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Domenico34 – Quel che la Bibbia riferisce intorno a Satana – Capitolo 4. Satana – nelle epistole e nell’Apocalisse

Ultimo Aggiornamento: 08/04/2011 00:19
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03/04/2011 01:31

Ora, cerchiamo di confrontare i due testi in cui si parla di stritolare il capo del serpente (Genesi 3:15) Satana sotto i piedi dei credenti (Romani 16:20). Nel primo caso sarà la progenie della donna che farà ciò, mentre nel secondo caso, sarà Dio, servendosi dei credenti.

La chiesa antica vedeva in (Genesi 3:15) una profezia messianica, cioè quello che avrebbe compiuto il Figlio di Dio. Anche se non tutti i commentatori condividono quest’interpretazione, c’è una buona parte invece che l’accetta, e noi siamo nel numero di costoro.

Che la discendenza della donna che schiaccerà la testa al serpente, sia il Cristo e non Maria, ciò risulta dal testo biblico ed è anche opinione di una buona parte degli studiosi. Il serpente, poi, stando alla precisazione che fa (Apcalisse 12:9) è senza dubbio Satana.

L’unico che ha vinto Satana, è stato Gesù Cristo alla croce. Lo schiacciamento che Cristo ha fatto alla testa del serpente antico, non deve essere inteso nel senso che lo abbia distrutto, cioè eliminato, ma nel senso che gli ha rotto le ossa. (Certo, uno spirito non ha ossa). (Schiacciare o stritolare è un’espressione iperbolica e figurativa per sottolineare che Satana PERDE DELLA SUA POTENZA).

Satana, pur essendo stato storpiato e vinto alla croce, dal Signore nostro, Gesù Cristo, è ancora vivo, ed è il nemico numero uno di tutti i seguaci del Figlio di Dio. L’affermazione di Paolo in (Romani 16:20), mira a far comprendere che sarà il Dio della pace che stritolerà Satana sotto i piedi dei credenti. Essi saranno gli strumenti che il Signore userà, per eseguire questo lavoro.
In conclusione, visto che l’azione di stritolare è chiaramente attribuita a Dio, i credenti non hanno niente di cui vantarsi; partecipano ed usufruiscono della vittoria riportata da Cristo Gesù, in virtù della quale anche loro saranno vittoriosi.

2) 1 Corinzi 5:5

Ho deciso che quel tale sia consegnato a Satana, per la rovina della carne, affinché lo spirito sia salvo nel giorno del Signore Gesù.

Il detto dell’apostolo è in riferimento allo scandalo che si era verificato nella comunità di Corinto, quando un tizio che si dichiarava “fratello”, si teneva la moglie del proprio padre, «presumibilmente era la matrigna pagana del colpevole» [Norman Hillyer, Commentario Biblico, Vol. 3, pag. 357] cioè andava a letto con lei. Un atto del genere, non solo era “vergognoso”, visto che non si trovavano riscontri neanche fra i pagani, ma neanche poteva essere tollerato in mezzo alla comunità.

Davanti alla gravità del caso, i Corinzi però, non avevano agito come avrebbero dovuto, cioè non avevano inflitto al trasgressore, nessuna forma di punizione.
Certo, l’immoralità e il libertinaggio tra i Corinzi, ai tempi di Paolo, erano molto spinti. E forse, questo comportamento generalizzato, influenzava pesantemente la comunità cristiana, rendendola quasi indifferente davanti ad un male di questo genere.

Che un simile comportamento di tolleranza, avrebbe potuto portare la cristianità di Corinto ad una degenerazione spaventevole, si può capire dalle parole che l’apostolo adopera.
Le notizie che pervennero a Paolo, non furono voci solitarie: il frutto di un pettegolezzo disordinato e incontrollato. La frase: Sì ode dappertutto dire… (ND), significa che il caso del fornicatore, si propagò tanto da diventare di pubblico dominio.

Fatte le necessarie indagini e costatato che il fatto non era campato sul sospetto, ma rispondeva a verità, l’apostolo, senza perdere tempo, entra in azione, facendo avvalere la sua autorità apostolica.

Consegnare a Satana…, o sia dato in mano di Satana (ND) un tale che aveva commesso una simile immoralità, rappresentava la punizione più severa che si poteva infliggere ad un peccatore. Ma in pratica, cosa significava?
In primo luogo, allontanarlo dalla comunità, cioè metterlo fuori chiesa, come si direbbe ai nostri giorni, scomunicarlo.

Privarlo della comunione fraterna e di tutti i benefici derivanti dalle relazioni con Dio, con Cristo Gesù e con lo Spirito Santo. Lasciarlo andare nel territorio o dominio di Satana, lontano dalla protezione divina (Giobbe 1:9).

«Essere quindi espulso dalla chiesa di Cristo significa essere abbandonato in quella regione dove regna Satana» [Leon Morris, La prima epistola di Paolo ai Corinzi, pag. 102. Cfr. Anche David K. Lowery, Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pagg. 546-547].

Per la rovina della carne. Questa frase è stata oggetto di discussione presso certi commentatori, per cercare di capire cosa voleva significare l’apostolo. Riportiamo qui di seguito, come si sono espressi i commentatori.
Per Sergio Rostagno, «questo comporta “ipso facto” la morte» [Sergio Rostagno, Il Nuovo Testamento annotato, Vol. III, Le epistole di Paolo, pag. 98 Cfr. Anche Heinz-Dietrich Wendland, Le lettere ai Corinzi, pag. 88].

Mentre per Giuseppe Ricciotti, «non è certo il caso di pensare alla morte materiale» [Giuseppe Ricciotti, Gli Atti degli Apostoli e le epistole di S. Paolo, pag. 365].

«Deissmann sostiene in base a certi testi pagani che le parole indicano “un atto solenne di esecrazione” (LAE, p. 303). Un’espressione di più difficile comprensione è “a perdizione della carne”. Non si capisce come mai l’espulsione dalla chiesa possa avere un tal effetto.
Vi sono due soluzioni degne di nota. Una considera “la carne” la parte meno nobile della natura umana e ritiene che il passo si riferisca alla distruzione di desideri peccaminosi. È però difficile vedere come l’abbandonare un uomo in man di Satana possa effettuare una tale purificazione; anzi, ci aspetteremmo il contrario, cioè l’eccitazione di questi desideri.
Rimane tuttavia la possibilità che Paolo si riferisca, di fatto, all’effetto che avrebbe avuto sul trasgressore l’essere separato da tutto quello che significa la comunione nella chiesa. Infatti, il contrario tra un'esperienza vissuta in ciò che è di Satana e il ricordo nostalgico di ciò che è di Dio, potrebbe provocare un cambiamento di sentimento e condotta tale da causare l’eliminazione dei desideri carnali.
Altri invece pensano che la “carne” abbia una connotazione fisica con riferimento a malattia e perfino alla morte. Di nuovo è difficile vedere come ciò possa essere ottenuto con la scomunica. In 11:30 però della stessa lettera, Paolo parla di conseguenze fisiche di peccati spirituali. Ne è un lampante esempio il caso di Anania e Saffira nel capitolo 5 degli Atti.
Anche la “scheggia nella carne” di Paolo era un angelo di Satana (II Corinzi 12:7). È possibile dunque che Paolo preveda che la solenne esclusione del trasgressore abbia delle conseguenze fisiche. Si tratta dell’effetto dell’allontanamento dalla sicura sfera della chiesa di Dio.

Questa seconda opinione sembra la più probabile. Paolo pensa che questa punizione sia un rimedio: se “la carne” è distrutta, ciò avviene affinché “lo spirito sia salvo”. Che egli intenda qui “salvo” nel senso più pieno del termine è chiaro dall’espressione “nel giorno del Signore Gesù”. Nel giorno del giudizio egli s’aspetta di vedere il trasgressore così disciplinato tra coloro che sono del Signore» [Leon Morris, La prima epistola di Paolo ai Corinzi, pagg. 102-103].

Satana in se stesso, è l’essere più crudele che si possa immaginare. Una persona data nelle sue mani, significa esporla a torture e sofferenze inimmagginabili. Lui non ha fatto mai carezze a nessuno e mai ne farà, perché non è nella sua natura manifestare atteggiamenti compassionevoli, specie per una persona che è sotto il suo dominio.

Dovendo tirale una conclusione da quello che abbiamo esposto, possiamo sintetizzarla nel seguente modo: per ciò che riguarda la «distruzione di desideri peccaminosi», ciò non può mai avvenire, in quanto Satana non sopprime e non distrugge i desideri peccaminosi, anzi li alimenta e li moltiplica. E questo, nel nostro caso naturalmente, non rientrava nella finalità perché il trasgressore venne dato nelle sue mani.

Anche l’altra interpretazione che vede “la morte materiale”, non ha attinenza, per il fine che si proponeva l’azione disciplinare. L’esempio di Anania e Saffira, che abbiamo citato per convalidare una simile interpretazione, non ha senso per il semplice fatto che con la morte, cessa ogni speranza di pentimento, elemento indispensabile per essere salvi.

Pertanto, tenuto conto del fine che si proponeva la punizione del fornicatore di Corinto, l’unica spiegazione valida e coerente, oltre l’esclusione dalla chiesa, (chiaramente individuabile), rimane quella di una malattia, sofferenza fisica causata da Satana, che farà soffrire il colpevole, ma nello stesso tempo darà all’individuo un periodo di riflessione sul suo passato e trovare la via del pentimento.
Il pentimento, infatti, è l’unico elemento che garantisce la salvezza dello spirito nel giorno del Signor Gesù.

Si continuerà il prossimo giorno...
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