Capitolo 4
COMINCIANO GLI AFFANNI PER GIUSEPPE
Or i fratelli di Giuseppe erano andati a pascolare il gregge del padre a Sichem.
E Israele disse a Giuseppe: I tuoi fratelli non stanno forse pascolando il gregge a Sichem? Vieni, che ti manderò da loro. Egli rispose: Eccomi.
Israele gli disse: Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo... (Genesi 37:12-14).
Questa sezione narrativa della Genesi (37:12-17), qualcuno l’ha definita “scena preparatoria”, per quello che il testo Sacro ci narrerà sul futuro di Giuseppe. Gli elementi che vengono messi in chiaro in questa sezione, ci permettono di vedere il vero carattere di Giuseppe, per meglio valutare la sua vita e le sue azioni. Giuseppe sa che i suoi fratelli lo odiano e lo invidiano e che il loro rapporto è ormai inquinato.
Non sappiamo esattamente se Giacobbe sa che il suo figlio prediletto Giuseppe è odiato ed invidiato dagli altri ragazzi.
Il fatto stesso che il padre si rivolga al figlio con la precisa intenzione di volerlo mandare dai suoi fratelli che si trovano a Sichem a pascolare il gregge, è di per sé un indizio che ci porta a pensare almeno due cose:
1) O Giacobbe non conosceva l’odio e l’ostilità dei figli nei confronti di Giuseppe,
2) oppure Giacobbe, non gli dava eccessiva importanza, quindi non considerava i sentimenti dei fratelli una seria minaccia per la vita del suo prediletto.
Dovendo valutare obiettivamente le due cose, siamo propensi ad accettare la prima versione, cioè che Giacobbe non fosse a conoscenza della maniera in cui i suoi figli stavano trattando Giuseppe. È, infatti, illogico ed impensabile che un padre mandi il proprio prediletto lontano dalla sua protezione mettendolo, volutamente, nelle mani di coloro che l’odiano e lo invidiano, senza la minima preoccupazione.
Dall’altra parte Giuseppe, pur sapendo che i suoi fratelli l’odiano e lo invidiano e non possono parlargli in modo amichevole, non fa nessuna obiezione al comando del padre e tanto meno gli palesa la possibilità di un pericolo per la sua vita. La prontezza con la quale risponde: “Eccomi”, non solo ci fa vedere che non c’è niente di ostile nella vita di questo giovane nei confronti dei suoi fratelli, ma ci conferma anche che il carattere di Giuseppe é “mite e sottomesso”.
La missione che il padre affida a Giuseppe è chiara e precisa:
Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo. Non è certo una missione “spionistica” quella che gli viene affidata: si tratta di andare a vedere i “suoi fratelli”, non i suoi nemici o delle persone sospette.
Vedere nell’uomo ignoto che incontra Giuseppe, mentre
vagava per la campagna e gli indica la località in cui troverà i fratelli, “un angelo mandato da Dio”, è, a nostro avviso, azzardato, anche se si precisa: “La tradizione sia rabbinica che patristica ha percepito questo suggerimento del testo identificando nel personaggio un angelo".
L' identificazione dell'uomo ignoto con un “angelo mandato da Dio”, rappresenta un rincorrere spiritualizzazioni fantasiose, sia che l'interpretazione provenga dai rabbini, che dalla patristica, maestri in questo tipo di interpretazione delle Scritture, quando esse non si prestino a una chiara disanima.
UN COMPLOTTO PREPARATO
Quando Giuseppe arriva a Dothan, dietro il suggerimento dell’uomo ignoto, il testo precisa:
Essi lo scorsero da lontano e, prima che fosse loro vicino, complottarono contro di lui per ucciderlo.
E dissero uno all’altro: Ecco che arriva il sognatore!
Ora dunque venite, uccidiamolo e gettiamolo in un pozzo; diremo poi che una bestia feroce lo ha divorato; così vedremo che ne sarà dei suoi sogni (Genesi 37:18-20).
La prima cosa che va notata è questa: Giuseppe va in cerca dei suoi fratelli, ma quando questi lo vedono da lontano, non pensano di chiamarlo “fratello”, ma lo definiscono “il sognatore”. L’odio e l’invidia presenti nella mente e nel cuore di questi uomini, li porta a dimenticare che Giuseppe è un loro fratello. L’odio e l’invidia li acceca a tal punto, che prima che Giuseppe arrivi da loro, hanno già messo a punto il complotto: ucciderlo e gettarlo in un pozzo.
Questi uomini non pensano a un castigo, sia pure duro e pesante per punire le velleità di Giuseppe, ma arrivano a pensare di ucciderlo. L’odio non è solo crudele, è anche omicida e chiunque si lasci trasportare, è preda del maligno (1 Giovanni 3:12,15).
La cosa che maggiormente viene messa in risalto, è che l’eliminazione della persona di Giuseppe, è strettamente collegata ai suoi sogni:
Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni. Una volta ucciso questo “sognatore”, saranno uccisi anche i suoi sogni. Quale follia quando l’uomo pensa di eliminare qualcosa che non appartiene al singolo ma a qualcuno molto al di sopra di lui!
I sogni che Giuseppe aveva avuto, non rappresentavano il frutto della sua fantasia, della sua superbia e nulla avevano a che fare con la sete di grandezza; erano piuttosto una chiara rivelazione di una precisa volontà divina. Quegli uomini avrebbero potuto distruggere l' uomo, ma non l' uomo che Dio aveva scelto per una precisa missione.
Tutto quello che rientra nel piano e nella volontà di Dio, nessuno lo può annullare o distruggere. L’ultimo atto di questo complotto prevede una missiva al padre
...una bestia feroce lo ha divorato. L’inganno e l’imbroglio accuratamente preparati, miravano essenzialmente a scagionare dalla responsabilità quegli uomini davanti al loro padre. Quando Giacobbe riceverà la
veste insanguinata, riconoscendola dirà:
È la veste di mio figlio, lo ha divorato una bestia feroce; certamente Giuseppe è stato sbranato (Genesi 37:33).
Giacobbe ingannò e imbrogliò suo padre Isacco, così ora i suoi figli ingannano e imbrogliano lui. Si dice che i figli, di solito, fanno le stesse cose dei loro padri, anche se questi ultimi non le hanno loro insegnate.
L’INTERVENTO DI RUBEN
Ruben udì questo e decise di liberarlo dalle loro mani e disse: Non gli togliamo la vita.
Poi Ruben aggiunse: Non spargete sangue, ma gettatelo in questo pozzo e non colpitelo di vostra mano. Diceva così, per liberarlo dalle loro mani e riportarlo a suo padre (Genesi 37:21,22).
Nonostante Ruben avesse dato il consiglio di gettarlo nel pozzo, aveva anche aggiunto:
Non spargete sangue. Questo lo dice con la precisa intenzione di liberarlo per condurlo a suo padre sano e salvo. Più tardi, quando tutti i fratelli, tranne Beniamino, si troveranno davanti a Giuseppe nel paese di Egitto, Ruben ripeterà le parole, e nello stesso tempo il testo rivelerà un segreto in quel tempo sconosciuto:
Allora dicevano uno all’altro: Noi siamo veramente colpevoli nei confronti di nostro fratello, perché vedemmo l’angoscia dell’anima sua quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Perciò ci è venuta addosso questa sventura.
Si continuerà il prossimo giorno...