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4) Quale sarebbe stata, invece, la sua perdita?

Senza dubbio la sua onorabilità presso gli uomini. Avrebbe perso stima e prestigio, la sua predicazione sarebbe stata trovata mendace e la sua persona avrebbe subito uno smacco. Queste considerazioni che abbiamo approntato, anche se non appaiano perfette, almeno hanno cercato di interpretare il dispiacere e l’irritazione di Giona.

La preghiera che Giona fece al Signore

La preghiera che Giona innalzò a Dio, lungi dall’essere una buona relazione di comunione con Dio, rappresentava essenzialmente lo sfogo del suo dispiacere e della sua irritazione nel prendere atto della clemenza divina.

Infatti, la prima cosa che egli menzionò fu la giustificazione e la giustezza del suo procedere per essere fuggito in Tarsis. Secondo lui, rientrava nella logica fuggire lontano dalla presenza del Signore, anziché recarsi a Ninive per proclamare un messaggio di giudizio, dal momento che sapeva che Dio si sarebbe pentito e non avrebbe punito i Niniviti.

Ora, Giona non è solamente infastidito e irritato per non aver visto i Niniviti puniti, ma è anche amareggiato e deluso. Davanti a tutto questo, egli vuole morire e la considera cosa migliore, piuttosto che esistere. Giona, nel presentare a Dio questo tipo di richiesta, non si rende conto che, con la morte, il suo ministero al servizio del Signore sarebbe terminato, cioè avrebbe cessato di essere un profeta del Signore. A lui tutto ciò non gli interessa. Pensa solamente che ha fatto una figuraccia davanti ai Niniviti, per il semplice motivo che la sua predizione non si è avverata.

Tenuto conto che la richiesta del profeta di morire non rientrava nella volontà di Dio, quindi non poteva essere accettata, perché appunto l’ora della sua morte non era ancora arrivata. Che cosa fare per aprire gli occhi a Giona che si trovava in errore per essersi comportato in quel modo?

Ecco che Dio gli parla e gli chiede: Fai bene ad irritarti così? (v. 4). Per Dio, la richiesta di morire di Giona era stata generata dalla sua irritazione, cioè rappresentava il frutto della mancanza di pietà e di compassione nei confronti della popolazione di Ninive. In altre parole, con la domanda che Dio gli rivolge, cerca di fargli comprendere che, con la sua irritazione non sta recando del bene ai Niniviti, a Dio e neanche a sé stesso. È fermo a danneggiare seriamente la sua vita.

Più tardi l’apostolo Giacomo affermerà che, l‘ira dell’uomo non promuove la giustizia di Dio (Giacomo 1:20) [N. Diodati]. Questo, però, Giona non lo comprendeva: era fermo nel suo modo di pensare e non sentiva nessuna ragione di cambiare idea. Tant’è vero che, alla domanda di Dio, non rispose, anzi uscì dalla città.

Giona esce dalla città

Il motivo del perché Giona uscì dalla città è presto specificato: Poi Giona andò fuori della città e si mise seduto ad oriente della città; là si fece una capanna e si riparò alla sua ombra, per vedere quello che sarebbe successo alla città (Giona 4:5).

Nonostante sia detto chiaramente che Dio vide ciò che facevano], (i Niniviti) osservò che si convertivano dalla loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece (Giona 3:10), Giona viveva nell'attesa di vedere quello che sarebbe successo alla città. Ma se Dio aveva già deciso di non punire la città, l’attesa del profeta non era vana? Certamente! Ma egli questo non voleva accettarlo.

Che differenza tra Giona ed Ezechiele! Tutti e due sono profeti del Signore, ma il loro atteggiamento è diverso, con riferimento a quello che si presenta davanti ai loro occhi. Ecco la scena che vide Ezechiele.

Poi gridò ad alta voce alle mie orecchie, e disse: «Fate avvicinare quelli che debbono punire la città, e ciascuno abbia in mano la sua arma di distruzione».
Ed ecco venire dal lato della porta superiore che guarda verso settentrione sei uomini, ognuno dei quali aveva in mano la sua arma di distruzione. In mezzo a loro c’era un uomo vestito di lino, che aveva un corno da scrivano alla cintura; essi vennero a mettersi di fianco all’altare di rame.
E la gloria del DIO d’Israele si alzò dal cherubino sul quale stava, e andò verso la soglia della casa. Il SIGNORE chiamò l’uomo vestito di lino, che aveva il calamaio da scrivano alla cintura, e gli disse:
«Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e fa’ un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono in mezzo a lei».
Agli altri, in modo che io sentissi, disse: «Passate per la città dietro a lui, e colpite; il vostro occhio sia senza pietà, e non abbiate compassione;
uccidete, sterminate vecchi, giovani, vergini, bambini e donne, ma non vi avvicinate ad alcuno che porti il segno; cominciate dal mio santuario». Essi cominciarono da quegli anziani che stavano davanti alla casa.
Poi egli disse loro: «Contaminate la casa e riempite di cadaveri i cortili! Uscite!» Quelli uscirono, e andarono colpendo per la città
(Ezechiele 9:1-7).

Era una scena terrificante quella che appariva davanti al profeta! L’ordine di passare per la città di Gerusalemme e colpire a morte, senza nessuna pietà e compassione, vecchi, giovani, vergini, bambini e donne, l’aveva dato il Signore. Non era, quindi, la vendetta di un uomo che aveva concepito quel massacro. Quale fu la reazione di Ezechiele, vedendo quella terrificante scena? Ecco le sue parole:

Mentre essi colpivano e io ero rimasto solo, caddi faccia a terra, e gridai: «Ahimè, Signore, DIO, distruggerai forse tutto ciò che è rimasto d’Israele, riversando il tuo furore su Gerusalemme?» (Ezechiele 9:8).

Naturalmente, Dio non poteva lasciare Giona in quello stato: doveva compiere qualcosa per lui e fargli comprendere il motivo del Suo comportamento nei confronti dei Niniviti. Mentre si riposava all’ombra della sua capanna, Dio fece crescere una pianta di ricino per procurare ombra sul capo del profeta. Questo lo fece, per calmare Giona dalla sua irritazione. Nel vedere ciò, precisa la Scrittura, Giona provò una grandissima gioia a causa di quel ricino (v. 6).

L’indomani, allo spuntar dell’alba, Dio mandò un verme a rosicchiare il ricino e questo seccò.
Dopo che il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un soffocante vento orientale e il sole picchiò sul capo di Giona così forte da farlo venir meno. Allora egli chiese di morire, dicendo: «É meglio per me morire che vivere»
(Giona 4:7-8).

Ecco di nuovo la richiesta di morire del profeta! Ancora una volta Dio chiede a Giona: «Fai bene ad irritarti così a causa del ricino?» Egli rispose: «Sì, faccio bene ad irritarmi così, fino a desiderare la morte» (v. 9). Questa volta Giona risponde che la sua irritazione è giusta e che egli ha tutte le ragioni per reagire in quel modo, fino a desiderare la morte. Certamente Giona non aveva compreso perché quella pianta di ricino era cresciuta in una notte e in una notte era perita. Dio ha dovuto spiegarglielo.

Il SIGNORE disse: «Tu hai pietà del ricino per il quale non ti sei affaticato, che tu non hai fatto crescere, che è nato in una notte e in una notte è perito;
e io non avrei pietà di Ninive, la gran città, nella quale si trovano più di centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e tanta quantità di bestiame?»
(vv.10-11).

La storia del profeta Giona si conclude così, senza sapere se quest’uomo ha accettato quello che il Signore gli ha spiegato e se la sua irritazione si sia calmata.

Riflessioni

1. Certe preghiere che si innalzato a Dio non vengono esaudite, non perché Egli non le abbia ascoltate, ma perché non rientrano nella Sua volontà. Ecco cosa afferma la Scrittura in proposito: Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste (1Giovanni 5:14-15).

Si proseguirà il prossimo giorno...