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Capitolo 1




I TERMINI CHE LA BIBBIA USA PER ILLUSTRARE I SUOI IMPERATIVI




Nota introduttiva

I termini “comando”, “comandamento”, “comandamenti” “ordine” “ordinare”, “ordinato”, (nel senso di seguire una direttiva), “ordinò”, che vengono adoperati in questo capitolo, e che hanno lo scopo di mettere in risalto il valore degli “imperativi” che la Bibbia contiene sotto queste voci, sono 798; 712 nell’A.T. e 86 nel N.T. Questo conteggio, naturalmente, è secondo la versione che noi adoperiamo, cioè la N.R. (Nuova Riveduta).

Ovviamente, in queste ricorrenze, ci sono molti passaggi che parlano del cerimoniale liturgico, degli Israeliti con tutte le regole annesse che Dio comandò di praticare, cioè gli olocausti e i sacrifici di animali che si offrivano al Signore e le varie festività religiose, cose che ai nostri giorni, non sono più valide, pensando soprattutto al sacrificio che Gesù ha offerto di se stesso sul Calvario, una volta per sempre.

Inoltre, dal numero delle occorrenze menzionate sopra, ci sono quei comandi e ordini, che sono stati impartiti da uomini o da donne in certe situazioni particolari; di questi, naturalmente, non ne terremo conto. Prenderemo in considerazione solamente quei comandi e quegli ordini impartiti da Dio, da Gesù Cristo, dai profeti e dagli apostoli, tenendo soprattutto presente che la Chiesa del Signore è edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Cristo Gesù stesso la pietra angolare (Efesini 2:20).

Se è vero che tutto cambia continuamente attorno a noi, in tutti i settori della vita, sia quella religiosa individuale, collettiva e associata, cioè, l’umanità al di fuori della Chiesa del Signore, è altrettanto vero che la Parola del Signore non è soggetta a nessun cambiamento, secondo un detto della Scrittura: Per sempre, SIGNORE, la tua parola è stabile nei cieli (Salmo 119:89).

Con questa premessa, possiamo esaminare il materiale che troviamo nella Bibbia, circa i termini suesposti, sempre allo scopo di mettere in risalto gli “imperativi della Bibbia”.

Il primo imperativo della Bibbia

Il comandado che Dio diede all’uomo: Adamo

Il primo “imperativo” che la Bibbia menziona, è sotto la voce: “Ordinò”.

Dio il SIGNORE ordinò all’uomo: «Mangia pure da ogni albero del giardino,
ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai»
(Genesi 2:16,17).

Dopo che il Signore piantò un giardino in Eden, e vi pose l’uomo che aveva formato; gli alberi piacevoli che fece spuntare dal suolo, il frutto che questi producevano, serviva di nutrimento all’essere umano che era venuto all’esistenza. Tra tutti gli alberi nel giardino, ve ne erano due, denominati: L'albero della vita, e l’albero della conoscenza del bene e del male. Qualcuno pensa che i due alberi si trovavano «in apparenza vicini l’uno all’altro» [Allen P. Ross, Investigate le Scritture, Antico Testamento, pag. 31].

Il frutto che venne proibito all’uomo di mangiare, era quello dell’albero della conoscenza del bene e del male; mentre dell’altro frutto, cioè quello dell’albero della vita, non c’era nessun divieto. Questo significa che di questo frutto, prima Adamo e dopo anche Eva, sicuramente ne mangiarono.

Lasciando da parte tutto quello che hanno scritto i commentatori per spiegare il nostro racconto, poniamo una semplice domanda alla portata di tutti (che poi non è nuova ma vecchissima), per comprendere: quale fu lo scopo di Dio, nell’ordinare a Adamo di non mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male?

Che questo frutto non sia la “mela”, a simboleggiare il rapporto sessuale, come si afferma da qualche parte e che tanti hanno accettato come verità divina, lo dimostra la benedizione che Dio diede a Adamo ed Eva, quando disse loro:
«Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra» (Genesi 1:28).

Che la “fecondazione” non poteva avvenire senza il rapporto sessuale, nessuno lo può smentire. Di conseguenza, il frutto proibito (non importa come si chiamava), non poteva essere il rapporto sessuale.

La risposta più semplice che si può dare alla domanda è: Dio chiedeva all’uomo che aveva creato, obbedienza e sottomissione alla Sua Parola. Quest'obbedienza e sottomissione, non dovevano apparire come un’imposizione della divina volontà su quella umana; ma essere invece il risultato di una libera scelta, attuata nella piena spontaneità dall’essere umano.

Per aiutare a comprendere il valore e la portata dell’obbedienza, facciamo riferimento ad una norma militare. In questo ambiente, c’è una norma che specifica come deve essere l’obbedienza del soldato verso un suo superiore: cioè “Pronta, rispettosa ed assoluta”. Se le autorità militari esigono una simile obbedienza, è da sciocchi pensare che il nostro Dio, che è di gran lunga superiore a tutte le più alte cariche dello Stato, sia meno esigente degli uomini.

Quando parla e indirizza a noi la Sua Parola, (il 99% lo fa per mezzo della parola scritta, cioè la Bibbia) Egli vuole essere ascoltato con prontezza. Questa attitudine, dimostra, non solo che si è interessati alla Sua Parola, ma condiziona anche il nostro atteggiamento verso di Lui. Inoltre, la nostra prontezza, immancabilmente conduce a considerare seriamente le cose di Dio, e, ubbidendo in tutto ciò che Egli ci comunica, ciò diventa il traguardo da raggiungere.

Spesse volte, però, l’uomo si comporta nella stessa maniera come si comportò il Governatore Felice, quando disse a Paolo: «Per ora va’; e quando ne avrò l’opportunità, ti manderò a chiamare» (Atti 24:25). Quanto è diverso invece l’atteggiamento di Samuele: «Parla, poiché il tuo servo ascolta»! (1 Samuele 3:10).

Dio non si accontenta delle mezze cmisure, come spesso facciamo noi uomini, quando ripetiamo: “Meglio poco che niente”. Il Signore non vuole un’obbedienza dimezzata; la desidera con rispetto e piena. Anche se non sempre riusciamo a comprendere certi comandi del Signore, non per questo però possiamo esimerci dalla nostra sottomissione alla Sua Parola.

Se noi accettiamo che la Parola di Dio è verità, cioè non contiene nessun errore, il rispetto che manifestiamo verso di essa, è derivato dalla consapevolezza che il nostro Dio, che è sempre interessato al nostro bene, merita la nostra piena fiducia, in tutto ciò che Egli ci comunica. Se teniamo fermo questo punto di riferimento, il nostro atteggiamento all’obbedienza, non sarà traballante, ma sarà immancabilmente il risultato di una giusta scelta e di una piena accettazione della volontà del Signore.

L’ordine che Dio diede di non mangiare il frutto proibito, conteneva anche una severa punizione: Nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai.

La domanda che poniamo è la seguente: se non ci fosse stato il “serpente” che riuscì a convincere Eva a mangiare il frutto proibito, i nostri progenitori avrebbero infranto l’ordine divino? Sicuramente no! Questo però non vuol sostenere che possiamo scagionarli dalla loro responsabile in quello che fecero. Infatti, quando più tardi Dio chiamò Adamo: «Dove sei?»

Si continuerà il prossimo giorno...