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Domenico34 – Giona... Un uomo che non ha pietà dei Niniviti – Capitolo 4. IRRITAZIONE DI GIONA; RIMPROVERI DEL SIGNORE

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    Domenico34
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    00 30/06/2011 00:12

    Capitolo 4




    IRRITAZIONE DI GIONA; RIMPROVERI DEL SIGNORE




    Il testo

    Giona ne provò gran dispiacere, e ne fu irritato.
    Allora pregò e disse: «O SIGNORE, non era forse questo che io dicevo, mentre ero ancora nel mio paese? Perciò mi affrettai a fuggire a Tarsis. Sapeva, infatti, che tu sei un Dio misericordioso, pietoso, lento all’ira e di gran bontà e che ti penti del male minacciato.
    Perciò, SIGNORE, ti prego, riprenditi la mia vita; poiché per me è meglio morire piuttosto che vivere».
    Il SIGNORE gli disse: «Fai bene ad irritarti così?»
    Poi Giona uscì dalla città e si mise seduto a oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra, per vedere quello che sarebbe successo alla città.
    Dio, il SIGNORE, per calmarlo della sua irritazione, fece crescere un ricino che salì al di sopra di Giona per fare ombra sul suo capo. Giona provò una grandissima gioia a causa di quel ricino.
    L’indomani, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò.
    Dopo che il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un soffocante vento orientale e il sole picchiò sul capo di Giona così forte da farlo venir meno. Allora egli chiese di morire, dicendo: «É meglio per me morire che vivere».
    Dio disse a Giona: «Fai bene a irritarti così a causa del ricino?» Egli rispose: «Sì, faccio bene a irritarmi così, fino a desiderare la morte».
    Il SIGNORE disse: «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito;
    e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»
    (Giona 4:1-11).

    La reazione negativa di Giona

    Tenuto conto che i Niniviti si convertirono dalla loro malvagità, a seguito di aver ascoltato il messaggio di giudizio predicato da Giona, Dio, che aveva visto ciò, non rimase indifferente: come conseguenza logica non eseguì la punizione che aveva preannunciato. Ciò, però, dispiacque a Giona, tanto che egli ne provò gran dispiacere e ne fu irritato.

    Si rimane sbalorditi come Giona, profeta di Dio, quindi servo del Signore, abbia reagito in quel modo davanti alla clemenza del Signore. Questo significa in altre parole che Giona non approvò quello che aveva fatto Dio. Com'è possibile ciò? Come spiegare la reazione del profeta? Perché Giona reagì in quel modo? Che cosa avrebbe guadagnato se Dio avesse punito i Niniviti? Quale sarebbe stata, invece, la sua perdita?

    Se abbiamo posto questi interrogativi, l’abbiamo fatto unicamente per capire e spiegare l’insolita e negativa reazione del profeta. Poiché il testo sacro non fornisce indicazioni utili sulla reazione di Giona, dobbiamo procedere per intuizione.

    Quando Dio affidadò a Giona l’incarico di recarsi a Ninive per predicare un messaggio di giudizio a quella popolazione, egli aveva intuito che il Signore, essendo misericordioso, sarebbe stato clemente nei confronti dei Niniviti e non li avrebbe puniti. Comprendendo ciò, invece di recarsi a Ninive, preferì fuggire lontano dalla presenza del Signore, verso Tarsis.

    Anche se del ministero profetico di Giona, si conosce poco, poiché c’è un solo testo nell’Antico Testamento che parla di lui, oltre al libro che porta il suo nome, ed è il seguente:

    Egli ristabilì i confini d’Israele dall’ingresso di Camat al mare della pianura, come il SIGNORE, Dio d’Israele, aveva detto per mezzo del suo servitore il profeta Giona, figlio di Amittai, che era di Gat-Efer (2Re 14:25),

    non è inspiegabile che egli conoscesse la misericordia, la pietà, la lentezza all’ira e la gran bontà del Signore. Se queste caratteristiche divine non le aveva sperimentate nel suo ministero profetico, sicuramente ne aveva sentito parlare dagli altri profeti, i quali prima di lui ne avevano costatato l’evidenza in diverse circostanze.

    Che la conoscenza della misericordia, della pietà, della lentezza all’ira e della gran bontà di Dio, era certa, cioè ferma stabile nella sua convinzione, appare chiaramente dal modo come lui ne parlava. Nella mente del profeta, quindi, non c’era nessun dubbio, nessun'incertezza, intorno alle caratteristiche divine.

    Risposta alle domande formulate

    1) Com'è possibile che il profeta provò gran dispiacere e ne fu irritato?
    Il suo dispiacere e la sua irritazione, erano dovuti al fatto che egli non aveva approvato quello che Dio aveva fatto. Mentre Dio provava piacere nel vedere la conversione del peccatore, Giona, invece si dispiaceva per la sua salvezza. Dio era contento perché i Niniviti, avendo creduto alla Sua parola, avevano cambiato atteggiamento, cioè si erano convertiti dalla loro malvagità, Giona, invece, si irritava.

    Per meglio capire l’irritazione del profeta, trascriviamo il significato linguistico del termine irritato, così come lo rileviamo dal gran dizionario della lingua italiana di S. Battaglia.

    «Irritato = Dominato da violento sdegno, da risentimento, da ira, da rancore; indispettito, infastidito.
    2. Incitato, istigato, provocato; reso ostile, aggressivo, battagliero; dominato da risentimenti di avversione, da propositi di lotta.
    3. Aizzato, eccitato. Rabbioso».

    Sì, direbbe: com'è possibile vedere nella vita di Giona manifestarsi simili sentimenti? Se Giona fosse stato un pagano, privo della conoscenza del vero Dio, i suoi ostili sentimenti di sdegno, di risentimento, d'ira, di rancore, di aggressività, di avversione e di rabbia potrebbero essere definiti il frutto della sua ignoranza del vero Dio e della Sua legge. Ma egli non era un pagano, era un profeta di Dio, cioè una persona al Suo servizio, che predicava la Sua parola.

    Infine, l’irritazione che Giona manifestò nel costatare che Dio aveva risparmiato di punire i Niniviti, non parlava solamente che egli non approvava quello che Dio aveva fatto nei confronti della popolazione di Ninive, ma voleva anche esprimere che Dio, nel comportarsi in quel modo, non aveva agito con giustizia, perciò egli era ostile e arrabbiato.

    2) Come spiegare la reazione del profeta?

    La reazione di Giona nel vedere che Dio si era pentito e non aveva punito i Niniviti fu negativa, nel senso che egli non trovò il modo di rallegrarsi per il pentimento dei Niniviti. Pensiamo anche che Giona non comprenda abbastanza il valore della misericordia divina. Se egli avesse avuto pietà e compassione verso quei peccatori, definiti malvagi, non si sarebbe dispiaciuto e irritato per il perdono che Dio concesse, ma avrebbe lodato il Signore per non essere stato severo verso i Niniviti.

    3) Che cosa avrebbe guadagnato Giona se Dio avesse punito i Niniviti?

    Dal punto di vista umano, avrebbe guadagnato stima, prestigio presso gli uomini, per il semplice fatto che la sua predizione, riguardante il castigo divino sopra Ninive, si sarebbe avverata. E, forse, a questo Giona ci teneva molto.

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    Domenico34
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    00 01/07/2011 00:15
    4) Quale sarebbe stata, invece, la sua perdita?

    Senza dubbio la sua onorabilità presso gli uomini. Avrebbe perso stima e prestigio, la sua predicazione sarebbe stata trovata mendace e la sua persona avrebbe subito uno smacco. Queste considerazioni che abbiamo approntato, anche se non appaiano perfette, almeno hanno cercato di interpretare il dispiacere e l’irritazione di Giona.

    La preghiera che Giona fece al Signore

    La preghiera che Giona innalzò a Dio, lungi dall’essere una buona relazione di comunione con Dio, rappresentava essenzialmente lo sfogo del suo dispiacere e della sua irritazione nel prendere atto della clemenza divina.

    Infatti, la prima cosa che egli menzionò fu la giustificazione e la giustezza del suo procedere per essere fuggito in Tarsis. Secondo lui, rientrava nella logica fuggire lontano dalla presenza del Signore, anziché recarsi a Ninive per proclamare un messaggio di giudizio, dal momento che sapeva che Dio si sarebbe pentito e non avrebbe punito i Niniviti.

    Ora, Giona non è solamente infastidito e irritato per non aver visto i Niniviti puniti, ma è anche amareggiato e deluso. Davanti a tutto questo, egli vuole morire e la considera cosa migliore, piuttosto che esistere. Giona, nel presentare a Dio questo tipo di richiesta, non si rende conto che, con la morte, il suo ministero al servizio del Signore sarebbe terminato, cioè avrebbe cessato di essere un profeta del Signore. A lui tutto ciò non gli interessa. Pensa solamente che ha fatto una figuraccia davanti ai Niniviti, per il semplice motivo che la sua predizione non si è avverata.

    Tenuto conto che la richiesta del profeta di morire non rientrava nella volontà di Dio, quindi non poteva essere accettata, perché appunto l’ora della sua morte non era ancora arrivata. Che cosa fare per aprire gli occhi a Giona che si trovava in errore per essersi comportato in quel modo?

    Ecco che Dio gli parla e gli chiede: Fai bene ad irritarti così? (v. 4). Per Dio, la richiesta di morire di Giona era stata generata dalla sua irritazione, cioè rappresentava il frutto della mancanza di pietà e di compassione nei confronti della popolazione di Ninive. In altre parole, con la domanda che Dio gli rivolge, cerca di fargli comprendere che, con la sua irritazione non sta recando del bene ai Niniviti, a Dio e neanche a sé stesso. È fermo a danneggiare seriamente la sua vita.

    Più tardi l’apostolo Giacomo affermerà che, l‘ira dell’uomo non promuove la giustizia di Dio (Giacomo 1:20) [N. Diodati]. Questo, però, Giona non lo comprendeva: era fermo nel suo modo di pensare e non sentiva nessuna ragione di cambiare idea. Tant’è vero che, alla domanda di Dio, non rispose, anzi uscì dalla città.

    Giona esce dalla città

    Il motivo del perché Giona uscì dalla città è presto specificato: Poi Giona andò fuori della città e si mise seduto ad oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra, per vedere quello che sarebbe successo alla città (Giona 4:5).

    Nonostante sia detto chiaramente che Dio vide ciò che facevano], (i Niniviti) osservò che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece (Giona 3:10), Giona viveva nell'attesa di vedere quello che sarebbe successo alla città. Ma se Dio aveva già deciso di non punire la città, l’attesa del profeta non era vana? Certamente! Ma egli questo non voleva accettarlo.

    Che differenza tra Giona ed Ezechiele! Tutti e due sono profeti del Signore, ma il loro atteggiamento è diverso, con riferimento a quello che si presenta davanti ai loro occhi. Ecco la scena che vide Ezechiele.

    Poi gridò ad alta voce alle mie orecchie, e disse: «Fate avvicinare quelli che debbono punire la città, e ciascuno abbia in mano la sua arma di distruzione».
    Ed ecco venire dal lato della porta superiore che guarda verso settentrione sei uomini, ognuno dei quali aveva in mano la sua arma di distruzione. In mezzo a loro c’era un uomo vestito di lino, che aveva un corno da scrivano alla cintura; essi vennero a mettersi di fianco all’altare di rame.
    E la gloria del DIO d’Israele si alzò dal cherubino sul quale stava, e andò verso la soglia della casa. Il SIGNORE chiamò l’uomo vestito di lino, che aveva il calamaio da scrivano alla cintura, e gli disse:
    «Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e fa’ un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono in mezzo a lei».
    Agli altri, in modo che io sentissi, disse: «Passate per la città dietro a lui, e colpite; il vostro occhio sia senza pietà, e non abbiate compassione;
    uccidete, sterminate vecchi, giovani, vergini, bambini e donne, ma non vi avvicinate ad alcuno che porti il segno; cominciate dal mio santuario». Essi cominciarono da quegli anziani che stavano davanti alla casa.
    Poi egli disse loro: «Contaminate la casa e riempite di cadaveri i cortili! Uscite!» Quelli uscirono, e andarono colpendo per la città
    (Ezechiele 9:1-7).

    Era una scena terrificante quella che appariva davanti al profeta! L’ordine di passare per la città di Gerusalemme e colpire a morte, senza nessuna pietà e compassione, vecchi, giovani, vergini, bambini e donne, l’aveva dato il Signore. Non era, quindi, la vendetta di un uomo che aveva concepito quel massacro. Quale fu la reazione di Ezechiele, vedendo quella terrificante scena? Ecco le sue parole:

    Mentre essi colpivano e io ero rimasto solo, caddi faccia a terra, e gridai: «Ahimè, Signore, DIO, distruggerai forse tutto ciò che è rimasto d’Israele, riversando il tuo furore su Gerusalemme?» (Ezechiele 9:8).

    Naturalmente, Dio non poteva lasciare Giona in quello stato: doveva compiere qualcosa per lui e fargli comprendere il motivo del Suo comportamento nei confronti dei Niniviti. Mentre si riposava all’ombra della sua capanna, Dio fece crescere una pianta di ricino per procurare ombra sul capo del profeta. Questo lo fece, per calmare Giona dalla sua irritazione. Nel vedere ciò, precisa la Scrittura, Giona provò una grandissima gioia a causa di quel ricino (v. 6).

    L’indomani, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò.
    Dopo che il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un soffocante vento orientale e il sole picchiò sul capo di Giona così forte da farlo venir meno. Allora egli chiese di morire, dicendo: «É meglio per me morire che vivere»
    (Giona 4:7-8).

    Ecco di nuovo la richiesta di morire del profeta! Ancora una volta Dio chiede a Giona: «Fai bene ad irritarti così a causa del ricino?» Egli rispose: «Sì, faccio bene ad irritarmi così, fino a desiderare la morte» (v. 9). Questa volta Giona risponde che la sua irritazione è giusta e che egli ha tutte le ragioni per reagire in quel modo, fino a desiderare la morte. Certamente Giona non aveva compreso perché quella pianta di ricino era cresciuta in una notte e in una notte era perita. Dio ha dovuto spiegarglielo.

    Il SIGNORE disse: «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito;
    e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»
    (vv.10-11).

    La storia del profeta Giona si conclude così, senza sapere se quest’uomo ha accettato quello che il Signore gli ha spiegato e se la sua irritazione si sia calmata.

    Riflessioni

    1. Certe preghiere che si innalzato a Dio non vengono esaudite, non perché Egli non le abbia ascoltate, ma perché non rientrano nella Sua volontà. Ecco cosa afferma la Scrittura in proposito: Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste (1Giovanni 5:14-15).

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    00 02/07/2011 00:23
    2. Certi atteggiamenti che si assumono davanti a certe particolari situazioni potrebbero essere giustificati secondo la logica umana, ma se vengono messe a confronto con lo specchio della Parola di Dio, si potrà facilmente notare che, non sempre la logica umana è in accordo con quella divina. Le irritazioni che si manifestano, soprattutto nei confronti di Dio, sono il frutto di errate valutazioni e convinzioni per quello che Dio compie in favore dell’essere umano.

    3. La valutazione che Dio fa della conversione di un peccatore è ben diversa di quella dell’uomo. I veri motivi di una reale conversione li conosce solo Dio. Il vero pentimento non si limita solamente a formulare belle parole, cioè non ha la sua base sull’espressione verbale, ma su atti visibili che altri possono vedere e controllare.

    4. Se Dio perdona il peccatore senza tenere conto il tipo di peccato che commette, lo fa essenzialmente perché Egli è benigno, misericordioso, lento all’ira e di gran benignità. Inoltre, con il perdono che Dio concede, rimuove anche il castigo e la punizione che il peccatore meriterebbe. Dal punto di vista cristiano, la condanna e la punizione del peccato del peccatore, le ha prese Gesù su di sé, portandole sulla croce del Calvario. L’accettazione da parte dell’uomo dell’opera che Gesù ha compiuto sulla croce, morendo al posto del peccatore, implica la completa liberazione della condanna. Questo è il significato di quello che Paolo voleva affermare quando scrisse: Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù (Romani 8:1).

    5. Il segreto per comprendere la compassione e la clemenza divina verso il peccatore consiste nell’essere compassionevoli e clementi verso i nostri simili. In questo modo si potrà attuare quello che afferma l’apostolo Paolo. Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo (Efesini 4:32).

    Conclusione

    La storia di Giona, così com'è stata tramandata dagli Scritti dell’A.T., non è un’allegoria o una parabola, come alcuni vorrebbero farci credere, ma un fatto storico. Giona, il protagonista del libro che porta il suo nome, non è un nome fittizio o leggendario, ma un personaggio storico che visse ai tempi del regno di Geroboamo II, nell’VIII sec. a.C.

    I quattro capitoli che compongono il libro ci hanno fatto vedere, in un primo momento, il comportamento di Giona, quale profeta del Signore che, invece di recarsi a Ninive per predicare il messaggio divino a quella popolazione, ha preferito fuggire lontano dalla presenza del Signore, verso Tarsis. In un secondo tempo, però, a seguito di una triste esperienza, quando venne gettato in mare e inghiottito da un pesce, dove rimase tre giorni e tre notti, si recò a Ninive e vi predicò un messaggio di giudizio che, specificatamente affermava: Da qui a quaranta giorni, Ninive sarà distrutta.

    Da questa predicazione, però, ne scaturì che i Niniviti, credendo alla parola di Dio che Giona predicava, si convertirono dalla loro malvagità, di conseguenza, vennero risparmiati dalla punizione divina. Però, questo cambiamento che avvenne, non piacque a Giona che, lungi dal comprendere la compassione e la clemenza di Dio, si irritò verso quello che Dio aveva fatto a tal punto che preferiva morire anziché vivere.

    Dio, nella sua bontà e pazienza, fece di tutto per dimostrare al suo servitore che, se Egli non aveva punito i Niniviti, non fu perché Egli non mantenne la parola, ma perché la popolazione di Ninive si era convertita dalla loro malvagità.

    Le lezioni che si possono imparare dalla lettura e dalla meditazione del libro di Giona sono tante, non solo dal punto di vista intellettuale, ma, soprattutto, dal punto di vista della vita pratica. Infine, per comprendere la compassione e la clemenza di Dio, bisogna essere compassionevoli e clementi; solo allora sapremo apprezzare il perdono che Dio concede al peccatore, indistintamente dal tipo e dalla quantità di peccati commessi.

    PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura. Visto che, con il presente capitolo abbiamo terminato lo studio su Giona, se qualcuno, oltre a leggerlo sul forum, lo vorrà avere su carta stampata, lo invitiamo a visitare il nostro sito: www.parolaevangelica.org dove troverà tutte le informazioni per ordinare il libro. Grazie!