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Domenico34 – Il mondo degli Spiriti – Capitolo 8. Spirito di perversione

Ultimo Aggiornamento: 16/02/2011 04:30
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09/02/2011 02:39

Capitolo 8




SPIRITO DI PERVERSIONE




Per sapere che cosa è lo spirito di perversione, leggiamo l’unico testo che c’è nella Bibbia, e, precisamente in, Isaia 19:14, che dice:

Il Signore ha mescolato nel suo mezzo uno spirito di perversione, ed essi hanno fatto fuorviare l’Egitto in ogni sua impresa, come barcolla l’ubriaco nel suo vomito.

La parola ebraica usata in questa testo è ‘ av’ eh il cui significato è: Perversità, perverso, pervertire, deformare.

I traduttori però, non sono stati unanimi nell’interpretare il termine ebraico di questo testo; infatti, l’hanno tradotto:

G. Diodati: uno spirito di stordimento;
La N. Diodati: Uno spirito di perversione;
G. Luzzi: uno spirito di vertigine;
La CEI: uno spirito di smarrimento;
K. James: Perverse spirit = spirito perverso;
N. A. S.: spirit of distortion = spirito di distorsione.

Non riusciamo a capire come hanno fatto alcuni traduttori a dare al termine ebraico in questione, il senso di vertigine, cioè giramento di testa.
Riportiamo qui di seguito la definizione linguistica dei termini: perversità, e derivati

Perversità:

1. Allontanamento dalle norme che regolano la vita morale e la disposizione interiore che lo determina; malizia, malvagità, cattiveria perversione e può indicare una particolare caparbietà nel volere e nell’operare il male. Anche: distorsione perversa di una tendenza, di un istinto, di un impulso, di un comportamento; interpretazione distorta, deviante, di una realtà, di un principio, di una situazione.
2. Degradazione, decadenza gravissima.
3. Inclinazione al traviamento, perfidia.
4. Ricerca esasperata e raffinata del piacere sessuale [S. Battaglia, GDLI, Vol XIII, p. 142].

Tenendo presente i diversi significati che le parole: Perversità, e derivati hanno, che poi risultano in perfetta coerenza col significato etimologico del temine ebraico ‘ av’ eh , si può facilmente intravedere come si manifesta lo spirito di perversione e come lo si può localizzare nei soggetti, attraverso le azioni che compiono.

Senza entrare nel merito di certe azioni malvagie, maliziose e maligne, o certe inclinazioni persistenti al male, ci domandiamo se nell’omosessualità, per esempio, si possono vedere i segni e le caratteristiche dello spirito di perversione. Stando a quello che dice la scienza medica, l’omosessualità è una perversione sessuale.

Non si tratta quindi di considerarla solamente sotto il profilo medico fisiologico, bisogna pensare ad uno spirito che ha queste tendenze.
Ovviamente, qui la medicina, oltre a trovarsi nell’impossibilità di intervenire perché si trova fuori del suo campo, è difficile per non dire impossibile che accetti una simile spiegazione; mentre la teologia sempre che si sia disposti ad accettare il chiarimento in questione, può intervenire.

Se si tiene presente che il mondo = umanità, giace nel maligno o sotto il potere del maligno, cioè del diavolo 1Giovanni 5:19, non sarà difficile scorgere lo spirito di perversione che agisce nell’omosessualità, servendosi di uomini e di donne.
Anche se queste persone, che poi sono una piccolissima minoranza, rispetto al resto dell’umanità, secondo alcune stime è il 5% gridano all'alta voce per farsi ascoltare dai governanti e magistrature costituzionali, che il loro comportamento, in fin dei conti, è un loro diritto, come membri della famiglia umana.

Anche se certi Governi e certi giudici, hanno dato loro ragione, resta però, per tutti quelli che credono alla Bibbia, come Parola di Dio, che non si può accettare una simile conclusione, per il fatto che gli atti dell’omosessualità sono chiaramente condannati dalla Bibbia Romani 1:26-27.

Prima di addentrarci ad esaminare l’argomento dell’omosessualità, anche se il nostro è solamente un accenno, rispetto alle tante pubblicazioni che sono state edite, è necessario ricordare che cos’è: dal punto di vista linguistico, della scienza medica e della Bibbia.

1. L’OMOSESSUALITÀ DAL PUNTO DI VISTA MEDICO-SCIENTIFICO

a) Definizione linguistica dell’omosessualità Omosessuale:

«1. Che sente e manifesta attrazione sessuale per individui dello stesso sesso e si contrappone ad eterosessuale.
2. Che è proprio, che si riferisce all’omosessualità; che a lei è improntato o ispirato un comportamento, in partic. erotico.

Omosessualità:

Inclinazione amorosa verso un individuo del medesimo sesso accompagnata per lo più da indifferenza o da ripugnanza per le persone dell’altro sesso; originata da cause diverse, complesse e interagenti, di natura fisica e psicologica, condotte o rimanere latente, senza dare luogo ad effettivi comportamenti e si contrappone ad eterosessualità» [S. Battaglia, GDLI, Vol. XI, p. 951].

«Tendenza a soddisfare le pulsazioni erotiche con persone dello stesso sesso, è considerata aberrazione dell’istinto sessuale nella scelta dell’oggetto. Possono essere distinti due tipi principali di omosessualità: primaria, quando è legata ad alterazioni biologiche p. Esodo endocrine; acquisita o secondaria quando predominano influssi culturali e ambientali. In alcune epoche storiche in alcuni ceti sociali l’omosessualità è stata largamente diffusa e talora accettata come costume non riprovevole e non perseguibile giuridicamente. Si distinguono forme passive e attive, che possono coesistere nella stessa persona» GDE, UTET, Vol. XIII, p. 635].

b) Definizione medica dell’omosessualità

«Sindrome omosessuale occasionale: in cui sono determinanti spinte ambientali contingenti e non esclude la coesistenza di manifestazioni eterosessuali. Sindrome omosessuale genuina: in cui è fondamentale la repulsione invincibile per il sesso opposto. Sindrome omosessuale psiconevrotica; nella quale il soggetto vive la propria inclinazione contrapposta come psiconevrosi di altra natura.
Per omosessualità si intende un istinto sessuale attratto dal proprio sesso. L’omosessuale non soltanto vuol compiere l’atto sessuale con un proprio simile, ma sente l’amore, l’attrazione e la tenerezza soltanto verso persone del suo sesso. Esistono due forme d’omosessualità, completamente diverse. Un tipo essenziale organico, nel quale si manifesta senza alcun'influenza dal di fuori, per il quale l’omosessualità è un istinto altrettanto elementare quanto l’inclinazione sessuale normale; ed esiste una forma di tale pervertimento dovuta ad influenze esterne, quali la vita in collegi o prigioni, cattive esperienze col sesso opposto, o inibizioni patologiche per diverse cause» [F. Kahn, La vita sessuale, pp. 154-155; S. Battaglia, GDLI, Vol. XI, p. 95 [J. L Grubben, Omosessualità e coscienza cristiana. p. 63].

Lo psicologo J. L. Grubben, quando descrive le tendenze omosessuali, così si esprime:

«Una determinata percentuale di persone si accorge, durante l’età puberale o poco, di reagire sessualmente all’aspetto fisico e al comportamento d'individui appartenenti allo stesso sesso: la vita fantastica ed onirica punta nella stessa direzione; gli stimoli visivi che provengono da rappresentanti dello stesso sesso o dai loro ritratti esercitano su queste persone una grand'attrattiva; capita infine che esse si innamorino d'individui del loro sesso, di cui, comunque, cercano la simpatia e la vicinanza. Questa sindrome - una volta che si presenta, è quasi sempre di carattere permanente - si chiama emofilia [J. L Grubben, Omosessualità e coscienza cristiana. p. 63].

Dal punto di vista medi-copsichiatrico, lo stesso autore citando, tre opere scientifiche: Psychiatrie der Genwart, Nederlandse Handboek der Psychiatrie e L’American Handbook of Psychiatry, emofilia viene definita «Perversione, disturbi psiconevrotici del comportamento, sviluppo sessuale disturbato, deviazioni sessuali, dette anche perversioni» [Ibidem, p. 65].

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c) Qualche particolare dell’omosessualità dal punto di vista medico-scientifico

Il Dor. F. Kahn, nella sua Vita sessuale, intitola il diciannovesimo capitolo: IL PERVERTIMENTO SESSUALE, e tra le varie forme di pervertimento sessuale, l’autore include l’omosessualità. In questa sezione, viene affermato che l’omosessualità non è una aberrazione morale. Però, quando fa degli esempi, come:
«Oggi non si battono e non si incatenano più i pazzi, perché non si crede più che siano ossessionati dai demoni. Non si fanno esorcismi contro deliranti, non si punisce chi ha preso la sifilide. Allo stesso modo, oggi consideriamo il punire un uomo perché è omosessuale di natura, una legge antiquata e contraria ai nostri principi scientifici».

Quando fa una conclusione, ecco cosa afferma:
Ciò non significa che sedurre i giovani all’omosessualità sia cosa lecita; oppure che si debba tollerare quella specie di prostituzione maschile che esiste in alcune grandi città [F. Kahn, La vita sessuale, p. 157].

Al termine della sua trattazione sull’omosessualità, quando tira le somme sulle aberrazioni, quali: il sadismo; il masochismo; il feticismo, nelle sue varie manifestazioni; l’esibizionismo, si esprime nei seguenti termini.

«È compito della società il rendere innocui tali individui. Noi qui abbiamo descritto questi e tutti gli altri pervertimenti, perché la conoscenza di tutte le aberrazioni aiutano gli individui sani a difendere se e i loro bambini dal cedere ad istinti che possono mettere in pericolo la vita sociale.
È anche importante non parlare dei pervertiti come se fossero criminali mali intenzionati o peccatori incorreggibili. I pervertiti sono ammalati che come tutti gli altri ammalati, hanno bisogno della nostra compassione e spesso del nostro aiuto. I sani devono essere riconoscenti alla natura che ha dato loro gli istinti giusti, così che possono preservarsi facilmente dai pericoli e dalle conseguenze dannose di fenomeni psicopatologici» [Ibidem p. 160].

A questo punto vogliamo fare qualche considerazione su quello che questo autore ha scritto.

1. Se l’omosessualità non è un’aberrazione sociale - e per anomalia si intende:
1) Traviamento, deviazione morale, allontanamento dalla norma; smarrimento dello spirito che conduce ad errare gravemente.
2) Eccentricità; novità insensata, stravaganza.
3) Medic. Anomalia, irregolarità di organi o di funzioni. - aberrazione mentale; anomalie sessuali [S. Battaglia, GDLI, Vol. 1, p. 38]..

Perché mai afferma che non è cosa lecita, che l’omosessuale seduca i giovani? Perché la società non deve tollerale quella specie di prostituzione maschile? Se l’omosessualità è normale, nel senso che rientra nella regolarità delle funzioni sessuali, perché si dovrebbe parlare in termini di seduzione e di prostituzione?

2. Omosessuale di natura, se comprendiamo bene ciò significa che è nato con questa tendenza, quindi, se una persona manifesta gli istinti sessuali nella direzione dell’omosessualità, non ha nessuna colpa, perché la madre natura l’ha fatto in quella maniera. Se l’omosessuale è tale di natura, cioè che è nato con questa particolare tendenza, perché usare il termine sindrome?.

3. Si fa notare che i sani cioè gli eterosessuali devono essere riconoscenti alla natura che ha dato loro gli istinti giusti, così che possono preservarsi facilmente dai pericoli e dalle conseguenze dannose di fenomeni psicopatologici. A questo punto ci domandiamo: che senso ha la frase Istinti giusti, riferita agli eterosessuali, se non si ammette che le inclinazioni sessuali degli omosessuali non rientrano in questa categoria?

4. Che senso ha questa parte conclusiva di Kahn, quando afferma: È anche importante non parlare dei pervertiti come se fossero criminali mali intenzionati o peccatori incorreggibili. I pervertiti sono ammalati che come tutti gli altri ammalati, hanno bisogno della nostra compassione e spesso del nostro aiuto. Se gli omosessuali sapessero accettare umilmente che le loro tendenze sessuali all’omosessualità, è una malattia, - e questo termine non ha il senso spregevole e discriminatorio come spessissimo viene attribuito -, potrebbero meglio aprirsi verso coloro che li potrebbero aiutare ad uscire da questa situazione.

Stando a quello che dice il teologo J.B.F. Gottschalk, che

«anche sul piano delle scienze umane psicologia, psichiatria, studio del comportamento le cose, ancora ai nostri giorni, sono un po’ meno semplici di quanto generalmente si creda. Qui la lotta inclusa quella di retroguardia si svolge sul piano dei concetti, a cominciare dalla perversione per arrivare, passando per la nevrosi, fino alla nozione di normalità. Attualmente la psichiatria e la teologia sono evolute al massimo là dove concordano che emofilia è un problema fondamentalmente sociale» [Omosessualità e coscienza cristiana, p. 101].

2. L’OMOSESSUALITÀ DAL PUNTO DI VISTA DELLA BIBBIA

a) Premessa

Dopo di aver brevemente esaminato l’argomento dell’omosessualità dal punto di vista medico-scientifico, ci accingiamo ad esaminarlo dal punto di vista della Bibbia.

Bisogna dire subito, per evitare qualsiasi equivoco che, non sempre le affermazioni che fanno la scienza medica in materia di omosessualità, sono in armonia con quello che dice la Bibbia.

Anche se la scienza medica va rispettata nelle sue linee generali, tuttavia, per chi crede alla Bibbia come la Suprema rivelazione di Dio agli uomini e come Suprema Autorità in materia di fede e di condotta, l’insegnamento della Parola di Dio, va tenuto molto più in alto e nel dovuto rispetto, di quello della scienza medica.

D’altra parte, il credente, in modo particolare, viene continuamente esortato a prestare attenzione a quello che dice Dio, e non preoccuparsi eccessivamente di quello che dicono gli uomini, anche quelli di scienza.
L’insegnamento della Bibbia, giustamente interpretato e coerentemente applicato nella vita di ogni giorno, per ciò che riguarda la fede e la condotta, supera qualsiasi insegnamento che potrebbe venirci dato dagli uomini.

b) Le affermazioni dell’Antico Testamento in tema di omosessualità

Per evitare di vagare intorno a qualcosa d'incerto e di probabile, leggiamo insieme quello che dice l’Antico Testamento a proposito di omosessualità.
Anche se questo specifico termine, non si trova mai negli scritti canonici dell’Antico Testamento, tuttavia, non si può negare che il concetto è chiaramente indicato.

1. Levitico 18:

In questo capitolo 18 del Levitico, c’è una descrizione dettagliata per ciò che riguarda le unioni illecite e i peccati contro natura.

La cosa che va subito tenuta in debito conto è l’esortazione e la precisazione che Il Signore fa al suo popolo d’Israele, di non comportarsi come fanno nel paese d’Egitto e nel paese di Canaan e di non seguire le loro usanze (Levitico 18:3).

Le pratiche di rapporti sessuali illeciti, erano ampiamente attuate sia nel paese di Egitto, dove gli Israeliti erano stati per tanti anni e in Canaan, dove dovranno entrare, secondo una precisa promessa fatta dal Signore.
Israele, dovrà sempre ricordarsi, che essendo il popolo di Dio, non deve agire nello stesso modo dei popoli pagani: deve sottostare ad una diversa regolamentazione, che è quella divina, quindi viene esortato a non cadere negli stessi peccati, per non contaminare il paese nel quale abiteranno.

A sua volta, i cristiani, dato che l’apostolo Paolo li definisca Israele di Dio (Galati 6:16), non possono ignorare che il loro modo di agire in materia di rapporti sessuali, debba essere diverso di come agiscono chi non fa parte dei seguaci di Gesù Cristo.

Ragione per cui, l’insegnamento di Levitico 18, è anche valido per loro oggi come per quelli di tutti i tempi.

La frase: non scoprirai la nudità, ripetuta tante volte in questo capitolo, oltre ad avere il senso marcato del rapporto sessuale illecito, viene presentata in termini di ordine perentorio, escludendo ogni forma di tolleranza.
Abbracciando tutto l’insieme di quello che Dio ha ordinato al suo popolo, il salmista, dal canto suo poteva affermare:

Tu ci hai ordinato di osservare i tuoi comandamenti con cura (Salmo 119:4).
Il testo che parla chiaramente dell’omosessualità, è (Levitico 18:22), che dice espressamente:

Non avrai relazioni carnali con un uomo, come si hanno con una donna: è cosa abominevole.

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11/02/2011 02:35

Mentre il testo di Levitico 20:13, parla della pena, legata a questa infrazione.

Se uno ha relazioni carnali con un uomo come si hanno con una donna, ambedue hanno commesso cosa abominevole; saranno certamente messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.

I cristiani che vogliono rimanere fedeli a Dio e alla Sua Parola, non possono giustificare l’omosessualità, come se si trattasse di atti leciti, normali e permessivi, e neanche dovrebbero avere paura di andare a finire davanti ad un magistrato che probabilmente li potrebbe mandare in carcere, con l’accusa di mantenere un atteggiamento di razzismo e d'incostituzionalità diranno certi giudici.
Se la Bibbia afferma che l’omosessualità è cosa abominevole, perché farla apparire come una pratica normale e lecita?

Dio condanna l’omosessualità, anche i suoi figli dovrebbero avere la stessa fermezza e coraggio di dire le stesse cose che dice Dio.

In certi ambienti religiosi, ai nostri giorni, si vorrebbe fare scomparire il termine peccato dal vocabolario, perché secondo costoro non favorisce l’accettazione della verità biblica, dato che rinchiude gli uomini nella cella della colpevolezza. I veri credenti, che accettano senza nessuna restrizione la Bibbia, come Parola divina, non dovrebbero avere paura di usare il termine peccato, quando si ha a che fare con la violazione di quello che dice Dio nella sua Parola. Infatti, che cosa è il peccato, se non la violazione della legge? (1Giovanni 3:4).

Anche se l’apostolo Giovanni non specifica di quale legge si tratta, non è assurdo pensare alla legalità di Dio. Tutto ciò che viola quello che Dio ha stabilito di non fare, è peccato.
La Bibbia, nei suoi sessantasei libri che la compongono, usa il termine peccato, 507 volte.
Quando si afferma che l’omosessualità non è peccata, [Alfredo Berlendis, La gioia sessuale: frutto proibito? p. 195; Omosessualità e coscienza cristiana, p. 27] per non ledere la dignità dell’essere umano degli omosessuali, si fa a scapito di quello che Dio ha detto di non fare.

Qui, ovviamente, non si tratta di affermare che il peccato dell’omosessualità sia più grave della bestialità, come diceva Pier Damiani nel suo Liber Gomorrhianus, scritto nel 1051, ma di farlo apparire come tutti gli altri peccati sessuali, per esempio all’adulterio e la fornicazione.

L’omosessuale, a causa della sua tendenza, non deve essere considerato un peccatore incorreggibile, come diceva giustamente Kahn, ma un trasgressore che può essere liberato, principalmente per la potenza di Gesù Cristo, come testimoniano i tanti omosessuali che lo hanno esperimentato.

Questo è il tipo di discorso che la Chiesa deve tenere di fronte a queste persone.
L’emarginazione, non è certamente una mano amica per gli omosessuali, ma neanche dir loro che non vi è niente di peccaminoso negli atti dell’omosessualità che essi compiono, non è certamente un motivo per aiutare validamente queste persone. Gesù Cristo è venuto in questo mondo, offrendo la sua vita per tutti gli uomini.
La sua morte espiatoria, è per tutta l’umanità gli omosessuali fanno parte integrale della specie umana.

Come la potenza di Gesù Cristo può liberare un criminale e farlo diventare una persona normale, e non commettere più atti che danneggiano la vita degli altri, allo stesso modo può essere liberato un omosessuale e diventare una persona normale, nel senso di compiere gli atti sessuali nella maniera come Dio vuole.
È cosa aberrante, che in certi ambienti cosiddetti cristiani, non solo si tollerano e giustificano l’omosessualità, ma addirittura consacrano anche al ministero degli omosessuali.

Quando si agisce e si cammina sul sentiero della violazione e della disubbidienza alla Parola di Dio, anche se si ha una veste religiosa e si predica la Parola del Signore, quale effetto potrà avere una simile predicazione nella vita degli uomini?
Un cieco che guida un altro non vedente, non cadranno forse ambedue nella fossa, secondo l’autorevole parola di Gesù? (Matteo 15:14).

Oggi, nel cosiddetto mondo cristiano, o come spessissimo si dice nell'universo protestante, si praticano certe cose e si conduce un certo tipo di vita, che non è basato su quello che dice la Parola di Dio, ma su certe convinzioni di persone che hanno messo Dio da parte, o addirittura ne hanno proclamato la sua morte.
Oggi, più che mai, è tempo di proclamare con forza e coraggio quello che dice Dio nella Sua Parola, con gli stessi termini che si leggono nella Bibbia, senza lasciarsi intimidire da quelli che pensano di saperne più degli altri, e che vorrebbero insegnare certe regole come interpretare correttamente le Scritture.
Il modernismo e il secolarismo hanno preso il dominio nel campo religioso, e, invece di insegnare e predicare quello che Dio vuole, si insegna e si predica quello che vuole una certa corrente teologica.

2. Genesi 19:5; Giudici 19:22

Nel racconto della visita di due angeli, alla città di Sodoma, si hanno indicazioni precise circa il comportamento degli uomini di quel centro abitato.
Il sacro testo precisa che i due visitatori che arrivarono verso sera nella città di Sodoma, volevano passare la notte sulla piazza (Genesi 19:2), ma dietro la forte insistenza che fece loro Lot, accettò di entrare in casa sua per passarvi la notte. I versi 4, 5 dicono:

Ma prima che andassero a coricarsi, gli uomini della città, gli esseri umani di Sodoma, circondarono la casa, giovani e vecchi, l’intera popolazione venuta da ogni dove; chiamarono Lot e gli dissero: Dove sono gli uomini che sono venuti da te questa notte? Portaceli fuori, affinché li possiamo conoscere.

Il termine ebraico yâda’, tradotto conoscere, che il testo adopera, ha una varietà di significati, e tra i tanti, bisogna individuare quello che maggiormente si accorda al contesto, che sicuramente non è quello concernente la fisionomia o l’aspetto somatico di una persona, bensì qualcosa che riguarda il rapporto sessuale. Lo stesso termine ebraico viene usato nell’altro testo, cioè (Giudici 19:22) che nel suo contesto, ha lo stesso significato di (Genesi 19:5). A titolo di esempio, si può citare anche un altro testo, cioè (Genesi 4:1), che dice:

Or Adamo conobbe ebr. yâda’ Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: Ho acquistato un uomo, dal Signore.

Sarebbe da veri incompetenti, se dovessimo dare un senso diverso, al termine ebr. yâda’, del comune rapporto sessuale che Adamo ebbe con Eva sua moglie, in conseguenza del quale nacque Caino.
I due testi sopra citati, cioè (Genesi 19:5) e (Giudici 19:22), sono stati interpretati in due modi: Gli uni vedono chiaramente i segni della manifestazione dell’omosessualità, mentre per gli altri si tratterebbe della violazione del diritto di ospitalità. Quando

D.S. Bailey [Homosexuality and the Christian Tradition] sostiene che Dio punì gli uomini di Sodoma e di Ghilbea per aver infranto le leggi dell’ospitalità anche Alfredo Berlendis la pensa nella stessa maniera [Alfredo Berlendis, La gioia sessuale: frutto proibito? p. 176] e non per avere minacciato un’aggressione omosessuale. Egli fa notare che in entrambe le occasioni gli uomini avevano chiesto di conoscere gli stranieri. Le loro intenzioni erano ostili, ma non necessariamente omosessuali. Quindi, egli conclude, cade il bastione biblico principale dell’argomentazione contro l’omosessualità. I due brani in questione non riguardano affatto il sesso, ma l’ospitalità. I ragionamenti di Bailey hanno ricevuto un certo sorprendente appoggio in libri il cui scopo è quello di studiare l’approccio biblico dell’omosessualità - entusiasmo particolarmente strano se paragonato alla freddezza con la quale la sua interpretazione è stata accolta dagli esegeti del testo [David Field, Omosessualità, pp. 24,25].

Berlendis, ricorda Gerhard Von Rad, quando nel suo commento al passo della Genesi, dice:

«Ma benché per tutte le età Sodoma fosse stata il tipo della più profonda depravazione che mai si potesse nominare in Israele, il concetto che si aveva del genere particolare dei suoi peccati non era dovunque lo stesso.
Isaia sembra averlo visto nel sovvertimento dell’ordine sociale Isaia 1:10; 3:9; Ezechiele pensa invece a splendore, sazietà di pane, quiete tranquilla contro la miseria del povero Ezechiele 16:49. E se Geremia parla di adulterio, di menzogna, di impenitenza Geremia 23:14, non sembra neppure lui pensare direttamente a depravazioni contro natura, perché si sarebbe espresso in altro modo.
Il nostro racconto dovrebbe dunque occupare un posto a parte e non rientrerebbe completamente nel concetto che Sodoma, per i suoi peccati, divenisse popolare in Israele. Per quanto una simile oscillazione di valutazioni possa anche apparire comprensibile in così lungo spazio di tempo, ci si deve tuttavia chiedere se la singolare somiglianza che il nostro episodio presenta con l’infamia di Gabaha non indichi proprio sotto questo aspetto una remota parentela e forse una lontana dipendenza di una saga dall’altra Giudici 10.

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14/02/2011 01:16

Può darsi che un’antica leggenda nota in Israele e riguardante un’orribile violazione del diritto di ospitalità sia stata ulteriormente riferita a Sodoma come sede di tutti i peccati» [Gerhard Von Rad, Genesi, pp. 287,288, e Alfredo Berlendis, La gioia sessuale: frutto proibito? pp. 175,176].

È bene anche ricordare che Gerhard Von Rad, nel suo commento alla Genesi, ricorda le parole di Gunkel:

«Evidentemente dobbiamo immaginare i messaggeri divini come giovani nel fiore dell’età, la cui bellezza eccitò particolarmente gli istinti turpi» [Ibidem, p. 287].

Dal momento che l’interpretazione dei due passaggi in questione cerca di ribaltare la spiegazione tradizionale, è necessario sostenere un approfondito esame del testo, per vedere se l’interpretazione riguardante, la violazione del diritto di ospitalità, può essere accettata o deve essere respinta.

Accettando che i due racconti, cioè quello della Genesi e quello dei Giudici abbiano una certa affinità - non cambia niente se uno dei due dipende dall’altro -, esaminiamo la gente di Sodoma, prima che questa venga distrutta dal fuoco divino, quindi, prima del racconto del capitolo 19 della Genesi.

Questo, ovviamente, ci permetterà di esprimere un giudizio più coerente e obbiettivo e nello stesso tempo ci permetterà di conoscere meglio la situazione, senza avere l’assillo e la preoccupazione di far dire al capitolo 19, quello che non vuole dire.
Quando Lot si separò dallo zio Abramo, egli scelse la pianura del Giordano, poiché quella zona era tutta quanta irrigata fino a Tsoar, come il giardino del Signore, come il paese d’Egitto, e, nel giro di poco tempo si stabilì a Sodoma.
A questo punto il testo precisa che:
La gente di Sodoma era grandemente depravata e peccatrice contro il Signore (Genesi 13:10-13).

La N. Riveduta traduce il v. 13, nel seguente modo: gli abitanti di Sodoma erano perversi e grandi peccatori contro il Signore; mentre la CEI lo rende Gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore.

Le versioni Inglesi, sono quasi unanimi nel rendere la parola ebraica in questione, col concetto di malvagio. Il termine ebr. usata in questo testo è ra‘ che abbraccia un vasto campo semantico, come: cattivo, funesto, nocivo, maligno, ostile, abominevole, ignobile, falso, ecc. con la spiccata caratteristica di “eccessivamente”, “estremamente”.
Gerhard Von Rad, nel commentare questo passo, non ha nessuna difficoltà a definire Sodoma come città della scelleratezza più profonda [Gerhard Von Rad, Genesi, p. 221]

Prima della distruzione di Sodoma e Gomorra, quindi prima del racconto del capitolo 19, il Signore aveva detto ad Abramo che.

Il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò per vedere se hanno veramente fatto secondo il grido che è giunto a me; in caso contrario, lo saprò (Genesi 18:20-21).

Anche se questo testo - che immancabilmente ha il suo peso sulla discussione che stiamo conducendo circa l’interpretazione della violazione del diritto di ospitalità -, contiene sufficienti elementi per fare una giusta valutazione della situazione, i due passi del N.T., cioè 2 Pietro 2:6-8 e Giuda 7, ci aiuteranno a capire meglio il vero modo di vivere degli abitanti di Sodoma.

2 Pietro 2:6-8, dice:
Dio condannò alla distruzione le città di Sodoma e di Gomorra, riducendole in cenere, e le fece un esempio per coloro che in avvenire sarebbero vissuti empiamente, e scampò invece il giusto Lot, oppresso dalla condotta immorale di quegli scellerati quel giusto, infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, tormentava ogni giorno la sua anima giusta a motivo delle loro opere malvagie.

La N. Riveduta traduce:
Dio condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, perché servissero da esempio a quelli che in futuro sarebbero vissuti empiamente; e se salvò il giusto Lot che era rattristato dalla condotta dissoluta di quegli uomini scellerati quel giusto, infatti, per quanto vedeva e udiva, quando abitava tra loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta a motivo delle loro opere inique.

La CEI, dal canto suo lo rende:
Dio condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati. Quel giusto, infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie.

Giuda 7, dopo aver ricordato la sorte di chi perverte la fede in Cristo... accennando il castigo delle città maledette, così si esprime:

Proprio come Sodoma e Gomorra e le città vicine, che come loro si erano abbandonate alla fornicazione e si erano date a perversioni sessuali contro natura, sono state poste davanti com'esempio, subendo la pena di un fuoco eterno.

La N. Riveduta, rende il passo nel seguente modo:
Allo stesso modo Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si abbandonarono, come loro, alla fornicazione e ai vizi contro natura, sono date com'esempio, portando la pena di un fuoco eterno.

La CEI traduce:
Così Sodoma e Gomorra e le città vicine, che si sono abbandonate all’impudicizia allo stesso modo e sono andate dietro a vizi contro natura, stanno com'esempio subendo le pene di un fuoco eterno.

Le tre versioni che abbiamo riportato, sono più che sufficienti per rivelarci il pieno convincimento che avevano Pietro e Giuda in merito alla condotta delle due città di Sodoma e Gomorra che vennero punite con estrema severità da Dio stesso.
I due scrittori del N.T. sono concordi nell’affermare che se Sodoma e Gomorra vennero ridotte in cenere, ciò fu per la vita dissoluta che conducevano.
Il loro modo di dissolutezza era arrivato a tal estremo che si abbandonavano a perversioni sessuali contro natura. Il loro modo di vivere in quella maniera non era occasionale: era diventato un vizio, cioè conducevano la vita di ogni giorno in quella direzione.

Gli atti sessuali che compivano, - a parte che erano quelli contro natura, che secondo la parola di Paolo corrisponde all’omosessualità, li compievano palesemente. Lot, il giusto, per ciò che vedeva e udiva, veniva tormentato nella sua anima giusta.

In tutta questa dovizia di particolari che i due scrittori del N.T. ci forniscono, non esiste la minima traccia che il peccato di Sodoma, consistesse nella violazione del diritto di ospitalità, come vorrebbero farci credere chi ha accettato l’interpretazione di Bailey e compagni.

Come se non bastasse la chiara esposizione dei fatti reali degli abitanti di Sodoma e Gomorra, i testi suesposti, lanciano un severo ammonimento a chiunque fa le stesse cose.
La punizione che quelle città ricevettero, serve come esempio, a tutti quelli che non prendono sul serio la gravità delle azioni malvagie che compirono gli abitanti di Sodoma.

Ritornando al racconto del capitolo 19 della Genesi, per prima cosa notiamo:

Gli uomini della città, gli esseri umani di Sodoma, circondarono la casa, giovani e vecchi, l’intera popolazione venuta da ogni dove (v. 4).

Questa specie d'invasione, lungi dall’essere pacifista, aveva tutti i contorni e gli elementi di una vera aggressione violenta.
Non è certamente con la violenza che si affronta il problema dell’ospitalità.
Se la richiesta di ospitalità venisse improntata con la forza, ci sarebbero tutte le ragioni per respingerla e, la stessa generosità con gli ospiti, perderebbe la sua giusta dimensione e la sua importanza.
Mentre se quest'aggressione invece mira a compiere degli atti sessuali nei confronti dei due stranieri - come tutto lascia pensare -, la violazione del diritto di ospitalità, campa sull’immaginazione e sulla forzatura del testo, poiché la risposta di Lot, mira a salvaguardare l’incolumità dei visitatori, a danno delle sue figlie.

Sentite, io ho due figlie che non hanno conosciuto uomo; deh, lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piacerà; ma non fate nulla a queste creature perché essi sono entrati sotto la protezione del mio tetto (Genesi 19:8).

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15/02/2011 03:24

Che senso e quale logica avrebbero queste parole, se pensassimo che le persone di Sodoma, accorse in massa alla casa di Lot, avessero a che fare con l’ospitalità di quei visitatori?
Se l’interpretazione riguardante la violazione del diritto di ospitalità era vera, la gente di Sodoma, come minimo avrebbero respinto l’offerta di Lot, e chiarito lo scopo perché avevano accerchiato la sua casa.
Dal momento che le due figlie di Lot, non avevano conosciuto uomo, e che il padre loro li offriva al posto dei due visitatori, era abbastanza chiaro che cosa volevano fare gli esseri umani di Sodoma.

La N. Riveduta, interpretando giustamente il termine ebr. yâda’ = conoscere, traduce:
Dove sono quegli uomini che sono venuti da te questa notte? Falli uscire, perché vogliamo abusare di loro (Genesi 19:5).

Il conoscere, pertanto, in quel contesto, aveva il senso di rapporto sessuale, non quello comune, ma quello contro natura, cioè l’omosessualità.
Se le persone che circondarono la casa di Lot, giovani e vecchi, che furono spinti con quel preciso scopo, ciò vuol affermare che gli uomini erano omosessuali.
Anche se non si leggerà questo termine, è abbastanza chiaro che l’intenzione di quelle persone era di compiere atti veri e propri di omosessualità.

Per Lot, che ormai da tempo conosceva il comportamento degli uomini di Sodoma, perché vedeva e udiva, quello che faceva la gente di Sodoma, non ci fu nessun'incertezza nel definire un simile agire malvagio v. 7.
Se poi si collega e si accetta l’interpretazione che dà il N.T. quando parla specificatamente degli abitanti di Sodoma e del giudizio divino su di loro, si ha un giustificato motivo di ritenere esatta l’interpretazione tradizionale che ha visto gli atti dell’omosessualità nelle persone delle due città di Sodoma e Gomorra, punite severamente da Dio. Dare al termine conoscere, il senso di ospitalità, è certo capovolgere la correttezza d'interpretazione, a favore di una tesi ingiustificata e poco ortodossa a dir poco.

Anche l’altro testo, cioè (Giudici 19:22-24), usa le stesse parole, quando dice:

Mentre stavano rallegrandosi, ecco alcuni uomini della città, gente perversa, circondarono la casa, picchiando alla porta, e dissero al vecchio padrone dello stabile: Fa’ uscire quell’uomo che è entrato in casa tua, perché lo vogliamo conoscere.

Dalla risposta che diede il vecchio di Ghibea, si può facilmente capire il senso del verbo conoscere che quegli uomini usarono per il Levita:

Ma il padrone di casa, uscito, disse loro: No, fratelli miei, vi prego, non comportatevi in modo così malvagio; poiché quest’uomo è venuto in casa mia, non commettete una simile infamia! Ecco qui mia figlia vergine e la concubina di quest’uomo; io ve le condurrò fuori, e voi umiliatele e fatene ciò che vi pare; ma non commettete contro quest’uomo una simile infamia! (Cfr. Osea 9:9).

Se in questo testo, come anche in quello della Genesi già ricordato, si sostenesse che la punizione degli abitanti di Ghibea avvenne per aver violato il diritto di ospitalità, come spiegare le parole:

Il Levita andò e si fermò sulla piazza della città; ma nessuno li accolse in casa per la notte? (v. 15).

Se le persone di Ghibea avevano in precedenza rifiutato l’ospitalità al Levita con la sua concubina, prima che quel vecchio li avesse accolti in casa sua, con quale logica e con quale coerenza per una giusta esegesi si può sostenere che, le persone di Ghibea accorsero alla casa del vecchio con l’intenzione di conoscere gli stranieri, per dare l’ospitalità a quei visitatori?
Più tardi, il Nuovo Testamento chiamerà gli omosessuali col nome di Sodomiti, [1 Corinzi 6:9 nelle traduzioni di G. Luzzi; La Nuova Riveduta; La CEI; S. Garofalo; J. B] mentre Pietro e Giuda, ne descrivono a tinte chiare il loro comportamento di pervertiti.

E condannò alla distruzione le città di Sodoma e di Gomorra, riducendole in cenere, e le fece un esempio per coloro che in avvenire sarebbero vissuti empiamente, e scampò invece il giusto Lot, oppresso dalla condotta immorale di quegli scellerati quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, tormentava ogni giorno la sua anima giusta a motivo delle loro opere malvagie (2 Pietro 2:6-8).
Proprio come Sodoma e Gomorra e le città vicine, che come loro si erano abbandonate alla fornicazione e si erano date a perversioni sessuali contro natura, sono state poste davanti com'esempio, subendo la pena di un fuoco eterno (Giuda 7).

In queste due citazioni non solo si parla di Sodoma e Gomorra, ma si parla soprattutto della loro perversione sessuale; di condotta immorale; di opere malvagie, dando loro anche la qualifica di scellerati.
L’apostolo Pietro afferma che Dio, nel ridurre in cenere gli abitanti di Sodoma e di Gomorra, Le fece un esempio per coloro che in avvenire sarebbero vissuti empiamente,
vale a dire che avrebbero subito lo stesso castigo. E siccome l’atteggiamento particolare dei Sodomiti riguardasse l’omosessualità, gli omosessuali dovrebbero prendere sul serio il severo ammonimento dell’apostolo Pietro.

Non meno severo è l’apostolo Giuda, quando con parole franche e decise, non indugia a parlare di perversione sessuale contro natura, poiché anche questo è un chiaro riferimento all’omosessualità, subendo la pena di un fuoco eterno.
Di fronte alla severità di quello che scrisse Pietro e Giuda, gli omosessuali dovrebbero seriamente riflettere sul loro comportamento, perché quegli antichi che perirono, sono davanti a loro di esempio, e rappresentano una classe di persone sui cui si abbatté un severo giudizio divino.

c) Le affermazioni del Nuovo Testamento in tema di omosessualità

Per quanto riguarda le citazioni del Nuovo Testamento come riferimento all’omosessualità, abbiamo abbastanza materia su cui riflettere, e che ci permette di conoscere meglio quello che ha da dirci su tale argomento.

1) 1 Cor. 6:9,10:

Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non vi ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio.

I termini greci usati in questo testo sono: malakoi, e arsenokoitai.
malakoi, significa:

1. Molle, morbido, tenero, delicato;
2. effeminato, languido, debole, pigro;
3. timido, vile;
4. dolce, mite, benigno, condiscendente.

Per C. Buzzetti si tratta di «effeminato oppure maniaco sessuale» [Dizionario Greco-Italiano del Nuovo Testamento, p. 98].
arsenokoites = Sodomita, maschio sessualmente depravato [Ibidem, p. 21].

Tra le dieci categorie [Diciamo dieci categorie, perché negli “ingiusti”, di cui parla il nostro testo, non bisogna vedere una speciale categoria a se stante, dato che questo termine sta ad indicare il carattere delle persone. Anche Leon Morris, la pensa nella stessa maniera, quando scrive: «Ingiusti, non come categoria di persone, ma in riferimento al carattere di queste persone» ( La prima epistola di Paolo ai Corinzi, p. 112)]. menzionate in questo testo che non erediterà il regno di Dio, ci sono gli effeminati e gli omosessuali.

La frase che Paolo usa: non vi ingannate, o come dicono altri traduttori Non vi illudete (N. Riveduta; CEI), è carica di severità e mira essenzialmente a mettere in guardia i credenti di Corinto. (È valido anche per tutti i fedeli in genere di qualsiasi località ed età). Il serio pericolo che può minacciare la loro vita, specialmente se queste persone, o meglio se questi atteggiamenti di condotta errata, non dovessero essere presi sul serio e non dando loro il giusto peso alle azioni che si compiono.

Trattandosi del regno di Dio, tutta l’argomentazione che l’apostolo Paolo fa, acquista più peso, soprattutto quando si pensa a questo reame in termini di eredità.
Klēronomēo = “ereditare”, non è usato in senso stretto, ma col significato più ampio che “entrare in possesso di”, senza riferimento ai mezzi impiegati» [L. Morris, La prima epistola di Paolo ai Corinzi, p. 112].

Il regno di Dio, ovviamente, non è qualcosa di umano e di terreno e neanche ha simili finalità.
Dal momento che si parla in termini di futuro, cioè riguarda l’avvenire, è molto importante avere una chiara visione del domani e su quale base è fondata questa prospettiva.

Non rientra nella finalità di quest’opera, trattare l’argomento del “regno di Dio”, [Per coloro che volessero approfondire la loro conoscenza sull’argomento del regno di Dio, (gr. Basileia) possiamo indicare K. L. Schmidt, GLNT, Vol. II, col. 161-203], così come viene diffusamente nominato, specialmente nel Nuovo Testamento, per questo, il cenno che ne facciamo, è limitatamente al solo concetto di eredità. In Matt. 25:34, è detto:

Allora il Re dirà a chi sarà alla sua destra: venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo.

Siccome il regno veniva offerto in eredità, era necessario che Gesù facesse una precisazione:
Non temere, o piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno (Luca 12: 32).
L’apostolo Paolo, dal canto suo, dopo di avere illustrato il grande evento della resurrezione dei corpi, com'e quando avverrà, si affretta ad affermare:

E come abbiamo portato l’immagine del terrestre, porteremo anche la figura del celeste. Or questo dico, fratelli, che la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio; similmente la corruzione non eredita l’incorruttibilità (1 Cor. 15:49,50).

Come si può vedere chiaramente, i testi suesposti, oltre a rappresentare una chiara indicazione di quello che sarà nel futuro, cioè quello che avranno i figli di Dio dopo il terrestre pellegrinaggio, sono anche in perfetta coerenza col testo di 1 Cor. 6:9, che stabilisce categoricamente che gli effeminati e gli omosessuali, saranno esclusi dal prendere possesso dell’eredità del regno di Dio come è anche detto dei fornicatori, degli idolatri, degli adulteri, dei ladri, degli avari, degli ubriaconi, degli oltraggiatori e dei rapinatori.

Onde evitare una errata interpretazione del testo paolino riguardante le dieci categorie chiaramente specificate, non bisogna pensare che per essi la via della salvezza è preclusa, nel senso che Dio non concede loro la salvezza.

Sarebbe un grave errore, infatti, escludere in partenza le persone che hanno le caratteristiche di cui sopra, se si deve pensare che per loro non c’è più nessuna possibilità di salvezza.

Se si dovesse affermare una simile cosa, non sarebbe sicuramente facile spiegare le parole del v. 11, di 1 Cor. 6, che dice:
Or tali eravate già alcuni di voi; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Gesù Signor e mediante lo Spirito del nostro Dio.

Appare chiaro, infatti, che alcuni Corinzi, erano dei fornicatori, degli idolatri, degli adulteri, degli effeminati, degli omosessuali, dei ladri, degli avari, degli ubriaconi, degli oltraggiatori e dei rapinatori, ma erano stati lavati, dalla sporcizia del loro peccato, quindi santificati e giustificati; termini che parlano esplicitamente della salvezza.

Per coloro invece che dovessero rimanere nello stato di cui parla il testo, dopo di essere stati portati alla conoscenza della verità e di quello che Dio dice nella Sua Parola, è chiaro che non ci sarà nessuna possibilità di entrare nel regno di Dio, quindi prendere possesso dell’eredità.

2) Rom. 1:27:

Nello stesso modo gli uomini, lasciata la relazione naturale con la donna, si sono accesi nella loro libidine gli uni verso gli altri, commettendo atti indecenti esseri umani con uomini, ricevendo in se stessi la ricompensa dovuta al loro traviamento.

Il tratto che va dal v. 18-32 del primo capitolo dell’epistola ai Romani, è una chiara descrizione della depravazione dei gentili, del loro modo di vivere e di comportarsi.

Se dal punto di vista di Dio e della Sua Parola, è una depravazione mutare la gloria dell’incorruttibile Dio in un’immagine simile a quella di un uomo corruttibile..., alla stessa maniera deve essere considerata l’omosessualità descritta nel v. 27.

Inoltre, se: l’ira di Dio si rivela dal cielo sopra ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che soffocano la verità nell’iniquità (v. 18),

lo deve essere anche per ciò che riguarda l’omosessualità, dato che si trova sullo stesso piano di tutte le altre depravazioni elencate in questo tratto dell’epistola ai Romani.
Agli omosessuali, ovviamente, non piace sentirsi classificare come depravati, gli atti sessuali che compiono, li stimano legittimi e normali, senza nessuna differenza degli eterosessuali.

Si proseguirà il prossimo giorno...
[Modificato da Domenico34 16/02/2011 03:47]
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16/02/2011 02:37

Per chi invece accetta l’insegnamento dell’apostolo Paolo, l’omosessualità, è un lasciare la relazione naturale con la donna, è un commettere atti indecenti uomini con uomini, dato che il loro comportamento è un chiaro traviamento.

Per “Vita pratica”, ecco come viene commentato il testo in questione:
«Quando la nostra società afferma che qualsiasi atto sessuale è accettabile purché non rechi danno ad alcuno, inganna se stessa. A lungo andare (ma a volte anche a breve scadenza) il peccato danneggia sia le persone sia le famiglie ed infine anche l’intera società.
Dio non ci obbliga né c'incoraggia a dar libero sfogo a tutti i nostri desideri, persino a quelli normali. Il desiderio sessuale è del tutto naturale, non è peccato, ma lo diventa se si soddisfa nel modo che Dio lo ha proibito» [Vita Pratica attraverso il Nuovo Testamento, p. 440].

«Quest’altra depravazione era diffusa fra i pagani greco-romani, ma era tutt’altro che ignota fra i Semiti. Specialmente i Greci la ritenevano una nota distintiva di guerrieri e di letterati; e aperte apologie ne fecero uomini quali Socrate e Plutarco: forse allude a questo ceto colto l’accenno di Paolo, “Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti” (v. 22) » [G. Ricciotti, Gli Atti degli Apostoli, p. 506].

«La perversione è entrata nel sangue degli uomini. Ma in che cosa si manifestano queste passioni vergognose? Nel rapporto sessuale invertito di donne e uomini ‘ekkaiō’ = “incendiare, attizzare”; al passivo “bruciare”. Degno di nota è il giudizio che l’apostolo pronuncia sulle perversioni sessuali da lui poste in risalto come aspetti caratteristici del mondo pagano. Tale giudizio si può così riassumere:

1. Il pervertimento degli istinti e del comportamento sessuale è la risposta punitiva di Dio alla divinizzazione che l’uomo fa di se stesso e del mondo;
2. è la ritorsione divinamente necessaria;
3. tale ritorsione si attua sin d’ora in questo mondo nei corpi dei pagani» [H. Schlier, La lettera ai Romani, pp. 121, 122].

3) 1 Tim. 1:9,10:

Sapendo questo, che la legge non è stata istituita per il giusto, ma per gli empi e i ribelli, per i malvagi e i peccatori, per gli scellerati e i profani, per chi uccide padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per gli omosessuali, per i rapitori, per i falsi, per gli spergiuri, e per qualsiasi altra cosa contraria alla sana dottrina.

Questo testo, oltre a costituire un elemento importante, ci fornisce un elenco che è consimile a quello di 1 Cor. 6:9,10 e Rom. 1:18-32, attraverso il quale, può essere approfondito l’argomento che riguarda l’omosessualità.

La costituzione della legge, non venne fatta tenendo presente il giusto, perché egli, in base a come vive e si comporta, non ne ha bisogno; ma gli empi e i ribelli... che hanno un modo di vivere e di comportamento diverso.

Ora, se questa è la funzione della legge, che denunzia e punisce le azioni che non sono in accordo con i sani principi di moralità che Dio stesso ha stabilito, il volerli capovolgere, rappresenta un atto ingiustificato e un'azione spietata di ribellione contro Dio.

L’omosessualità, viene elencata assieme a tutte le altre cose che sono contrarie alla sana dottrina.
Per cui, secondo l’apostolo Paolo, essere un fornicatore, un rapitore, un falso, uno spergiuro, un omicida, un uccisore di padre e madre, un profano, uno scellerato, un malvagio, un ribelle, un empio, o essere un omosessuale, non fa nessuna differenza agli occhi di Dio e della Sua legge.

Com'è prevista una punizione per un ribelle, la stessa è prevista anche per un omosessuale.

«Ci sono quelli che cercano di rendere accettevole l’omosessualità considerandola un legittimo stile di vita alternativa. Persino alcuni cristiani dicono: “Che colpa hanno gli omosessuali se sono nati così?” Chi commette atti invertiti ha lo stesso misfatto dell’adultero. Entrambi hanno la capacità o meno di commettere un peccato sessuale. La Bibbia afferma chiaramente che il comportamento omosessuale è peccato (Lev. 18:22; Rom. 1:18-32; 1 Cor. 6:9-11). Gli individui che commettono atti omosessuali non sono da ridicolizzare o da odiare, ma da condurre a Cristo per essere liberati, perdonati e trasformati. La chiesa deve essere il luogo che offre perdono e guarigione anche agli omosessuali» [Donald Guthrie, Le epistole pastorali, p. 621].

Scott osserva: «La legge è una specie di medicina che si deve applicare solo quando la natura morale è inferma; la dottrina cristiana è un cibo salutare per gente sana, uno strumento di gioia, di libertà, di più ampia libertà» [Ibidem, p. 73].

Personalmente non ammetto che gli omosessuali nascano tali, di conseguenza la loro inclinazione a questi atti, non rappresenta un qualcosa di naturale, che sia legato a fattori psichici, ma una deviazione dell’istinto sessuale, derivato da situazioni e ambiente particolari.

Se gli omosessuali vengono liberati dallo spirito di perversione che li domina e li controlla, andando a Cristo Gesù, il Divino guaritore, cesseranno di avere questa tendenza, e potranno facilmente ritornare ad essere persone normali, sessualmente parlando. Condividiamo in pieno quello che dice Eric Fuchs:

«L’omosessualità, che ha la pretesa di cercare il simile, l’affine e di rifiutare la differenza, per la tradizione biblica, è un consenso al caos, un rifiuto di entrare nel progetto creatore e organizzatore di Dio e, ovviamente, una rinuncia di assumere le conseguenze procreatrici della sessualità». Ed ancora: «Ma è evidente che quest'aspirazione alla riconciliazione la Bibbia non la collochi nel rifiuto della differenza, ma nella sua accettazione reale e profonda. L’omosessualità è più una conseguenza della paura della differenza che non un mezzo per superarla o per eliminarla. È altrettanto vero che, sul piano delle scelte etiche, l’omosessualità vi è descritta come tale da condurre ad una vita assolutamente senza uscita. Ma è ugualmente vero che sarebbe falso, anzi sprezzante nei loro confronti, nascondere loro che la loro esperienza è segnata da una radicale e tragica debolezza. Approvo perciò la conclusione di M. Oraison: «Grazie alla fede in Cristo, gli eterosessuali sanno che camminano attraverso il tempo facendo l’esperienza ambivalente di un’insufficienza radicale; gli omosessuali sanno che partecipano a quella stessa marcia con un esperimento più radicale di una mancanza, e che non ne sono affatto separati» [Eric Fuchs, Desiderio e tenerezza, pp. 222-224].


PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e noi risponderemo con prontezza
[Modificato da Domenico34 16/02/2011 04:30]
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