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Capitolo 8



LA fede D’ISACCO



Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù, riguardo a cose future (Ebrei 11:20).

Queste poche parole riferite ad una specifica azione d’Isacco, ci permettono di vedere e valutare la benedizione data a Giacobbe e ad Esaù, e considerarla soprattutto per quanto riguardava il futuro di questi due fratelli. Non è quindi fuori posto se affermiamo che la benedizione d’Isacco, va vista come una profezia, intesa come una predizione per quello che si verificherà nella vita di Giacobbe e di Esaù.

Ovviamente, per conoscere la storia di questa benedizione, e la vita di questi due fratelli, dobbiamo rivolgerci al libro della Genesi, in modo particolare, anche se possiamo leggere di loro, in altri testi della Bibbia.

1. NEL GREMBO MATERNO GIACOBBE ED ESAÙ SI’ SPINGEVANO L’UN L’ALTRO

La madre Rebecca, anche se era amata da Isacco suo marito, era sterile; e perché Rebecca potesse concepire, fu necessario un intervento di Dio nella sua vita, a seguito di una particolare preghiera che Isacco fece all’Eterno (Genesi 25:21). I due bambini nel grembo di sua madre sì “spingevano uno all’altro” - o come dice un’altra versione “si urtavano”, (v. 22), tanto che la mamma, non potendo spiegarsi questo - e sicuramente i disturbi che provava non erano indifferenti - la indussero a “consultare l’Eterno”, il quale disse:

Due nazioni sono nel tuo grembo, e due popoli separati usciranno dalle tue viscere. Uno dei due popoli sarà più forte dell’altro, e il maggiore servirà il minore (v. 23).

Non abbiamo la minima idea come Rebecca, passava la gravidanza, pensando soprattutto alle parole che l’Eterno, gli aveva detto. Siccome la Bibbia non ci dice niente in merito, non si possono ignorare le sofferenze fisiche che affrontava quella mamma.

Pensando alla “spinta” che i due fratelli si davano, nel grembo della madre, uno contro l’altro, senza peraltro rendersi conto - perché in quell’ambiente nel quale si trovavano non c’era in loro una minima conoscenza da renderli responsabili - tuttavia, noi che leggiamo queste parole, siamo portati a riflettere e a meditare, oltre che a pensare al fastidio e al disturbo che procuravano alla mamma.

L’atteggiamento incosciente dei due fratelli, nello “spingersi uno all’altro” nel grembo materno, ci potrebbe suggerire l’idea che forse non ci fosse stato spazio abbastanza per loro. Qualunque era la condizione del grembo di Rebecca, per ciò che concerneva lo spazio per la vita dei suoi due figli, e dal momento che i due fratelli, nel grembo della madre, erano separati l’uno dall’altro, il corpicino dell’uno, poteva facilmente stringere l’altro, ed obbligarlo nel stesso tempo a stare scomodo nel suo ambiente.

Qui non si tratta ovviamente di affrontare un problema ostetrico e spiegarlo alla luce della scienza medica, anche se l’atteggiamento dei due bambini nel grembo della madre, potrebbe spingerci a farlo.

Non crediamo che questo particolare che lo scrittore sacro inserì nel racconto della Genesi - che poi è una parte del libro di Dio - avesse lo scopo di insegnarci una lezione di ginecologia. Ma se questo particolare, lo applichiamo nella vita pratica di noi persone grandi, possiamo vedere uno dei tanti atteggiamenti egoisti, e nello stesso tempo imparare una lezione importante per la vita di ogni giorno.

2. UN’APPLICAZIONE PER LA VITA DI OGNI GIORNO

1) Gli “spintoni”, che si danno l’uno all’altro, non sono certo gesta da enumerare nelle azioni “eroiche e gentili”; sono piuttosto atti grotteschi di un carattere poco gradevole e socievole.

2) Lo “spingere” uno all’altro, usando il detto:
Sta’ per conto tuo, non avvicinarti, perché sono più santo di te (Isaia 65:5),
non è certamente una prova e una dimostrazione di alta “spiritualità”; al contrario, denota un’attitudine di arroganza e superbia, e, l’essenza spirituale, intesa nel senso biblico, è molto lontana da quella persona, per non affermare che è quasi assente.

3) Dare “spintoni” l’uno contro l’altro, denota un’attitudine di “egoismo” e di “intolleranza”, pensando più a se stessi che agli altri. Quest’atteggiamento non è certamente consono con l’insegnamento della Scrittura che afferma:

Non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri più di se stesso (Filippesi 2:3).

4) Dare uno “spintone”, non importa a chi, non è certamente una dimostrazione di interessamento e di premura, come per volerlo incitare ad amore e a buone opere (Ebrei 10:24); ma è piuttosto una dimostrazione di disprezzo e di molestia, e mette in risalto soprattutto le sosiddette “sottovalutazioni” che si fanno, per quanto riguarda quello che fanno gli altri.

5) Quelli che sì “spingevano” uno all’altro, erano due fratelli, figli dello stesso padre e della stessa madre. In queste “spinte” che si davano, ora l’uno ora l’altro, senza accusare l’uno e giustificare l’altro, dimostravano - almeno per noi che leggiamo - di ignorarsi a vicenda, come se, in effetti, fossero due “estranei”, due “nemici”, anziché due fratelli.

6) Infine, “spingersi l’un l’altro”, come per dire: “Stai prendendo il mio posto; ti sei spinto troppo sulle posizioni degli altri; non tieni nessun conto per me che sono “il capo”; mi ignori come se non fossi “nessuno”; non è certamente dimostrazione di “maturità spirituale”, ma piuttosto rivelazione di uno stato di uno che ancora sta nel grembo, e quindi di infantilismo, che agisce in una maniera quasi incosciente, a senso unico, come se non ci fosse nessun’altro.

3. LA NASCITA DI GIACOBBE E DI ESAÙ

Anche se dal punto di vista della narrazione biblica della nascita di questi due figli di Isacco, è detto chiaramente che il primo che vide la luce fu Esaù, li invertiamo nell’ordine, come se Giacobbe fosse nato il primo, non per ignorare il testo della Genesi, ma solamente per essere coerenti al testo di Ebrei 11:20, che nomina prima Giacobbe e poi Esaù.

La nascita di questi due fratelli, dopo un periodo di gravidanza sicuramente infelice per Rebecca, - a causa dello “spingersi l’un l’altro”, nel suo grembo - fu certamente una vera sorpresa, non solo per la madre e il padre, ma probabilmente anche per altri. Non crediamo che la stessa Rebecca, si sarebbe aspettato un figlio dall’aspetto rosso, e tutto quanto come un mantello peloso (Genesi 25:25).

Chi sa quali parole avrà detto Rebecca nel vedere suo figlio in quella maniera! Non poteva pensare né a sé né a suo marito, perché né l’uno né l’altra avevano un simile aspetto per giustificare quello del figlio e tanto meno che ci fosse qualcuno della loro famiglia che avesse quelle caratteristiche. Sarà stato per l’aspetto inaspettato del figlio Esaù, che Rebecca amava piuttosto Giacobbe anziché Esaù? O solamente per il fatto che Giacobbe era uomo tranquillo, che viveva nelle tende ed Esaù divenne un esperto cacciatore, un essere umano di campagna? (Genesi 25:27). Tutto è probabile oltre a quello che la Scrittura specifica chiaramente.

Si continuerà il prossimo giorno...