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Capitolo 10




QUEL CHE RIFERISCE IL N.T. INTORNO AI COMANDAMENTI DI DIO




«Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.
Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure uno iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto.
Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli.
Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli
(Matteo 5:17-20).

Questo è il primo testo del N.T. che parla chiaramente dei comandamenti (si intende quelli di Dio). Non è un puro caso che fu Gesù per primo a nominarli. Anche se Egli non fece nessuna specificazione, per indicare a quali di loro si riferiva. Però, il fatto stesso che menziona “i minimi”, senza elencarli, sta significando che per Lui, (trattandosi di comandamenti di Dio), sono tutti importanti, sia per osservarli e sia per insegnarli.

Per dissipare ogni eventuale sospetto circa la validità della legge e i profeti, Gesù precisò che Egli non era venuto per “abolirli” ma per portarli a “compimento”. L’unico che poteva compiere le tante cose che la legge e i profeti dicevano, principalmente riguardante l’opera del Messia, sarebbe stato proprio Gesù, perciò Egli non esitò a dichiararlo.

Il fatto poi che Gesù abbia fatto riferimento alla possibile violazione di uno dei minimi comandamenti, senza indicare i trasgressori, ma limitandosi ad un generico chi dunque..., mette in risalto la serietà del Suo ammonimento e nello stesso tempo la responsabilità dell’uomo. Inoltre, parlando dei violatori dei minimi comandamenti, Gesù toccava il nocciolo della questione, e fa notare che quando un trasgressore insegna, difficilmente potrà incoraggiare gli altri ad osservare quello che egli stesso non pratica.

Nel ragionamento del Maestro, si può comprendere l’importanza che Egli attribuisce all’osservanza di quello che Dio ha comandato, anche se si tratta di uno dei “minimi comandamenti”. Gesù con le Sue osservazioni, non asseriva, come spesso facciamo noi: questo è minimo; non è proprio importante; non casca il cielo se lo ignoriamo e non lo mettiamo in pratica. Egli invece metteva in risalto che un simile comportamento, aveva conseguenze per ciò che riguardava il regno dei cieli, volendo significare che si trattava dell’eternità. Anche se non parlava di una “esclusione” del regno dei cieli, ma solamente di essere chiamato minimo, era sempre una perdita che subiva il trasgressore.

Per chi, invece, mette in pratica “uno dei minimi comandamenti” e li insegna ad osservarli, sarà chiamato grande nel regno dei cieli, cioè riceverà un'adeguata ricompensa. Chi farà una simile proclamazione? Sicuramente Dio, l’unico che conosce i segreti dei cuori di tutti gli esseri umani! Sarà, infatti, nel giorno della resa dei conti, quando tutti compariranno davanti a Dio per rendere conto di quello che avranno fatto durante la loro vita terrena, e ognuno riceverà in base al proprio operato!

I minimi comandamenti

A questo punto, rientra nella logica domandare: quali sono questi minimi comandamenti di cui ha parlato Gesù? Possiamo conoscerli? Dal momento che Egli non ci ha stata fornita nessuna specificazione, non sarà facile individuarli. Riflettiamo sulle parole di Gesù per cercare di comprenderle.

Si sa con estrema certezza che in tutta la Bibbia, non c’è nessun passaggio che parli di minimi comandamenti, tranne il testo di (Matteo 5:19) e che di tutti i personaggi menzionati nel N.T., nessun altro ne ha parlato, tranne Gesù. Che cosa voleva significare il Maestro con quest'espressione? Voleva forse insegnare che nel numero dei “comandamenti”, (e non bisogna pensare solamente al Decalogo, ma anche a tutte quelle parti della Scrittura che si esprimono in forma imperativa) ci sono anche quelli denominati “minimi”, cioè che non rivestono eccessiva importanza? Sicuramente no! Allora, perché egli ne parlò? Per far comprendere che, trattandosi di comandamenti divini, anche se non tutti possono essere classificati come i due comandamenti che Lui stesso definì “il grande e il primo”:

«"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso" (Matteo 22:37-39), che essi non devono essere sottovalutati.

«Vi è diversità fra i comandamenti: i maggiori (cfr. Matteo 22:36) e i minimi, di minor importanza. Gli scribi hanno un loro criterio che pone il sabato fra i maggiori (Marco 3:1-6); Gesù rovescia la posizione: il maggiore è l’amore (Matteo 22:37ss) perché adempie tutta la legge (Romani 13:10).
I discepoli devono osservare il comandamento dell’amore e non tralasciare gli altri» [Giorgio Tourn, Il Nuovo Testamento annotato, Volume I, pag. 30].

«Nel giudaismo, per il quale noi abbiamo solo testimonianze più tarde, si facevano distinzioni in base a diversi criteri: esigenze maggiori o minori; una prevista maggiore o minore punizione/ricompensa in caso di inosservanza o adempimento; la considerazione in cui i precetti erano tenuti. Nei precetti lievi rientravano ad es. il divieto di ingerire sangue (Deuteronomio 12:23), il lasciar libera la madre degli uccellini dopo aver levato la nidiata (Deuteronomio 22:7), l’annodare i lacci delle scarpe secondo l’uso giudaico. Precetti gravi erano considerati il quarto comandamento del decalogo (cfr. 15:4ss) o la profanazione del nome divino.
Nella valutazione dei precetti lievi/gravi Mt. si distingue dal giudaismo in quanto li ingiunge, ma al maestro che li «accoglie», ossia in certi casi li dichiara non obbligatori, riserva ancora un posto nella Basileia, sia pure il minimo. Anche se naturalmente nella pratica giudaica questi precetti potevano essere violati, nel giudaismo sarebbe stato impossibile disprezzarli nella dottrina: «Uno dice: ‘Accetto tutta la Torà meno questa parola’; costui ha disprezzato la parola di Dio» (Sifre Num. 15,31 § 112). Tipica di Mt. è la richiesta unità di praticare e di insegnare. Il «praticare» in 19b è in più rispetto a 19a. Matteo può allo stesso modo censurare la contraddizione tra insegnamento e vita (23,3)» [Joachim Gnilka, Il vangelo di Matteo, prima parte, pagg. 224-225].

Lo iota e l’apice

Lo “iota” è la più piccola lettera dell’alfabeto greco; corrisponde al segno del carattere «i». Un “apice”, è un piccolo segno grafico. Diversi commentatori fanno riferimento a queste due parole, per spiegare la frase “minimi comandamenti”, credendo, secondo loro, che Gesù si riferiva a loro.

Se questo fosse il senso della frase in questione, non vediamo come possa essere conciliata con il concetto di “comandamento”. I comandamenti divini, non hanno niente a che vedere con i segni ortografici della scrittura. Anche se è vero che certi segni ortografici possono cambiare il senso di una parola, questo però non significa che il senso di un comandamento possa dipendere da un piccolissimo segno ortografico. Se Gesù usò questi due termini, li impiegò principalmente per far notare che le piccole cose della legge e dei profeti, non rimarranno inadempiute; avranno il loro compimento nella stessa maniera come le grandi, indipendentemente a quale categoria appartengono.

Se il discorso si fa ruotare in questa direzione, che è in perfetta coerenza con tutto il contesto, è insostenibile l’idea che lo “iota” e “l’apice”, abbiano il senso dei “minimi comandamenti”. Se Gesù avesse voluto dar loro questo significato, non vi sembra che la Sua saggezza sarebbe discreditata, esprimendosi con simili termini? Siccome Egli non mirava a quello che pensano certi commentatori, la sua espressione non può essere fraintesa, dandogli un diverso significato che non trova coerenza con tutto quello che Egli affermò.

Si continuerà il prossimo giorno...