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Capitolo 7





I DUE FIGLI DI GIUSEPPE E IL LORO SIGNIFICATO




Oltre ad aver raggiunto grandezza e gloria, Giuseppe prende in moglie, Asenath, figlia di Poteferah, dalla quale ha due figli. Se al primo viene dato il nome di Manasse, che significa: Che fa dimenticare, fu perché Giuseppe disse: DIO mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre; e se il secondo è chiamato Efraim, che significa: Doppiamente fecondo, fu perché disse: DIO mi ha reso fruttifero nel paese della mia afflizione (Genesi 41:51,52).

All’inizio di questo capitolo, abbiamo affermato che nei significati dei due nomi dei figli di Giuseppe, è implicita tutta la sua storia, che, così come descritta dal libro della Genesi, è colma di momenti nefasti.

Essa inizia con l’odio dei fratelli, la loro invidia, la loro impossibilità ad avere con lui un dialogo amichevole. In seguito lo spogliano della veste lunga che lo pone agli occhi di tutti come prediletto dal padre, lo gettano nel pozzo, lo vendono agli Ismaeliti per venti sicli d’argento; finisce in casa di Potifar come uno schiavo, viene accusato di aver tentato violenza alla moglie, viene messo in prigione ed ivi rimane per ben due anni.

Non è immaginabile una vita peggiore! Giuseppe non meritava l'odio e la violenza dei suoi fratelli. Come avrebbe potuto quell’uomo dimenticare i suoi affanni, se non fosse stato per l’intervento di Dio nella sua vita? Non per suo merito ma per l'intervento di DIO riesce a dimenticare ogni suo affanno e la casa del padre, ricordo che gli avrebbe portato un'immensa sofferenza.

Con tutto ciò Giuseppe non aveva rinnegato la sua casa, né si vergognava della sua discendenza dalla stirpe di Giacobbe.
Dio gli aveva fatto semplicemente dimenticare i momenti brutti legati ai suoi fratelli e al padre. Ma essi sono sempre vivi e presenti nella sua mente e nel suo cuore. Quel padre che, col dono della veste lunga, gli ha procurato l’odio e l’invidia dei fratelli, sono tuttora nel suo cuore.

L'intervento di Dio gli ha solamente cancellato i brutti ricordi, che sicuramente gli hanno procurato, per anni, quella morsa di dolore, spina della vita di questo splendido Giuseppe.

UNA LEZIONE DA IMPARARE

Grande è la lezione che ci viene offerta e che dobbiamo imparare! Dio è immutabile nei secoli. Cambiano gli uomini, le situazioni, ma come Egli ha saputo intervenire nella vita di Giuseppe per fargli dimenticare i suoi affanni, così interverrà anche nella nostra, per compiere quell'opera che Lui solo sa compiere e portare a compimento.

Ognuno di noi, nel corso della propria vita, incontra immancabilmente tanti affanni, di varia specie e natura. La vita si snoda in mezzo a tante avversità. Non sempre le avversità che incontriamo sono dovute alle nostre colpe. Spesso i nostri affanni nascono dal risentimento e dall’invidia di persone che, pur vivendo vicine a noi, si comportano come estranei, come se non ci avessero mai conosciute, come se non ci fossero legami nè di amicizia, nè di fratellanza.

Dimenticare un’offesa di un amico, un torto immeritato di un congiunto, un oltraggio e un danno, sia materiale che morale di un fratello, non solo della stessa famiglia carnale, ma, a volte, anche appartenente alla stessa fede, non è certo cosa facile. Se però, Dio, compie quell'azione miracolosa nella vita dell’uomo, allora e soltanto allora, si ha tanta forza, tanto coraggio, e soprattutto tanto amore, da riuscire a dimenticare tutto ciò che è stato causa di affanno e di dispiacere.

LA PROVA CHE GIUSEPPE AVEVA DIMENTICATO OGNI SUO AFFANNO

Giuseppe è ormai la seconda persona del regno di Egitto, ha tutto sotto di sé, controlla ogni situazione della vita dell’intera nazione, è carico di gloria e di grandezza, sa esattamente tutto quello che dovrà accadere nei primi sette anni, a partire dalla data in cui è stato nominato viceré d’Egitto. Sa anche che, dopo i sette anni di straordinaria abbondanza, seguiranno sette anni di orribile carestia. Ha inoltre una bella moglie dalla quale ha avuto due bei figli, e, soprattutto, ha dimenticato, per grazia di Dio, il suo passato pieno di affanni.

Giuseppe non perde tempo. Appena elevato alla massima dignità di seconda persona del regno, si mette subito al lavoro: predispone ogni cosa in modo che nei primi sette anni di abbondanza si immagazzini tutto, affinché le riserve coprano i sette anni di grande carestia. Oggi si chiamerebbe "boom edilizio" il periodo in cui iniziano innumerevoli lavori di costruzione, sia per ingrandire i granai esistenti, sia per edificarne di nuovi.

Sicuramente non saranno mancate le persone che avranno detto: da quando il Faraone ha nominato Giuseppe come viceré di Egitto, non si sono mai visti tanti lavori. Giuseppe è proprio la persona che ci voleva, l’uomo ideale per tutta l'economia dell’Egitto. Col decreto emanato che imponeva,

di prelevare il quinto dei prodotti del paese di Egitto (Genesi 41:34), si ammassa tanto grano durante i sette anni di abbondanza, come la sabbia del mare, in così gran quantità, che si smise di tenere i conti perché era incalcolabile (Genesi 41:49).

Quando i sette anni di abbondanza che vi furono nel paese di Egitto finirono, e cominciarono a venire i sette anni di carestia, come Giuseppe aveva detto, ci fu carestia in tutti i paesi, ma in Egitto vi era del pane (Genesi 41:53,54).

Prima che i sette anni di carestia terminassero, tutto il denaro di Egitto va a finire nelle casse del Faraone. Quando gli Egiziani non hanno più denaro per comprarsi da mangiare, vendono alla casa del Faraone le loro terre, il loro bestiame e la loro stessa vita, per sopravvivere. La carestia non risparmia il paese di Egitto, ma si estese anche in Canaan, paese dove abitava la famiglia di Giacobbe. È a causa della pesante carestia che affligge anche il Canaan, che i dieci figli di Giacobbe si recano in Egitto per comprare il grano.

I figli d’Israele giunsero per comprare grano in mezzo agli altri che erano venuti; perché nel paese di Canaan c’era la carestia.
Or Giuseppe era colui che comandava nel paese; era lui che vendeva il grano a tutta la gente del paese; i fratelli di Giuseppe vennero e si inchinarono davanti a lui con la faccia a terra.
Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma si comportò come un estraneo davanti a loro e parlò loro aspramente dicendo: «Da dove venite?» Essi risposero: «Dal paese di Canaan per comprare dei viveri».
Giuseppe riconobbe i suoi fratelli, ma essi non riconobbero lui
(Genesi 42:5-8).

Sembrerebbe strano dopo venti anni, tanti erano trascorsi a partire da quando Giuseppe aveva avuto in dono da suo padre la veste lunga, che i fratelli di Giuseppe non lo riconoscano più. Eppure questi uomini erano davanti a lui, senza avere la minima percezione che quel personaggio illustre ed importante fosse proprio il loro fratello Giuseppe.

Forse lo avrebbero riconosciuto se Giuseppe avesse ancora indossato la veste lunga fino ai piedi, regalatogli dal padre prima di essere venduto agli Ismaeliti. La veste attualmente indossata, non era lontanamente paragonabile a quella, non tanto per la lunghezza quanto per la qualità. Credendo che questa persona addetta alla vendita del grano fosse un alto Ufficiale egiziano, i figli di Giacobbe non esitano a prostrarsi davanti a lui con la faccia a terra. Avrebbero fatto lo stesso, se avessero riconosciuto Giuseppe?

Si continuerà il prossimo giorno...