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Capitolo 5




GIUSEPPE IN EGITTO




GIUSEPPE VENDUTO COME SCHIAVO A POTIFAR

Giuseppe venduto dai suoi fratelli agli Ismaeliti, nel giro di poco tempo arriva in Egitto. È lì che viene venduto come schiavo ad un certo Potifar, ufficiale del Faraone (Genesi 39:1). Da questo momento in poi, le quattro volte in cui leggiamo le frasi: l'Eterno fu con Giuseppe (Genesi 39:2,21) e L’Eterno era con lui (Genesi 39:3,23), hanno un significato particolare, nella storia di Giuseppe. Ci dicono chiaramente che quest’uomo era gradito all’Eterno, il quale manifestava la Sua approvazione in tutto quello che Giuseppe faceva.

A che età Giuseppe arriva nella casa di Potifar? Anche se non possiamo dirlo con precisione, dai dati che la Scrittura ci fornisce, non è difficile stabilire la sua età. Sappiamo, infatti, che quando Giuseppe era con i fratelli a pascolare il gregge, aveva diciassette anni, e ci viene presentato come il prediletto di Giacobbe, il figlio che riceve dal padre il dono della veste lunga nel suo diciassettesimo anno. (Genesi 37:3).

Molto probabilmente Giuseppe quando era andato a cercare i fratelli a Dothan, aveva ancora diciassette anni. Se si accetta che in quello stesso anno, Giuseppe fu venduto agli Ismaeliti e che nel giro di pochi giorni, gli stessi lo vendettero all’Ufficiale del Faraone, è lecito pensare che quando Giuseppe entra nella casa di Potifar, abbia ancora diciassette anni. Quanto tempo Giuseppe rimase in quella casa, non è difficile calcolarlo.

Sulla base dei dati che la Scrittura ci fornisce, si può stabilire la durata della permanenza di Giuseppe nella casa di Potifar. Sappiamo, infatti, che quando Giuseppe si presenterà al Faraone per interpretare i suoi sogni, ha trent' anni (Genesi 41:46) e proveniva da due anni di prigionia (Genesi 41:1) dopo l'uscita dalla casa di Potifar.

Una piccola operazione: 30 anni quando si presenta al Faraone, togliamo 2 anni di prigionia togliamo 17 anni, l' età in cui fu venduto dai suoi fratelli, arriviamo agli 11 anni di permanenza in casa di Potifar. Questo calcolo è logico e coerente. Si può quindi affermare che, Giuseppe, trascorre nella casa di Potifar, il pieno della sua giovinezza, dai 17 ai 28 anni.

GIUSEPPE AL SERVIZIO DI POTEFAR

Il testo sacro precisa che Giuseppe era avvenente e di bell’aspetto (Genesi 39:6). Questa bellezza fisica l’aveva ereditata molto probabilmente, dalla madre, donna da tutti ritenuta bella (Genesi 29:17), e ciò aggiungeva un tocco al fascino del giovane. Non sappiamo quanto tempo trascorre prima che a Giuseppe venga affidato l’incarico di maggiordomo nella casa di Potifar. C'è da supporre che non fu nella prima settimana e nemmeno nel primo mese, forse neanche nel primo anno. Però è certo che, quando Giuseppe entra nella casa di Potifar e comincia a svolgere come schiavo il lavoro che gli viene assegnato, Potifar constata che qualsiasi compito gli affidi, tutto prospera nelle sue mani. Preso atto di questa realtà, si convince che è con l'aiuto del Signore che tutto ciò di cui si occupa Giuseppe, prospera (Genesi 39:3). Era il migliore riconoscimento che Giuseppe potesse ricevere da Potifar, ma era anche una significativa testimonianza del suo valore e soprattutto della fedeltà verso il suo Dio. Il rispetto, l’obbedienza e la sottomissione che Giuseppe manifesta verso la casa di Potifar, sono senza dubbio segni indelebili che accrescono, di giorno in giorno, la fiducia e la stima del padrone verso il giovane ebreo.

GIUSEPPE PROMOSSO ALLA CARICA DI MAGGIORDOMO

Giuseppe trova grazia agli occhi di lui e si occupa del servizio personale di Potifar, il quale lo promuove a maggiordomo della sua casa e gli affida l’amministrazione di tutto quello che possiede.

Dal momento che l’ebbe fatto maggiordomo della sua casa e gli ebbe affidato tutto quello che possedeva, il SIGNORE benedisse la casa dell’Egiziano per amore di Giuseppe; la benedizione del SIGNORE si posò su tutto ciò che egli possedeva, in casa e in campagna.
Potifar lasciò tutto quello che aveva nelle mani di Giuseppe; non s’occupava più di nulla, tranne che del cibo che mangiava. Giuseppe era avvenente e di bell’aspetto
(Genesi 39:4-6).

La promozione di Giuseppe a maggiordomo nella casa di Potifar, non solo segna una svolta nella vita di Giuseppe, ma produce anche un gran beneficio su tutto quello che appartiene a Potifar, sia per tutto quello che possiede nella sua casa, sia nei suoi campi. Il fatto stesso che il testo precisi che il SIGNORE benedisse la casa dell’Egiziano, a seguito della promozione di Giuseppe a maggiordomo, sta a significare che l’Iddio d’Israele, non solo teneva i Suoi occhi su Giuseppe, ma Egli soprattutto lo gradiva e lo guidava in tutte le attività che svolgeva come responsabile della casa di Potifar. Se Giuseppe viene promosso alla carica di maggiordomo dopo un anno di servizio, visto che egli ivi rimane per undici lunghi annii, la ricchezza della benedizione divina che si riverserà sulla casa dell’Egiziano, sarà senza dubbio immensa.

La stima di tutto il personale al servizio di Potifar verso Giuseppe, è elemento certo, indubitabile. Egli era onesto e retto in ogni sua mansione, e tutti quelli che stavano alle sue dipendenze, lo ammiravano e lodavano, soprattutto perché egli era un uomo che aveva il timore di Dio. Per quanto riguarda l’aspetto religioso, cioè la fede di Giuseppe nel Dio d’Israele, anche se la Scrittura non fa cenno al suo comportamento, era senza dubbio profonda e sincera. Non si vergognava nel dichiararsi Ebreo, appartenente al popolo di Dio. Nel suo modo di vivere la religione, di comportarsi, era senza dubbio diverso dagli Egiziani.

LA PROVA DI GIUSEPPE

Giuseppe era giovane ed anche avvenente e di bell’aspetto (Genesi 39:6), e la moglie di Potifar (non ci è dato di sapere se altrettanto bella e giovane) iniziò a corteggiarlo.

Dopo queste cose, la moglie del padrone di Giuseppe gli mise gli occhi addosso e gli disse: «Unisciti a me!»
Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: «Ecco, il mio padrone non mi chiede conto di quanto è nella casa e mi ha affidato tutto quello che ha.
In questa casa, egli stesso non è più grande di me e nulla mi ha vietato, se non te, perché sei sua moglie. Come dunque potrei fare questo gran male e peccare contro Dio?»
Benché lei gliene parlasse ogni giorno, Giuseppe non acconsentì ad unirsi né a stare con lei.
Un giorno egli entrò in casa per fare il suo lavoro; lì non c’era nessuno della gente di casa;
allora lei lo afferrò per la veste e gli disse: «Unisciti a me!» Ma egli le lasciò in mano la veste e fuggì
(Genesi 39:7-12).

Quando la moglie di Potifar si innamora di Giuseppe? Non subito. Probabilmente dopo la promozione a maggiordomo. In quella posizione di contatto ravvicinato nella casa di Potifar, Giuseppe è maggiormente in vista, e consente alla donna di guardarlo con particolare attenzione e di ammirarne le doti morali, ma soprattutto quelle fisiche. La Sacra scrittura riferisce chiaramente la richiesta della moglie di Potifar a Giuseppe, Unisciti a me!, cioè vieni a letto con me. La richiesta così esplicita e senza pudore denuncia il folle amore della donna. Certamente la richiesta non sarà stata fatta in pubblico, l’avrà fatta senza dubbio in un momento in cui Giuseppe era solo, in modo da non correre il rischio di far trapelare i suoi sentimenti al personale di servizio.

Si continuerà il preossimo giorno...