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Capitolo 15




UNA NORMA DI COMPORTAMENTO CRISTIANO




Il testo biblico

«Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano;
benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi oltraggiano.
A chi ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello non impedire di prenderti anche la tunica.
Dà a chiunque ti chiede; e a chi ti toglie il tuo, non glielo ridomandare.
E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro.
Se amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori amano quelli che li amano.
E se fate del bene a quelli che vi fanno del bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso.
E se prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete? Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto.
Ma amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; poiché egli è buono verso gli ingrati e i malvagi.
Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro
(Luca 6:27-36).

Nota preliminare

Quasi le stesse parole si leggono in Matteo 5:38-48, con la differenza che Luca adopera una frase che non si trova in Matteo, cioè che le parole del Maestro erano rivolte a quelli che ascoltavano. Questo significa che la parola di Gesù, non è stata rivolta ad una speciale categoria di persone, ma a tutti quelli che lo ascoltarono in quel tempo e che lo ascoltano ora in qualsiasi momento e luogo, includendo le persone di ogni strato sociale.

Quello che a noi preme mettere in risalto, è la forma imperativa che Gesù adoperò. Se Egli adoperò questa forma verbale, lo fece essenzialmente per farci comprendere che, le Sue parole, non devono essere valutate, come se fossero un semplice consiglio, ma come un preciso comando, da mettere in pratica.
«Gesù menzionò sette aspetti di un amore incondizionato. Questi comportamenti, non certo frutto di abilità umane, hanno bisogno di capacità soprannaturali e quindi costituiscono prova di vera giustizia» [John A. Martin, Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pa. 238].

Dal testo riportato, si può formulare il seguente schema:

1. Amate i vostri nemici;
2. Fate del bene a quelli che vi odiano;
3. Benedite quelli che vi maledicono;
4. Pregate per quelli che vi oltraggiano;
5. Non ricambiate un torto subito;
6. Donate con generosità;
7. Trattate gli uomini come vorreste essere trattati da loro.

Su questi punti, possiamo approfondire la nostra riflessione, per cercare di comprendere la portata dell’insegnamento di Gesù. Anche se è vero che, attraverso i secoli, il “Sermone sul monte” è stato oggetto di minuziose analisi e considerazioni da parte di tanti studiosi e commentatori, tuttavia, non è mai superfluo parlare e scrivere sulle parole di Gesù.

1. Amate i vostri nemici

Nel precedente capitolo abbiamo parlato del comando di Gesù, rivolto ai Suoi discepoli, di amarsi gli uni gli altri, mentre qui si parla di amare i nemici. Ogni persona che ascolta le parole del Cristo, e li accetta come norma di condotta, deve pensare che, oltre ad avere degli amici, con i quali condividere l’amore del Signore e le varie esperienze della vita, e soprattutto di quelle cristiane, potrebbero esservi di quelli che manifesteranno ostilità nei suoi confronti. Questo, logicamente, non sarà da concepirsi nell’ambito della famiglia cristiana, (anche se non si può escludere del tutto) ma al di fuori di essa.

Quali sono le caratteristiche di un nemico? Trascriviamo la definizione linguistica, del termine “nemico”:

«Chi nutre sentimenti di odio, di ostilità, di avversione, di astio nei confronti di qualcuno e, comportandosi in conformità, per lo più cerca concretamente di danneggiarlo, di fargli del male, di nuocergli; antagonista, rivale, avversario» [S. Battaglia, GDLI (Grande dizionario della lingua italiana), Vol. XI, pag. 341].

Dal punto di vista umano, si sa che, l’atteggiamento che si assume nei confronti di un amico, non è lo stesso di quello che si manifesta ad un nemico. È in questo settore della vita sociale che Gesù, con il Suo intervento, ha apportato delle novità e dei veri radicali cambiamenti, che potranno creare una nuova atmosfera e stabilire un nuovo rapporto. Amare, infatti, il nemico, rappresenta, non solo una novità che nessuno ci aveva mai pensato, ma anche una svolta decisiva, tendente a stabilire una nuova relazione umana.

“Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico".
Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi maltrattano e che vi perseguitano
(Matteo 5:43-44).

Non serve a niente ricordare il passato che ha causato l’ostilità, o elencare i soprusi subiti e i torti ricevuti. Il ricordo di questi eventi, non faranno altro che riaprire le vecchie ferite e ravvivare il fuoco del risentimento, anziché spegnerlo ed eliminarlo. Amare il nemico, dal punto di vista pratico significa, affrontare il più grande ostacolo che si oppone: l’odio dell’uomo. Se quest'ostacolo non verrà rimosso dal cuore e dai sentimenti dell’essere umano, non sarà facile dimenticare un danno subito o un male ricevuto.

Amare il nemico, infatti, significa trattare con benevolenza, chi ti ha danneggiato nella tua reputazione, nei tuoi affari; chi ha causato dei mali, sia nella tua vita che nella tua famiglia; chi è stato un avversario, un rivale, uno spietato antagonista. Gesù comanda di amare questo persona!

L’apostolo Paolo, da parte sua, ispirato dallo stesso spirito che animava Gesù Cristo, lasciò scritto:
«Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere; poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo» (Romani 12:20).

Questi carboni accesi che si raduneranno sul suo capo, che è una citazione di (Proverbi 25:21-22) non avranno lo scopo di distruggerlo, ma di risvegliarlo, per fargli comprendere che la via dell’odio e dell’ostilità che ha calcato, è un sentiero che lo condurrà alla perdizione eterna, se non si pentirà.

«Per il discusso v. 20b si propongono due interpretazioni: 1. Nel senso di un atto punitivo, come ad es., in 4 Esdr. 16,54: «Il peccatore non dica di non avere peccato. Perché carboni ardenti bruciano sul capo di colui che dice: ‘Io non ho peccato davanti a Dio e alla sua giustizia’» (cfr. Ps. 140,11); 2. nel senso di una pena, che suscita pentimento, come nel Targum [Nome con cui si indicano le traduzioni e paràfrasi in aramaico dei libri del Vecchio Testamento. (Dizionario enciclopedico Sansoni)] a Prov. 25,21: «Poiché tu raspi carboni ardenti sul suo capo, e Dio te lo consegnerà o ne farà il tuo amico». Probabilmente si deve intendere pure Paolo in quest’ultimo senso. «Carboni ardenti» è anche qui un’immagine del giudizio punitivo. Ma chi li prende (in una bacinella) sul suo capo, accetta la punizione e dà un segno di pentimento. Il nemico, saziato dall’amore, giungerà a pentirsi e diventerà un amico. Quest’ultima esortazione, come ammonimento a sé stante, approfondisce ancor di più l’amore richiesto dalla misericordia di Dio, ridicolizzandolo fino all’amore per il nemico. Il sacrificio è, da ultimo, l’amore verso il nemico, che è assieme impossibile e possibile» [H. Schlier, La lettera ai Romani, pagg. 616-617].

Si continuerà il prossimo giorno...