, per ricevere direttive 298
Davide unto come re dagli uomini di Giuda 300
Eventi particolari mentre Davide regna su Giuda 303
Riflessioni 308

CAPITOLO 16 311

DAVIDE RICONOSCIUTO COME RE DA TUTTE LE TRIBÙ D’ISRAELE 311
Davide unto come re d’Israele 313
L’alleanza che Davide fece con gli anziani d’Israele 318
Davide conquista Gerusalemme e fissa la sua residenza a Sion 320
Riflessioni 323

CAPITOLO 17 331

VITTORIE DI DAVIDE SUI FILISTEI 331
La mossa dei Filistei 332
Davide consulta il Signore 333
Utili insegnamenti da imparare dall’attitudine di Davide 335

CAPITOLO 18 341

DAVIDE FA TRASPORTARE L’ARCA IN GERUSALEMME 341
L’iniziativa di Davide 343
Meditare sull’evento di trasportare l’arca del Signore 344
Una lezione da imparare 347
L’epilogo della vicenda 350
Davide decide di prendere l’arca dalla casa di Obed-Edom 351
La lezione che Davide ha imparato 356
L’atteggiamento di Davide 357
Significato del saltare e danzare davanti a Dio 361

CAPITOLO 19 373

FARE DEL BENE PER AMORE DI QUALCUNO 373
Nota preliminare 375
Davide vuole fare del bene a qualcuno della casa di Saul 376
Perché Davide vuole fare del bene alla casa di Saul 378
Davide benefica il figlio di Gionatan 379
Applicazioni per la vita pratica 379
1. L’ESEMPIO DI DAVIDE 382
2. L’INSEGNAMENTO DI GESÙ 383
3. L’INSEGNAMENTO DELL’APOSTOLO PAOLO 387

CAPITOLO 20 391

DAVIDE TIPO DI CRISTO E SUO PROFETA 391
Davide tipo di Cristo 391
Davide profeta del Cristo 396
Davide quale profeta predice vari avvenimenti 401
1) Giuda Iscariot, il traditore di Gesù: Siano pochi 401
2) Il tumulto delle nazioni 402
3) La beatitudine dell’uomo al quale Dio mette in conto di giustizia 402
4) La cecità spirituale d’Israele 403
5) L’invito ad udire la voce del Signore e a non indurire il cuore 403

CONCLUSIONE 406

La persona di Saul 406
La persona di Saul 409

BIBLIOGRAFIA 413


PRESENTAZIONE



Il pregio di quest’opera non è tanto quello di aver raggruppato i pensieri storici quanto quello di applicare nella vita pratica del credente quanto si può trarre dall’insegnamento della Parola di Dio.

In questo, direi che il Pastore Domenico Barbera è maestro e in ogni sua opera ha manifestato questa sua “caratteristica”.

[/DIM=13pt]FARE DEL BENE PER AMORE DI QUALCUNO

Questa espressione m’invita a considerare l’amore di Dio verso di noi, poiché Egli, per il primo ci ha fatto del bene nell’aver inviato su questa terra il Suo unigenito Figlio: Gesù Cristo, per liberarci dal nostro peccato e darci così la vita eterna.

Gesù Cristo, non solo è venuto per questo scopo, ma durante il suo ministero terreno ha fatto del bene a tutti quelli che si sono rivolti a Lui, per amore che Egli aveva per le anime.

Vero è che il soggetto centrale di questo libro non tratta questo argomento, però lo si scorge come in filigrana.

Qui abbiamo due uomini a confronto, Uno è dominato dalla cancrena dell’odio, l’altro è pervaso dall’amore. Alla fine, l’amore sarà vittorioso, e si manifesterà ancora anche quando colui che personificava l’odio sarà sepolto.

Si tratta di Saul e di Davide. Davide manifesterà il suo amore nei confronti di Mefiboset, l’unico superstite della casa di Saul, al quale, per amore di Gionatan, Davide farà del bene, invitandolo alla sua mensa e trattandolo come “figlio di re”.

Questo libro stimola ogni lettore (particolarmente i credenti) a fare del bene, a vincere il male con il bene, perché questa è la volontà di Dio (Romani 12:21 + 1 Pietro 2:15).

Nino Tirelli


]INTRODUZIONE



Il tema di questo libro: “Fare del bene per amore di qualcuno”, è stato ispirato dalle parole: «C’è ancora qualcuno della casa di Saul, al quale possa fare del bene per amore di Gionatan?» (2 Samuele 9:1).

Le parole di Davide rappresentano un progetto in favore della casa di Saul, nato nella mente del re e comunicato a qualcuno.

Che questa iniziativa fosse sincera e mirasse a realizzarla, viene provata dal fatto che quando Davide ha avuto davanti a sé Mefiboset, figlio di Gionatan, non ha perso tempo a dirgli: «Non temere, perché io non mancherò di trattarti con bontà per amore di Gionatan tuo padre, ti restituirò tutte le terre di Saul tuo nonno e tu mangerai sempre alla mia mensa» (2 Samuele 9:7).

L’azione che Davide compì, nel restituire a Mefiboset, le terre che appartenevano a Saul suo nonno e a farlo mangiare alla sua mensa, come uno dei figli del re (v.11), non è stata solo stupenda, (sotto l’aspetto umano, vista la menomazione fisica che Mefiboset aveva: zoppo di entrambi i piedi (v.13), ma è stata anche molto significativa, (dal punto di vista spirituale) pensando sopratutto ai tanti mali che la casa di Saul, aveva procurato a Davide.

Nel corso dello svolgimento del nostro tema, passeremo in rassegna i tanti passaggi biblici che parlano di Saul e di Davide. Questo, naturalmente, allo scopo di capire l’atteggiamento e l’agire di Saul nei confronti di Davide e viceversa, di Davide, nei confronti di Saul.

Coglieremo anche tutte le opportunità, che si presenteranno nel nostro cammino di ricerca e di meditazione, coerentemente con una equilibrata esegesi del testo biblico, di fare quelle riflessioni spirituali che ci permetteranno di valutare il modo di agire dei due protagonisti: Saul e Davide, sotto l’aspetto della vita e della dottrina cristiana, in modo particolare.

Ovviamente, questo lo faremo, confrontando il tutto con l’insegnamento del N.T., in modo particolare. Il testo biblico che adopereremo, sarà quello della N. Riveduta, e, quando riterremo opportuno rifarci ad altre traduzioni, non mancheremo di indicarle chiaramente.

Il migliore augurio di cuore che formuliamo a quanti avranno tra le mani questo nostro lavoro, è che ognuno sappia trarre il maggiore profitto possibile per la sua vita spirituale e serva anche come sprone per approfondire maggiormente l’argomento in questione.

Un sentito ringraziamento va al caro fratello Nino Tirelli per la meticolosa opera di revisione che ha condotto del presente lavoro.

Domenico Barbera

Niagara Falls, gennaio 2006

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00domenica 18 dicembre 2011 01:19
PRIMA PARTE




Capitolo 1



LE CARATTERISTICHE DI SAUL




Lo scopo di questo primo capitolo è delineare le caratteristiche principali che aveva Saul, prima che diventasse re d’Israele e durante tutto l’arco del suo regno.

Su di esse soprattutto concentreremo maggiormente la nostra attenzione, senza tralasciare i necessari approfondimenti che faremo, in base ai testi biblici che prenderemo in esame, per poi inquadrare il tutto, secondo una prospettiva cristiana, per giudicare se quello che egli fece, il comportamento che assunse nei confronti di Davide, in modo particolare, possa essere trasferito nella vita pratica, con benevolo assenso, o se piuttosto debba essere respinto, perché non conforme, allo spirito e all’insegnamento cristiano.

In vista di questa prospettiva e perseguendo questa finalità, il personaggio in questione, cioè Saul, potrà suggerirci se, apprezzare il sentiero che ha percorso, o piuttosto biasimarlo.

Dati numerici

Il nome di Saul, figlio di Chis, nella Bibbia, è menzionato 411 volte, così suddiviso: 370 volte si trovano nel primo e secondo libro di Samuele; 34 volte nel primo libro delle Cronache; una volta in Isaia; una volta nel libro degli Atti degli Apostoli; e 5 volte nei Salmi. Come si vede, il maggior numero di occorrenze, si trova nei due libri di Samuele. Il significato etimologico è: domandato (a Dio).

Caratteristiche di Saul

1) La giovinezza e la bellezza di Saul

La prima caratteristica che il testo biblico ci fornisce di Saul (oltre a specificare che era un Beniaminita), è che era giovane e bello; tra i figli d’Israele non ce n’era uno più bello di lui; era più alto di tutta la gente, dalle spalle in su (1 Samuele 9:2).

La gioventù, la bellezza e la statura, erano le caratteristiche prettamente somatiche di Saul, ma non dicono niente della sua forza, della sua prodezza, della sua intelligenza o della sua bontà, caratteristiche queste che non hanno niente a che vedere con l’aspetto esteriore di una persona.

Infatti, uno può essere “giovane” per quanto riguarda la sua età, ed avere idee e tendenze di quelli che hanno molti anni sulle loro spalle; o viceversa essere un “anziano” con molti anni, ed avere atteggiamenti di un “giovane”.

La “bellezza”, che generalmente attira lo sguardo e l’attenzione dell’occhio, può essere anche “vana” (Proverbi 31:30), cioè senza valore, dal punto di vista di Dio, in modo particolare.

Ecco perché il Signore non la considera nella maniera come fa l’uomo, ma bensì Egli guarda al cuore (1 Samuele 16:7).

Per ciò che riguarda la “statura”, non sempre è sinonimo di forza, coraggio e fierezza.

Quanti anni aveva Saul quando suo padre Chis, lo mandò a cercare le asine che si erano smarrite, non possiamo dirlo; qualcuno pensa che probabilmente aveva 35 anni.

Però, questo dato, non concorda con 1 Samuele 13:1 che afferma che quando Saul cominciò a regnare, aveva trent’anni.

Prima che Saul fosse arrivato da Samuele, il Signore aveva avvertito il profeta dell’arrivo di un uomo proveniente dal paese di Beniamino, al quale avrebbe dovuto comunicare un messaggio da parte di Dio.

«Domani, a quest’ora, ti manderò un uomo del paese di Beniamino e tu l’ungerai come capo del mio popolo, Israele. Egli salverà il mio popolo dalle mani dei Filistei; infatti io ho rivolto il mio sguardo verso il mio popolo, perché il suo grido è giunto fino a me» (1 Samuele 9:16).

Dopo che Samuele gli comunicò il messaggio divino e lo unse d’olio per diventare re d’Israele, nel rimandarlo a casa, gli ordinò di scendere a Ghilgal prima di lui e di aspettarlo lì sette giorni, per poi offrire al Signore olocausti e sacrifici di riconoscenza e per fargli sapere quello che avrebbe dovuto fare (1 Samuele 10:8).

Una convocazione particolare a Mispa

Poi Samuele convocò il popolo davanti al SIGNORE a Mispa
e disse ai figli d’Israele: «Così dice il SIGNORE, il Dio d’Israele: “Io feci salire Israele dall’Egitto e vi liberai dalle mani degli Egiziani e dalle mani di tutti i regni che vi opprimevano”.
Ma oggi voi respingete il vostro Dio che vi salvò da tutti i vostri mali e da tutte le vostre angosce, e gli dite: “Stabilisci su di noi un re!” Dunque presentatevi davanti al SIGNORE per tribù e per migliaia».
Poi Samuele fece accostare tutte le tribù d’Israele e la tribù di Beniamino fu designata dalla sorte.
Fece quindi accostare la tribù di Beniamino secondo le sue famiglie e la famiglia di Matri fu designata dalla sorte. Poi fu designato Saul, figlio di Chis; e lo cercarono, ma senza riuscire a trovarlo.
Allora consultarono di nuovo il SIGNORE: «Quell’uomo è già venuto qua?» Il SIGNORE rispose: «Guardate, si è nascosto fra i bagagli».
Corsero a farlo uscire di là; e quando egli si presentò in mezzo al popolo, era più alto di tutta la gente, dalle spalle in su.
Samuele disse a tutto il popolo: «Vedete colui che il SIGNORE si è scelto? Non c’è nessuno come lui in tutto il popolo». Tutto il popolo mandò grida di gioia esclamando: «Viva il re!»
Allora Samuele espose al popolo la legge del regno e la scrisse in un libro, che depose davanti al SIGNORE. Poi Samuele rimandò tutto il popolo, ciascuno a casa sua.
Anche Saul andò a casa sua a Ghibea e con lui andarono gli uomini valorosi a cui Dio aveva toccato il cuore
(! Samuele 10:17-26).

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00lunedì 19 dicembre 2011 00:02
2) L’apparente umiltà di Saul

Dal momento che Saul è stato informato da Samuele che il Signore lo aveva scelto per regnare sopra il popolo d’Israele, quel suo “nascondersi tra i bagagli”, non era certamente una prova della sua “umiltà”, ma rappresentava orgoglio camuffato con la veste di agnello.
Che Saul non sia stato una persona umile durante il tempo che regnò sopra
Israele, lo dimostrano i tanti episodi riferiti dalle Scritture. Tra i tanti testi che si possono citare, ne scegliamo uno, cioè (1 Samuele 13:5-14).

I Filistei si radunarono per combattere contro Israele; avevano trentamila carri, seimila cavalieri e gente numerosa come la sabbia che è sulla riva del mare. Salirono dunque e si accamparono a Micmas, ad oriente di Bet-Aven.
Gli Israeliti, vedendosi ridotti a mal partito, perché il popolo era messo alle strette, si nascosero nelle caverne, nelle macchie, tra le rocce, nelle buche e nelle cisterne.
Ci furono degli Ebrei che passarono il Giordano, per andare nel paese di Gad e di Galaad. Quanto a Saul egli era ancora a Ghilgal, e tutto il popolo che lo seguiva tremava.
Egli aspettò sette giorni, secondo il termine fissato da Samuele; ma Samuele non giungeva a Ghilgal e il popolo cominciò a disperdersi e ad abbandonarlo.
Allora Saul disse: «Portatemi l’olocausto e i sacrifici di riconoscenza»; e offrì l’olocausto.
Aveva appena finito di offrire l’olocausto, che arrivò Samuele; Saul gli uscì incontro per salutarlo.
Ma Samuele gli disse: «Che hai fatto?» Saul rispose: «Siccome vedevo che il popolo si disperdeva e mi abbandonava, che tu non giungevi nel giorno stabilito e che i Filistei erano radunati a Micmas, mi sono detto:
"Ora i Filistei mi piomberanno addosso a Ghilgal e io non ho ancora implorato il SIGNORE!" Così mi sono fatto forza e ho offerto l’olocausto».
Allora Samuele disse a Saul: «Tu hai agito stoltamente; non hai osservato il comandamento che il SIGNORE, il tuo Dio, ti aveva dato. Il SIGNORE avrebbe stabilito il tuo regno sopra Israele per sempre.
Ora invece il tuo regno non durerà. Il SIGNORE si è cercato un uomo secondo il suo cuore, e il SIGNORE l’ha destinato a essere principe del suo popolo, poiché tu non hai osservato quello che il SIGNORE t’aveva ordinato»
.

3) Il ruolo di sacerdote che Saul assunse

Il testo riportato è abbastanza chiaro: se Saul avesse avuto umiltà, si sarebbe comportato diversamente in quella circostanza.

Nel prendere il posto del sacerdote, nell’offrire a Dio l’olocausto, Saul dimostrò tutto il suo orgoglio e nello stesso tempo non si rese conto (perché i suoi occhi erano stati annebbiati), che stava trasgredendo un ordine divino.
La giustificazione che addusse dicendo che il popolo si stava allontanando da lui e che i Filistei gli sarebbero piombati addosso, non aveva nessuna coerenza col comando divino che aveva ricevuto.

Se egli avesse obbedito (di solito la disubbidienza è guidata e spinta dall’orgoglio), il suo regno avrebbe avuto stabiltà per sempre.

Ma siccome Saul non seppe apprezzare il valore di stare al suo posto e non occuparsi di quello che non gli era stato assegnato, secondo la parola che Dio gli aveva rivolta, con la sua insubordinazione impedì che il suo regno si perpetuasse.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00martedì 20 dicembre 2011 00:09
4) La disubbidienza di Saul

Quando poi più tardi il Signore gli ordinò di andare a distruggere gli Amalechiti, senza risparmiare niente, con la sua testardaggine a fare a modo suo, non esattamente come Dio gli aveva ordinato di fare, Saul dimostrò, ancora una volta, tutto il suo orgoglio, specialmente quando scaricò su gli altri, la responsabilità di non avere eseguito esattamente il comando del Signore.

In quella circostanza, infine, Saul, non solo si rese colpevole di disubbidienza a Dio, ma preferì l’onore degli uomini, anziché quello di Dio (cfr. 1 Samuele 15:1-28).

5) L’odio geloso di Saul per Davide

All’arrivo dell’esercito, quando Davide ritornava dopo aver ucciso il Filisteo, le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suono dei timpani e dei triangoli e alzando grida di gioia;
le donne, danzando, si rispondevano a vicenda e dicevano: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila».
Saul ne fu molto irritato; quelle parole gli dispiacquero e disse: «Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli manca altro che il regno!»
E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio
(1 Samuele 18:6-9).

6) La superstizione che Saul seguì nel consultare una medium

Quando Saul vide l’accampamento dei Filistei ebbe paura e il cuore gli tremò forte.
Saul consultò il SIGNORE, ma il SIGNORE non gli rispose né tramite sogni, né mediante l’urim, né per mezzo dei profeti.
Allora Saul disse ai suoi servitori: «Cercatemi una donna che sappia evocare gli spiriti e io andrò da lei a consultarla». I servitori gli dissero: «A En-Dor c’è una donna che evoca gli spiriti»
(1 Samuele 28:5-7).

Circa il comportamento che Saul dimostrò nei confronti di Davide durante la sua vita, ne riparleremo, quando prenderemo in esame i vari testi biblici.

Per quanto riguarda il regno di Saul, si può dire che fu il primo re d’Israele; conseguì diverse vittorie sui nemici del popolo d’Israele; venne in soccorso di Jabes di Galaad e li liberò dagli Ammoniti; inflisse pesanti perdite ai Filistei e regnò su Israele per quarant’anni (Atti 13:21).

UNA RIFLESSIONE SULL’UBBIDIENZA

L’ubbidienza a Dio e alla Sua Parola, è un punto fondamentale su cui bisogna riflettere seriamente.

Non si può pensare, come fa spesso l’uomo, che il Signore dice: “Meglio poco che niente”, per giustificare un atteggiamento discreto dell’essere umano nei confronti di Dio e della Sua parola.

Tale disposizione d’animo non può mai condurre ad un lodevole traguardo, pensando che il Signore dia la sua approvazione. Dio non si accontenta mai delle cosiddette “mezze misure”; Egli vuole tutto o niente.

Sotto la vita militare c’è una norma, in materia di ubbidienza, che si esprime nel seguente modo: l'ubbidienza di un inferiore nei confronti di un superiore, deve essere “pronta, rispettosa e assoluta”.

Se le autorità militari esigono una simile ubbidienza, è da stolti e da insensati pensare che Dio, che è di gran lunga superiore a tutte le gerarchie terrene, rinunzi ad un’ubbidienza piena, con il massimo rispetto per il suo Nome e della Sua Parola.

Se l’uomo non è disposto ad accettare e a comportarsi in questa maniera nei confronti del Signore, Egli avrà sempre da obbiettare quando Dio gli chiederà di fare qualcosa.

La storia di Saul, in questo punto della nostra riflessione, ci mostra l’errore fatale che questo re commise, credendo di aver portato a compimento la missione affidatagli dal suo Dio, mentre, in effetti, non era affatto vero.
Il metro per valutare, se la nostra ubbidienza risponde ai requisiti divini, non è sulla base della valutazione che noi facciamo, ma bensì su quel che Dio esige.

A volte noi crediamo che Dio non si accorge di quello che noi facciamo, come ci comportiamo, quello che diciamo, credendo di poterci sottrarre al Suo controllo, alla Sua onniscienza. È veramente da sciocchi pensare in questo modo!

Saul si comportò da persona incosciente e poco riverente, allorquando disse a Samuele: …Ho eseguito l’ordine del SIGNORE» (1 Samuele 15:13).
Siccome Saul aveva sconfitto gli Amalechiti da Avila fino a Sur, che sta di fronte all’Egitto (v. 7), credeva che la missione che gli era stata affidata l’avesse portata a compimento in pieno.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00mercoledì 21 dicembre 2011 00:05
Se egli però, avesse tenuto conto le precise parole che il Signore gli aveva dette: Ora va’, sconfiggi Amalec, vota allo sterminio tutto ciò che gli appartiene; non lo risparmiare, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini"» (v. 3), e, pensando soprattutto che era stato risparmiato Agag, il re degli Amalechiti e il meglio delle pecore, dei buoi, gli animali della seconda figliatura, gli agnelli e tutto quel che c’era di buono (v. 9) e se avesse avuto una “buona coscienza”, non si sarebbe sognato di esprimere quell’affermazione.

Quando poi, Samuele contestò dicendo: «Che cos’è dunque questo belar di pecore che mi giunge agli orecchi e questo muggire di buoi che sento?» (v.14), Saul scaricò la responsabilità dell’accaduto sopra il popolo, specificando che in fin dei conti quegli animali risparmiati sarebbero serviti per offrirli al Signore (v. 15).

In effetti, in quel momento, Saul aveva dimenticato la sua fattiva “partecipazione”: Saul e il popolo risparmiarono... (v. 9).

Davanti ad una simile persistenza, dando botta e risposta alle parole di Samuele, il profeta non poté fare a meno di comunicargli la parola del Signore.

Allora Samuele disse a Saul: «Basta! Io ti annunzierò quel che il SIGNORE mi ha detto stanotte». Saul gli disse: «Parla».
Samuele disse: «Non è forse vero che quando ti consideravi piccolo sei diventato capo delle tribù d’Israele, e il SIGNORE ti ha unto re d’Israele?
Il SIGNORE ti aveva affidato una missione, dicendo: "Va’, vota allo sterminio quei peccatori degli Amalechiti, e fa’ loro guerra finché siano sterminati".
Perché dunque non hai ubbidito alla voce del SIGNORE? Perché ti sei gettato sul bottino e hai fatto ciò che è male agli occhi del SIGNORE?»
Saul disse a Samuele: «Ma io ho ubbidito alla voce del SIGNORE, ho compiuto la missione che il SIGNORE mi aveva affidata, ho condotto qui Agag, re di Amalec, e ho votato allo sterminio gli Amalechiti;
ma il popolo ha preso, fra il bottino, delle pecore e dei buoi come primizie di ciò che doveva essere sterminato, per farne dei sacrifici al SIGNORE, al tuo Dio, a Ghilgal».
Samuele disse: «Il SIGNORE gradisce forse gli olocausti e i sacrifici quanto l’ubbidire alla sua voce? No, l’ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni;
infatti la ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli e degli dèi domestici. Poiché tu hai rigettato la parola del SIGNORE, anch’egli ti rigetta come re»
(1 Samuele 15-23).

L’ubbidienza di Saul era stata dimezzata, di conseguenza Dio non la considerava “valida”.

Quando si adducono motivi religiosi, per coprire o peggio ancora per giustificare la nostra disubbidienza, ciò è la cosa più terribile che l’uomo possa fare.

Non ci sono giustificazioni valide, di qualsiasi natura, che possano autorizzare o convalidare un atteggiamento che non sia quello di una piena, rispettosa e assoluta ubbidienza a Dio e alla Sua Parola. Amen!

Infine, per approfondire l’argomento, consigliamo di riflettere e considerare i seguenti passaggi biblici.

Poi Dio disse ad Abraamo: «Quanto a te, tu osserverai il mio patto: tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione (Genesi 17:9).

Oggi, il SIGNORE, il tuo Dio, ti comanda di mettere in pratica queste leggi e queste prescrizioni; osservale dunque, mettile in pratica con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua
(Deuteronomio 26:16).

«Prendete a cuore tutte le parole che oggi pronunzio solennemente davanti a voi. Le prescriverete ai vostri figli, affinché abbiano cura di mettere in pratica tutte le parole di questa legge (Deuteronomio 32:46).

Questo libro della legge non si allontani mai dalla tua bocca, ma meditalo, giorno e notte; abbi cura di mettere in pratica tutto ciò che vi è scritto; poiché allora riuscirai in tutte le tue imprese, allora prospererai (Giosuè 1:8).

Chi di voi teme il SIGNORE e ascolta la voce del suo servo? Sebbene cammini nelle tenebre, privo di luce, confidi nel nome del SIGNORE e si appoggi al suo Dio! (Isaia 50:10)

ma questo comandai loro: Ascoltate la mia voce; sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo; camminate in tutte le vie che io vi prescrivo affinché siate felici (Geremia 7:23).

«Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Matteo 7:21).

Ma egli rispose loro: «Mia madre e i miei fratelli sono quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Luca 8:21).

Ma Pietro e gli altri apostoli risposero: «Bisogna ubbidire a Dio anziché agli uomini (Atti 5:29).

In questo è l’amore: che camminiamo secondo i suoi comandamenti. Questo è il comandamento in cui dovete camminare come avete imparato fin da principio (2 Giovanni 6).

PS: Se al termine del capitolo 1 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00giovedì 22 dicembre 2011 00:05
Capitolo 2



LE CARATTERISTICHE DI DAVIDE



Se nel primo capitolo abbiamo parlato delle caratteristiche di Saul, in questo capitolo, enumereremo quelle di Davide.

Siccome i due personaggi sono al centro delle nostre riflessioni, anche se le caratteristiche dell’uno e dell’altro sono enormente diverse, li apprezzeremo meglio, quando li metteremo a confronto.

Nota numerica

Il nome di Davide, figlio d’Isai, è menzionato nella Bibbia 1.106 volte, 61 volte ricorre nel N.T.

Il significato del suo nome è: beneamato o prediletto.
A differenza del nome di Saul che viene menzionato in soli cinque libri della Bibbia, quello di Davide, invece, viene riportato in 28, dei 66 libri della Bibbia

Come si vede da questa statistica, il nome di Davide ricorre nelle Scritture di gran lunga superiore a quello di Saul. Questo dimostra la differenza che esiste tra i due nominativi.

Questa divergenza però, non è basata sul numero di occorrenze che gli scrittori sacri gli hanno riserbato, ma nel carattere che hanno manifestato e che i due, Saul e Davide, hanno messo in evidenza, nell’agire l’uno nei confronti dell’altro.

Indubbiamente, il comportamento che hanno rivelato nelle loro relazioni, ha messo in risalto la diversità che c’era nella loro vita, dal punto di vista umano e soprattutto riguardo ai piani divini per la loro vita.

Cercheremo, quindi, di confrontare i due protagonisti, per meglio valutare il loro comportamento, e, nello stesso tempo, quali lezioni di vita pratica possiamo imparare.

La vita di Davide

La vita di Davide si può dividere in sei parti:
1) La giovinezza trascorsa a Betlemme di Giuda;
2) Al servizio di Saul;
3) L’eroe fuggiasco;
4) Re di Giuda;
5) Re d’Israele.
6) Davide tipo e profeta del Cristo.

Per meglio sviluppare quanto abbiamo elencato, preferiamo esaminare i sei punti, dedicando un capitolo per ognuno di loro, così avremo la possibilità di esaminare il testo biblico, per poi fare le dovute riflessioni.

«Fu un uomo eccellente dotato di ogni virtù che avrebbe dovuto trovarsi in un re al quale fu affidata la salvezza di tante genti; non ce n’era alcun valoroso come lui per coraggio, nelle battaglie combattute in favore dei suoi sudditi egli affrontava il pericolo per primo, animava i suoi soldati contro le linee opposte con le proprie fatiche, non col comando come fanno i despoti. Era anche molto abile nell’intuire e nel comprendere il corso futuro degli eventi, e nel regolare le situazioni presenti; era prudente, dolce, gentile con quelli che erano in difficoltà, giusto e umano, qualità che si attendono soltanto dai più grandi re. E con una così grande misura di potere, non cadde mai in fallo, eccetto a proposito della moglie di Uriah. Perciò lasciò dietro di sé così tanta ricchezza quale non fu mai di alcun altro re, sia tra gli Ebrei, sia tra le altre nazioni» [F. Flavio, Ant. VII, 390-391, pag. 477. Cfr. anche A. Carlson & H. Ringgreen, GLAT, (Grande Lessico dell’A.T.) Vol. II, col. 180-196, dove gli autori hanno tracciato la vita di Davide, riguardante la: 1. Etimologia del nome. 2. Davide nella storiografia. 3. Davide nei Salmi. 4. Davide nei profeti. 5. Davide nell’opera del Cronista; E. Lohse, GLNT, (Grande Lessico nel N.T.) Vol. XIV, col. 471-498; H. Merkel, Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, Vol. 1, col.728-731; R. Pache, Nuovo Dizionario Biblico, pagg.209-21].

PS: Se al termine del capitolo 2 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura

Capitolo 3



LA GIOVINEZZA DI DAVIDE TRASCORSA A BETLEMME DI GIUDA



Dopo la disubbidienza di Saul e la conseguente misura punitiva che Dio gli inflisse, cioè la decisione di “rimuoverlo”, quale re d’Israele, il profeta Samuele nel comunicare a Saul la decisione del Signore, gli specificò:

Ora il tuo regno non durerà. Il SIGNORE si è cercato un uomo secondo il suo cuore, e il SIGNORE l’ha destinato a essere principe del suo popolo, poiché tu non hai osservato quello che il SIGNORE t’aveva ordinato» (1 Samuele 13:14).

«Il SIGNORE strappa oggi di dosso a te il regno d’Israele e lo dà a un altro, migliore di te (1 Samuele 15:28).

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Domenico34
00venerdì 23 dicembre 2011 00:07
Davanti alla decisione divina non solo Samuele si irritò, ma anche gridò al SIGNORE tutta la notte (1 Samuele 15:11).

Poiché Samuele non si rassegnava, Dio non tardò a fargli arrivare il seguente messaggio:

«Fino a quando farai cordoglio per Saul, mentre io l’ho rigettato perché non regni più sopra Israele? Riempi d’olio il tuo corno e va’; ti manderò da Isai di Betlemme, perché mi sono provveduto un re tra i suoi figli».
Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà». Il SIGNORE disse: «Prenderai con te una giovenca e dirai: "Sono venuto a offrire un sacrificio al SIGNORE".
Inviterai Isai al sacrificio; io ti farò sapere quello che dovrai fare e tu ungerai per me colui che ti dirò».
Samuele dunque fece quello che il SIGNORE gli aveva detto e andò a Betlemme. Gli anziani della città gli andarono incontro turbati, e gli chiesero: «Vieni in pace?»
Ed egli rispose: «Pace! Vengo a offrire un sacrificio al SIGNORE; purificatevi e venite con me al sacrificio». Fece anche purificare Isai e i suoi figli e li invitò al sacrificio.
Mentre entravano, egli pensò, vedendo Eliab: «Certo l’unto del SIGNORE è qui davanti a lui».
Ma il SIGNORE disse a Samuele: «Non badare al suo aspetto né alla sua statura, perché io l’ho scartato; infatti, il SIGNORE non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo guarda all’apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore».
Allora Isai chiamò Abinadab e lo fece passare davanti a Samuele; ma Samuele disse: «Il SIGNORE non si è scelto neppure questo».
Isai fece passare Samma, ma Samuele disse: «Il SIGNORE non si è scelto neppure questo».
Isai fece passare così sette dei suoi figli davanti a Samuele; ma Samuele disse a Isai: «Il SIGNORE non si è scelto questi».
Poi Samuele disse a Isai: «Sono questi tutti i tuoi figli?» Isai rispose: «Resta ancora il più giovane, ma è al pascolo con le pecore». Samuele disse a Isai: «Mandalo a cercare, perché non ci metteremo a mangiare prima che sia arrivato qua».
Isai dunque lo mandò a cercare, e lo fece venire. Egli era biondo, aveva dei begli occhi e un bell’aspetto. Il SIGNORE disse a Samuele: «Alzati, ungilo, perché è lui».
Allora Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli; da quel giorno lo spirito del SIGNORE investì Davide. Poi Samuele si alzò e se ne tornò a Rama
(1 Samuele 16:1-16).

Il messaggio divino, per ciò che riguarda Saul


Il messaggio di Dio, per quanto riguardava Saul e il suo regno, è un atto severo della giustizia divina, che non lascia nessuno spiraglio di recupero.
Davanti a questa severità inappellabile, si può chiedere: perché mai questo?
Anche se la disubbidienza di Saul fu grave, non riconobbe egli il suo peccato e lo confessò, secondo quello che afferma il testo biblico?

«Ho peccato, perché ho trasgredito il comandamento del SIGNORE e le tue parole, perché ho temuto il popolo, e ho dato ascolto alla sua voce.
Ti prego dunque, perdona il mio peccato, ritorna con me e mi prostrerò davanti al SIGNORE»
(1 Samuele 15:24-25).

Perché Dio non lo perdonò?
Tenendo presente che il peccato di Saul consisteva nell’aver rigettato la parola del SIGNORE (v. 26), bisogna esaminare se la confessione di colpevolezza che fece, era sincera, vale a dire vera, o piuttosto se si trattava dun camuffamento simile a quelle dichiarazioni che possono essere definite “ipocrite”.

Per rispondere alle suesposte domande, è necessario approfondire l’argomento ed esaminare attentamente il testo biblico.

La risposta che Samuele ha data alle giustificazioni di Saul, quando cercò di scaricare la responsabilità della sua disubbidienza sopra il popolo, …perché il popolo ha risparmiato il meglio delle pecore e dei buoi per farne dei sacrifici al SIGNORE... (v. 15) e l’affermazione del profeta, sotto forma di domanda: …Perché ti sei gettato sul bottino e hai fatto ciò che è male agli occhi del SIGNORE?» (v. 19), mette in chiaro la vera responsabilità di Saul.

Quando poi Samuele diede una definizione più ampia del peccato di disubbidienza, con le parole:

...No, l’ubbidire è meglio del sacrificio, dare ascolto vale più che il grasso dei montoni;
infatti, la ribellione è come il peccato della divinazione, e l’ostinatezza è come l’adorazione degli idoli e degli dèi domestici...
(vv. 22-23),

la risposta che Saul diede:
…Ho peccato, perché ho trasgredito il comandamento del SIGNORE e le tue parole, perché ho temuto il popolo, e ho dato ascolto alla sua voce.
Ti prego dunque, perdona il mio peccato, ritorna con me e mi prostrerò davanti al SIGNORE»
(vv. 24-25),

ci permette di vedere più a fondo la reale condizione in cui effettivamente si trovava Saul davanti a Dio.

Il condono che il re invoca, è quello di essere perdonato dal profeta: Ti prego dunque, perdona il mio peccato, non di essere perdonato da Dio.

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Domenico34
00sabato 24 dicembre 2011 00:05
Anche se Samuele aveva comunicato a Saul quello che il Signore voleva che egli facesse: distruggere gli Amalechiti in maniera totale senza risparmiare niente di quello che gli apparteneva, ciò non era in definitiva qualcosa che ordinava Samuele, ma era Dio, tramite il profeta, che comandava a Saul di fare ciò.

Di conseguenza, la disubidienza di cui egli si rese colpevole, non fu quella di non aver tenuto conto della parola di Samuele, ma bensì quella di Dio.
Infatti, era contro la Parola del Signore che Saul aveva peccato e non contro quella di Samuele.

Valutate le cose da un punto di vista strettamente obbiettivo, il perdono che Saul chiese, l’avrebbe dovuto chiedere a Dio e non a Samuele, perché in effetti aveva trasgredito un ordine divino, e non quello di Samuele.
Questo però Saul non lo fece. Ecco perché non viene perdonato dal Signore. Se egli l’avesse chiesto a Dio, non è possibile credere che il Signore non lo avrebbe accordato.

Se si confronta, per esempio, il caso classico che si legge nella Scrittura, a proposito del peccato che Davide commise con Bat-Sceba e nell’ordinare l’uccisione di Uria, suo marito, si può accettare in pieno quanto affermato in precedenza.

Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il SIGNORE». Natan rispose a Davide: «Il SIGNORE ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai (2 Samuele 12:13).

Sappiamo che la confessione che Davide fece del suo peccato, scaturì a seguito della storia in parabola che Nathan gli raccontò e dalla piena convinzione nell’accettare che quell’uomo descritto dal profeta, era proprio lui.

Siccome il pentimento e la confessione erano vere, nel senso che Davide aveva ricosciuto il suo peccato senza ricorrere a nessuna forma di giustificazione, nel momento stesso che il peccato viene confessato, Dio concede il perdono, anche se il figlio natogli da quella relazione illecita, gli morirà.

Infine, dobbiamo ricordare sempre, come principio inamovibile per tutti i tempi che, il Signore non si diletta, cioè non trova piacere nella morte dell’empio, cioè nel punirlo per la sua empietà, ma nella sua salvezza, vale a dire nel perdonarlo (Ezechiele 18:32; 33:11).

Una maggiore luce viene proiettata dai seguenti passaggi biblici.
Gesù venne sulla terra non per essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti (Matt. 20:28).

Pur sapendo che Gesù avrebbe salvato il popolo d’Israele dai loro peccati (Matteo 1:21), un giorno parlando con i Giudei affermò che il loro peccato sarebbe rimasto.

Egli dunque disse loro di nuovo: «Io me ne vado e voi mi cercherete e morirete nel vostro peccato; dove vado io, voi non potete venire» (Giovanni 8:21).

Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite:"Noi vediamo", il vostro peccato rimane (Giovanni 9:41).

Perché il peccato nei Giudei non sarebbe stato tolto da loro, ma sarebbe rimasto?

Non perché Gesù si sarebbe rifiutato di perdonare, o che l’opera Sua sarebbe venuta meno, ma semplicemente perché essi si erano rifiutati di riconoscerlo, sia come Messia e sia come loro Salvatore. Questo non è vero solamente per i Giudei, ma per chiunque.

L’importanza quindi, non risiede nel riconoscere il “tipo” di peccato che la persona commette; ma nel saperlo accettare per quello che è e confessarlo liberamente e fermamente, senza aggrapparsi alle cosiddette “giustificazioni”.

Questa è una verità, ferma, immutabile per ogni epoca o generazione; e come tale, va energicamente e con forza sostenuta e proclamata.

Il messaggio divino riguardante Davide


Chiarita la faccenda di Saul, il Signore ordina a Samuele di andare da Isai, il Betlemita, per ungere con olio uno dei suoi figli, come futuro re d’Israele.

Il SIGNORE disse a Samuele: «Fino a quando farai cordoglio per Saul, mentre io l’ho rigettato perché non regni più sopra Israele? Riempi d’olio il tuo corno e va’; ti manderò da Isai di Betlemme, perché mi sono provveduto un re tra i suoi figli».
Samuele rispose: «Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà». Il SIGNORE disse: «Prenderai con te una giovenca e dirai:"Sono venuto ad offrire un sacrificio al SIGNORE".
Inviterai Isai al sacrificio; io ti farò sapere quello che dovrai fare e tu ungerai per me colui che ti dirò».
Samuele dunque fece quello che il SIGNORE gli aveva detto e andò a Betlemme. Gli anziani della città gli andarono incontro turbati, e gli chiesero:«Vieni in pace?»
Ed egli rispose:«Pace! Vengo a offrire un sacrificio al SIGNORE; purificatevi e venite con me al sacrificio». Fece anche purificare Isai e i suoi figli e li invitò al sacrificio.
Mentre entravano, egli pensò, vedendo Eliab:«Certo l’unto del SIGNORE è qui davanti a lui».
Ma il SIGNORE disse a Samuele:«Non badare al suo aspetto né alla sua statura, perché io l’ho scartato; infatti, il SIGNORE non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo guarda all’apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore».
Allora Isai chiamò Abinadab e lo fece passare davanti a Samuele; ma Samuele disse: «Il SIGNORE non si è scelto neppure questo».
Isai fece passare Samma, ma Samuele disse: «Il SIGNORE non si è scelto neppure questo».
Isai fece passare così sette dei suoi figli davanti a Samuele; ma Samuele disse ad Isai: «Il SIGNORE non si è scelto questi».
Poi Samuele disse ad Isai: «Sono questi tutti i tuoi figli?» Isai rispose: «Resta ancora il più giovane, ma è al pascolo con le pecore». Samuele disse ad Isai: «Mandalo a cercare, perché non ci metteremo a mangiare prima che sia arrivato qua».
Isai dunque lo mandò a cercare, e lo fece venire. Egli era biondo, aveva dei begli occhi e un bell’aspetto. Il SIGNORE disse a Samuele: «Alzati, ungilo, perché è lui».
Allora Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli; da quel giorno lo spirito del SIGNORE investì Davide. Poi Samuele si alzò e se ne tornò a Rama
(1 Samuele 16:1-13).

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Domenico34
00domenica 25 dicembre 2011 00:15
Il testo biblico riportato, non solo ci fa conoscere come Dio istruì Samuele per quella speciale missione che gli affidò, mettendolo al sicuro e al riparo da una qualsiasi azione di vendetta che Saul avrebbe potuto concepire ed attuare nei suoi confronti, ma ci fa vedere anche la scelta sbagliata che Samuele stava per compiere, se il Signore non fosse intervenuto con la Sua illuminazione.

Mentre i figli d’Isai sfilavano davanti a Samuele, guardando l’aspetto fisico del primogenito, di nome Eliab, si convinse che quello che stava davanti a sé era “sicuramente” l’unto del Signore.

Ma siccome quel giovane non era l’uomo che il profeta avrebbe dovuto ungere come il nuovo re d’Israele, il Signore si affrettò a correggere l’errata convinzione del suo servitore, rivelandogli nello stesso tempo che Dio, non fa le sue scelte, basandosi sugli elementi dell’estetica fisica, come fa spesso l’uomo, ma guarda principalmente al cuore, cioè le caratteristiche interiori di una persona.

Comprendendo la serietà dell’errore di valutazione che Samuele faceva, da quel momento in poi, non va più dietro a quello che vede con i suoi occhi, ma si attiene esclusivamente a quello che il Signore gli dice.

Infatti, per tutti gli altri sei figli d’Isai che gli passarono davanti, Samuele si limita solamente a pronunciare la frase «Il SIGNORE non si è scelto neppure questo».

Visto che per nessuno dei sette figli d’Isai che gli erano passati davanti, c’era “l’unto del Signore”, Samuele domanda al padre se ha altri figli; e, sentito che l’ultimo dei figli, il più piccolo, si trova nei campi a pascolare il gregge, ordina di mandarlo a chiamare subito, prima di mettersi a tavola per mangiare.

Non appena arrivò ed entrò in casa, prima che il suo nome venisse scandito, com'era avvenuto per gli altri figli, che il padre aveva presentato a Samuele, Dio parlò a Samuele e gli ordinò: «Alzati, ungilo, perché è lui». Il racconto biblico si conclude nell’affermare che Davide venne unto in mezzo ai suoi fratelli.

UNA RIFLESSIONE SULLA SCELTA DI DAVIDE


Le parole del v. 7 che spesso vengono ripetute, contengono una preziosa verità, che vale la pena approfondire:

«Non badare al suo aspetto né alla sua statura, perché io l’ho scartato; infatti, il SIGNORE non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell’uomo: l’uomo guarda all’apparenza, ma il SIGNORE guarda al cuore».

In queste parole, c’è l’evidenza di due distinte azioni: quella che compie l’uomo, che si basa su ciò che colpisce lo “sguardo”, cioè “l’apparenza” e quella di Dio che “guarda al cuore”.

Inoltre, le parole del nostro testo sono anche una chiara esortazione rivolta da Dio a Samuele, perché faccia attenzione a quello che vede e non vi badi troppo.

Questo perché, davanti a quello che si presentava allo sguardo del profeta, c’era il pericolo di cadere nell’errore (errore di valutazione, naturalmente) e di essere trascinato fuori dal sentiero divino, circa la precisa missione che il Signore gli aveva affidato.

Questo vale anche per chi è impegnato nell’opera del ministero, specialmente per quelli che ricoprono cariche amministrative di primo piano, la cui influenza sulla vita degli altri, potrà essere importante o fatale secondo la scelta e la designazione che si fa, specie quando questa non è in piena armonia con la volontà del Signore e dei Suoi piani.

La frase, il SIGNORE guarda al cuore», a dire il vero, viene spesso usata fuori contesto, per giustificare certe tendenze di comportamento della vita umana, come se tutto ciò che appare e si manifesta all’esterno, non abbia nessuna importanza.

1) L’azione dell’uomo

Dal punto di vista generale, l’essere umano agisce di solito secondo quello che vede con i suoi occhi. Infatti, tutte le valutazioni che si fanno, sono generalmente basate sul visibile, cioè su elementi esterni.

Questo comportamento umano, non ha a che fare solo con le realtà terrene, riguardante i vari settori della vita associata, come per esempio: posto di lavoro e, carriera professione, esso riguarda anche quelle aree prettamente spirituali, che non hanno niente in comune con le cose umane.

L’opera del ministero, per esempio, grande o piccola che sia, pur rientrando nell’ambito delle realtà spirituali, a volte viene valutata in base a elementi umani a detrimento della visione spirituale, che deve soprattutto tener presente e conciliarsi con la volontà del Signore.

Per quelli che occupano posti di responsabilità di primo piano, nella direzione di opere missionarie all’estero o in patria, tendenti alla proclamazione del Vangelo di Gesù Cristo e del Regno di Dio, è estremamente importante che non abbiano solamente una visione riguardante l’aspetto umano del soggetto in esame, ma che soprattutto facciano prevalere la visione spirituale, per armonizzarla con i piani divini, in modo particolare.

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Domenico34
00lunedì 26 dicembre 2011 00:14
Dal punto di vista umano, è facile cadere nel tranello dell’errore, quando si viene attratti dalla bellezza, dalla statura di una persona e dal suo fascino, pensando che con queste caratteristiche, si può entrare con più facilità ed essere idonei ad assumere certe cariche di responsabilità, e, nello stesso tempo, credere di poter conciliare tutto, con le scelte divine, per l’opera di un ministero.

Una cosa è fare una scelta, basandosi su elementi umani, e altra cosa è invece lasciare a Dio di fare le cose a modo Suo.

2) L'azione di Dio


A differenza dell’uomo che di solito si ferma su ciò che passa sotto la sua osservazione, Dio guarda al cuore.

Questo significa che Egli non tiene conto dell’apparenza, cioè l’elemento esterno dell’essere umano, e tanto meno fa le Sue scelte in base a questo.
Ciò però non significa che il Signore sprezzi la bellezza e la statura di una persona, come se si trattasse di qualcosa da ripudiare, ma semplicemente che, ai fini delle Sue scelte, Egli non li considera importanti.

Eliab, non era l’uomo “secondo il cuore di Dio”. Questo era quello che Dio teneva presente. Però, questo elemento Samuele non lo conosceva, perché egli non sapeva leggere il cuore di quel giovane.

Ma per il Signore, conoscitore appieno di tutti i segreti dei cuori degli uomini, tutto era chiaro, senza nessuna ombra.
Più tardi, diventò chiaro anche per il profeta, allorquando Dio gli indicò di ungere Davide, come l’uomo che era “secondo il Suo cuore”, per regnare sopra il Suo popolo.

Quando il Signore ordinò a Samuele di recarsi a Betlemme, in casa d’Isai, si limitò solamente ad annunciargli che tra i figli di quell’uomo, Egli aveva scelto il nuovo re per regnare sopra il Suo popolo.
Inoltre, gli aggiunse che, il prescelto, non era solamente l’uomo secondo il Suo cuore, meglio di Saul, (1 Samuele 15:28) ma anche avrebbe eseguito tutti i suoi voleri (Atti 13:22; 1 Samuele 13:14).

Questi segreti che Dio aveva rivelato a Samuele, costituivano dei precisi punti di riferimento, in modo che tutto si svolgesse in accordo con quanto il Signore aveva stabilito nel piano della Sua volontà.

Ecco le diverse caratteristiche che Davide possedeva: sa sonare; è un uomo forte, valoroso, un guerriero, parla bene, è di bell’aspetto, ma ne aveva una che eccelleva sopra tutte le altre, il SIGNORE è con lui (1 Samuele 16:18).
Sappiamo che nello stesso giorno in cui Samuele unse Davide, lo Spirito del Signore lo investì (1 Samuele 16:13), tanto di lui gli altri dicevano che il SIGNORE era con lui (1 Samuele 18:12,14).

PS: Se al termine del capitolo 3 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura


Capitolo 4



DAVIDE AL SERVIZIO DI SAUL E LA BATTAGLIA CONTRO GOLIAT, IL FILISTEO



Dal momento che lo Spirito del Signore si era ritirato da Saul, (e questo avvenne a causa del suo allontanamento da Dio (1 Samuele 15:11), uno spirito cattivo, permesso dal SIGNORE, lo turbava (v. 14).

Quando questo spirito si impossessava di lui, il testo precisa che Saul si comportava come un pazzo (18:10, N. Diodati).

Possiamo intuire il travaglio che avvertiva quest’uomo nella sua vita e la tristezza che procurava nei suoi servitori, nel vedere il loro signore agire in quel modo.

Credendo che col suono dell’arpa, Saul avrebbe potuto essere aiutato e sollevato dal suo turbamento, le persone che gli stavano vicino, suggerirono al re, di cercare un buon musicista per tale scopo.

Accettata la proposta, nel giro di poco tempo, Davide, (che già era conosciuto come un bravo arpista) ed era giovanissimo di età, venne nella casa del monarca, col preciso incarico di suonare l’arpa, quando il regnante era turbato.

Il piano funzionò a dovere, nel senso che quando Davide si metteva a suonare, …Saul si calmava, stava meglio e il cattivo spirito andava via da lui (v. 23).

Per quanto tempo Davide rimase nella casa di Saul, non lo possiamo stabilire, anche perché il testo biblico non ci consente di farlo.
Qualcuno pensa che la durata del tempo intermittente, sarebbe stato probabilmente di qualche anno.

LA BATTAGLIA CONTRO GOLIAT, IL FILISTEO

1 Samuele 17, descrive nei dettagli, quello che fece Davide, quando si confrontò con Goliat, il Filisteo. Che età avesse Davide in quell’epoca, non si può dire con precisione. Citiamo qui di seguito quello che hanno scritto due autori.

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Domenico34
00martedì 27 dicembre 2011 00:09
«Se per esempio Davide aveva soltanto dodici anni quando diventò musicista di Saul e stette periodicamente al suo servizio per un anno, o qualcosa del genere, poteva avere diciassette o diciotto anni all’epoca dell’episodio dei Filistei, e quindi non più riconoscibile da Saul. Questa spiegazione viene rafforzata dal fatto che dopo che Davide si era unito a Saul, questa volta, il re «non permise più che egli ritornasse a casa di suo padre» (v. 15; 18:2). Questo implica che la condizione precedente di Davide non aveva avuto un carattere permanente. In ogni caso, non occorre presupporre l’esistenza di due fonti per i capitoli sedici e diciassette, né considerare incompatibili i racconti» [Eugene H. Merrill, Investigate le Scritture A. T., pag. 487].

Da parte sua, lo storico G. Flavio, che seguiva da vicino il testo biblico, lasciò scritto quanto segue:

«Così egli sarà schernito, e il suo esercito avrà grande gloria, se sarà ucciso non da un uomo abile in guerra ed esperto in battaglia, ma da un uomo che, in vero, non è più vecchio di un fanciullo» [G. Flavio, Ant. VI, 180].

Non è improbabile, quindi, che all’epoca della battaglia con i Filistei, Davide avesse quell’età dai diciassette ai diciotto anni.

Questo ovviamente, non ha eccessiva importanza (anche se da un punto di vista storico-letterario ha il suo valore); quello invece che ha significato pregnante è, sapere come si comportò Davide nel confronto col grande campione Filisteo.

L’elemento principale e dominante di tutta la storia, è senza dubbio la sua ferma fede in Dio e la certezza di vittoria sul Filisteo.

La disponibilità di Davide all’ubbidienza


Fin dalla sua tenera età, Davide manifestò la sua disponibilità all’ubbidienza e alla sottomissione. Egli era sempre disponibile quando suo padre gli chiedeva di fare qualcosa.

Il fatto stesso che da piccolo lo vediamo impegnato a pascolare il grege di suo padre e ad eseguire gli ordini che gli venivano impartiti, (cose che non faceva di sua spontanea volontà, ma dietro suggerimenti o comandi di qualcuno) dimostra la sua inclinazione e manifesta il suo carattere.

La gioventù di oggi, ha tanto da imparare da Davide, sia per il suo carattere sottomesso ed umile e sia soprattutto per la sua prontezza all’ubbidienza. Davide certamente, non rassomiglia a quei giovani ribelli, disubbidienti e indisciplinati, che la società moderna ha nel suo seno.

Anche se Davide appartiene ad un’altra epoca, ad un’altra generazione, ad una cultura del passato, può ugualmente impartire autorevoli lezioni di buon comportamento alla generazione dei nostri tempi.

Quando suo padre si rivolgeva a lui, egli non ubbidiva solo perché era il più piccolo dei figli, ma lo faceva principalmente perché era rispettoso ed accettava quello che gli veniva richiesto, anche se qualche volta, forse la pensava in modo diverso.

Abbiamo visto che quando Saul si rivolse ad Isai, per mandargli Davide suo figlio in casa usa, il giovane ragazzo, pur essendo impegnato col gregge di suo padre, lo lasciò prontamente e andò subito nella casa di Saul.

Ora, probabilmente alla distanza di qualche anno, Isai, sapendo di avere i suoi primi tre figli in guerra con Saul, chiama Davide di dietro al gregge e lo manda sul campo di battaglia per andare a vedere i suoi fratelli, e portarne a lui le notizie.

Ma perché Isai incarica proprio Davide? Non aveva altri quattro figli a cui avrebbe potuto rivolgersi, per affidare quell’incarico?

Siccome la Scrittura tace e non dice niente al riguardo, bisogna agire per intuizione, per cercare di capire e trovare la risposta alle nostre domande.

Con ogni probabilità, i quattro fratelli di Davide che si trovavano in casa col padre, non avevano quel carattere e quella prontezza di rispondere ad una specifica richiesta del loro padre, come l’aveva Davide.

E questo, indubbiente, Isai, come padre, conosceva bene i suoi figli e sapeva che tra loro e Davide, c’era una notevole differenza.

L’unzione che Davide aveva ricevuto in mezzo ai suoi fratelli, (16:13) avrà creato problemi di malumori o gelosia nella loro vita?

Non possiamo affermarlo, né smentirlo. Almeno per Eliab, il primogenito, stando a quello che afferma la Scrittura, quel problema esisteva.

Eliab, suo fratello maggiore, avendo udito Davide parlare a quella gente, si accese d’ira contro di lui e disse:

«Perché sei sceso qua? A chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco il tuo orgoglio e la malignità del tuo cuore; tu sei sceso qua per vedere la battaglia» (17:28).

Queste parole rivelano chiaramente che nella vita di Eliab, c’erano sentimenti di ostilità nei confronti di suo fratello Davide. A rigore Davide, invece di rispondere: «Che ho fatto ora?
Non era che una semplice domanda!» (v. 29), avrebbe potuto dire a suo fratello, se mi trovo quì, in questo giorno, non è perché mi è venuta in testa una fantasia di lasciare le poche pecore nel deserto, ma perché nostro padre mi ha dato un esplicito incarico di venire a vederti, assieme altri altri due fratelli e portagli poi le notizie del vostro benestare.

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Domenico34
00mercoledì 28 dicembre 2011 00:08
Se Davide avesse avuto un altro carattere, (come quello che hanno certuni di avere la risposta sempre pronta per ribattere, o rispondere con scatti d'ira, come fanno tanti ai nostri giorni), si sarebbe comportato in maniera diversa di come si comportò in quel giorno e in quella circostanza.

Le risposte “piccanti”, non aiutano alla distensione e alla concordia, anzi inaspriscono gli atteggiamenti e le relazioni di pacifica convivenza e creano nuovi problemi di tensioni.

Che ognuno di noi sappia imparare da Davide, a mantenere i “nervi calmi”, anziché inacerbirsi davanti a certe provocazioni!

La sfida di Goliat


Quest'uomo, facendo leva sulla sua valorosità di combattente, e, credendo di essere invincibile: basta pensare alla sua statura, più di tre metri di altezza; alla sua corazza a squame del peso di 820 kg.; alla punta della sua lancia del peso di 9,8 kg., e a tutta l’armatura che aveva e un uomo che lo precedeva portando il suo scudo, era veramente il terrore di tutto l’esercito Israelita.

Per lo spazio di quaranta giorni, mattina e sera, Goliat, il Filisteo, lanciò una sfida a Saul e al suo esercito:

…«Perché uscite a schierarvi in battaglia? Non sono io il Filisteo e voi dei servi di Saul? Scegliete uno dei vostri e scenda contro di me.
Se egli potrà lottare con me e uccidermi, noi saremo vostri servi; ma se io sarò vincitore e l’ucciderò, voi sarete nostri sudditi e ci servirete».
Il Filisteo aggiunse: «Io lancio oggi questa sfida a disonore delle schiere d’Israele: Datemi un uomo e ci batteremo!»
Quando Saul e tutto Israele udirono queste parole del Filisteo, rimasero sgomenti ed ebbero gran paura
(vv. 8-11).

Davanti a questa scena minacciosa e terrificante nello stesso tempo, nessuno dell’esercito di Saul, neanche Abner, che era il grande generale dell’esercito di Saul, avevano il coraggio di levarsi per andare a combattere contro quel Filisteo incirconciso, anzi tutti avevano paura e fugivano (v. 24).
Chi avrebbe mai pensato che un ragazzo, dell’età di diciassette o diciotto anni, di nome Davide, che non era stato mai in campo di battaglia, non conosceva le tattiche di guerra, non aveva mai partecipato ad un conflitto a fuoco e non aveva mai indossato un’armatura, sarebbe stato l’uomo che avrebbe accettato la sfida di Goliat?

La provvidenza, però volle, che Davide, venisse chiamato da suo padre ad andare a trovare i suoi tre fratelli sul campo di battaglia, nel momento giusto, e con le sue orecchie, sentisse le parole arroganti e schernitrici del Filisteo, contro il popolo d’Israele.

Tutti sentirono le stesse parole, ma solamente Davide, che non era un membro dell’esercito Israelita, ma un semplice visitatore appena arrivato dal deserto, dove pascolava le poche pecore di suo padre, fu acceso da una santa gelosia per l’onore del suo Dio e di Israele suo popolo.

Infatti, quel Filisteo incirconciso, parlando in quel modo, non faceva altro di schernire Dio e il Suo popolo d’Israele.
Quando le parole di Davide, che chiedeva informazioni intorno a quello che avrebbe ottenuto da parte del re Saul, l’uomo che si sarebbe battuto con il Filisteo, arrivarono alle orecchie di Saul, Davide davanti al monarca, disse:

«Nessuno si perda d’animo a motivo di costui! Il tuo servo andrà e si batterà con quel Filisteo» (v. 32).

Al che Saul rispose:
«Tu non puoi andare a batterti con quel Filisteo; poiché tu non sei che un ragazzo, ed egli è un guerriero fin dalla sua giovinezza».
Davide rispose a Saul: «Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre e talvolta veniva un leone o un orso a portar via una pecora dal gregge.
Allora gli correvo dietro, lo colpivo, gli strappavo dalle fauci la preda; e se quello mi si rivoltava contro, lo afferravo per le mascelle, lo ferivo e l’ammazzavo.
Sì, il tuo servo ha ucciso il leone e l’orso; quest'incirconciso, Filisteo, sarà come uno di quelli, perché ha coperto di vergogna le schiere del Dio vivente».
Davide soggiunse: «Il SIGNORE, che mi liberò dalla zampa del leone e dalla zampa dell’orso, mi libererà anche dalla mano di questo Filisteo». Saul disse a Davide: «Va’, e il SIGNORE sia con te»
(vv. 33-37).

Davanti a una simile determinazione, Saul non si sente di respingere l’iniziativa di Davide, anzi gli offre la sua armatura, pensando che equipaggiato bene, potrà affrontare Goliat, combattere contro di lui ed avere successo.

Visto che Davide non aveva mai indossato un’armatura di guerra, né cinto una spada in vita sua, accettò in un primo momento l’offerta di Saul, ma provando a camminare con quegli arnesi di guerra, si rese conto che addirittura non poteva neanche muoversi a suo agio.

Senza perdere tempo disse a Saul:
…«Non posso camminare con quest'armatura, non ci sono abituato». E se la tolse di dosso.
Poi prese in mano il suo bastone, si scelse nel torrente cinque pietre ben lisce, le pose nella sacchetta da pastore, che gli serviva da bisaccia, e con la fionda in mano si diresse verso il Filisteo
(vv. 39-40).

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Domenico34
00giovedì 29 dicembre 2011 00:03
Il confronto tra Davide e Goliat

Intanto avanzava anche il Filisteo, avvicinandosi sempre più a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva.
Quando il Filisteo vide Davide, lo disprezzò, perché egli non era che un ragazzo, biondo e di bell’aspetto.
Il Filisteo disse a Davide: «Sono forse un cane, ché tu vieni contro di me con il bastone?» E maledisse Davide in nome dei suoi dèi;
poi il Filisteo disse a Davide: «Vieni qua, e darò la tua carne in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie dei campi».

Allora Davide rispose al Filisteo: «Tu vieni verso di me con la spada, con la lancia e con il giavellotto; ma io vengo verso di te nel nome del SIGNORE degli eserciti, del Dio delle schiere d’Israele che tu hai insultate.
Oggi il SIGNORE ti darà nelle mie mani e io ti abbatterò; ti taglierò la testa, e darò oggi stesso i cadaveri dell’esercito dei Filistei in pasto agli uccelli del cielo e alle bestie della terra; così tutta la terra riconoscerà che c’è un Dio in Israele,
e tutta questa moltitudine riconoscerà che il SIGNORE non ha bisogno di spada né di lancia per salvare; poiché l’esito della battaglia dipende dal SIGNORE ed egli vi darà nelle nostre mani».
Appena il Filisteo si mosse e si fece avanti per avvicinarsi a Davide, anche Davide corse verso la linea di battaglia contro il Filisteo;
mise la mano nella sacchetta, prese una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte; la pietra gli si conficcò nella fronte ed egli cadde con la faccia a terra.
Così Davide, con una fionda e una pietra, vinse il Filisteo; lo colpì e lo uccise, senza avere spada in mano.
Poi Davide corse, si gettò sul Filisteo, gli prese la spada e, sguainatala, lo uccise e gli tagliò la testa. I Filistei, vedendo che il loro eroe era morto, si diedero alla fuga.
Allora gli uomini d’Israele e di Giuda si alzarono, lanciarono il grido di guerra, e inseguirono i Filistei fino all’ingresso di Gat e alle porte di Ecron. I Filistei feriti a morte caddero sulla via di Saaraim, fino a Gat e fino ad Ecron.
I figli d’Israele, dopo aver dato la caccia ai Filistei, tornarono e saccheggiarono il loro accampamento.
Davide prese la testa del Filisteo e la portò a Gerusalemme, ma ripose le armi di lui nella sua tenda.
Quando Saul aveva visto Davide che andava contro il Filisteo, aveva chiesto ad Abner, capo dell’esercito: «Abner, di chi è figlio questo ragazzo?» Abner aveva risposto: «Com’è vero che tu vivi, o re, io non lo so».
Allora il re disse: «Infòrmati di chi sia figlio questo ragazzo».
Quando Davide tornò, dopo aver ucciso il Filisteo, Abner lo prese e lo condusse da Saul; egli aveva ancora in mano la testa del Filisteo.
Saul gli chiese: «Ragazzo, di chi sei figlio?» Davide rispose: «Sono figlio del tuo servo Isai di Betlemme»
(vv. 41-58).

Davanti alla dettagliata descrizione che il testo biblico fa di quest'evento straordinario, non vediamo ulteriori bisogni di commenti; la cosa che rimane a fare è di concludere, e questo, naturalmente lo facciamo, con una particolare riflessione che segue.

UNA PARTICOLARE RIFLESSIONE

La guerra con i Filistei

I Filistei si trovavano spesso in guerra con gli Israeliti, manifestando una ferrea e costante ostilità nei loro confronti.

In conformità a quest'elemento che le Scritture hanno messo in risalto in diversi passi, concepire spesso piani di guerra contro il popolo d’Israele, era considerato per loro una strategia che rientrava nella normalità.

Nonostante che durante il regno di Saul, tramite Gionatan, suo figlio, (per citare un esempio) avessero subito pesanti perdite, (cfr. 1 Sanuele 14), essi apparivano indomabili e pronti ad escogitare nuovi piani di guerra.

Per conoscere lo “spirito dei Filistei”, che animava e ispirava questo popolo, consigliamo di consultare il nostro libro Il mondo degli spiriti [Cfr. D. Barbera, pagg. 47-57].

Una delle tante strategie che seppero escogitare e che sfruttarono con estrema abilità, fu quella di rendere vano il lavoro dei fabbri, aprendo le loro officine ed offrendo ad Israele, il lavoro di “affilare” vomeri, zappe, scure, vanghe, tridenti e aggiustare pungoli, ad un prezzo veramente basso, allo scopo di non fargli fabbricare armi (1 Samuele 13:19-22).

La loro iniziativa di offrire ad Israele la loro mano d’opera per gli arnesi di lavoro, ad un prezzo conveniente, poteva sembrare una disponibilità a favorire relazioni commerciali a basso costo.

Però, se si tiene presente lo scopo che essi si prefiggevano, appariva chiaro dove volevano arrivare: portare Israele ad essere senza armi nel giorno della battaglia.

Il nemico del popolo di Dio, non si spaventa degli arnesi di lavoro; anzi a dire il vero, per quest’ultimi, è molto generoso e offre la massima disponibilità, per quanto riguarda la propria maestria e la propria esperienza.

È invece la costruzione delle armi che lo preoccupa e lo spaventa; perciò fa del tutto perché le officine del popolo del Signore restino chiuse, per impedir loro di fabbricare le armi per la guerra.

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Domenico34
00venerdì 30 dicembre 2011 01:26
L’arroganza di Goliat

Il Filisteo Goliat, avvalendosi della sua bravura e credendo di essere superiore a qualsiasi combattente del popolo d’Israele, la sua arroganza lo spinge a disprezzare questo popolo e il loro Dio.

La sua strategia di spaventare con le parole di sfida, rassomiglia all’inviato del re di Siria, di nome Rabsaché, il quale si espresse nel seguente modo:

Così parla il re: non v’inganni Ezechia; poiché egli non potrà liberarvi dalle mie mani;
né vi faccia Ezechia riporre la vostra fiducia nel SIGNORE, dicendo: "Il SIGNORE ci libererà di certo, questa città non sarà data nelle mani del re d’Assiria".
Non date retta a Ezechia, perché così dice il re d’Assiria: Fate la pace con me e arrendetevi a me, e ognuno di voi mangerà il frutto della sua vite e del suo fico, e berrà l’acqua della sua cisterna,
finché io venga e vi conduca in un paese simile al vostro: paese ricco di grano e di vino, paese di pane e di vigne, d’ulivi e di miele; e voi vivrete, e non morrete. Non date dunque ascolto a Ezechia, quando cerca d’ingannarvi dicendo: "Il SIGNORE ci libererà"
(2 Re 18:29-32).

Quando il Signore diede la risposta alla preghiera del re Ezechia, tramite il profeta Isaia, gli fece arrivare il seguente messaggio:

«Così direte al vostro signore: "Così dice il SIGNORE, non temere per le parole che hai udite, con le quali i servi del re d’Assiria mi hanno insultato.
Ecco, io metterò in lui uno spirito tale che, all’udire una certa notizia, egli tornerà nel suo paese; e io lo farò morire di spada nel suo paese"»
(2 Re 19:6-7).

Per Dio, le minacce di Rabsaché, erano solamente “parole”. Bastò che l’angelo del Signore, uscisse e in una sola notte mettesse a morte centottantacinquemila uomini dell’esercito Assiro (2 Re 19:35).

L’ateismo materialista, è molto spietato nel suo modo di parlare; con la sua arroganza parla a voce forte contro il popolo di Dio, in tempo di calamità e di disastri, suole ripetere: dov’è il vostro Dio? Perché non vi ha risparmiato dalla distretta e dalla morte?

Quando poi parla delle Sacre Scritture, la Bibbia, esso alza con tono rabbioso e minaccioso la sua voce per dire alla cristianità: Non è forse questo libro, la Bibbia, pieno di leggende orientali?

Perché andate dietro ai suoi insegnamenti, quando si sa che cerca di privare l’umanità moderna, della sua libertà di vivere la sua vita, come crede meglio, senza quei vincoli di moralità, che sono un tabù?

E che dire poi dei “liberali”, che sprezzano con veemenza l’ispirazione delle Sacre Scritture, con la pretesa di saperne più degli altri?

Infine, quando poi fanno riferimento a Gesù Cristo, lo descrivono come un semplice uomo del passato, spogliandolo della prerogativa della sua deità?
Il Goliat di oggi, per la cristianità, si presenta alla cristianità con questi lineamenti per spaventarla e spogliarla col terrore.

Non possiamo negare quanto sbandamento ha prodotto la teologia liberale, nella vita di tanti capi religiosi, talché si è arrivati addirittura ad affermare la “morte di Dio”.

Quale altra minaccia rivolgerà alla cristianità, il Goliat della modernità?
Quella di far credere che non c’è nessuno che lo possa affrontare, e che il popolo di Dio è destinato a subire oltraggi e disprezzi.

La determinazione di Davide

In mezzo al frastuono tempestoso ed arrogante del Filisteo Goliat, arriva Davide sul campo di battaglia.

Egli è l’uomo secondo il cuore di Dio, colui che più tardi rivelerà la sua ferma volontà di voler fare del bene per amore di qualcuno (2 Samuele 9:1), arriva nel momento giusto in cui può sentire pronunciare le sprezzanti parole contro il vero Dio e contro il Suo popolo.

Non è un caso fortuito; è la risposta dell’Onnipotente, che rivolgendosi all’empio gli dice:

«Perché vai elencando le mie leggi e hai sempre sulle labbra il mio patto,
tu che detesti la disciplina e ti getti dietro alle spalle le mie parole?
Se vedi un ladro, ti diletti della sua compagnia, e ti fai compagno degli adulteri.
Abbandoni la tua bocca al male, e la tua lingua trama inganni.
Ti siedi e parli contro tuo fratello, diffami il figlio di tua madre.
Hai fatto queste cose, io ho taciuto, e tu hai pensato che io fossi come te; ma io ti riprenderò, e ti metterò tutto davanti agli occhi
(Salmo 50:16-21).

E ora Davide, che non rimane passivo e indifferente davanti a quello che sente con le sue orecchie, fa arrivare a Saul, il regnante di quel tempo, le parole della sua determinazione: Il tuo servo andrà e si batterà con quel Filisteo» (17:32).

Al che il re risponde: «Tu non puoi andare a batterti con quel Filisteo; poiché tu non sei che un ragazzo, ed egli è un guerriero fin dalla sua giovinezza» (v. 33).

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Domenico34
00sabato 31 dicembre 2011 00:10
Sono i capi religiosi che maggiormente si oppongono al sorgere dei Davide in mezzo al popolo combattente, adducendo ragioni prettamente umane, privi del minimo discernimento spirituale.

Sì, sono proprio loro che scoraggiano quelli che sono determinati ad affrontare gli schernitori, con il pretesto di mettere in risalto la mancanza di una necessaria esperienza, che dia ragione a certe iniziative.

Ma coloro che sono stati scelti da Dio, per un tempo particolare e in situazioni disperate, sapranno dire, con fermezza e con determinazione, (senza contare sulle loro abilità), che sarà il loro Dio che garantirà loro la vittoria.
Non si comporteranno come se fossero meglio di quelli che li hanno preceduti, ma diranno fermamente: Non per potenza, né per forza, ma per lo spirito mio, dice il SIGNORE degli eserciti (Zaccaria 4:6). Amen!

PS: Se al termine del capitolo 4 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura



Capitolo 5




DAVIDE, L’EROE FUGIASCO
[Sotto questo titolo raccoglieremo i vari episodi che determinarono il lungo periodo fuggitivo di davide, per l’ostinatezza e la determinazione di Saul a volerlo uccidere a qualsiasi costo]


Appena Davide ebbe finito di parlare con Saul, Gionatan si sentì nell’animo legato a Davide, e Gionatan l’amò come l’anima sua.
Da quel giorno Saul lo tenne presso di sé e non permise più che egli ritornasse a casa di suo padre.
Gionatan fece alleanza con Davide, perché lo amava come l’anima propria.
Perciò Gionatan si tolse di dosso il mantello e lo diede a Davide; e così fece delle sue vesti, fino alla sua spada, al suo arco e alla sua cintura
(18:1-4).

Con questo capitolo si apre una nuova fase cruciale per la vita di Davide, a causa dell’atteggiamento ostile di Saul nei suoi confronti. La grande vittoria riportata da Davide su Goliat, il Filisteo, lungi dall’essere stata il preludio di una vita tranquilla e prospera, nel giro di poco tempo si trasformò in un incendio divampante che si prolungherà nel tempo, a motivo di un’atteggiamento negativo che Saul assunse nei suoi riguardi.

L’amicizia di Gionatan per Davide

In un primo momento sembrava che le cose si stessero mettendo per il giusto verso per Davide.

Infatti, l’amicizia con la quale Gionatan si legò con Davide e l’amore che gli manifestò, erano talmente eloquenti, che non c’era il minimo dubbio che potesse indurre Davide, a pensarla in maniera diversa.

Anche la decisione di Saul di non permettere più a Davide di ritornare a casa di suo padre, ma di tenerlo presso di sé, erano elementi che conducevano allo stesso traguardo.

Quando poi si pensa all’amore che Gionatan, figlio del re Saul, manifestò per Davide, si hanno tutti i presupposti perché Davide potesse pensare ad un futuro migliore.

Che l’amore di Gionatan fosse sincero e leale, è provato dall’azione che egli compì.

Il mantello che si tolse di dosso e lo diede a Davide; come anche per le sue vesti, la sua spada, il suo arco e la sua cintura, dimostravano tangibilmente che veramente Gionatan lo amava come l’anima sua.

UNA BUONA LEZIONE DA IMPARARE

C’è una bella lezione di vita pratica che possiamo imparare da quello che fece Gionatan per Davide.

Il vero amore si fa conoscere attraverso azioni che altri possono vedere, e non con le semplici parole.

A dire il vero, l’amore di sole parole, non ha nessun valore; può addirittura risultare ingannevole.

Prendiamo per esempio, un uomo che dicesse a una donna: “ti amo”, (espressione che può toccare facilmente la sensibilità di un soggetto femminile) potrebbe suscitare buone aspettative per un futuro migliore, in vista di una buona sistemazione, (pensando soprattutto al matrimonio).

Però, quando si scopre che quell’uomo ha usato quell’espressione per avere tra le sue braccia il corpo di quella donna, per soddisfare le sue passioni carnali, le parole usate all’inizio, si rivelano ingannatrici.

In conseguenza di questa reale constatazione che può arrivare nella vita pratica, si può concludere che, l’amore di sole parole, non vale niente: né davanti all’uomo, né davanti a Dio, perché non sempre è coerente con la realtà.

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Domenico34
00domenica 1 gennaio 2012 00:32
Quando l’amore è manifestato con azioni che altri possono scorgere, vale a dire che possono vedere, la cosa è tutta un’altra cosa.

Dio stesso che, per definizione della Sua natura, è “amore” (1 Giov. 4:8), ha voluto dare la prova all’intera umanità, attraverso il dono di Suo Figlio che ha mandato sulla terra. Quando pensiamo a Giovanni 3:16,

Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna,

non si può fare a meno di mettere in evidenza la prova dell’amore di Dio. La prova consiste nel “dare”: Dio ha tanto amato, che ha dato...

Chi ama dà, perché in fin dei conti, la vera essenza dell’amore è “donare”.
Nel matrimonio, per esempio, nell’atto sessuale che i due sposi compiono, non fanno altro di darsi l’uno all’altro, in un’azione reciproca e spontanea.

Dal momento che l’uno dei due si rifiuta di dare, (e secondo una recente sentenza della Corte Suprema dell’Italia, è “violenza, stupro”) non c’è amore pratico; c’è solamente egoismo.

Il vero amore non conosce cosa sia egoismo, visto ch’è l’opposto della sua essenza. Ecco perché l’apostolo Giovanni esortava la fratellanza a non amare a parole né con la lingua, ma con i fatti e in verità (1 Giov. 3:18).

Saul tenta di uccidere Davide


Davide andava e riusciva bene dovunque Saul lo mandava. Saul lo mise a capo della gente di guerra ed egli era gradito a tutto il popolo, anche ai servitori di Saul.
All’arrivo dell’esercito, quando Davide ritornava dopo aver ucciso il Filisteo, le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suono dei timpani e dei triangoli e alzando grida di gioia;
le donne, danzando, si rispondevano a vicenda e dicevano: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila».
Saul ne fu molto irritato; quelle parole gli dispiacquero e disse: «Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli manca altro che il regno!»
E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio.
Il giorno dopo, un cattivo spirito, permesso da Dio, si impossessò di Saul che era come fuori di sé in mezzo alla casa, mentre Davide sonava l’arpa, come faceva tutti i giorni. Saul aveva in mano la sua lancia
e la scagliò, dicendo: «Inchioderò Davide al muro!» Ma Davide schivò il colpo per due volte.
Saul aveva paura di Davide, perché il SIGNORE era con lui e si era ritirato da Saul;
perciò Saul lo allontanò da sé e lo fece capitano di mille uomini; ed egli andava e veniva alla testa del popolo.
Davide riusciva bene in tutte le sue imprese e il SIGNORE era con lui.
Quando Saul vide che egli riusciva molto bene, cominciò ad aver paura di lui;
ma tutto Israele e Giuda amavano Davide, perché andava e veniva alla loro testa
(18:5-16).

Quello che creò il gran problema nella vita di Saul, e gli cambiò notevolmente i sui sentimenti e i suoi atteggiamenti nei confronti di Davide, fu senza dubbio le parole del canto delle donne.

...Le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suono dei timpani e dei triangoli e alzando grida di gioia;
e donne, danzando, si rispondevano a vicenda e dicevano: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila»
(1 Samuele 18:6-7).

Queste parole che rappresentavano l’espressione più genuina e i sentimenti più caldi di riconoscenza per la gran vittoria che Davide aveva riportato sul gigante Goliat, (a beneficio di tutto Israele, oltre che del re in persona), non furono valutati da Saul, nella stessa maniera.

La risposta che ne seguì subito, rappresenta la prova più tangibile.
Saul ne fu molto irritato; quelle parole gli dispiacquero e disse: «Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli manca altro che il regno!»
E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio
(vv. 8-9).

Che “l’irritazione” che manifestò Saul, rispecchiasse l’interpretazione che aveva data a quell’evento particolare, non c’è dubbio, anche perché trova piena adesione con gli atteggiamenti ostili che manifestò nei confronti di Davide.

Eppure Davide, rischiando la propria vita, quando andò a combattere con il gigante Goliat, aveva liberato Israele, non solo da quell’incirconciso Filisteo, (e con lui anche dall’esercito Filisteo), ma anche dal disprezzo e dallo scherno che si erano riversati su di lui, per tanti giorni.

Se poi si tiene conto dei risultati che Davide otteneva in tutte le spedizioni che Saul gli affidava, l’apprezzamento che le donne misero in risalto con il loro canto, oltre ad essere realistico, rappresentava anche una meritata riconoscenza pubblica, sotto l’aspetto pratico.

Questo, però, a Saul, non fu di gradimento, per il semplice fatto che, equivaleva ad accettare la sua inferiorità nei confronti di Davide.
Siccome il suo “io” venne potentemente scosso, da essere paragonato ad una vera e propria “destituzione”, il suo potere di regnare venne messo in discussione.

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Domenico34
00lunedì 2 gennaio 2012 14:57
Eppure Saul sapeva, che Dio lo aveva rimosso dall’ufficio di regnante sopra il suo popolo e che lo stesso regno, l’aveva dato a un’altro migliore di lui.
Egli perciò, pur riconoscendo che a Davide gli “spettava il regno”, fece del tutto per mettere fuori, questo scomodo inquilino. Ecco perché il testo biblico aggiunge: E Saul, da quel giorno in poi, guardò Davide di mal occhio (v. 9).

Non si deve tener conto solo il fatto che Saul non guardasse di buon occhio Davide; bisogna anche aggiungere altri elementi, per capire come mai quest’uomo avesse cambiato umore e si comportasse in quel modo. Si tenga presente che il giorno dopo, cioè subito, uno spirito cattivo, permesso da Dio, si impossessò di Saul (v. 10).

Questo spirito cattivo, senza dubbio, lo spingeva all’omicidio; e, se Davide, non venne inchiodato al muro dalla lancia che Saul gli scagliò, non fu perché non venne presa bene la mira, ma perché Davide schivò il colpo. Ci fu senza dubbio in quel giorno, un’intervento di Dio, che mise in salvo Davide, facendolo agire in quel modo.

Di Saul, in seguito, il testo biblico afferma: Saul continuò più che mai a temere Davide, e gli fu sempre nemico (v. 29).

Infine, Davide era amato da Gionatan, (18:1); da tutto Israele e Giuda (18:16); da tutti i servitori di Saul (18:22); da Mical, figlia di Saul (18:28), ma mai è detto che Saul amasse Davide.

È vero che la Scrittura afferma che Saul si era “affezionato molto a Davide” (16:21); ed era “gradito a lui” (18:22); questo però non significa che Saul amasse Davide, nel senso pieno che ha questo termine.

Davide genero di Saul


Saul disse a Davide: «Ecco Merab, la mia figlia maggiore; io te la darò in moglie; solo sii per me un guerriero valente, e combatti le battaglie del SIGNORE». Or Saul diceva tra sé: «Così non sarà la mia mano a colpirlo, ma la mano dei Filistei».
Ma Davide rispose a Saul: «Chi sono io, che cos’è la mia vita, e che cos’è la famiglia di mio padre in Israele, perché io diventi genero del re?»
Ma quando giunse il momento di dare Merab, figlia di Saul, a Davide, fu invece data in sposa a Adriel il Meolatita.
Però Mical, figlia di Saul, amava Davide; lo riferirono a Saul e la cosa gli piacque.
Saul disse: «Gliela darò, perché sia per lui una trappola ed egli cada sotto la mano dei Filistei». Saul dunque disse a Davide: «Oggi, per la seconda volta, tu puoi diventare mio genero».
Poi Saul diede quest’ordine ai suoi servitori: «Parlate in confidenza a Davide e ditegli: "Ecco, tu sei gradito al re e tutti i suoi servitori ti amano; diventa dunque genero del re"».
I servitori di Saul sussurrarono queste parole all’orecchio di Davide. Ma Davide replicò: «Sembra a voi cosa semplice diventare genero del re? Io sono povero e di umile condizione».
I servi riferirono a Saul: «Davide ha risposto così e così».
Saul disse: «Dite così a Davide: "Il re non domanda dote; ma domanda cento prepuzi dei Filistei, per vendicarsi dei suoi nemici"». Saul aveva in animo di far cadere Davide nelle mani dei Filistei.
I servitori dunque riferirono quelle parole a Davide; ed egli fu d’accordo di diventare genero del re in questa maniera. E prima del termine fissato,
Davide si alzò, partì con la sua gente, uccise duecento uomini dei Filistei, portò i loro prepuzi e ne consegnò il numero preciso al re, per diventare suo genero.
E Saul gli diede in moglie Mical, sua figlia. Saul vide e riconobbe che il SIGNORE era con Davide; e Mical, figlia di Saul, l’amava
(18:17-28).

Se Saul pensava di dare la sua figlia maggiore Merab, in moglie a Davide, non fu per mantenere la promessa fatta in precedenza, circa la ricompensa che avrebbe ricevuto colui che avrebbe ucciso il Filisteo Goliat (17:25), ma perché credeva che tenendolo vicino a sé e combattendo le battaglie del SIGNORE, qualche giorno sarebbe potuto cadere nelle mani dei nemici, senza che a lui venisse imputata la sua morte.

Come si vedeva chiaramente, tutte le mosse che escogitava Saul, avevano sempre come obbiettivo la morte di Davide.

Il fatto poi che nel giorno in cui Merab avrebbe dovuto diventare la moglie di Davide, venne data invece in sposa ad Adriel Meolatita (18:19), non ci fu nessun cambiamento nei piani di Saul, anche quando gli venne data Mical, visto che lei l’amava.

Se poi si tiene presente che Saul chiese a Davide cento prepuzi dei Filistei (v. 25) in cambio di una normale dote, per dargli sua figlia Mical, è un’ulteriore conferma di quanta malignità concepiva quell’uomo nei confronti di Davide.

Che poi Davide non sia caduto nelle mani dei Filistei, come Saul si augurava, ciò è un’altra prova che Dio vigilava sulla vita del suo servitore, e che nessuna arma fabbricata, sarebbe prevalsa contro di lui (Isaia 54:17).

RIFLESSIONE PER IMPARE QUALCOSA DI UTILE PER LA NOSTRA VITA

Se partiamo dal detto della Scrittura: Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno (Romani 8:28), si possono meglio apprezzare gli interventi di Dio a favore dei Suoi figli.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00martedì 3 gennaio 2012 00:16
Un altro testo biblico afferma:
«Non toccate i miei unti e non fate male ai miei profeti» (1 Cronache 16:22).

«Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti» (Salmi 105:15).

Se i due testi ripetono le identiche parole, è perché il secondo dipende dal primo, e il primo viene attribuito a Davide, anche se egli lo scrisse molto tempo dopo l’evento della macchinazione di Saul.

Anche se non si può affermare che Davide avesse composto il testo che il Cronista riporta, rifacendosi a se stesso, non si può neanche escluderlo.
Comunque siano andate le cose, dal punto di vista generale, nel testo in questione, si può benissimo includere Davide, sia come “unto” e sia come “profeta”, perché egli in effetti, corrisponde a l’uno e all’altro.

L’unzione che Davide aveva ricevuto da Samuele, era quella per l’ufficio di Re. Quell’unzione parlava della scelta di Dio. Se Samuele aveva versato su Davide “il corno d’olio”, l’aveva fatto dietro esplicito comando del Signore.

La scelta quindi, non l’aveva fatta il profeta, ma Dio, secondo la testimonianza che Egli stesso rese: Io ho trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, che eseguirà ogni mio volere (Atti 13:22).

Toccare un “unto del Signore” (allo scopo di fargli del male, naturalmente), significava inveire contro un preciso piano e disegno divino, allo scopo di neutralizzarlo o peggio ancora distruggerlo.

A questo punto sorge spontanea la domanda: Saul era a conoscenza che Samuele aveva unto d’olio Davide, per essere il futuro re d’Israele?

Dalla paura che Samuele esternò a Dio, di essere messo a morte da Saul, quando lo stesso re avrebbe saputo che lui si era recato nella casa di Isai, per ungere uno dei suoi figli, sembra di escluderlo.

Da quello che si può capire dalla Scrittura, non sembra che Samuele, durante la sua vita, abbia comunicato a Saul di avere unto Davide, per regnare su Israele.
Che Samuele avesse comunicato a Saul da molto tempo che Dio l’aveva rimosso dal suo ufficio, perché aveva trovato un altro migliore di lui, è cosa certa.

Se quindi, la risposta è affermativa, cioè che Saul sapesse dell’unzione di Davide, la sua responsabilità è enorme e nessuna delle sue trame tendente a far morire Davide, può essere giustificata.

In tutti gli interventi che Gionatan fece con suo padre, in favore di Davide, non risulta che egli avesse fatto menzione dell’unzione di Davide, anche se più tardi, confidò a Davide che suo padre stesso sapeva che sarebbe stato il futuro re d’Israele (cfr. 1 Samuele 23:17).

Questo però non vuol dire che Gionatan fosse al corrente dell’unzione di Davide.

Che Davide sapesse ciò che significava “toccare l’unto del Signore, questo è provato dai seguenti testi.

Davide disse alla gente: «Mi guardi il SIGNORE dall’agire contro il mio re, che è l‘unto del SIGNORE, e dal mettergli le mani addosso; poiché egli è l‘unto del SIGNORE» (1 Samuele 24:7).

Ecco, in questo giorno tu vedi con i tuoi occhi che oggi il SIGNORE ti aveva dato nelle mie mani in quella caverna; qualcuno mi disse di ucciderti, ma io ti ho risparmiato e ho detto: Non metterò le mani addosso al mio signore, perché egli è l‘unto del SIGNORE (1 Samuele 24:11).

avide gli disse: «Come mai non hai temuto di stendere la mano per uccidere l‘unto del SIGNORE?» (2 Samuele 1:14).

Davide gli disse: «Il tuo sangue ricada sul tuo capo, perché la tua bocca ha testimoniato contro di te quando hai detto:"Io ho ucciso l‘unto del SIGNORE"» (2 Samuele 1:16).

Presso gli Israeliti, gli unti del Signore, erano i sacerdoti, i profeti e i re, mentre tra la cristianità, sono stati tutti quelli che hanno ricevuto da Dio un ministero.
L’unzione su costoro, l’ha fatta lo Spirito Santo. Mettere quindi, la mano su di loro, significa andare contro lo Spirito del Signore e ostacolare l’opera Sua.

Il testo biblico è un serio monito per tutti, e ci richiama al rispetto e alla sottomissione.
Quando si rispetta un servo del Signore, e non si va in giro per diffamarlo con ogni sorta di calunnie, o propalando maldicenze, che non hanno niente di verità, e non si è di ostacolo né di impedimento all’opera del ministero, allora in effetti siamo attivi collaboratori di Dio, pronti a favorire il lavoro dello Spirito Santo, nella vita delle persone, sia che si tratti dei salvati come anche dei peccatori inconvertiti. Ame!

PS: Se al termine del capitolo 5 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura


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Domenico34
00mercoledì 4 gennaio 2012 00:02
Capitolo 6




COMINCIA LA VITA RAMINGA PER DAVIDE



Un nuovo attentato per la vita di Davide

Saul confidò a Gionatan, suo figlio, e a tutti i suoi servitori che vuole uccidere Davide. Ma Gionatan, figlio di Saul, che voleva un gran bene a Davide,
informò Davide della cosa e gli disse: «Saul, mio padre, cerca di ucciderti; quindi, ti prego, sta’ in guardia domani mattina, tieniti in un luogo segreto e nasconditi.
Io uscirò e mi terrò al fianco di mio padre, nel campo dove tu sarai; parlerò di te a mio padre, vedrò come vanno le cose e te lo farò sapere».
Gionatan dunque parlò a Saul, suo padre, in favore di Davide e gli disse: «Non pecchi il re contro il suo servo, contro Davide, poiché egli non ha peccato contro di te, anzi il suo servizio ti è stato di grande utilità.
Egli ha rischiato la propria vita, ha ucciso il Filisteo e il SIGNORE ha operato una grande liberazione in favore di tutto Israele. Tu l’hai visto e te ne sei rallegrato; perché dunque peccare contro il sangue innocente, uccidendo Davide senza ragione?»
Saul diede ascolto alla voce di Gionatan e fece questo giuramento: «Com’è vero che il SIGNORE vive, egli non sarà ucciso!»
Allora Gionatan chiamò Davide e gli riferì tutto questo. Poi Gionatan ricondusse Davide da Saul. Egli rimase al suo servizio come prima
(19:1-7).

A differenza delle altre volte in cui Saul tentò di mettere a segno il colpo mortale contro Davide, questa volta invece preferisce confidarsi con suo figlio Gionatan e con i suoi servitori. A loro, infatti, rivela il piano diabolico che ha concepito dentro di sé, per far morire Davide.

Se Davide si fosse comportato male con Saul o gli avesse recato danno, la sua intenzione di volerlo mettere fuori, avrebbe potuto trovare giustificazione, ai fini di una giusta vendetta, dal punto di vista umano.

Siccome però sappiamo che in Davide non c’era il minimo indizio che convergesse in quella direzione, non sapremmo spiegarci come Saul ebbe il coraggio di parlare a Gionatan e ai suoi servitori di quel piano diabolico.
Nei due precedenti tentativi, Saul agì da solo, cioè senza confidare a nessuno la sua malvagia intenzione.

Approfittando che Davide era solo in casa sua, impegnato a suonare l’arpa, allo scopo di portare sollievo al turbamento di Saul, sotto la spinta di quello spirito cattivo che si trovava in lui, Saul tentò il colpo, pensando che con la sua lancia, avrebbe inchiodato al muro Davide.

Però, questo suo tentativo non riuscì, non solo perché Davide seppe schivare il colpo, ma soprattutto anche per l’intervento di Dio in suo favore, così che la lancia scagliata con tutta la potenza infernale, invece di colpirlo, andò a conficcarsi nella parete.

Fino a quel giorno, nessuno nella casa di Saul, o dei suoi servitori, sapeva, o avrebbe potuto avere un minimo sospetto, che il re concepisse piani omicidi nei confronti di Davide.
Avranno certamente subito un vero shock, quando Gioanatan e i suoi servitori, lo vennero a sapere, soprattutto perché l’uno e gli altri, amavano veramente Davide!

Gionatan a quell'inaspettata notizia, non rimase indifferente e scettico, ma seppe con prontezza reagire, avvisando il suo amico, perché si mettesse in guardia, per evitare di cadere nella trappola del padre. I buoni e i veri amici, agiscono così, nei confronti di quelli che essi veramente amano!

Se tu ami veramente una persona, oltre a immedesimarti facilmente nel suo bisogno, non resterai con le mani in mano; ma farai senza dubbio tutto ciò ch’è in tuo potere, in modo da renderti utile. Mettere in guardia qualcuno contro un pericolo, specialmente quando l’interessato non lo conosce e neanche ha il minimo sospetto di cadervi dentro, in pratica significa risparmiarlo da immane tragedia e da strazianti pianti.

Messo in salvo e al sicuro colui che egli ama, ora Gionatan può parlare con suo padre, perorando la causa di Davide.
Mettendo in risalto, tutto il bene che Davide aveva fatto in favore di tutto Israele, a rischio della propria vita, Gionatan trova la maniera per convincere suo padre che, il piano che ha concepito per uccidere Davide, è folle e significa essenzialmente “peccare contro se stesso”.

Dal momento che Gionatan può provare l’innocenza di Davide, perché in realtà egli non ha commesso nessun peccato contro il re, la sua argomentazione convinse Saul, a desistere da quella malvagia iniziativa, portandolo addirittura a giurare nel nome del Signore: «Com’è vero che il SIGNORE vive, egli non sarà ucciso!» (v. 6).
Solo quando Gionatan ebbe l’assicurazione che il problema era stato felicemente risolto, poté comunicarlo a Davide e ricondurlo di nuovo da Saul per rimanervi al suo servizio.

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Domenico34
00giovedì 5 gennaio 2012 00:04
Saul ritorna alla carica

Ricominciò di nuovo la guerra e Davide uscì a combattere contro i Filistei, inflissi loro una grave sconfitta e quelli fuggirono davanti a lui.
Allora uno spirito cattivo, permesso dal SIGNORE, s’impossessò di Saul. Egli sedeva in casa sua tenendo in mano una lancia, mentre Davide sonava l’arpa.
Allora Saul cercò di inchiodare Davide al muro con la lancia; ma Davide schivò il colpo e la lancia andò a conficcarsi nel muro. Davide fuggì e si mise in salvo in quella stessa notte.
Saul inviò degli uomini a casa di Davide per tenerlo d’occhio e ucciderlo la mattina dopo; ma Mical, moglie di Davide, lo informò della cosa, dicendo: «Se in questa stessa notte non ti metti in salvo, domani sei morto».
Mical calò Davide da una finestra ed egli se ne andò, fuggì e si mise in salvo.
Poi Mical prese l’idolo domestico e lo pose nel letto; gli mise in capo un cappuccio di pelo di capra e lo coprì con un mantello.
Quando Saul inviò degli uomini a prendere Davide, lei disse: «È malato».
Allora Saul inviò di nuovo i suoi uomini perché vedessero Davide, e disse loro: «Portatemelo nel letto, perché possa ucciderlo».
Quando giunsero quegli uomini, ecco che nel letto c’era l’idolo domestico con in testa un cappuccio di pelo di capra.
Saul disse a Mical: «Perché mi hai ingannato così e hai dato al mio nemico la possibilità di fuggire?» Mical rispose a Saul: «lui che mi ha detto:"Lasciami andare, altrimenti ti ammazzo!"»
(19:8-17).

Scongiurato il tentativo di uccidere Davide, Saul, che sembrava si fosse ricreduto e avesse fatto marcia indietro, ritorna alla carica.

Sembra che la ripresa dell’ostilità di Saul, nei confronti di Davide, debba essere ricercata, in primo luogo, nella strepitosa vittoria che Davide riportò sui Filistesi. Infatti, è significativo che il (v. 9) che riparla dello spirito cattivo nuovamente si impossessa di Saul, cominci: Allora uno spirito cattivo...

È probabile che Saul non abbia partecipato attivamente alla gioia per la grande vittoria ottenuta da Davide.

In quel caso, il sentimento di gelosia che si era manifestato nella vita di Saul, a seguito delle parole del canto delle donne: «Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila» (18:7), si sia ripresentato di nuovo nella sua mente, favorendo lo “spirito cattivo” di avere il sopravvento nella sua vita.

Il fatto che lo vediamo agire nella stessa maniera come aveva agito in precedenza, questo è un elemento che favorisce quest'interpretazione.

Che quello “spirito cattivo”, sia lo stimolo propulsivo all’azione di Saul nel lanciare la sua lancia per inchiodare Davide alla parete, ci sembra ovvio.

Questa volta, a differenza del passato che rimase in casa di Saul, per continuare a suonare l’arpa, Davide, non solo schiva il colpo della lancia che si conficca nella parete, ma ravvisa la pericolosità della minaccia, e perciò si dà alla fuga mettendosi in salvo quella stessa notte.

Certo di sapere che Davide si era messo in salvo, andando a casa sua, dove c’era sua moglie Mical, Saul vi inviò subito degli uomini, col preciso incarico di controllare la situazione, in modo che al mattino, Davide venisse preso e messo a morte.

Mical, da brava e intelligente moglie che era, avvisò Davide del pericolo, lo calò da una finestra, così Davide poté mettersi in salvo in quella stessa notte, ma dovette darsi alla fuga.
Da quella notte in poi, Davide cominciò a essere un vero fuggitivo, e questo stato si protrasse per un lungo periodo, dato che non potè stare più in casa sua con sua moglie.

Davide va da Samuele a Rama

Davide dunque fuggì, si mise in salvo, andò da Samuele a Rama e gli raccontò tutto quello che Saul gli aveva fatto. Poi, egli e Samuele andarono a stare in Naiot.
Questo fu riferito a Saul, dicendo: «Ecco, Davide è a Naiot, presso Rama».
Saul inviò i suoi uomini a prendere Davide, ma quando questi videro profetizzare i profeti, riuniti sotto la presidenza di Samuele, lo spirito di Dio investì gli inviati di Saul che si misero anche loro a profetizzare.
Ne informarono Saul, che inviò altri uomini, i quali pure si misero a profetizzare. Saul ne mandò ancora per la terza volta, ma anche questi si misero a profetizzare.
Allora si recò egli stesso a Rama. Giunto alla grande cisterna che è a Secu, chiese: «Dove sono Samuele e Davide?» Gli fu risposto: «A Naiot, presso Rama».
Egli andò dunque là, a Naiot, presso Rama. Lo spirito di Dio investì anche lui ed egli continuò il suo viaggio profetizzando finché giunse a Naiot, presso Rama.
Anche lui si spogliò delle sue vesti, anche lui profetizzò in presenza di Samuele e rimase steso a terra nudo tutto quel giorno e tutta quella notte. Da lì viene il detto: «Saul, è anche lui tra i profeti?»
(19:18-24).

Visto che Davide si trova in una stretta morsa, preferisce correre verso Samuele, e raccontargli tutte le cose che Saul gli ha fatte.

Che Davide si sia sfogato con Samuele e abbia scaricato la sua tensione, è naturale pensarlo. Ma cosa abbia risposto Samuele al rapporto di Davide, non ci è dato di sapere, anche perché il testo sacro tace.

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Domenico34
00venerdì 6 gennaio 2012 00:01
Il fatto poi che questo testo specifichi che, Samuele e Davide andarono a stare a Naiot, ciò è un chiaro indizio del suggerimento che Samuele avrà dato a Davide, per superare quel momento difficile.

Forse Samuele e Davide non avranno pensato che, ci sarebbe stata la possibilità che qualcuno avrebbe riferito a Saul quanto era convenuto con Samuele.

Però, si sa, che nel giro di poco tempo, non solo la notizia arriva a Saul, ma lo stesso manda subito i suoi uomini, con l’incarico di arrestare Davide.

Il pericolo per Davide è serio. Dio sa che Davide e Samuele, non hanno i mezzi per far fronte e opporsi all’azione degli uomini di Saul. In conseguenza di ciò, decide una sua insolita strategia, per risolvere quel caso difficile.
Immaginiamo il probabile ragionamento che Dio ha fatto con se stesso. A Naiot, c’è un gruppo di profeti che profetizzano sotto la presidenza di Samuele.

Quando gli uomini di Saul arriveranno a Naiot, con l’incarico di arrestare Davide, e vedranno quei profeti profetizzare, si fermeranno per guardare; mentre saranno intenti ad osservare quella scena, il mio Spirito scenderà su di loro, così che anch’essi si metteranno a profetizzare con gli altri profeti.

Infatti, così avvenne! Quando gli uomini inviati da Saul arrivarono a Naiot.
Vedendo i profeti che profetizzavano sotto la presidenza di Samuele, furono attratti da quella manifestazione, e, invece di proseguire per portare a termine la loro missione, cominciarono a guardare verso quei profeti che profetizzavano, e mentre che loro erano intenti e concentrati per quello che vedevano, lo Spirito del Signore scese su di loro, e anch’essi cominciarono a profetizzare assieme con gli altri profeti.

La notizia dell’accaduto arrivò subito a Saul, il quale, senza cercare spiegazione della notizia pervenutagli, mandò un’altra squadra, però anche i secondi fecero lo stesso come i primi, e più tardi anche la terza spedizione, si comportò come le precedenti, cioè: tutti gli uomini mandati da Saul, furono intenti a profetizzare, sotto la presidenza di Samuele.

Non sapendo spiegarsi tutta la faccenda, e non trovando un’altra soluzione al caso, Saul decide di andare di persona a Naiot, sempre con l’intenzione di arrestare Davide, e metterlo a morte.

Dio vede tutto ciò: il proposito folle e la determinazione di Saul a liquidare Davide, a qualsiasi costo, e, con un’azione insolita e pacifica, Egli sventa la velleità di quest’uomo.

Non appena Saul arriva a Naiot, a differenza di come si erano comportati i suoi uomini in precedenza, si toglie le sue vesti e anche lui profetizza alla presenza di Samuele e rimane steso a terra nudo tutto quel giorno e tutta quella notte.

Non è che Saul con i suoi uomini “diventarono” profeti: rimasero quelli che erano prima; con la differenza, però, che in quel giorno particolare, furono usati da Dio a profetizzare, in una maniera insolita e inaspettata.
Tutto questo, naturalmente, non solo perché lo Spirito di Dio venne su di loro, ma anche perché il piano divino, riguardante la Sua Sovranità, rimanesse fermo, per la salvaguardia della vita di Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio.

RIFLESSIONE SUGLI INTERVENTI INSOLITI DI DIO


Gionatan, nel giorno che perorò la causa di Davide davanti a suo padre, mise in risalto l’azione che compì Davide, quando egli uccise il Filisteo Goliat.

Egli ha rischiato la propria vita, ha ucciso il Filisteo e il SIGNORE ha operato una grande liberazione in favore di tutto Israele. Tu l’hai visto e te ne sei rallegrato; perché dunque peccare contro il sangue innocente, uccidendo Davide senza ragione?» (19:5).

Da una parte, il bene che Davide aveva fatto, è innegabile: nessuno lo può contestare; neanche lo stesso Saul.

Eppure, egli, come se i suoi occhi fossero bendati, acceso da una gelosia che non lo lasciava in pace, vuole a qualsiasi costo eliminare Davide.

Dall’altra parte, Davide, che sa di essere innocente davanti a Saul, perché in fin dei conti non ha commesso nessun peccato contro il re, trovandosi stretto in una morsa, è forzato a lasciare la propria casa, sua moglie e vivere la sua vita come un ramingo. Davide, per una spiccata caratteristica che aveva in sé, era audace (cfr. 16:18).

Il suo coraggio, si sarà facilmente sviluppato nella sua vita, principalmente a seguito delle varie esperienze avute, non solo per le vittorie che conseguì sui nemici, mentre stava alle dipendenze di Saul, ma anche prima quando era dietro il gregge di suo padre, e poi soprattuto nel rendersi conto che il Signore era con lui. Questa consapevolezza, senza dubbio, lo ha sostenuto nei momenti più critici della sua esistenza.

Inoltre, Davide, come tutti gli altri esseri umani, non era scevro dall’essere assalito da certi pensieri, come per esempio: se Dio mi ha scelto per governare come re del Suo popolo Israele, perché devo incontrare tutti questi ostacoli? Perché non posso vivere tranquillamente in casa mia e stare con mia moglie, come del resto fanno tutti gli altri?

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Domenico34
00sabato 7 gennaio 2012 00:04
Perché devo vivere la mia vita come un errante, come se fossi un fuorilegge? Perché il mio Dio permette che l’ingiustizia di Saul prevalga su di me?
Questi e tanti altri pensieri, avranno affollato nella sua mente riempiendola di tante domande, alle quali non sempre riusciva a dare le giuste risposte.

Anche se Davide non riusciva a spiegarsi ogni situazione che si presentava davanti a sé, nondimeno, la sua fede in Dio, immancabilmente lo sosteneva nelle varie difficoltà che incontrava.

Dio però, che è Sovrano e ha tutto sotto controllo, ha a sua disposizione tanti mezzi per aiutare e soccorrere Davide, l’uomo secondo il suo cuore che eseguirà ogni suo volere (Atti 13:22), quando verrà a trovarsi in difficoltà.
Ora si serve di Gionatan, per scongiurare, anche se è momentanea, la decisione di suo padre, di eliminare Davide. Più tardi, darà una particolare accortezza a Mical consigliando a suo marito di mettersi in salvo, perché suo padre lo vuole uccidere.

Quando si reca da Samuele, in cerca di rifugio e per sottrarsi all’ostilità spietata di Saul, Davide vede quello che succede agli emissari di Saul, mandati per arrestarlo; e, forse, sarà rimasto sbalordito, nel vedere lo stesso Saul, steso a terra che profetizza alla presenza di Samuele. Se tutte queste cose sono chiare davanti a Davide, nel senso che le ha viste con i propri occhi, forse non riesce ad afferrare in pieno il significato degli insoliti interventi divini in suo favore.

Eppure questi avvenimenti testimoniano efficaciamente della fedeltà di Dio e della Sua bontà, nel dirigere tutte le situazioni inerenti alla vita di Davide e come Egli prende cura di lui.

Anche se certe volte e in situazioni particolari, Dio compie certi insoliti interventi, nel senso che non sono comuni, cioè Egli non li fa spesso, ma quando ritiene di doverle effettuare, li compie sempre a beneficio dei suoi figli e dei suoi servitori, in modo particolare.

Infine, non possiamo sorvolare un particolare, ponendo una domanda in merito. Qual’è lo scopo principale di Dio, nel difendere e nel proteggere la vita di Davide? Solo perché era l’uomo secondo il suo cuore, o c’era qualcos’altro?

Senza dubbio, quando Dio intevenne per mettere in valvo Davide, dall’odio spietato di Saul, Egli non mirava solamente alla successione del regno d’Israele, (anche se quello era un punto fermo), mirava piuttosto a garantire la continuità dei Suoi piani e dei Suoi disegni, per ciò che riguardava il futuro del Messia.

Sappiamo con assoluta certezza che, secondo i piani divini, cioè in conformità a quello che il Signore aveva stabilito nell’eternità, il Messia avrebbe dovuto avere una discendenza Davidica, cioè, doveva uscire dal ceppo della casa di Davide, cioè d’Isai. Basta citare una sola profezia, a sostegno di quanto sopra. Eccola:

Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici.

Lo Spirito del SIGNORE riposerà su di lui: Spirito di saggezza e d’intelligenza, Spirito di consiglio e di forza, Spirito di conoscenza e di timore del SIGNORE.
Respirerà come profumo il timore del SIGNORE, non giudicherà dall’apparenza, non darà sentenze stando al sentito dire,
ma giudicherà i poveri con giustizia, pronuncerà sentenze eque per gli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca, e con il soffio delle sue labbra farà morire l’empio.
La giustizia sarà la cintura delle sue reni, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi
(Isaia 11:1-5).

Che il testo d’Isaia sia una profezia messianica, nessuno lo mette in dubbio. Dal momento che tutti gli altri sette figli che Isai, erano stati esclusi da Dio stesso, a succedere nel regno d’Israele, rimaneva il solo Davide per quella carica.

Se Davide fosse stato eliminato da Saul, (come egli si era proposto con la sua ferma determinazione), non sarebbe solamente venuta a mancare una maglia nella catena della successione del regno, ma una persona che avrebbe dovuto essere paragonata a una “radice”, che avrebbe fatto spuntare l’albero. Non è possibile parlare dell’albero genealogico del Messia, senza la persona di Davide, perché appunto egli costituiva una maglia della catena ed era anche “radice”.

Davanti a questa specifica considerazione, l’attacco mirante ad eliminare Davide, non era solamente per ciò che riguardava la successione al regno d’Israele, mossa e mantenuta in piede da Saul geloso, ma da una forza infernale che mirava a togliere la “radice” perché non spuntasse l’albero.

Se per un'assurda ipotesi Saul fosse stato abile a togliere di mezzo Davide, particolarmente con quella sua andata a Naiot, il piano di Dio per ciò che riguardava il Messia, avrebbe dovuto pagarne le spese; la Parola del Signore sarebbe stata screditata e tutto il piano della redenzione sarebbe andato in fumo.

In vista di quest'obbiettivo, che gli uomini non riuscivano ad intravedere, Dio non poteva rimanere indifferente. Ecco perché intervenne direttamente Lui, in una maniera insolita, investendo col Suo Spirito, l’uomo che era diventato uno strumento nelle mani di Satana, determinato a far naufragare il piano della Sua volontà.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00domenica 8 gennaio 2012 00:31
Mi chiederete in ultima analisi: Se Saul non fosse stato investito dallo Spirito di Dio e non avesse profetizzato alla presenza di Samuele e in mezzo a tutti gli altri profeti (compresi tutti gli uomini che aveva mandato in precedenza, i quali profetizzavano come tutti gli altri), avrebbe Saul portato a termine il suo piano, cioè: arrestare Davide e farlo morire? Vi rispondo con un perentorio sì!

Che ognuno di noi, sappia fare tesoro, di tutto quello che il Signore, fa a nostro favore. A Lui sia la gloria e l’onore!

PS: Se al termine del capitolo 6 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura



Capitolo 7




PATTO FRA DAVIDE E GIONATAN E FUGA A NOB E A GAT



Nonostante che Dio abbia compiuto un’azione insolita e straordinaria, per liberare Davide dalle mani di Saul, mentre quell'ultimo si trovava a Naiot con Samuele, lui tuttavia non si sentiva al sicuro rimanendo in quella località.

Davide va a trovare Gionatan

Davide fuggì da Naiot, presso Rama, andò a trovare Gionatan e gli disse: «Che cosa ho fatto? Qual è la mia colpa? Qual è il mio peccato verso tuo padre, perché egli minacci la mia vita?»
Gionatan gli rispose: «No affatto! Tu non morirai. Ecco, mio padre non fa niente, né di grande né di piccolo, senza dirmelo. Perché dovrebbe nascondermi questa intenzione? Non è possibile».
Ma Davide replicò, giurando: «Tuo padre sa molto bene che io ho trovato grazia agli occhi tuoi; perciò avrà detto:"Gionatan non sappia questo, affinché non ne abbia dispiacere"; ma, com’è vero che il SIGNORE vive e tu stesso vivi, tra me e la morte non c’è che un passo».
Gionatan disse a Davide:«Che cosa desideri che io ti faccia?»
Davide rispose a Gionatan: «Domani è la luna nuova, e io dovrei pranzare con il re; lasciami andare e mi nasconderò per la campagna fino alla terza sera.
Se tuo padre nota la mia assenza, tu gli dirai: "Davide mi ha pregato con insistenza di lasciarlo andare fino a Betlemme, la sua città, perché c’è il sacrificio annuale per tutta la sua famiglia".
Se egli dice:"Va bene!" allora il tuo servo avrà pace; ma se invece si adira, sappi che il male che mi vuol fare è deciso.
Mostra dunque la tua bontà verso il tuo servo, perché hai fatto entrare il tuo servo in un patto con te nel nome del SIGNORE. Se c’è in me qualche malvagità, uccidimi tu; ma non condurmi da tuo padre!»
Gionatan disse:«Lungi da te questo pensiero! Se io venissi a sapere che il male è deciso da parte di mio padre e sta per venirti addosso, non te lo farei sapere?»
Davide disse a Gionatan: «Chi m’informerà, nel caso che tuo padre ti dia una risposta dura?»
Gionatan disse a Davide: «Vieni, andiamo fuori nei campi!» E andarono insieme fuori nei campi.
Gionatan disse a Davide: «Il SIGNORE, il Dio d’Israele, mi sia testimone! Quando domani o dopodomani, a quest’ora, io avrò sentito quello che pensa mio padre, se egli è ben disposto verso Davide e io non mando a fartelo sapere,
il SIGNORE tratti Gionatan con tutto il suo rigore! Nel caso poi che mio padre voglia farti del male, te lo farò sapere e ti lascerò partire perché tu ti metta al sicuro; e il SIGNORE sia con te come è stato con mio padre!
Possa tu, se sarò ancora in vita, usare verso di me la bontà del SIGNORE, perché io non muoia.
Non cessare mai di essere buono verso la mia casa, neppure quando il SIGNORE avrà sterminato dalla faccia della terra fino all’ultimo i nemici di Davide.
Così Gionatan strinse alleanza con la casa di Davide, dicendo: «Il SIGNORE faccia vendetta dei nemici di Davide!»
Per l’amore che aveva verso di lui, Gionatan fece di nuovo giurare Davide; perché egli l’amava come la sua stessa vita.
Poi Gionatan gli disse: «Domani è la luna nuova e la tua assenza sarà notata, perché il tuo posto sarà vuoto.
Dopodomani dunque tu scenderai giù fino al luogo dove ti nascondesti il giorno di quel fatto e rimarrai presso la pietra di Ezel.
Io tirerò tre frecce da quel lato, come se tirassi al bersaglio.
Poi subito manderò il ragazzo, dicendogli: "Va’ a cercare le frecce". Se dico al ragazzo: "Guarda, le frecce sono di qua da te, prendile!" tu allora vieni, perché tutto va bene per te e non hai nulla da temere, come il SIGNORE vive!
Ma se dico al giovane: "Guarda, le frecce sono di là da te!" allora vattene, perché il SIGNORE ti manda via.
Quanto a quel che abbiamo convenuto tu e io, ecco, il SIGNORE ne è testimone per sempre»
(20:1-23).

L’unica persona di cui Davide poteva fidarsi, eccetto Samuele, naturalmente, era Gionatan.

Con lui egli poteva parlare a cuore aperto, senza nessuna riservatezza, poiché sapeva che era un “sincero amico”, uno che “veramente lo amava”, come la sua stessa vita.

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Domenico34
00lunedì 9 gennaio 2012 00:08
Dove si trovava Gionatan, non ci viene dato da sapere, anche perché il testo biblico tace. Questo però non ha nessun'importanza; quello che conta è sapere la conversazione che hanno avuto i due.
Nelle tre domande che Davide rivolge a Gionatan: «Che cosa ho fatto?
Qual è la mia colpa? Qual è il mio peccato verso tuo padre, perché egli minacci la mia vita?»
(v. 1), si può leggere tutta l’angoscia e l’inquietitudine che c’era nel suo cuore.

D’altra parte, Davide non aveva torto ad esprimersi in quel modo, perché sapeva con certezza che Saul era determinato a liquidarlo. Davanti a quelle precise parole, Gionatan risponde con prontezza: no affatto! Tu non morirai.

Se egli dà quest'assicurazione all’amico, ciò non significa che egli non crede a quello che gli viene detto, ma semplicemente che ricordando che suo padre non fa niente, né di grande né di piccolo, senza dirglielo (e siccome fino a quel momento suo padre non gli aveva comunicato niente, né di bene né di male nei confronti di Davide), Gionatan credeva che le cose potessero essere diversamente di come asseriva Davide.

Quando però Davide gli replica con giuramento:
«Tuo padre sa molto bene che io ho trovato grazia agli occhi tuoi; perciò avrà detto: "Gionatan non sappia questo, affinché non ne abbia dispiacere"; ma, com’è vero che il SIGNORE vive e tu stesso vivi, tra me e la morte non c’è che un passo,

Gionatan si rende conto che la minaccia di morte per il suo amico esiste.
Lo stesso atteggiamento di disponibilità che Gionatan offre a Davide, sta dimostrando che egli non può più affermare: no affatto!
L’assicurazione che Gionatan promette a Davide di indagare presso suo padre, dimostra che egli ha preso atto della situazione e vuole interessarsi fino in fondo.

Quando poi Gionatan si convince che veramente suo padre ha deciso di far morire Davide, oltre a manifestare tutta la sua indignazione e il suo profondo dolore per il suo amico, non rimane più accanto a suo padre a mangiare allo stesso tavolo, anzi si leva e va subito da Davide e gli conferma che quanto gli aveva detto, è vero.

I veri amici e quelli che amano con tutto il cuore, non restano indifferenti davanti a certe situazioni dolorose; partecipano attivamente con l’immedesimarsi alle loro situazioni, e, per dirla con l’apostolo Paolo, a proposito dell’amore:

L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia,
non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male,
non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità;
soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa
(1 Corinzi 13:4-7).

Patto tra Davide e Gionatan


Prima che i due si separino, sentono il bisogno di impegnarsi l’uno verso l’altro, con un giuramento nel nome del Signore.

Gionatan disse a Davide: «Va’ in pace, ora che abbiamo fatto tutti e due questo giuramento nel nome del SIGNORE. Il SIGNORE sia testimone fra me e te, e fra la mia e la tua discendenza, per sempre».
Davide si alzò e se ne andò, e Gionatan tornò in città
(20:42-43).

Che questo giuramento abbia rappresentato un ulteriore legame di amicizia e di fedeltà reciproca, lo dimostreranno gli eventi futuri. Qui di seguito vogliamo rifarci ad alcuni di loro.

Quando Davide, nella sua vita di ramingo, si trovava nel deserto di Zif, l’amico Gionatan, lungi dal dimenticarlo, lo va a trovare.

Allora Gionatan, figlio di Saul, si alzò e andò da Davide nella foresta. Egli fortificò la sua fiducia in Dio
e gli disse: «Non temere; poiché Saul, mio padre, non riuscirà a metterti le mani addosso. Tu regnerai sopra Israele, io sarò il secondo dopo di te; e lo sa bene anche Saul, mio padre».
I due fecero alleanza in presenza del SIGNORE; poi Davide rimase nella foresta e Gionatan andò a casa sua (23:16-18).

Più tardi, quando sul campo di battaglia con i Filistei, Saul e Gionatan rimasero uccisi, Davide nel comporre la sua elegia, cioè il canto funebre, si espresse nel seguente modo:

Il fiore dei tuoi figli, o Israele, giace ucciso sulle tue alture! Come mai sono caduti quei prodi?
Non portate la notizia a Gat, non lo pubblicate per le strade di Ascalon; le figlie dei Filistei ne gioirebbero, le figlie degl’incirconcisi ne farebbero festa.
O monti di Ghilboa, su di voi non cada più né rugiada né pioggia; i vostri campi non diano più primizie per le offerte; poiché là fu gettato via lo scudo dei prodi, lo scudo di Saul, che l’olio non ungerà più.
L’arco di Gionatan non tornava mai dalla battaglia senza avere sparso sangue di uccisi, senza aver trafitto grasso di prodi; e la spada di Saul non tornava indietro senza avere colpito.
Saul e Gionatan, tanto amati e cari mentr’erano in vita, non sono stati divisi nella loro morte. Erano più veloci delle aquile, più forti dei leoni!
Figlie d’Israele, piangete su Saul; egli vi rivestiva deliziosamente di scarlatto, alle vostre vesti metteva degli ornamenti d’oro.
Come mai sono caduti i prodi in mezzo alla battaglia? Come mai venne ucciso Gionatan sulle tue alture?
Io sono in angoscia a motivo di te, Gionatan, fratello mio; tu mi eri molto caro, e l’amore tuo per me era più meraviglioso dell’amore delle donne.
Come mai sono caduti i prodi? Come mai sono state infrante le loro armi?
(2 Samuele 1:19-27).

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Domenico34
00martedì 10 gennaio 2012 00:18
Ma l’episodio più commovente e più significativo, (a noi addirittura c'ispirò il titolo di questo libro, “Fare del bene per amore di qualcuno”) è descritto con le seguenti parole:

Davide disse: «C’è ancora qualcuno della casa di Saul, al quale possa fare del bene per amore di Gionatan?»
C’era un servo della casa di Saul, di nome Siba, che fu fatto venire da Davide. Il re gli chiese: «Sei tu Siba?» Egli rispose: «Servo tuo».
Il re gli disse: «C’è ancora qualcuno della casa di Saul al quale io possa far del bene per amore di Dio?» Siba rispose al re: «C’è ancora un figlio di Gionatan, storpio dei piedi».
Il re gli disse: «Dov’è?» Siba rispose al re: «È a Lodebar in casa di Machir, figlio di Ammiel».
Allora il re lo mandò a prendere in casa di Machir, figlio di Ammiel, a Lodebar.
E Mefiboset, figlio di Gionatan, figlio di Saul, andò da Davide, si gettò con la faccia a terra e si prostrò davanti a lui. Davide disse: «Mefiboset!» Egli rispose: «Ecco il tuo servo!»
Davide gli disse: «Non temere, perché io non mancherò di trattarti con bontà per amore di Gionatan tuo padre, ti restituirò tutte le terre di Saul tuo nonno e tu mangerai sempre alla mia mensa».
Mefiboset s’inchinò profondamente e disse: «Che cos’è il tuo servo, perché tu ti degni di guardare un cane morto come sono io?»
Allora il re chiamò Siba, servo di Saul e gli disse: «Tutto quello che apparteneva a Saul e a tutta la sua casa io lo do al figlio del tuo signore.
Tu dunque, con i tuoi figli e con i tuoi servi, coltiverai per lui le terre e gli porterai il raccolto, perché il figlio del tuo signore abbia pane da mangiare; Mefiboset, figlio del tuo signore, mangerà sempre alla mia mensa». Siba aveva quindici figli e venti servi.
Siba disse al re: «Il tuo servo farà tutto quello che il re mio signore ordina al suo servo». Mefiboset mangiò alla mensa di Davide come uno dei figli del re.
Mefiboset aveva un figlioletto chiamato Mica; tutti quelli che stavano in casa di Siba erano servi di Mefiboset.
Mefiboset abitava a Gerusalemme perché mangiava sempre alla mensa del re. Era zoppo di entrambi i piedi
(2 Samuele 9:1-13).

Davide va a Nob, dal sacerdote Achimelec


Davide andò a Nob dal sacerdote Achimelec; Achimelec gli venne incontro turbato e gli disse: «Perché sei solo e non hai nessuno con te?»
Davide rispose al sacerdote Achimelec: «Il re mi ha dato un incarico e mi ha detto: "Nessuno sappia nulla dell’affare per cui ti mando e dell’ordine che ti ho dato"; e quanto alla mia gente, le ho detto di trovarsi in un dato luogo.
Ora che hai qui a portata di mano? Dammi cinque pani o quelli che si potrà trovare».
Il sacerdote rispose a Davide, e disse: «Non ho sotto mano del pane comune, ma c’è del pane consacrato; i giovani si sono almeno astenuti da contatto con donne?»
Davide rispose al sacerdote: «Da quando sono partito, tre giorni fa, siamo rimasti senza donne, e quanto ai vasi della mia gente erano puri; e se anche la nostra missione è profana, essa sarà oggi santificata da quel che si porrà nei vasi».
Allora il sacerdote gli diede del pane consacrato, perché non c’era là altro pane tranne quello della presentazione, che era stato tolto dalla presenza del SIGNORE, perché fosse sostituito con pane caldo nel momento in cui veniva preso.
Quel giorno, uno dei servi di Saul si trovava là trattenuto in presenza del SIGNORE; si chiamava Doeg, era edomita, e capo dei pastori di Saul.
Davide disse ad Achimelec: «Non hai qui disponibile una lancia o una spada? Perché io non ho preso con me né la mia spada né le mie armi, tanto premeva l’incarico del re».
Il sacerdote rispose: «C’è la spada di Goliat, il Filisteo, che tu uccidesti nella valle dei terebinti; è là avvolta in un panno dietro l’efod; se la vuoi prendere, prendila, perché qui non ce n’è altra all’infuori di questa». Davide disse: «Nessuna è pari a quella; dammela!»
(21:1-9).

Visto che la situazione di vita raminga non accennava a diminuire, Davide va a Nob, città dei sacerdoti, a trovare il sacerdote Achimelec.
Andò solamente per chiedere pani ed armi, o anche per consultare il Signore, per sapere cosa avrebbe dovuto fare?

Stando alle parole di Doeg (22:10), il sacerdote consultò il Signore per Davide. Ma se questo venne fatto dal sacerdote Achimelec, non fu sicuramente perché Davide insorgesse contro Saul e gli tendesse delle insidie, come il re asserì (22:13).

Stando invece alla risposta che Achimelec diede a Saul, egli si limitò solamente a dargli del pane e la spada del Filisteo Goliat (22:14-15).
C’è da riflettere sull’atteggiamento che Davide assunse davanti al sacerdote Achimelec, in quel giorno. Davanti a quell’uomo, Davide usa un parlare menzognero. Inventa una storia, per coprire la vera situazione in cui effettivamente si trova, a seguito di una precisa domanda che il sacerdote gli rivolge.

Davide sa molto bene che non sta asserendo la verità ad Achimelec, nel raccontargli quella storia, anche se da quest’ultimo venne creduta.
Più tardi però, in base a quello che la storia sacra ci racconta, Davide ha dovuto prendere atto di essere stato la causa della tragedia della morte di ottantacinque sacerdoti che portavano l’efod ed anche della distruzione della citta di Nob, che venne passata a fil di spada, per opera di Saul (22:6-19), perché un suo servo, di nome Doeg, riferì a Saul che il sacerdote Achimele, aveva dato a Davide il pane consacrato e la spada di Goliat.

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Domenico34
00mercoledì 11 gennaio 2012 00:13
Davide si reca a Gat

Allora Davide si alzò, e quel giorno riprese a fuggire lontano da Saul e andò da Achis, re di Gat.
I servi del re dissero ad Achis: «Non è questi Davide, il re del paese? Non è egli colui del quale si cantava nelle danze: "Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila?"»
Davide si tenne in cuore queste parole e temette Achis, re di Gat.
Mutò il suo modo di fare in loro presenza, faceva il pazzo in mezzo a loro, tracciava dei segni sui battenti delle porte e si lasciava scorrere la saliva sulla barba.
Achis disse ai suoi servitori: «Guardate, è un pazzo. Perché me l’avete condotto?
Mi mancano forse dei pazzi, che mi avete condotto questo a fare il pazzo in mia presenza? Costui non entrerà in casa mia!»
(21:10-15).

Nello stato di esasperazione in cui Davide si trova, non sa più cosa fare. Il fatto stesso che si “reca” presso i Filistei, (in una situazione normale non l’avrebbe fatto mai) di sua spontanea volontà, e non perché è condotto da altri, (come se fosse un prigioniero di guerra) per sfuggire davanti a Saul, denota che Davide va in cerca di un posto, in cui possa sentirsi al sicuro e al riparo.

In questa sua disperata ricerca, si finge addirittura “pazzo”, compiendo quello che di solito fanno le persone malati di mente.

Però, la sua strategia non ebbe quell’esito sperato, perché il re Achis, si rifiutò di farlo entrare in casa sua.A questo punto si potrebbe chiedere: come mai che Davide si comportò in questa maniera, inventando storie inesistenti e raccontando bugie una dietro l’altra?

Il dire le “bugie” e il raccontare storie inesistenti per farsi credere, appartengono alla natura umana di Davide, e non hanno niente a che vedere con i piani e i disegni divini per lui.
Se si dovesse addirittura giustificare l’atteggiamento di Davide, per la situazione in cui si trovava, e accettare le sue “bugie” come se fossero armi di autodifesa, (cosa che non è possibile ammettere) non potremmo però deviare dalla Scrittura che ci ammonisce severamente:
Il vostro parlare sia: "Sì, sì; no, no"; poiché il di più viene dal maligno (Matteo 5:37).

I ministri del vangelo devono avere sempre …un parlare veritiero... (2 Corinzi 6:7); e quello dei credenti in generale deve essere sempre ...con grazia, condito con sale, per sapere come rispondere a ciascuno (Colossesi 4:6).

UTILI INSEGNAMENTI CHE POSSIAMO IMPARARE

1) Dall’amicizia di Gionatan

Dall’amicizia che Davide aveva con Gionatan, possiamo, non solo valutare il concetto stesso di “amicizia”, ma soprattutto anche imparare, sul piano della vita pratica, come coltivare e mantenere una vera e sincera amicizia.

I seguenti testi biblici ci aiuteranno meglio a penetrare l’argomento e a capirne la sua portata.

L’amico ama in ogni tempo; è nato per essere un fratello nella sventura (Proverbi 17:17).

Chi ha molti amici può esserne sopraffatto, ma c’è un amico che è più affezionato di un fratello (Proverbi 18:24).

L’olio e il profumo rallegrano il cuore; così fa la dolcezza di un amico con i suoi consigli cordiali.
Non abbandonare il tuo amico né l’amico di tuo padre, e non andare in casa del tuo fratello nel giorno della tua sventura; una persona a te vicina vale più di un fratello lontano
(Proverbi 27:9-10).

Il primo testo mette in risalto la validità di un’amicizia per “tutte” le “situazioni” e per “tutte” le “circostanze”, nel senso che non è circoscritta o limitata a determinate cose, visto che il vero amico ama in ogni tempo.

Concepire un’amicizia priva di amore, è come se si volesse costruire una casa senza fondamenta. Il fondamento è una struttura portante che serve per sostenere il peso dell’intero edificio.

Nello stesso modo l’amore, oltre ad essere un sentimento, sotto l’aspetto della vita pratica, può essere anche paragonato a una struttura portante, da servire per sostenere il peso di tutto quello che si incontra nella vita di ogni giorno e si manifesta l’uno verso l’altro.

Questo modo di parlare non si addice solamente per ciò che riguarda l’unione matrimoniale, tra un uomo e una donna (per noi, e in base a quello che insegna la Bibbia, la Parola di Dio, il matrimonio non è altro che l’unione, non semplicemente oggettivo, ma fisico, di un uomo e di una donna), e non di due uomini o di due donne, (come recentemente alcuni governi hanno stabilito, legalizzando per legge il “matrimonio degli omosessuali”), si adatta anche, nel senso più largo, alle buone relazioni tra due persone.

Quando parliamo di buone relazioni, intendiamo riferirci ad un legame di simpatia e di rispetto reciproco, senza connetterlo con la posizione sociale, al colore della pelle, alla cultura, al sesso, maschio o femmina, o altro.

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Domenico34
00giovedì 12 gennaio 2012 00:03
Se una buona amicizia dipendesse dalla condizione sociale, sarebbe difficile una convivenza tra un ricco e un povero, tra un bianco e un negro, tra una persona colta e un semeanalfabeta, tra un uomo e una donna; ognuno andrebbe sicuramente in cerca del proprio simile. Mentre se c’è l’amore come legame che unisce due individui, a parte che il discorso è tutto un’altro, ben altra è la sua stima.

Davide e Gionatan erano due esseri differenti, per ciò che riguardava la posizione sociale: il primo era figlio di un povero Betlemita, il secondo, figlio di un regnante, quindi candidato al trono. Nonostante ciò, si erano legati con una vera amicizia, perché il legame che li univa era l’amore.

Ecco perché Gionatan si comportava con Davide meglio di un fratello, nei vari bisogni della sua vita di quest’ultimo. Il secondo testo sottolinea la differenza che esiste, tra un fratello, secondo la carne, e un amico che si affezioni più di un fratello carnale.

Gionatan con Davide era uno di questi casi; ecco perché quando Saul metteva Davide alle strette, Gionatan gli stava vicino, aiutandolo ed incoraggiandolo.

Il terzo detto di Salomone, mette in risalto il valore di un consiglio che viene dato ad un amico. Gionatan lo fece diverse volte con Davide, quando lo consigliava in maniera cordiale.

Infine, il quarto testo biblico, ricorda che una persona, con la caratteristica di un “amico”, vale più di un fratello lontano, per il semplice fatto, che il fratello lontano ti può abbandonare facilmente quando incontri una difficoltà o il pericolo; mentre l’amico vicino lo hai a portata di mano, e quando ti rivolgi a lui, ti saprà stendere la sua mano.

Anche in questo, Gionatan per Davide, fu un esempio mirabile. Da queste persone dobbiamo imparare come comportarci e vivere dal punto di vista pratico con gli altri, e non avere solamente nozioni teoriche nella nostra mente!

) Dall’impegno che si prende


Gli impegni che Davide e Gionatan presero, l’uno verso l’altro, li suggellarono con un giuramento nel nome del Signore. Questo significa che il loro impegno li vincolava, non per un certo numero di giorni, ma per tutta la loro vita.
Ma il bello di questo loro impegno consiste nel fatto che la fedele e la leale amicizia, non la limitarono solamente al tempo della loro vita, ma la estesero anche alla loro discendenza.

Cosa che Davide, in modo particolare rispettò, visto che Gionatan morì molto tempo prima di lui (2 Samuele 9).
Un impegno preso e non rispettato, non ha alcun valore, né davanti agli uomini, né davanti a Dio, anche se ha a che fare, con grandi programmi e ambiziose realizzazioni.

3) Da certe trovate che si escogitano e le conseguenze che causano

Certe trovate che si fanno, come quelle che inventò Davide, quando raccontò al sacerdote Achimelec, storie inesistenti per farsi credere che gli stava dicendo la verità, per ottenere quello che voleva, non sono da imitare.
Il credente, in modo particolare, deve tenere costantemente presente che certe verità bibliche, hanno la loro fondamentale importanza, quando si traducono nella vita pratica di ogni giorno.

Dire sempre la verità e tenere lontano la menzogna, ha il pregio di non farsi considerare bugiardo, quando si dice la verità, o veritiero quando si dice la menzogna.

L’affermzione di Gesù: la verità vi farà liberi (Giovanni 8:34), anche se nel contesto non si riferisce al modo di parlare, ma alla Sua dottrina, può essere applicata benissimo anche al nostro linguaggio. Proverbio: Le bugie hanno le gambe corte, mentre la verità viene sempre a galla.

4) Dalla correttezza del comportamento davanti agli altri

Apparire diverso di quello che effettivamente si è, rappresenta una forma d'ipocrisia a tutti gli effetti. Essere un ipocrita, significa avere solo una bell'apparenza, mentre in realtà si è tutt’altro.

Davide, davanti al re Achis, comportandosi come un pazzo, tracciando dei segni sui battenti delle porte e lasciandosi scorrere la saliva sulla barba, compì un’azione di un vero ipocrita.

L’ipocrisia, sotto qualsiasi aspetto la consideriamo, non è mai raccomandabile, ma solamente da ripudiare e condannare severamente.

Un’ipocrita in una comunità, a parte di essere il peggiore nemico, può essere paragonato ad una mosca morta, che guasta il pregio di un olio profumato (Ecclesiate 10:1).

Se poi si tengono presenti i tanti guai a voi, scribi e farisei ipocriti (Matteo 23), che Gesù pronunciò all’indirizzo dei religiosi di quel tempo, si può capire che il Signore non lodò mai l’ipocrisia, ma la condannò sempre senza mezzi termini.

PS: Se al termine del capitolo 7 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00venerdì 13 gennaio 2012 00:05
Capitolo 8




ALTRI EPISODI DELLA VITA RAMINGA DI DAVIDE



Davide nella spelonca di Adullam

Davide partì di là e si rifugiò nella spelonca di Adullam. Quando i suoi fratelli e tutta la famiglia di suo padre lo seppero, scesero là per unirsi a lui.
Tutti quelli che erano in difficoltà, che avevano debiti o che erano scontenti, si radunarono presso di lui ed egli divenne loro capo. Così ebbe con sé circa quattrocento uomini.
Di là Davide andò a Mispa di Moab e disse al re di Moab: «Permetti che mio padre e mia madre vengano a stare da voi, fino a quando io sappia quello che Dio farà di me».
Egli dunque li condusse davanti al re di Moab ed essi rimasero con lui tutto il tempo che Davide fu nella sua fortezza.
Il profeta Gad disse a Davide:«Non stare più in questa fortezza; parti e va’ nel paese di Giuda». Davide allora partì, e giunse nella foresta di Cheret
(22:1-5).

Congedatosi dal re Achis, poiché non gli era consentito di rimanere con i Filistei, Davide partì di là e si rifugiò nella spelonca di Adullam. In questo tempo di girovagare, egli si muove sempre in cerca di rifugio, per sottrarsi alla cattura da parte di Saul.

Trovandosi in questa spelonca, Davide compose il Salmo 142, (che poi era una preghiera che rivolse al suo Dio) in cui descrive esattamente lo stato morale e fisico in cui si trova.

Facilmente questo Salmo, Davide lo compose quando era solo, prima che la sua famiglia lo raggiungesse e che si associassero a lui, i quattrocento uomini, di cui parla il testo. Nelle parole del Salmo, possiamo leggere i sentimenti e le preoccupazioni che assillano Davide.

Trovandosi solo e non avendo altri con lui, si sfoga davanti al suo Dio, e con lacrime, descrive, non solo lo stato persecutorio in cui si trova, ma anche il suo stato d’animo di scoraggiamento e di abbattimento.

Cantico di Davide, quand’era nella spelonca. Preghiera. Io grido con la mia voce al SIGNORE; con la mia voce supplico il SIGNORE.
Sfogo il mio pianto davanti a lui, espongo davanti a lui la mia tribolazione.
Quando lo spirito mio è abbattuto in me, tu conosci il mio sentiero. Sulla via per la quale io cammino, essi hanno teso un laccio per me.
Guarda alla mia destra e vedi; non c’è nessuno che mi riconosca. Ogni rifugio mi è venuto a mancare; nessuno si prende cura dell’anima mia.
Io grido a te, o SIGNORE. Io dico: «Tu sei il mio rifugio, la mia parte nella terra dei viventi».
Sii attento al mio grido, perché sono ridotto agli estremi. Liberami dai miei persecutori, perché sono più forti di me.
Libera l’anima mia dalla prigione, perché io celebri il tuo nome. I giusti trionferanno con me, perché m’avrai colmato di beni
(Salmo 142:1-7).

Questo Salmo si può sintetizzare nel seguente modo:

1) Il grido di Davide

Notiamo per prima cosa che Davide grida con la sua voce al Suo Dio e si sfoga davanti a lui. Nella sua solitudine, può dare corso alla sua angoscia e alla sua tribolazione, esponendole al suo Signore, certo che Egli verrà in soccorso al suo bisogno.

Quando veramente la persona si apre davanti a Dio, è difficile che il Signore rimanga sordo e indifferente.

La promessa contenuta nel Salmo 50:15 invocami nel giorno della sventura; io ti salverò, e tu mi glorificherai», è vera ed è anche valida per tutte le situazioni e per ogni tempo.

Dio non è venuto mai meno in ciò che Egli dice nella Sua Parola, e tutti potranno constatarne la sua veracità, poiché appunto la Parola del SIGNORE, è stabile nei cieli (Salmo 119:89).

Lo spirito di Davide era abbattuto per il perdurare dello stato persecutorio e anche per il fatto che le persone care a lui, come Gionatan e Samuele, non erano vicini a lui poiché con le loro parole, lo potrebbero risollevare dal suo abbattimento.

2) La sua solitudine

Davide si rende conto che alla sua desta non c’è nessuno. Queste parole rappresentano la prova che quando egli elevò la sua preghiera a Dio, non c’èra nessuno nella caverna con lui.

È molto importante che in questa particolare condizione, Davide rivolga il suo sguardo al Signore.

Se egli avesse conosciuto le parole di Gesù: Io sono con voi tutti i giorni (Matteo 28:20), non avrebbe detto che alla sua destra non c’e nessuno; avrebbe certamente preso fiato e non si sarebbe considerato come un passero solitario (Salmo 102:7), ma in compagnia col suo Dio.

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Domenico34
00sabato 14 gennaio 2012 00:12
3) Davide è agli estremi

Questo significa, (per usare un’espressione figurativa) che Davide si trova con le spalle al muro. Ecco perché non riesce ad intravedere una via di scampo per la sua vita; ogni rifugio gli è venuto a mancare.

Quando una persona si trova con le spalle al muro, in pratica significa che non sa dove deve andare e cosa fare. Questa condizione di estrema difficoltà, porta il credente, in modo particolare, ad abbandonarsi completamente nelle mani del Signore ed avere piena fiducia in Lui.

Davide nella sua estrema difficoltà, non solo riconosce che ogni rifugio gli è venuto a mancare; che nessuno si prende cura dell’anima sua; egli ora può dire: tu sei il mio rifugio, la mia parte nella terra dei viventi. Infine, chiude la sua preghiera chiedendo al Signore di essere liberato dalla sua prigione, perché possa celebrare il Suo nome.

La risposta di Dio

Chi comunicò alla casa di Davide che egli si trovava nella spelonca di Adullam, non ci viene dato di sapere. Però, quando lo vengono a sapere, si affrettano di andarlo a trovare.

Per Davide che non aspettava la visita dei suoi genitori e dei suoi fratelli, quando li vide arrivare presso di sé nella spelonca, sicuramente sarà stato motivo di gioia, di rianimazione e di coraggio.

Nello stato attuale, non può dire di essere stato abbandonato dai suoi genitori (Salmo 27:10), come qualcuno erroneamente a ventilato, perché li ha vicini a lui nella spelonca, anche se più tardi saranno sistemati presso il re di Moab (22:3-4).

Come se tutto si fosse concluso con l’arrivo dei suoi genitori e dei suoi fratelli, vennero a trovare Davide, per arruolarsi con lui, un bel numero di persone: esattamente quattrocento uomini. Tra costoro, la Scrittura precisa che, vi erano di quelli che si trovavano in difficoltà; altri che avevano debiti, ed infine, quelli che erano scontenti. Davide divenne loro capo, sicuramente dietro il loro consenso.

Ma se consideriamo le caratteristiche di queste persone, possiamo con ragione chiederci: che aiuto avrebbero potuto dare a Davide, questi uomini, quando loro stessi ne avevano bisogno?

La difficoltà di Davide consisteva nel fatto di trovarsi sotto la stretta persecutoria di Saul, che non lo lasciava in pace. Ma tra i nuovi arrivati, c’erano di quelli che erano in difficoltà. Di che cosa si trattasse, la Bibbia non lo specifica.

Era forse in relazione ai debiti che avevano contratto, e poi successivamente non si trovavano nelle possibilità di fare fronte ai loro impegni?

Non possiamo affermarlo, ma neanche si può escluderlo. Ammesso che la loro difficoltà consistesse in questo, che aiuto poteva dare Davide a loro?
Egli viveva come ramingo; non aveva risorse economiche, e viveva alla giornata. Cosa avrebbe potuto fare Davide per questi esseri umani?
Se poi pensiamo agli scontenti, che cosa avevano incontrato nella loro vita per essere delusi e ridotti in quello stato?

Non è facile rispondere a questi interrogativi, dal momento che non conosciamo la storia della loro vita!

Qualunque siano stati i motivi di questi quattrocento uomini che andarono a trovare Davide nella spelonca di Adullan e che decisero di unirsi a lui, l’unica cosa di cui egli poteva beneficiare, era la loro presenza.

Prima Davide era solo, e non poteva comunicare con nessuno, ora invece ha presso di sé la compagnia di tanti uomini, con i quali comunicare e raccontare la storia della sua vita, e le diverse vicissitudini che ha incontrato nel corso degli anni. Queste storie che Davide potrebbe aver raccontato a quegli uomini, in difficoltà, indebitati e scontenti, potranno cambiare la loro condizione?

Tutto rimane sospeso nel buio e nell’incertezza, se Davide si fosse limitato a raccontare solamente le prove che ha incontrato, le distrette che gli sono piombate addosso, l’incertezza della sua vita e la mancanza di sicurezza per il suo domani.

Se egli invece ha raccontato pure (come noi pensiamo) gli interventi di Dio a suo favore, come è stato liberato più di una volta dalla morte, e la fiducia che ha nel suo Signore, queste cose sì, che possono aprire un nuovo orizzonte, fare spuntare un astro brillante, per illuminare il sentiero tenebroso e possono imprimere decisive svolte nella vita, soprattuto pensando al potere di Dio a disposizione di coloro che si rivolgono a Lui.

Ogni qualvolta che Davide parlava con gli scontenti, e raccontava loro quel che il suo Dio aveva fatto per lui, sicuramente avrà concluso: quello che il mio Signore ha fatto per me, lo potrà fare anche per voi.

Nel dire queste cose, recava conforto ai suoi uomini, e li incoraggiava a guardare con fiducia verso l’avvenire; ma nello stesso tempo, l’incoraggiamento e la speranza che infondeva negli altri, servivano a beneficiare la sua stessa vita, poiché il messaggio indirizzato agli altri, prima che arrivasse a destinazione, portava sollievo e conforto anche a lui, in quanto che le parole uscivano dalla sua bocca.

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Domenico34
00domenica 15 gennaio 2012 00:08
Quindi, Davide che si trovava in uno stato di gran bisogno e di avere sicurezza per la sua vita, comunicando con gli uomini che si erano uniti a lui, ricavava dalla loro compagnia, quella serenità che gli permetteva di guardare avanti e continuare ad avere fiducia nel suo Dio.

Essere a capo di persone in difficoltà, indebitate e scontente, non era certamente qualcosa di cui Davide aveva pensato o desiderato conseguire.

Se invece quei quattrocento uomini fossero stati tutti valorosi combattenti, forti e determinati a non cedere a tutti gli attacchi sferrati da persone avverse, (come era Saul contro Davide), il discorso sarebbe stato un altro, come anche la valutazione dal punto di vista umano.

Dio, il Sovrano, Colui che ha tutto sotto controllo, che guarda e protegge la vita di Davide, permise che quei quattrocento uomini (che non valevano niente umanamente parlando) andassero a finire sotto il comando del suo servitore, così che egli, guidandoli, proteggendoli nei momenti difficili, incoraggiandoli e sostenendoli nei periodi turbolenti, imparasse lui stesso a ricevere quello che dava agli altri.
Il detto di Gesù è vero ed è anche di attualità: date e vi sarà dato (Luca 6:38).

RIFLESSIONI SULLA VITA DI DAVIDE


Quello che abbiamo detto sulla condizione in cui venne a trovarsi Davide, quando si rifugiò nella spelonca di Adullam, specialmente tenendo presente il Salmo 142, ci fornisce materia di riflessione su due specifici argomenti:
1) Nessun amico;
2) sentirsi soli.

Riportiamo qui di seguito alcuni testi biblici, che ci aiuteranno in questa riflessione

1) Nessun amico

A causa dei miei nemici sono diventato obbrobrio, un grande obbrobrio per i miei vicini, e uno spavento per i miei conoscenti. Chi mi vede fuori fugge via da me (Salmo 31:11).

Amici e compagni stanno lontani dalla mia piaga, i miei stessi parenti si fermano a distanza (Salmo 38:11).

Sono un estraneo per i miei fratelli, un forestiero per i figli di mia madre (Salmo 69:8). (Anche se questo testo è messianico, non esclude che Davide lo applichi alla sua vita).

Hai allontanato da me amici e conoscenti; le tenebre sono la mia compagnia (Salmo 88:18).

Tutti i fratelli del povero l’odiano; quanto più gli amici suoi si allontaneranno da lui! Egli li supplica con parole, ma già sono scomparsi (Proverbi 19:7).

Infatti, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senz’avere un altro che lo rialzi! (Ecclesiaste 4:10).

Allora tutti, lasciatolo, se ne fuggirono (Marco 14:50).

Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava (Luca 15:16).

L’infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l’acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me» (Giovanni 5:7).

2) sentirsi soli

Egli rispose: «Io sono stato mosso da una grande gelosia per il SIGNORE, per il Dio degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari, e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti; sono rimasto io solo, e cercano di togliermi la vita» (1 Re 19:10).

Veglio e sono come il passero solitario sul tetto (Salmo 102:7).

Cerca di venir presto da me, perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n’è andato a Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia (2 Timoteo 4:9-10).

PS: Se al termine del capitolo 8 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura

Si continuerà il prossimo giorno...
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