Domenico34 – GESÙ CRISTO È DIO? – Capitoli 7-16 + APPENDICE E BIBLIOGRAFIA

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Domenico34
00domenica 27 novembre 2011 00:04
Quando l’apostolo afferma:
Non facciamo come Mosè, che si metteva un velo sulla faccia, perché i figlioli d’Israele non fissassero lo sguardo nella fine di ciò che doveva sparire - Lo stesso velo rimane, senz’essere rimosso, perché è in Cristo ch’esso è abolito. Ma fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul cuor loro; quando però si saranno convertiti, (a chi, a Geova o a Gesù Cristo?) il velo sarà rimosso.

Ai tempi di Mosè, il popolo d’Israele stava seguendo Geova, e nonostante ciò, rimaneva un velo su di loro. Quando però, questo popolo si sarà convertito a Gesù Cristo, allora il velo sarà tolto. Se il velo è rimosso solamente per mezzo di Cristo, questa sola affermazione prova, in maniera inconfutabile, che questo popolo, per avere il velo rimosso, dovrà convertirsi al Signore = Gesù Cristo. Gli altri due versetti, 17,18, che la TNM rende Geova, sono in perfetta relazione con lo stesso Signore Gesù Cristo, colui che rimuoverà il velo dal volto del popolo d’Israele.

Colossesi 1:10: Per camminare in modo degno di Geova [kyriou] al fine di piacergli pienamente mentre continuate a portar frutto in ogni opera buona e a crescere nell’accurata conoscenza di Dio (TNM).

È impensabile che Paolo esorti i credenti di Colosse a camminare in modo degno di Geova, e poi lui stesso dichiara: Io, perciò, prigioniero nel Signore (non di Geova), vi supplico di camminare in modo degno della chiamata con la quale foste chiamati (Efesini 4:1) (la TNM). Perché in questo testo, dato che si parla di camminare in modo degno, non si rende il [kyriō] con Geova, come per (Colossesi 1:10)? È troppo evidente ogni altra spiegazione che si potrebbe dare.

1Tessalonicesi 5:2: Poiché voi stessi sapete benissimo che il giorno di Geova [kyriou] viene esattamente come un ladro di notte (la TNM).

Chi legge il N.T. non dovrà fare tanta fatica per sapere chi è colui che viene, o che verrà. Paolo in questa epistola sta parlando del ritorno di Gesù Cristo e di quello che accadrà, allorquando egli ritornerà. È di Gesù Cristo che tutto il N.T. parla, che dovrà ritornare una seconda volta sulla terra, e mai di Geova, quindi è assurdo che il [kyriou] di (1 Tessalonicesi 5:2), debba applicarsi a Geova. Lo stesso dicasi per (2 Tessalonicesi 2:2), che dice: Di non essere presto scossi dalla vostra ragione né d’eccitarvi sia per un’espressione ispirata che per un messaggio verbale o per una lettera come se (venisse) da noi, secondo cui il giorno di Geova [kyriou] sia venuto (la TNM).

2 Tessalonicesi 3:1: Infine, fratelli, pregate per noi, affinché la parola di Geova [kyriou] continui a muoversi rapidamente e sia glorificata come lo è infatti presso voi (la TNM).

Ripetiamo ancora una volta che l’apostolo Paolo era impegnato a predicare Cristo e lui crocifisso, in mezzo agli uomini, missione per la quale Cristo l’aveva scelto per portare il suo nome a tutte le genti. Era pertanto più che giustificabile che Paolo desiderasse che la parola di Cristo si diffondesse e che venisse glorificata dappertutto.

2 Timoteo 2:19: Per tutto questo, il solido fondamento di Dio rimane in piedi, avendo questo suggello: Geova [kyrios] conosce quelli che gli appartengono, e: Chiunque nomina il nome di Geova [kyriou] rinunci all’ingiustizia (la TNM).

Mettendo questo testo a confronto con Giovanni 10:14, in cui è detto:

Io (Gesù Cristo) sono il buon pastore, e conosco le mie pecore, e esse mi conoscono, possiamo dedurre che non è soltanto Geova che conosce quelli che sono suoi, ma anche Gesù Cristo conosce le sue pecore, nella stessa maniera che li conosce il Padre.

Anche per questo, per ciò che concerne il nome, possiamo fare un confronto con (Romani 10:13), in cui è detto: Chiunque avrà invocato il nome del Signore [kyriou] sarà salvato. Come è sacro il nome di Geova, lo è anche quello di Gesù Cristo, dato che per quanto riguarda la loro natura, non c’è nessuna differenza tra di loro.

Giacomo 1:7: Infatti, non supponga quell’uomo che riceverà alcuna cosa da Geova [kyriou] (la TNM).

Se questo testo viene messo a confronto con (Giovanni 14:13), in cui è detto:
E quel che chiederete nel nome mio, lo farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figliolo,
si potrà subito notare che non è soltanto Geova che dà all’uomo, secondo quello che gli viene domandato, ma anche Gesù Cristo si comporta nella stessa maniera del Padre.

Giacomo 1:12: Felice l’uomo che continua a sopportare la prova; perché, essendo approvato, riceverà la corona della vita, che Geova [ho kyrios] ha promesso a quelli che continuano ad amarlo (la TNM).

Leggendo questo testo alla luce di (2 Timoteo 4:8), in cui è detto:
Del rimanente mi è riservata la corona di giustizia che il Signore il giusto giudice mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione,
e Apocalisse 2:10:
Non temere quel che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, perché siate provati; e avrete una tribolazione di dieci giorni. Sii fedele fino alla morte, ed io (Gesù Cristo) ti darò la corona della vita.

Appare chiaro che colui che assegnerà la corona, come premio di ricompensa, non sarà Geova, bensì Gesù Cristo.

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Domenico34
00lunedì 28 novembre 2011 00:07
1 Pietro 1:25: Ma la parola di Geova [kyriou] dura per sempre. E questa è la parola; questa che vi è stata dichiarata come buona notizia (la TNM).

Anche se questo testo è una citazione di Isaia 40:6-8, rimane fermo il fatto che anche la parola di Cristo, ha la stessa caratteristica di quella di Geova.
Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole (quelle di Gesù Cristo) non passeranno (Matteo 13:31).

2 Pietro 3:10: Tuttavia il giorno di Geova [kyriou] verrà come un ladro, in cui i cieli passeranno con rumore sibillante, ma gli elementi, essendo intensamente caldi, saranno dissolti, e la terra e le opere che sono in essa saranno scoperte (la TNM).

2 Pietro 3:12: Aspettando e tenendo bene in mente la presenza del giorno di Geova [theou], per cui (i) cieli essendo infocati saranno dissolti e (gli) elementi essendo intensamente caldi si fonderanno (la TNM).
L’apostolo Pietro, in questi due testi, sta parlando del ritorno di Gesù Cristo, in accordo con tutto il N.T che dichiara che sarà Gesù Cristo che dovrà ritornare. Tutto il N.T. non conosce il giorno di Geova che dovrà venire, ma solamente quello di Gesù Cristo, che dovrà anche regnare per mille anni sulla terra.

Apocalisse 1:8: Io son l’Alfa e l’Omega, dice Geova [kyrios] Dio, Colui che è e che era e che viene l’Onnipotente (la TNM).

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Per questo testo rimandiamo il lettore alla seconda parte, capitolo III di questo libro, nel quale abbiamo ampiamente dimostrato come questo testo parla di Gesù Cristo.

Apocalisse 4:8: E in quanto alle quattro creature viventi, ciascuna d’esse ha rispettivamente sei ali; intorno e di sotto son piene d’occhi. E non hanno riposo giorno e notte, mentre dicono: Santo, santo, santo è Geova [kyrios] Dio, l’Onnipotente, che era e che è e che viene (la TNM).
Anche se questo testo è una chiara citazione di (Isaia 6:3), ha la stessa caratteristica e la stessa portata di (Apocalisse 1:8(.

UNA CONCLUSIONE PER CIÒ CHE RIGUARDA IL NOME DI GEOVA


Tirando una definitiva conclusione, questo confronto che abbiamo fatto, non l’abbiamo condotto perché non teniamo in somma stima il nome di Geova, come in un primo momento potrebbe sembrare, come va dicendo la Torre di Guardia, ma solamente per fare giustizia al benedetto nome di Gesù, nome che è stato e continua ad essere aspramente attaccato, degradato e classificato alla stregua di un comune nome, come se si trattasse di una comune creatura, anche se è stato elevato al rango della prima creatura di Dio o il capolavoro della creazione, non tenendo peraltro presente che questo stesso Gesù Cristo, è anche e soprattutto l’Emmanuele = Dio con noi.

Il lettore certamente non esiterà, con un pochino di coerenza e di ponderata considerazione, se accettare o meno quello che abbiamo esposto in queste pagine. A questo punto si impone un’ultima parola di precisazione: Da tutti i passi che abbiamo citato, che poi sono gli stessi che la TNM ha interpretato nel N.T. risulta:

1) Il nome di Geova, tradotto negli Scritti del N.T. ricorre 233 volte e per nessuno di essi c’è presente il tetragramma delle quattro consonanti Y H W H, che autorizzi la traduzione con Geova, in lingua italiana. D’altra parte, dato che il famoso tetragramma si trova solamente negli Scritti dell’A.T. che sono in lingua ebraica, è assurdo cercarlo e trovarlo in quelli di lingua greca, che sono appunto gli Scritti del N.T.

2) Di questi 233 volte che il termine Geova ricorre nella versione della TNM del N.T. i corrispondenti termini greci sono:

theos; theō; kyriou; kyrios; kyriō; Kyrie.

Per nessuno di essi si può tradurre Geova, da un punto di vista della lingua ebraica.

3) Coloro che conoscono la storia e lo sviluppo semantico del termine greco theos, non saranno mai tentati a rendere il termine greco, come se fosse un sinonimo del tetragramma, e, quindi tradurlo Geova [Cfr. H. Kleinecht, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vol. IV, Col. 317-385; E. Stauffer, GLNT, IV, Col. 387-395; K. G. Kuhn, GLNT, IV, Col. 393-398], anziché Dio. Lo stesso dicasi di coloro che conoscono tutta la problematica del nome di Dio e la sua relativa interpretazione, che ha comportato, attraverso lunghi secoli e che ha coinvolto studiosi di fama internazionale [Cfr. G. Quell, GLNT, IV, Col. 358-387].

4) Si potrebbe obbiettare a questo punto che in moltissimi casi di questi 233 testi, si tratta di citazioni dell’A.T. e siccome nell’A.T. sono stati tradotti Geova, perché appunto è presente il tetragramma, va da sé che anche nel N.T. si potrebbe usare la stessa regola. Questo però, non è un discorso che si può sostenere, sapendo che le due semantiche, ebraica e greca, sono differenti l’una dall’altra.

Per il lettore ebreo, tradurre YHWH, Geova (italianizzato), non rappresenta un problema, dato che la lingua ebraica, potrebbe dare una simile possibilità. Però, a questo punto bisogna dire, per amore di precisione, che il tetragramma tradotto Geova, non è una vera e propria traduzione, nel senso della parola, ma semplicemente una «trascrizione».

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Domenico34
00martedì 29 novembre 2011 00:17
Tutti sanno, (almeno ce lo auguriamo) che le quattro consonanti che indicano il nome di Dio, da un punto di vista prettamente linguistico, non significano Geova, ma colui che è. Io sono; colui che si chiama: L’Io sono m’ha mandato (Esodo 3:14). Dovendo tradurre questo tetragramma, dovremmo mettere in risalto, non tanto le vocali ad esso abbinate, per avere una facile pronuncia, quanto il suo significato linguistico.

La parola che meglio traduce, nel senso del termine, il tetragramma, non è quello di Geova, bensì quello di Eterno. È infatti questo termine che meglio di qualsiasi altro spiega il significato di quello che comporta il nome di Dio con le quattro consonanti YHWH. Per quanto riguarda la pronuncia di queste quattro consonanti, nessuno lo sa, dato che senza vocali non è possibile dare una qualsiasi pronuncia.

Le tre vocali eoa che si sono aggiunte nel VI d.C. (per avere la pronuncia di Yehovah) rappresenta il risultato della pronuncia del nome di Adonai che gli ebrei pronunciavano ogni volta che incontravano il tetragramma. Così finirono per aggiungere al tetragramma YHWH le vocali di Adonai.

5) Per il lettore greco che legge theos, non potrà mai pensare a Geova, anche se ne ha sentito parlare come il nome vero di Dio; penserà piuttosto al suo vero significato, ch’è appunto quello di Dio. Lo stesso dicasi per kyrios che non potrà essere mai tradotto Geova, perché la semantica della lingua greca non lo permette, dato che il suo significato accertato, attraverso i secoli, è quello di Signore.

Che i termini kyrios e theos possano essere applicati al vero Dio, questo non vuol dire però che si tratti di una traduzione, nel senso più stretto del termine, ma bensì di una interpretazione.

6) Per quanto riguarda le quattro volte che il termine Alleluia ricorre nel N.T. precisamente in (Apocalisse 19:1,3,4,6), che la TNM interpreta: Lodate IAH, non ci sembra che questo sia un valido argomento per sostenere la traduzione del termine greco Allelouia, come l’equivalente ebraico IAH, forma abbreviata del tetragramma.

Dovendo trascrivere in caratteri latini il tetragramma, lo trascriveremmo HAYAH, mentre quello relativo alleluia, nel testo ebraico, lo scriveremmo «HALAL». Si può notare benissimo tra questi due termini, che soltanto le prime due lettere sono comuni, mentre le altre, non hanno niente a che fare. Anche se Alleluia significa: «Lodate Geova», non è un valido argomento o una prova, per includerlo nei 233 testi del N. T., dei quali abbiamo parlato diffusamente.

Non si potranno addurre le stesse argomentazione per l’A.T. in cui il nome di Dio venne per tanti secoli nascosto e cambiato con un altro nome (stando a quello che dice la Torre di Guardia), perché il N.T. ch’è stato scritto in lingua greca, non ha mai avuto il tetragramma, quindi non è stato mai alterato. Lo stesso theos e kyrios che vi era in origine, è rimasto, anche in quei manoscritti più antichi che si dispongono. Ci riferiamo ovviamente a quelli conosciuti da tutti, con il nome di Vaticano, Sinaitico ed Alessandrino.

Quando la Torre di Guardia parla della Versione dei Settanta, che hanno inserito negli Scritti dell’A.T. kyrios e theos, con i rispettivi significati di Signore e Dio al posto del tetragramma, ci sembra che si voglia fare volutamente un po’ di confusione, facendo un parallelo tra la traduzione dei Settanta con gli Scritti del N.T. È risaputo che i Settanta tradussero dall’ebraico in greco, gli Scritti dell’A.T.

Se questa traduzione ha eliminato il tetragramma, non è un argomento serio per provare che lo stesso lavoro di eliminazione del tetragramma dell’A.T. sia stato fatto anche per gli Scritti del N.T. Se i Settanta avessero tradotto dal greco in ebraico, allora il loro ragionamento, per quanto riguarda questa specie di parallelismo, potrebbe essere preso in considerazione.

Ogni serio studioso, che ha una buona base di conoscenza della storia dei manoscritti greci del N.T. sa con estrema certezza che, dalle 5000 copie circa disponibili ai giorni nostri, che si possono controllare, neanche in un solo, è presente il tetragramma, compreso il vangelo di Matteo che probabilmente in origine fu scritto in ebraico.

Se la Torre di Guardia, non diciamo dai 5000 manoscritti greci del N.T. ma solamente dai tre più antichi, vale a dire: Dal Sinaitico, dal Vaticano e dall’Alessandrino, riuscisse a tirar fuori il tetragramma, allora la sua traduzione dei termini greci theos e kyrios, potrebbe essere convalidata. Sappiamo però, senza paura di essere smentiti che diversi testi dei 233 citati dalla TNM, si riferiscono a Gesù Cristo.

Siccome è risaputo però che la Torre di Guardia non ha mai creduto alla deità di Gesù Cristo, anzi l’ha sempre contraddetta, ritenendo Gesù Cristo come la prima creatura di Dio, o per dirla con (Apocalisse 3:14) il principio della creazione di Dio, essa ha tradotto i sopra citati passi in questione con Geova. Ciò l’ha fatto, non perché spinti veramente ed animati dal rispetto e dall’onore che hanno per il nome di Geova, ma piuttosto per l’odio che hanno verso la persona di Cristo Gesù, per quanto riguarda la sua uguaglianza con Dio e verso tutti coloro che, attraverso i secoli, l’hanno creduta, proclamata ed insegnata, così come le Sacre Scritture l’insegnano.

Chi legge il N.T. in una comune traduzione che non sia però la TNM, non potrà fare a meno di riconoscere tutti quegli elementi che abbiamo fatto notare in questo libro; e notandoli e valutandoli, sarà indotto, non solo ad accettarli, ma a proclamarli e dire assieme a Tommaso, la più bella e significativa professione di fede, quando si chiamerà Gesù Cristo: Signor mio e Dio mio (Giovanni 20:28).

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Domenico34
00venerdì 2 dicembre 2011 14:10
Non ci illudiamo, andando dietro a questo e a quel sofisma: quello che conta non è tanto l’apparenza quanto la sostanza. La Bibbia, che contiene nelle sue pagine ispirate la sostanza, dice:

Chi è il mendace se non colui che nega che Gesù è il Cristo? Esso è l’anticristo, che nega il Padre e il Figliolo. Chiunque nega il Figliolo, non ha neppure il Padre; chi confessa che Gesù è il Figliolo di Dio, Iddio dimora in lui, ed egli in Dio (1 Giovanni 2:22-23; 4:15).

Paolo scriverà:
Perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore, e avrai creduto col cuore che Dio l’ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti col cuore si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa confessione per essere salvati (Romani 10:9,10).

Pietro ai suoi giorni diceva, e la sua parola è ancora valida per noi oggi:
E in nessun altro è la salvezza; poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati (Atti 4:12).

Gesù Cristo, il Figlio di Dio, morì proprio per te e per me; chiunque confesserà a lui i suoi peccati, il suo sangue ci purifica da ogni peccato (1 Giovanni 1:7). Noi abbiamo assoluto bisogno di essere amati, e non c’è creatura sotto il cielo che non senta questo bisogno.

Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo Unigenito Figliolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16).

T’ho esaudito nel tempo accettevole, - e t’ho soccorso nel giorno della salvezza. Eccolo ora il tempo accettevole, eccolo ora il giorno della salvezza (2 Corinzi 6:2).

Oggi, se udite la sua voce, -non indurate i vostri cuori (Ebrei 3:15).

Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia, e troviamo grazia, per essere soccorsi al momento opportuno (Ebrei 4:16).

Perché la parola di Dio è vivente ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolle; e giudica i sentimenti ed i pensieri del cuore. E non v’è creatura alcuna che sia occulta davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte dinanzi agli occhi di Colui al quale abbiamo da rendere ragione (Ebrei 4:12,13).

Diletti, ora siam figlioli di Dio, ma non è ancora reso manifesto quel che saremo. Sappiamo che quand’egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è (1 Giovanni 3:2).

Noi sappiamo che siam da Dio, e che tutto il mondo giace nel maligno; ma sappiamo che il Figliolo di Dio è venuto e ci ha dato intendimento per conoscere colui che è il vero; e noi siamo in Colui che è il vero, cioè, nel suo Figliolo Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna (1 Giovanni 5:19-20).

PS: Se al termine del capitolo 14 ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con ptrmura




Capitolo 15




QUELLO CHE DICE L’ANTICO TESTAMENTO CONFRONTATO COL N.T.




Per dare ai nostri lettori una panoramica piuttosto vasta di quello che l’A.T. dice in riferimento a Gesù Cristo, citeremo i testi più significativi che hanno un’esplicito riferimento nel N.T. ch’è l’adempimento fedele di quello che dice l’A.T. Lasceremo da parte tutti quei passi che, pur riferendosi a Gesù Cristo, dànno adito ad altre applicazioni ed interpretazioni, onde evitare di essere tacciati di non sapere interpretare correttamente le Scritture dell’A.T.

Quando un passo dell’A.T. viene citato nel N.T. ed applicato ad una persona specifica, non c’è altro da fare che quello di accettare quello che spiega il N.T. in riferimento a quella citazione. Questa è la migliore garanzia che possiamo offrire ad ogni lettore e poi sarà lo stesso lettore che deciderà, se accettare o meno, quello che viene detto. In questo caso, non si tratta di mettere in risalto quello che noi diciamo o quello che un’altro dice, specie quando ci moviamo sul terreno dell’interpretazione, ma soltanto accettare o respingere quello che spiega il N.T.

Fatta questa premessa, che vuole essere una prova di onestà e di correttezza, lasciamo parlare le Scritture dell’A.T. e preoccupiamoci solamente di controllarle con quelle del N.T.

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Domenico34
00sabato 3 dicembre 2011 00:03
Quando leggiamo nel N.T. le due parole Gesù Cristo, sappiamo con estrema certezza che si riferiscono ad un’unico personaggio: il primo è il nome di battesimo e il secondo ne è il titolo, corrispondente alla sua esplicita mansione svolta. Che il nome Gesù, non sia stato scelto da Maria e da Giuseppe, è attestato chiaramente dal N.T. quando dice:

Giuseppe, figliolo di Davide, non temere di prendere teco Maria tua moglie, perché ciò che in lei è generato, è generato dallo Spirito Santo. Ed ella partorirà un figliolo, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati (Matteo 1:20,21).

Il nome Gesù, da un punto di vista etimologico significa: Salvatore, o Geova salva.

E l’angelo le disse: Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, tu concepirai nel seno e partorirai un figliolo e gli porrai nome Gesù (Luca 1:30,31).

Se l’angelo che comunicò questo messaggio a Giuseppe e a Maria, disse chiaramente che il figlio che Maria avrebbe dato alla luce sarebbe stato chiamato Gesù, non rappresentava una sua scelta o una sua decisione, ma solamente una comunicazione da parte di Dio. È risaputo che gli angeli sono al completo servizio di Dio, e tutte le loro missioni, li compiono in obbedienza assoluta all’ordine dell’Onnipotente. Va da se allora, che il nome Gesù, dato al figlio di Maria, non era stato scelto, né da un uomo, né da un angelo, a direttamente da Dio, anche se in quel tempo si potevano trovare persone che avevano quel nome (cfr. Colossesi 4:10).

Cristo, dal greco «unto» e dall’ebraico «Messia», denotava la qualifica di questo personaggio in relazione alla sua missione che avrebbe svolta. In questo personaggio di nome Gesù Cristo, Salvatore e Messia, c’era una serie di aspettative e di profezie, da parte del popolo ebraico e di tutti gli Scritti dell’A.T.

Conoscere, quindi, ciò che l’A.T. dice a proposito di questo Salvatore-Messia, è molto importante, non solo per averne una pura e chiara conoscenza, ma è soprattutto importante allo scopo di conoscere il piano di Dio, tracciato nell’eternità, chi era veramente questo Gesù di Nazareth. Sarà poi il N.T. che ci specificherà, in maniera limpida e serena, chi è questo personaggio, come bisogna considerarlo e in quale maniera aver fede in lui.

Uno che si accinge a leggere e studiare l’A.T. per trovare riferimenti a Gesù Cristo, ne avrà pena, senza l’aiuto del N.T.; questo soprattutto perché, in tutti gli Scritti dell’A.T., non ricorre mai questo nome, nonostante siano pieni di riferimenti a questo splendido personaggio.

Quindi, è questione di sapere interpretare quei testi che si potrebbero riferire a Gesù Cristo. Qui entra in gioco, ovviamente, la questione dell’interpretazione, che a rigore, potrebbe essere soggettiva e ci potrebbe lasciare nell’incertezza. Ma con il N.T. in mano, non c’è più questa specie di rischio, indecisione ed incertezza, perché sono gli autori ispirati del N.T. che ci garantiscono, con la loro ispirata spiegazione, l’esattezza di quei testi presi in considerazioni.

L’ESAME DELL’A.T.


1) La nascita di Gesù Cristo preannunciata.

Genesi 3:15, dice:

E io porrò inimicizia tra te e la donna, e fra la sua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo, e tu le ferirai il calcagno.

Tutti gli studiosi della Bibbia, di qualsiasi denominazione, affermano che questo testo è il primo riferimento a Gesù Cristo. Si potrà chiedere come si fa a sapere se questa affermazione è esatta, dal momento che il testo non fa menzione di Gesù Cristo, ma solamente parla di una donna e di una progenie, progenie che schiaccerà la testa al serpente?

Se si dovesse esaminare il testo alla luce della storia della sua interpretazione, ne scaturirebbe un discorso complicato e polemico, cosa che inesorabilmente ci porterebbe lontano dal nostro scopo. Mentre, se teniamo presente il fatto che (Genesi 3:15) parla di una progenie che schiaccerà la testa al serpente, e se vogliamo sapere chi è questa progenie, non dobbiamo fare altro che interpellare il N.T. per sapere se ha la risposta da darci.

Dal momento che il N.T. ci precisa chi è questa progenie, non avremo nessuna incertezza: la nostra affermazione sarà certa e ferma, non tanto perché noi abbiamo saputo bene interpretare il testo, quanto perché il N.T. ce lo spiega. L’apostolo Paolo, parlando delle promesse di Dio fatte ad Abrahamo, riporta:

E alle progenie, come se si trattasse di molte; ma, come parlando di una sola, dice: E alla tua progenie, ch’è Cristo (Galati 3:16).

Sull’autorità di questo testo, possiamo affermare che tutti gli studiosi della Bibbia riconoscono che (Genesi 3:15) che riguarda Gesù Cristo, ciò è vero, non solamente perché la loro interpretazione è unanime, ma principalmente perché l’apostolo Paolo, uomo ispirato dallo Spirito Santo, disse categoricamente, che la progenie è Cristo.

Già questo primo testo dell’A.T. ci parla della venuta e della nascita di Gesù Cristo. Uno che pensa a questa nascita, è portato a chiedersi se lo stesso A.T. parla specificamente di questo avvenimento.

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Domenico34
00domenica 4 dicembre 2011 00:10
Isaia 7:14
Perciò l’Eterno stesso vi darà un segno: Ecco la vergine concepirà, partorirà un figliolo, e gli porrai nome Emmanuele.

Il N.T. a sua volta specifica questo testo, nel seguente modo:
Ed ella partorirà un figliolo, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati. Or tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine sarà incinta e partorirà un figliolo, al quale sarà posto nome Emmanuele, che, interpretato, vuol dire: Iddio con noi (Matteo 1:21-23).

Davanti a questo testo, così lampante, non c’è nessun dubbio che Isaia 7:14, parli della nascita di Gesù Cristo attraverso una vergine.

Questo testo di Matteo è anche importante per un altro motivo: Ci specifica il significato del termine Emmanuele, cosa che non fa l’A.T. Chi legge la profezia di Isaia e poi la confronta col N.T. ha tutte le ragioni per ritenere questo Gesù Cristo, come un essere divino. Pensando alla sua nascita, descritta da Isaia esplicitamente, non è fuori posto domandarci se l’A.T. parla del luogo dove questo Figliolo dovrà nascere.

Michea 5:1
Ma da te, o Bethlehem Efrata, piccola per essere tra i migliai di Giuda, da te mi uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni.

Se si vuole avere la conferma che Michea, in questo testo, parlava del luogo della nascita di Cristo, non si deve fare altro che consultare il N.T.

E radunati tutti i capi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informò da loro dove il Cristo doveva nascere. Ed essi gli dissero: In Betleem di Giuda; poiché così è scritto per mezzo del profeta: E tu Betleem, terra di Giuda, non sei punto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele (Matteo 2:4-6).

Dal momento che Michea 5:1 parla del luogo della nascita di Cristo, le restanti parole del profeta, che il N.T. non cita, hanno un’enorme importanza, per il fatto che ci permettono di gettare uno sguardo, per quanto riguarda le origini di Cristo. Il profeta afferma che le origini di Cristo, risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni. Chi legge queste parole, non può considerare Gesù Cristo solamente come un semplice uomo, ma è portato a considerarlo come un essere divino, diverso dagli altri esseri.

2) Chi è questo fanciullo che deve nascere? I due precedenti testi di Isaia 7:14 e Michea 5:1, ci inducono a chiedere se l’A.T. può aggiungere altre caratteristiche, intorno a questo figlio che dovrà nascere.

Isaia 9:5:
Poiché un fanciullo ci è nato, un figliolo ci è stato dato, e l’impero riposerà sulle sue spalle; sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace.

Questo testo, con le caratteristiche che presenta, ci fa conoscere chi è questo fanciullo che è nato. Anzitutto bisogna tener presente che Isaia 9:5 parla di un fanciullo e di un figlio. Quello che nascerà non sarà un figlio, ma un fanciullo; il figlio ci viene dato. Perché il profeta presenta quest’ordine di cose in questa profezia?

Sono a caso le cose predisposte in questa maniera, o Dio li ha collocate volutamente in questo modo, per dirci qualche cosa? Crediamo che le cose messe in quest’ordine, hanno un suo modo d’essere, per il fatto che Dio ci vuole far conoscere chi è veramente Gesù Cristo, secondo questa profezia. Che questa profezia parli di Gesù Cristo, è confermato dalle parole del Vangelo di Matteo e di Giovanni. Matteo, parlando della nascita di Gesù, usa il termine fanciullino per ben 9 volte nel solo capitolo 2, e sempre applicato a Gesù, mentre Giovanni dice:

Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito figliolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16).

Da questi due testi abbiamo la dimostrazione che (Isaia 9:5) è un testo messianico, in quanto ci parla, di un fanciullo che nasce e di un figlio che ci viene dato. Dal momento che abbiamo questa assoluta certezza, è importante il seguito della profezia. Il profeta afferma:

Il suo nome sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace.

Nessun essere creato, sia che appartenga alla categoria degli angeli, o a quella degli uomini, è mai stato chiamato con questo nome di Ammirabile. Per quanto riguarda gli angeli, che sono esseri creati da Dio, la Scrittura ci fa conoscere alcuni dei loro nomi.

Mai un essere angelico si è rifiutato di rivelare il suo nome. Se le Scritture, in due casi, l’uno relativo a Manoa (Giudici 13:18) e e l’altro a Giacobbe (Gen 32:29), ci fanno sapere che gli esseri che apparvero, a Manoa e a Giacobbe, si rifiutarono di dichiarare il loro nome, adducendo che era incomprensibile, e perché chiedi del mio nome? questa è una prova che quell’essere, che la Bibbia chiama: L’Angelo dell’Eterno, non apparteneva alla categoria dell’esercito angelico.

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Domenico34
00lunedì 5 dicembre 2011 00:07
1) DIO POTENTE

1. Tutto l’A.T. non conosce, come Dio potente, altri che Geova.

Esodo 13:3, dice:
E Mosè disse al popolo: Ricordatevi di questo giorno, nel quale siete usciti dall’Egitto, dalla casa di servitù; poiché l’Eterno vi ha tratti fuori di questo luogo, con mano potente.

Giobbe 9:19:
Se si tratta di forza, ecco, egli è potente.

Leggendo tutto il contesto di questo brano, appare chiaro che Giobbe fa riferimento a Dio.

Salmo 24:8:
Chi è questo Re di gloria? È l’Eterno, forte e potente, l’Eterno potente in battaglia.

Salmo 50:1:
Il potente, Iddio, l’Eterno ha parlato e ha convocato la terra dal sol levante al ponente.

Salmo 89:8,13:
O Eterno, Iddio degli eserciti, chi è potente come te, o Eterno? E la tua fedeltà ti circonda da ogni parte. Tu hai un braccio potente; la tua mano è forte, alta è la tua destra.

Salmo 93:4:
Più delle voci delle grandi, delle potenti acque, più dei flutti del mare, l’Eterno è potente nei luoghi alti.

Salmo 132:1,2:
Ricordati, o Eterno, a favore di Davide, di tutte le sue fatiche; com’egli giurò all’Eterno, e fece voto al potente di Giacobbe.

Isaia 10:21:
Un residuo, il residuo di Giacobbe, tornerà all’Iddio potente.

Isaia 49:26:
E farò mangiare ai tuoi oppressori la loro propria carne, e s’inebrieranno col loro proprio sangue, come col mosto; e ogni carne riconoscerà che io, l’Eterno, sono il tuo salvatore, il tuo redentore, il potente di Giacobbe.

Geremia 32:18,19:
Tu usi benignità verso mille generazioni, e retribuisci l’iniquità dei padri in seno ai figlioli, dopo di loro; tu sei l’Iddio grande e potente, il cui nome è l’Eterno degli eserciti, tu sei grande in consiglio e potente in opere.

Fofonia 3:17:
L’Eterno, il tuo Dio, è in mezzo a te, come un potente che salva.

2. COSA DICE IL N. T.

Luca 1:49:
Poiché il potente mi ha fatto grandi cose, e Santo è il suo nome.

Romani 11:23:
Ed anche quelli, se non perseverano nella loro incredulità, saranno innestati, perché Dio è potente da innestarli di nuovo.

2 Corinzi 9:8:
E Dio è potente da fare abbondare su di voi ogni grazia, affinché, avendo sempre in ogni cosa tutto quel che vi è necessario, abbondiate in ogni opera buona.

brei 11:19:
Ritenendo che Dio è potente anche da far risuscitare dai morti; ond’è che lo riebbe per una specie di risurrezione.

Apocalisse 18:8:
Perciò in uno stesso giorno verranno le sue piaghe, mortalità e cordoglio e fame, e sarà consumata dal fuoco; poiché potente è il Signore Iddio che l’ha giudicata.

3. QUELLO CHE DICE IL N.T. RIGUARDO A GESÙ’ CRISTO

Luca 24:19:
Ed essi gli risposero: Il fatto di Gesù Nazareno; che era un profeta potente in opere e in parole dinanzi a Dio e a tutto il popolo.

Romani 14:4:
Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piè, perché [ho kyrios] = Il Signore, è potente da farlo stare in piè.

2 Corinzi 13:3:
Giacché cercate la prova che Cristo parla in me; Cristo che verso voi non è debole, ma è potente in voi.

2 Timoteo 1:12:
Ed è pure per questa cagione che soffro queste cose; ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e son persuaso ch’egli è potente da custodire il mio deposito fino a quel giorno.

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Domenico34
00martedì 6 dicembre 2011 00:16
Il nome di Dio potente che viene dato al fanciullo che nasce e al Figliolo che viene dato, è una dimostrazione inconfutabile della divinità di Gesù Cristo. Anche gli altri due nomi di Padre eterno e Principe della pace, aumentano la dimostrazione riguardante questa gloriosa verità fondamentale del cristianesimo.

3) IL FIGLIOLO CHE VIENE GENERATO


Nel (Salmo 2:7) si leggono queste parole:
Io spiegherò il decreto: L’Eterno mi disse: Tu sei il mio figliolo, oggi Io t’ho generato.

Per sapere se queste parole sono una profezia che riguarda Gesù Cristo, dobbiamo chiedere al N.T. se ha qualcosa da dirci in merito. Ci sono tre testi nel N.T. che provano inconfutabilmente che le parole del (Salmo 2:7), parlano di Gesù Cristo.

Atti 13:33, dice:
Iddio l’ha adempiuta per noi, loro figlioli, risuscitando Gesù, siccome anche è scritto nel salmo secondo: Tu sei il mio Figliolo, oggi Io ti ho generato.

Ebrei 1:5:
Infatti, a qual degli angeli diss’egli mai: Tu sei il mio figliolo, oggi ti ho generato? e di nuovo: Io gli sarò Padre ed egli mi sarà Figliolo?

Ebrei 5:5:
Così anche Cristo non si prese da sè la gloria d’essere fatto Sommo sacerdote; ma l’ebbe da Colui che gli disse: Tu sei il mio Figliolo, oggi, t’ho generato.

Alla luce di questi testi, non c’è nessun dubbio: Il (Salmo 2:7) è un testo che riguarda Gesù Cristo. Questo non lo diciamo per una nostra particolare interpretazione che lo metta in risalto, ma essenzialmente perché gli autori del N.T. applicano le parole del (Salmo 2:7) al Cristo. C’è da chiedere perché mai l’A.T. parla del Figliolo che viene generato, naturalmente dal Padre.

Se la profezia parlasse del Figlio che viene creato, basterebbe solo questo testo, per provare che Cristo non esisteva prima d’allora. Dal momento che il testo sacro non usa il temine creare, bensì quello di generare, è estremamente importante capire quello che vuole dire la Bibbia. Credo che ci rendiamo conto che i due termini, creare e generare, non li consideriamo affini, cioè, come se fossero sinonimi.

Ognuno d’essi, esprime un concetto diverso l’uno dall’altro: Il primo ci dice che colui ch’è stato generato era in colui che l’ha generato, mentre il secondo ci dice che non esisteva prima d’allora.

Quando si dice, per esempio, che una donna ha generato un figliolo o una figliola, si vuole solamente affermare che la donna ha fecondato; ha dato corso ad una nuova vita nel suo seno. Non si dirà mai che quella donna ha creato la vita, perché questa, esisteva già nello sperma che ha ricevuto da parte dell’uomo. Tenendo presente questo concetto, possiamo capire meglio certe affermazioni del N. T. e, comprendendoli, possiamo meglio valutare la portata teologica del (Salmo 2:7).

E la parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplata la sua gloria, gloria come dell’Unigenito venuto da presso il Padre.

Oppure:
Nessuno ha mai veduto Iddio, l’Unigenito Figliolo, che «è» nel seno del Padre (Giovanni 1:14,18).
Ed ancora:
Affinché sappiate e riconosciate che il Padre «è» in me e che io «sono» nel Padre (Giovanni 10:38; 14:10,11,20; 17:21).

Queste affermazioni di Giovanni, uniche nel loro genere in tutto il N.T., non sono semplicemente delle espressioni verbali, messe là, per riempire lo spazio di una pagina; sono espressioni piene di significato teologico, ai fini di farci comprendere chi è veramente Gesù Cristo, in relazione alla sua generazione da parte del Padre.

Se non si ha il dovuto rispetto e se non si dà la meritata importanza alle parole dell’apostolo Giovanni, si finirà col fare apparire Gesù Cristo, sotto una luce diversa da quello che le S. Scritture dicono. Come è possibile parlare di una certa inferiorità di Gesù Cristo, rispetto al Padre, per quanto riguarda la sua natura?

Anche se Cristo un giorno disse: Il Padre è maggiore di me (Giovanni 14:28), disse anche: Io e il Padre siamo uno (Giovanni 10:30). Eppure, queste due affermazioni sono diverse, non solo nella loro forma verbale e grammaticale, ma soprattutto nel loro contenuto teologico. Come è possibile essere inferiore e nello stesso tempo uno col Padre?

Se non si è in grado di capire queste due affermazioni di Gesù Cristo, come si potrà pretendere di capire tutta la Cristologia che il N. T. insegna? Non si può liquidare un argomento così vitale, la relazione di natura che intercorre tra Padre e Figlio, con una semplice affermazione: dicendo : Gesù Cristo non è divino, quindi non è Dio, non si trova nella stessa posizione del Padre, per quanto riguarda la deità. In altre parole: Il Padre ha una maggiore deità del Figlio, quindi il Figlio, per quanto riguarda la deità, è un subalterno del Padre.

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Domenico34
00mercoledì 7 dicembre 2011 00:13
Portare avanti un simile discorso, dimostra, in tutta la sua spaventevole dimensione, l’ignoranza che si ha, per quanto riguarda la natura della persona di Gesù Cristo e la sua missione qui sulla terra. Anche se noi affermiamo che non è possibile dividere in due Gesù Cristo, uno umano e l’altro divino, ai fini della sua esistenza, questo non vuol dire però fare confusione tra l’umanità di Gesù e la sua deità. Se Gesù Cristo esiste, esiste nelle due parti: umano e divino.

Non è possibile credere al Cristo divino e negare il Gesù storico, perché Gesù è il Cristo e Cristo è Gesù. Questo non significa però che l’umanità di Gesù debba essere messa alla pari della sua deità, come se umanità fosse un sinonimo di deità. Per quanto riguarda l’umanità di Gesù, sappiamo che ebbe inizio nell’incarnazione, mentre la sua deità, non la si può far risalire al tempo dell’incarnazione. Non si può usare il termine inizio per la deità, senza compRomaniettere la sua eternità.

La deità è fuori del tempo, mentre l’umanità è nel tempo. Compresi bene questi due concetti, non c’è da meravigliarsi, come quando si gridasse allo scandalo, se Gesù disse: Il Padre è maggiore di me. La sua affermazione si riferiva alla sua umanità, in relazione al tempo in cui cominciò ad esistere. Sotto questo aspetto è più che logico e naturale che Gesù mettesse in evidenza la differenza che c’era tra lui e il Padre.

Ma quando egli volle riferirsi alla sua natura, non poteva più parlare che il Padre era maggiore di lui, perché nella deità, non esistono livelli di superiorità e di inferiorità: esiste solamente una cosa: O si è o non si è Dio. Ecco perché Gesù non ha nessuna esitazione ad affermare che lui e il Padre sono uno. Uno nella natura di Dio.

Abbiamo fatto questo ragionamento, non per evadere dall’argomento, ma per capire meglio le parole di Giovanni: Io sono nel Padre e il Padre è in me. Davanti all’affermazione riportata dall’apostolo Giovanni, non esistono diverse alternative: c’è un solo modo di intendere e spiegare la parola di Gesù. Se si dovesse chiedere da quando esiste il Padre, anzitutto si dovrebbe rispondere che nel Padre, ch’è Dio, non c’è da Quando; c’è solamente l’eternità.

Allora, dato che Cristo è nel Padre (e non era nel Padre), c’è una sola alternativa per il Figlio: Come il Padre è eterno, anche il Figlio deve essere necessariamente eterno, perché appunto è nel Padre. In questo senso i teologi parlano di una generazione eterna, per mettere in risalto, non solo la deità del Padre, ma anche quella del Figlio; non per parlare di un Padre ch’è da sempre e di un Figlio che viene all’esistenza da quando il Padre l’ha generato, perché appunto il Figlio è nel Padre e il Padre è nel Figlio.

Crediamo di aver spiegato ampiamente il significato delle parole del (Salmo 2:7) e di aver dato una dimostrazione, col N. T. dell’importanza e della portata teologica che ha la parola profetica del Salmo in questione.

4) L’ATTIVITÀ MISSIONARIA DI GESÙ CRISTO


L’A.T. è pieno di quello che noi chiamiamo la predizione missionaria di Gesù Cristo, descritta nei minimi particolari. Fin dai tempi antichi, Mosè aveva parlato che l’Eterno avrebbe suscitato ad Israele, un profeta come lui (Deuteronomio 18:15). Anche se l’A.T. in questa sua predizione non specifica chi sarà questo profeta, ci penserà però il N.T. a farlo.

Mosè, infatti, disse: Il Signore Iddio vi susciterà di tra i vostri fratelli un profeta come me (Atti 3:22; 7:37).

Attraverso il profeta Isaia. Dio prometteva di compiere un’opera importante, in una certa zona della Palestina, bene identificata.

Ma le tenebre non dureranno sempre per la terra ch’è ora nell’angoscia. Come nei tempi passati Iddio coprì d’obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così nei tempi avvenire coprirà di gloria la terra vicina al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili (Isaia 8:23).

Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell’ombra della morte, la sua luce risplende (Isaia 9:1).

Per sapere se le parole di questi due testi parlano dell’attività missionaria di Gesù, dobbiamo leggere Matteo 4:13-16.

E, lasciata Nazaret, venne ad abitare in Capernaum, città sul mare, ai confini di Zabulon e di Neftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, la Galilea dei Gentili, il popolo che giaceva nelle tenebre, ha veduto una gran luce; su quelli che giacevano nella contrada e nell’ombra della morte, una luce s’è levata.

Da questo confronto, risulta inequivocabilmente che Matteo 4:13-16 è in perfetto parallelismo con (Isaia 8:23; 9:1) e che il personaggio di cui parla il profeta, è Gesù di Nazaret. Dio stesso prometteva che avrebbe coperta di gloria la terra vicina al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili, e che il popolo avrebbe visto una gran luce.

Attraverso questa descrizione profetica, Gesù di Nazaret veniva presentato come una gran luce. Il profeta Michea non aveva nessuna difficoltà a definire l’Eterno la mia luce (Michea 7:8), e Davide cantava: L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza (Salmo 27:1). Anche l’apostolo Giovanni affermava che Dio è luce e in lui non vi sono tenebre (1 Giovanni 1:5).

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Domenico34
00giovedì 8 dicembre 2011 00:05
Isaia, dal canto suo, parlando del servo dell’Eterno, lo presentava con queste parole:

Io, l’Eterno, t’ho chiamato secondo giustizia, e ti prenderò per la mano, ti custodirò e farò di te l’alleanza del popolo, la luce delle nazioni (Isaia 42:6).

Poi aggiungeva:
È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe e per ricondurre gli scampati d’Israele; voglio far di te la luce delle nazioni, lo strumento della mia salvezza fino alle estremità della terra (Isaia 49:6).

I due testi appena citati, sono certamente messianici, perché il N.T. lo può provare ampiamente. Quando il vegliardo Simeone prese tra le sue braccia il bambino Gesù che Maria e Giuseppe avevano portato nel Tempio, per adempiere quello che ordinava la legge, proruppe in queste parole:

Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; poiché gli occhi miei han veduto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli per essere luce da illuminare le genti, e gloria del tuo popolo Israele (Luca 2:29-32).

Ci voleva però Giovanni, col suo Evangelo, per descriverci, con un linguaggio particolare, la bellezza e la profondità di questa verità. L’apostolo comincia il suo evangelo col dire:

In lei (logos Parola) era la vita; e la vita era la luce degli uomini (Giovanni 1:4).

E poi aggiunge:
La vera luce che illumina ogni uomo, era per venire nel mondo;
ed ancora:
La luce è venuta nel mondo, e gli uomini hanno amato le tenebre più che la luce (Giovanni 1:8; 3: 19).

Per dare però, una vera autentificazione alla parola profetica, ci voleva la parola, chiara ed autorevole di Gesù, quando disse di sé: Io sono la luce del mondo (Giovanni 8:12; 9: 5; 12:46). Esortando poi le persone diceva loro:
Ancora per poco la luce è fra voi. Camminate mentre avete la luce, affinché non vi colgano le tenebre. Mentre avete la luce credete nella luce, affinché diventiate figlioli di luce (Giovanni 12:35,36).

Quale maggior prova possiamo addurre dal N. T. che i testi di (Isaia 8:23 e 9:1), citati poc’anzi, non corrispondono esattamente a tutto quello che nel N.T. si parla di Gesù e dell’opra sua? La sua fu veramente una grande missione, che rimarrà per tutti i secoli e per ogni generazione, il segno inconfondibile del cristianesimo che esalta e glorifica, il Signor Gesù Cristo.

Di questa esaltante missione, Isaia aveva detto:
La voce d’uno grida: Preparate nel deserto la via dell’Eterno, appianate nei luoghi aridi una strada per il nostro Dio (Isaia 40:3).

Sappiamo con estrema certezza chi sarebbe stato, secondo la parola profetica, colui che avrebbe adempiuto questa profezia. Basta leggere (Matteo 3:3; Marco 1:3; Luca 3:4 e Giovanni 1:23), per riconoscere Giovanni Battista, l’esecutore materiale della predizione d’Isaia. Ma l’altro personaggio, che Isaia chiama l’Eterno, il nostro Dio, il N. T. dice che era Gesù Cristo, mettendolo al posto di Geova, del quale Isaia aveva parlato.

Non si possono sottovalutare questi elementi e farli apparire secondari, come se non dicessero nulla intorno alla portata della missione di Gesù Cristo. Chi legge e studia l’A.T. e lo confronta col N.T. non potrà fare a meno di vedere Gesù Cristo che rifulge di tutta la gloria del divino, la stessa gloria che rifulge in Geova. Tutto quello che Gesù Cristo compì, nel dare sollievo ai miseri, guarigione agli ammalati e liberazione a quelli che erano posseduti dai demoni, era stato minuziosamente predetto dall’A.T. Basterà leggere poche parole nel N. T. per accettare questa nostra affermazione.

Matteo, nel suo evangelo precisa:
Poi venuta la sera, gli presentarono molti indemoniati; ed egli (Gesù), con la parola, scacciò gli spiriti e guarì tutti i malati, affinché si adempisse quel che fu detto per bocca del profeta Isaia: Egli stesso ha preso le nostre infermità, ed ha portato le nostre malattie (Matteo 8:16,17); si confronti (Isaia 53:4).

Quando il profeta diceva:
Lo spirito del Signore, dell’Eterno, è su me, perché l’Eterno m’ha unto per recare una buona novella agli umili; m’ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la libertà a quelli che sono in cattività, l’apertura di carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia dell’Eterno, e il giorno di vendetta del nostro Dio (Isaia 61:1,2),

dopo alcuni secoli, faceva eco la parola di Gesù, quando nella sinagoga di Nazaret, affermava:
Oggi, s’è adempiuta questa Scrittura, e voi l’udite (Luca 4:14-21).

Era stato profetizzato di Gesù che egli avrebbe avuto dall’Eterno,
una lingua esercitata, perché sapesse sostenere con la parola, lo stanco (Isaia 50:4).

A questa attività, descritta dal profeta, faceva eco Gesù, quando diceva:
Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo (Matteo 11:28).

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Domenico34
00venerdì 9 dicembre 2011 00:02
A volte la profezia descrive un’azione particolare:
Il Signore, l’Eterno che raccoglie gli esuli d’Israele dice: Io ne raccoglierò intorno a lui anche degli altri, oltre quelli dei suoi che son già raccolti (Isaia 56:8).

Il N. T. non conosce altri che compie quest’azione di raccogliere, se non Gesù Cristo.
Ho anche delle altre pecore che non son di quest’ovile; anche quelle io (Gesù) devo raccogliere (Giovanni 10:16).

Caiafa, Sommo sacerdote, profetò che
Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per raccogliere in uno i figlioli di Dio dispersi (Giovanni 11:49-52).

In polemica con i Farisei, un giorno Gesù chiese:
Che vi par egli del Cristo? Di chi è egli figlio? Essi gli risposero: Di Davide. Ed egli a loro: Come dunque Davide, parlando per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? Se dunque Davide lo chiama Signore, com’è egli suo figlio? (Matteo 22:41-45; Marco 12:36; Luca 20: 42,43; Atti 2:34,35; Ebrei 1:13 e Salmo 110:1).

Tutto quello che Gesù affrontò nella sua vita terrena, lo scherno degli uomini, l’incredulità alla sua parola, le false accuse nel suo processo, la sua morte in croce, la spartizione dei suoi vestimenti, il grido d’angoscia che Gesù elevò al Padre, tutto era stato minuziosamente descritto e predetto nell’A.T. esattamente come si compì nel N.T. L’A.T. non predisse solamente le sofferenze e la morte di Gesù, parlò anche della sua resurrezione e del suo secondo ritorno in terra.

Quando leggiamo:
Poiché tu non abbandonerai l’anima mia in poter della morte, né permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione. Tu m’hai fatto conoscere le vie della vita, tu mi riempirai di letizia con la tua presenza. Uomini fratelli, ben può liberamente dirvisi intorno al patriarca Davide, ch’egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al dì d’oggi fra noi. Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva con giuramento promesso che nel suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti, antivedendola, parlò della resurrezione di Cristo, dicendo che non sarebbe stato lasciato nell’Ades, e che la sua carne non avrebbe veduto la corruzione (Atti 2:29-31, confr. Salmo 16:10-11).

Quando poi i profeti parlano della seconda venuta di Cristo in terra, la presentano con queste parole:
Poiché l’Eterno si farà innanzi e combatterà contro quelle nazioni, com’egli combatté le tante volte, il dì della battaglia. I suoi piedi si poseranno in quel giorno sul monte degli Ulivi ch’è dirimpetto a Gerusalemme (Zaccaria 14:3-4).

Che questa profezia parli della seconda venuta di Gesù Cristo, benché il profeta nomini l’Eterno Geova, è provato dalla chiara parola del N.T.

Uomini Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesù che è stato tolto da voi ed assunto in cielo, verrà nella medesima maniera che l’avete veduto andare in cielo.

Il testo precisa che questa profezia venne fatta sul monte degli Ulivi, da dove Gesù era stato elevato in cielo (Atti 1:11-12). Ignorare questi particolari col solo scopo di degradare Gesù Cristo, non è corretto né onesto, e tanto meno aver la presunzione di saper interpretare bene la parola profetica.

5) I TERMINI: SALVARE, SALVEZZA, SALVATORE, REDENTORE, REDENZIONE, PASTORE E RE


Chi vuole sapere a chi attribuisce l’A.T. i seguenti termini di Salvare, Salvezza, Redentore, Redenzione, Pastore e Re, non sarà sorpreso quando leggerà molti testi che parlano in questo senso, e quasi sempre vengono attribuiti a Geova. Per dare una chiara dimostrazione di quanto affermiamo. faremo una rassegna di quei testi in cui si parla di: Salvare, Salvezza, Redentore, Redenzione, Pastore e Re, e poi, naturalmente, faremo un confronto, per sapere a chi vengono assegnati nel N.T.

a) SALVARE:

L’azione di Dio di trar fuori da un pericolo, viene ampiamente documentata dagli Scritti dell’A.T. A noi non interessa tanto citare altre fonti, per sostenere le nostre affermazioni, quanto mettere in risalto quello che dice la Bibbia, la migliore e la più autorevole, di ogni altra fonte specialmente per coloro che la credono come infallibile parola di Dio.

D’altra parte, una fede che non è basata sulla parola di Dio, per noi, non è vera fede; tutto ciò che si crede e si professa, senza poterlo sostenere con la Bibbia, è un vano modo di credere e di professare una qualsiasi dottrina. Quando a fondamento di una dottrina poniamo la Bibbia, ch’è al di sopra di ogni umana tradizione, quella dottrina potrà sfidare qualsiasi intemperie che le filosofie umane potranno contrastare. Onde evitare ogni forma di divagazione e di sterili ragionamenti, è meglio che facciamo parlare l’A.T. per sapere a chi attribuisce, in moltissimi casi, l’azione di salvare.

1 Samuele 10:19:
Ma oggi voi rigettate l’Iddio vostro che vi salvò da tutti i vostri mali e da tutte le vostre tribolazioni.

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Domenico34
00sabato 10 dicembre 2011 00:05
1 Samuele 14:6:
Gionatan disse al suo giovane scudiero: Vieni, andiamo verso la guarnigione di questi incirconcisi; forse l’Eterno agirà per noi, poiché nulla può impedire all’Eterno di salvare con molta o poca gente.

1 Samuele 17:47:
E tutta questa moltitudine riconoscerà che l’Eterno non salva per mezzo di spada né per mezzo di lancia; poiché l’esito della battaglia dipende dall’Eterno.

2 Re 19:19,34:
Ma ora, o Eterno, o Dio nostro, salvaci te ne supplico, dalle mani di costui, affinché tutti i regni della terra conoscano che tu solo, o Eterno, sei Dio! Io proteggerò questa città affin di salvarla, per amor di me stesso, e per amor di Davide mio servitore.

Nehemia 9:28:
Ma quando avevano riposo, ricominciavano a fare il male dinanzi a te; perciò tu li abbandonavi nelle mani dei loro nemici, i quali diventavano i loro dominatori; poi, quando ricominciavano a gridare a te, tu li esaudivi dal cielo; e così, nella tua misericordia, più volte li salvasti.

Salmo 6:4:
Ritorna o Eterno, libera l’anima mia; salvami per amor della tua benignità.

Salmo 7:10:
Salva, o Eterno, poiché l’uomo pio vien meno e i fedeli vengono a mancare tra i figli degli uomini.

Salmo 17:7:
Mostrami le meraviglie della tua bontà, o tu che con la tua destra salvi quelli che cercano un rifugio contro i loro avversari.

Salmo 18:27:
Perché tu sei quel che salvi la gente afflitta e fai abbassare gli occhi alteri.

Salmo 28:9:
Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità; e pascili, e sostienli in perpetuo.

Salmo 31:2,16:
Inclina a me il tuo orecchio; affrettati a liberarmi; siimi una forte rocca, una fortezza ove tu mi salvi. Fai risplendere il tuo volto sul tuo servitore; salvami per la tua benignità.

Salmo 34:18:
L’eterno è vicino a quelli che hanno il cuore rotto, e salva quelli che hanno lo spirito contrito.

Salmo 37:40:
L’eterno li aiuta e li libera: li libera dagli empi e li salva, perché si sono rifugiati in lui.

Salmo 44:7:
Ma se tu ci salvi dai nostri nemici e rendi confusi quelli che ci odiano.

Salmo 54:1:
O Dio, salvami per il tuo nome, e fammi giustizia per la tua potenza.

Salmo 55:16:
Quanto a me: io griderò a Dio, e l’Eterno mi salverà.

Salmo 57:3:
Egli manderà dal cielo a salvarmi.

Salmo 60:5:
Perché i tuoi diletti siano liberati, salvaci con la tua destra e rispondici.

Salmo 69:35:
Poiché Dio salverà Sion, e riedificherà le città di Giuda.

Salmo 71:2:
Per la tua giustizia, liberami, fammi scampare! Inchina il tuo orecchio e salvami.

Salmo 72:4,13:
Egli farà ragione ai miseri del popolo, salverà i figlioli. Egli avrà compassione dell’infelice e del bisognoso, e salverà l’anima dei poveri.

Salmo 80:2:
Dinanzi ad Efraim, a Beniamino ed a Manasse, risveglia la tua potenza e vieni a salvarci.

Salmo 86:2,16:
Proteggi l’anima mia, perché sono di quelli che t’amano. Tu, mio Dio, salva il tuo servitore che confida in te. Volgiti a me, ed abbi pietà di me; dài la tua forza al tuo servitore, e salva il figliolo della tua servente.

Salmo 106:8,10:
Nondimeno egli li salvò per amore del suo nome. E li salvò dalla mano di chi li odiava.

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Domenico34
00domenica 11 dicembre 2011 00:17
Salmo 109:31:
gli sta alla destra del povero per salvarlo da quelli che lo condannano a morte.

Salmo 118:25:
Deh, o Eterno, Salva! Deh, o Eterno facci prosperare.

Salmo 119:94,146:
Io son tuo, salvami, perché ho creduto ai tuoi precetti. Io t’invoco; salvami, e osserverò le tue testimonianze.

Proverbi 20:22:
Non dire: Renderò il male; spera nell’Eterno ed egli ti salverà.

Isaia 33:22:
Poiché l’Eterno è il nostro giudice, l’Eterno è il nostro legislatore, l’Eterno è il nostro Re, egli è colui che ci salva.

Isaia 35:4:
Dite a quelli che hanno il cuore smarrito: Siate forti, non temete! Ecco il vostro Dio! Verrà la vendetta, la retribuzione di Dio; verrà egli stesso a salvarvi.

Isaia 38:20:
Io ho l’Eterno che mi salva! e noi canteremo cantici al suon degli strumenti a corda, tutti i giorni della nostra vita, nella casa dell’Eterno.

Isaia 59:1:
Ecco la mano dell’Eterno non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo duro per udire.

Geremia 15:20:
Io ti farò essere per questo popolo un forte muro di rame, essi combatteranno contro di te, ma non potranno vincerti, perché io sarò teco per salvarti e per liberarti, dice l’Eterno.

Geremia 30:10:
Tu dunque, o Giacobbe, mio servitore, non temere, dice l’Eterno; non ti sgomentare, o Israele; poiché, ecco io ti salverò dal lontano paese, salverò la tua progenie dalla terra della tua cattività.

HAbacucuc 3:13:
Tu esci per salvare il tuo popolo, per salvare il tuo unto.

Sofofonia 3:17:
L’Eterno il tuo Dio, è in mezzo a te, come un potente che salva.

Zaccaria 8:7:
Così parla l’Eterno degli eserciti: Ecco, io salvo il mio popolo dal paese del levante e dal paese del ponente.

Zaccaria 9:16:
E l’Eterno, il loro Dio, li salverà, in quel giorno, come il gregge del suo popolo.

Zaccaria 10:6:
E io fortificherò la casa di Giuda, e salverò la casa di Giuseppe, e li ricondurrò, perché ho pietà di loro; e saranno come se non li avessi mai scacciati, perché io sono l’Eterno, il loro Dio, e li esaudirò.

Dopo aver passato in rassegna molti passi dell’A.T. ed aver constatato che l’azione di Salvare viene attribuita a Geova, rivolgiamoci ora al N.T. per sapere a chi attribuisce questa azione di salvare.

Matteo 1:21, dice:
Ed ella partorirà un figliolo, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati.

Matteo 8:25:
E i suoi discepoli, accostatisi, lo svegliarono dicendo: Signore, salvaci, siam perduti.

Matteo 14:30:
Ma vedendo il vento, ebbe paura; e cominciando a sommergersi, gridò: Signore, salvami.

Luca 7:3:
E il centurione, avendo udito parlar di Gesù, gli mandò degli anziani dei Giudei per pregarlo che venisse a salvare il suo servitore.

Luca 19:10:
Poiché il Figliuol dell’uomo è venuto per cercare e per salvare ciò che era perito.

Giovanni 12:47:
E se uno ode le mie parole, e non li osserva, io non lo giudico, poiché io non son venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo.

1 Timoteo 1:15:
Certa è questa parola e degna d’essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00lunedì 12 dicembre 2011 00:06
Ebrei 7:25:
Ond’è che può salvare appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, vivendo sempre per intercedere per loro.

Anche se il N.T. non ha una mole di testi come l’A.T., quei pochi che ha, sono abbastanza chiari per farci vedere Gesù Cristo, che salva, nell’identica maniera di Geova.

b) SALVEZZA:

Genesi 49:18, dice:
Io ho aspettato la tua salvezza, o Eterno.

Esodo 15:2:
L’Eterno è la mia forza e l’oggetto del mio cantico; egli è stato la mia salvezza.

Deuteronomio 32:15:
Ma Ieshurum s’è fatto grosso ed ha ricalcitrato, ti sei fatto grasso e pingue! ha abbandonato l’Eterno che l’ha fatto, e ha sprezzato la Rocca della sua salvezza.

Salmo 3:8:
All’Eterno appartiene la salvezza; la tua benedizione riposa sul tuo popolo.

Salmo 12:5:
Per l’oppressione dei miseri, per il grido d’angoscia dei bisognosi, ora mi leverò, dice l’Eterno; darò loro la salvezza alla quale anelano.

Salmo 14:7:
Oh, chi recherà a Sion la salvezza d’Israele? Quando l’Eterno ritrarrà di cattività il suo popolo; Giacobbe festeggerà, Israele si rallegrerà.

Salmo 18:35,46:
Tu m’hai anche dato lo scudo della tua salvezza, e la tua destra mi ha sostenuto. Viva l’Eterno! Sia benedetto la mia rocca! e sia esaltato l’Iddio della mia salvezza.

Salmo 21:1,5:
O Eterno, il Re si rallegra nella tua forza, ed oh quanto esulta per la tua salvezza! Grande è la sua gloria mercé la tua salvezza.

Salmo 25:5:
Guidami nella tua verità ed ammaestrami; poiché tu sei l’Iddio della mia salvezza.

Salmo 27:1:
L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza, di chi temerò.

Salmo 28:8:
L’Eterno è la forza del suo popolo; egli è un baluardo di salvezza per il suo unto.

Salmo 35:3:
Tira fuori la lancia e chiudi il passo ai miei persecutori; di’ all’anima mia: Io son la tua salvezza.

Salmo 37:39:
Ma la salvezza dei giusti procede dall’Eterno; egli è la loro fortezza nel tempo della distretta.

Salmo 38:22:
Affrettati in mio aiuto, o Signore, mia salvezza!

Salmo 40:10,16:
Io non ho nascosto la tua giustizia entro il mio cuore; ho narrato la tua fedeltà e la tua salvezza. Gioiscano e si rallegrino in te, tutti quelli, che ti cercano; quelli che amano la tua salvezza dicano del continuo: Sia magnificato l’Eterno.

Salmo 42:5:
Perché t’abbatti anima mia? perché ti commuovi in me? Spera in Dio, perché io lo celebrerò ancora; egli è la mia salvezza ed il mio Dio.

Salmo 43:5:
Perché t’abbatti anima mia? perché ti commuovi in me? Spera in Dio, perché lo celebrerò ancora; egli è la mia salvezza ed il mio Dio.

Salmo 50:23:
Chi mi offre il sacrificio della lode mi glorifica, e a chi regola bene la sua condotta, io farò vedere la salvezza di Dio.

Salmo 51:12,14:
Rendimi la gioia della tua salvezza e fai che uno spirito volenteroso mi sostenga. Liberami dal sangue versato, o Dio della mia salvezza.

Salmo 62:1,2,7:
L’anima mia s’acqueta in Dio solo; da lui viene la mia salvezza. Egli solo è la mia rocca e la mia salvezza. In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; la mia forte rocca e il mio rifugio sono in Dio.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00martedì 13 dicembre 2011 00:05
Salmo 65:5:
In modi tremendi tu ci rispondi, nella tua giustizia, o Dio della nostra salvezza.

Salmo 67:1,2:
Iddio abbia mercé di noi, e ci benedica, Iddio faccia risplendere il suo volto su noi; affinché la tua via sia riconosciuta sulla terra, e la tua salvezza fra tutte le genti.

Salmo 69:13,29:
Ma, quanto a me, la mia preghiera sale a te, o Eterno, nel tempo accettevole; o Dio, nella grandezza della tua misericordia, rispondimi, secondo la verità della tua salvezza. Quanto a me, io son misero e addolorato; la tua salvezza, o Dio, mi levi in alto.

Salmo 85:7,9:
Mostraci la tua benignità, o Eterno, e dacci la tua salvezza. Certo, la tua salvezza è vicina a quelli che ti temono, affinché la gloria abiti nel nostro paese.

Salmo 88:1:
O Eterno, Dio della mia salvezza, io grido giorno e notte nel tuo cospetto.

Salmo 91:15,16:
Egli m’ivocherà, ed io gli risponderò; sarò con lui nella distretta; lo libererò, e lo glorificherò. Lo sazierò di lunga vita, e gli farò vedere la mia salvezza.

Salmo 96:2:
Cantate all’Eterno, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.

Salmo 98:2,3:
L’Eterno ha fatto conoscere la sua salvezza, ha manifestato la sua giustizia nel cospetto delle nazioni. Si è ricordato della sua bontà e della sua fedeltà verso la casa d’Israele; tutte le estremità della terra han veduto la salvezza del nostro Dio.

Salmo 118:21:
Io ti celebrerò perché tu mi hai risposto, e sei stato la mia salvezza.

Salmo 119:41:
Vengano su me le tue benignità, o Eterno, e la tua salvezza, secondo la tua parola.

Salmo 119:81:
L’anima mia vien meno bramando la tua salvezza; io spero nella tua parola.

Salmo 119:123:
Gli occhi miei vengono meno, bramando la tua salvezza e la parola della tua giustizia.

Salmo 119:166:
Io ho sperato nella tua salvezza, o Eterno, e ho messo in pratica i tuoi comandamenti.

Salmo 119:174:
Io bramo la tua salvezza, o Eterno, e la tua legge è il mio diletto.

Salmo 140:7:
O Eterno, o Signore, che sei la forza della mia salvezza.

]G]Isaia 12:2,3:
Ecco, Iddio è la mia salvezza; io avrò fiducia, e non avrò paura di nulla; voi attingerete con gioia l’acqua dalle fonti della salvezza.

Isaia 17:10:
Perché hai dimenticato l’Iddio della tua salvezza e non ti sei ricordato della rocca della tua forza.

Isaia 33:2:
O Eterno, abbi pietà di noi! Noi speriamo in te. Sii tu il braccio del popolo ogni mattina, la nostra salvezza in tempo di distretta.

Isaia 46:13:
Io faccio avvicinare la mia giustizia; essa non è lungi, e la mia salvezza non tarderà; io porrò la salvezza in Sion, e la mia gloria sopra Israele.

Isaia 49:6:
Egli dice: È troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribù di Giacobbe e per ricondurre gli scampati d’Israele; voglio far di te la luce delle nazioni, e lo strumento della mia salvezza fino all’estremità della terra.

Isaia 51:5,6:
La mia giustizia è vicina, la mia salvezza sta per apparire, e le mie braccia giudicheranno i popoli. Alzate gli occhi vostri al cielo, e abbassateli sulla terra! Poiché i cieli si dilegueranno come fumo, la terra invecchierà come un vestito, e i suoi abitanti parimenti morranno; ma la mia salvezza dura in eterno.

Isaia 52:10:
L’Eterno ha nudato il suo braccio santo agli occhi di tutte le nazioni; e tutte le estremità della terra vedranno la salvezza del nostro Dio.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00mercoledì 14 dicembre 2011 00:18
Geremia 3:23:
Sì, certo, vano è il soccorso che s’aspetta dalle alture, dalle feste strepitose sui monti; sì, nell’Eterno, nel nostro Dio, sta la salvezza d’Israele.

Lamentazione 3:26:
Buona cosa è d’aspettare in silenzio la salvezza dell’Eterno.

Giona 2:10:
Ma io t’offrirò sacrifici con cantici di lode; adempirò i miei voti che ho fatto. La salvezza appartiene all’Eterno.

Habacuc 3:18:
Ma io mi rallegrerò nell’Eterno, esulterò nell’Iddio della mia salvezza.

FACCIAMO ORA UN CONFRONTO COL N.T. PER SAPERE CHI È COLUI CHE OPERA LA SALVEZZA


Luca 2:29,30, dice:
Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; poiché gli occhi miei han veduto la tua salvezza.

Atti 4:12:
E in nessun altro è la salvezza; poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati.

Ebrei 2:9,10:
Ben vediamo però colui ch’è stato fatto di poco inferiore agli angeli, cioè Gesù, coronato di gloria e d’onore a motivo della morte che ha patito, onde, per la grazia di Dio, gustasse la morte per tutti. Infatti per condurre molti figlioli alla gloria, ben s’addiceva a colui per cagion del quale son tutte le cose e per mezzo del quale son tutte le cose, di rendere perfetto, per via di sofferenze, il duce della loro salvezza.

Questi pochissimi testi che abbiamo citato, specie (Atti 4:12), sono sufficientemente capaci di convincere la più ostinata persona e portare luce all’intelletto e all’intera vita, per far vedere che l’autore della Salvezza, è Gesù Cristo in persona, secondo il N.T. nella stessa maniera come lo era Geova per l’A.T.

c) SALVATORE:

Per quanto riguarda il titolo di Salvatore, l’A.T. in diversi passi, addita Geova, anche se altre persone estranee alla divinità, hanno lo stesso titolo.

2 Samuele 22:3, dice:
L’Iddio che è la mia rupe, in cui mi rifugio, il mio scudo, il mio potente salvatore.

Salmo 18:2:
L’Eterno è la mia rocca, la mia fortezza, il mio liberatore; il mio Dio, la mia rupe, in cui mi rifugio, il mio scudo, il mio potente salvatore.

Salmo 106:21:
Dimenticarono Dio, loro salvatore, che aveva fatto cose grandi in Egitto.

Isaia 43:3,11:
Poiché io sono l’Eterno, il tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore. Io, io son l’Eterno, e fuor di me non v’è salvatore.

Isaia 45:15,21:
In verità tu sei un Dio che ti nascondi, o Dio d’Israele, o Salvatore! Annunziatelo, fateli appressare, prendano pure consiglio assieme! chi ha annunziato queste cose fin dai tempi antichi e l’ha predette da lungo tempo? Non sono forse io, L’Eterno? E non v’è altro Dio fuor di me, un Dio giusto, e non v’è salvatore fuori di me.

Isaia 49:26:
E farò mangiare ai tuoi oppressori la loro propria carne, e s’inebrieranno col loro proprio sangue, come col mosto; e ogni carne riconoscerà che io, l’Eterno, sono il tuo salvatore.

Isaia 60:16:
Tu popperai il latte delle nazioni, popperai al seno dei re, e riconoscerai che io, l’Eterno, sono il tuo salvatore.

Isaia 63:8:
Egli aveva detto: Certo, essi sono mio popolo, figlioli che non mi inganneranno; e fu il loro salvatore.

Geremia 14:8:
O speranza d’Israele, suo salvatore in tempo di distretta.

CONTROLLIAMO ORA IL N.T. PER SAPERE A CHI VIENE DATO QUESTO NOBILE TITOLO DI SALVATORE

Luca 1:68,69, dice:
Benedetto sia il Signore, l’Iddio d’Israele, perché ha visitato e riscattato il suo popolo, e ci ha suscitato un potente salvatore nella casa di Davide suo servitore.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00giovedì 15 dicembre 2011 00:08
Luca 2:11:
Oggi, nella città di Davide, v’è nato un Salvatore, che è Cristo il Signore.

Giovanni 4:42:
E dicevano alla donna: Non è più a motivo di quello che tu ci hai detto, che crediamo; poiché noi abbiamo udito da noi che questi è veramente il Salvatore del mondo.

Atti 5:31:
Esso ha Iddio esaltato con la sua destra, costituendolo Principe e Salvatore, per dare ravvedimento a Israele, e remission dei peccati.

Atti 13:23:
Dalla progenie di lui Iddio, secondo la sua promessa, ha suscitato ad Israele un Salvatore nella persona di Gesù.

Efesini 5:23:
Poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, egli che è il Salvatore del corpo.

Filippesi 3:20:
Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, d’onde anche aspettiamo come Salvatore il Signore Gesù Cristo.

2 Timoteo 1:10:
Ma che è stata ora manifestata coll’apparizione del Salvatore nostro Cristo Gesù.

Tito 1:4:
A Tito, mio vero figliolo secondo la fede che ci è comune, grazia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù, nostro Salvatore.

Tito 2:13:
Aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Iddio e Salvatore, Cristo Gesù.

2 Pietro 1:1,11:
Simon Pietro, servo ed apostolo di Gesù Cristo, a quelli che hanno ottenuto una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo. Poiché così vi sarà largamente provveduta l’entrata nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.

2 Pietro 2:20:
Poiché, se dopo esser fuggiti dalle contaminazioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo.

1 Giovanni 4:14:
E noi abbiamo veduto e testimoniato che il Padre ha mandato il Figliolo per essere il Salvatore del mondo.

È chiaro per il N.T. che cosa significhi quando presenta Gesù Cristo, col titolo di Salvatore del mondo. La stessa puntualizzazione che fa l’A.T per Geova, il N.T. lo fa per Gesù Cristo. È impossibile sfuggire a questi elementi, che non vogliono essere semplicemente l’espressione interpretativa di una certa tendenza teologica, ma una chiara dimostrazione della deità di Gesù Cristo.

d) REDENZIONE:

La parola redenzione viene usata poche volte nell’A.T., ma quelle poche volte, è sempre applicata a Geova.

[G]almo 111:9, dice:
Egli ha mandato la redenzione al suo popolo, ha stabilito il suo patto per sempre.

Salmo 130:7:
O Israele, spera nell’Eterno, poiché presso l’Eterno è benignità, e presso di lui è abbondanza di redenzione.

Isaia 63:4:
Poiché il giorno della vendetta, ch’era nel mio cuore, e il mio anno di redenzione son giunti.

CONFRONTANDO IL N.T. SAPPPIAMO CHI È COLUI CHE HA PROCURATO LA REDENZIONE AL GENERE UMANO


Romani 3:24, dice:
E son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù.

1 Corinzi 1:30:
E a lui voi dovete d’essere in Cristo Gesù, il quale ci è stato fatto da Dio sapienza e giustizia, e santificazione, e redenzione.

Efesini 1:7:
Poiché in lui noi abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo le ricchezze della sua grazia.

Colossesi 1:14:
Nel quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00venerdì 16 dicembre 2011 00:10
Ebrei 9:15:
Ed è per questa ragione che egli è mediatore d’un nuovo patto, affinché avvenuta la sua morte per la redenzione delle trasgressioni commesse sotto il primo patto, i chiamati ricevano l’eterna eredità.

Questi testi, anche se sono pochi, sono ugualmente chiari e presentano Gesù Cristo come promessa di chi compì la redenzione. Da un punto di vista del significato della redenzione, vanno considerati sinonimi i termini di: Riscattare e riscatto. Per questi due termini abbiamo: A.T.

Salmo 34:22, dice:
L’Eterno riscatta l’anima dei suoi servitori.

Salmo 49:15:
Iddio riscatterà l’anima mia.

Isaia 11:11:
Il Signore stenderà la mano per riscattare il residuo.

Isaia 29:22:
L’Eterno che riscattò Abrahamo.

Michea 4:10:
L’Eterno ti riscatterà dalla mano dei tuoi nemici.

N. T.

Galati 3:13, dice:
Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge.

Galati 4:4,5:
Iddio mandò il suo Figliolo nato di donna, per riscattare quelli che erano sotto la legge.

Tito 2:13,14:
Del nostro grande Iddio e Salvatore Gesù Cristo, il quale ha dato se stesso per noi, affin di riscattarci da ogni iniquità.

1 Pietro 1:18-19:
Siete stati riscattati col prezioso sangue di Cristo.

Matteo 20:28:
Per dare la vita sua come prezzo di riscatto per molti.

e) PASTORE:

Anche con questo titolo l’A.T. riconosce Geova, in alcuni testi, senza parlare di altri.

Genesi 48:15, dice:
L’Iddio nel cui cospetto camminarono i miei padri Abrahamo e Isacco, l’Iddio che è stato il mio pastore dacché esisto fino a questo giorno.

Salmo 23:1:
L’Eterno è il mio pastore nulla mi mancherà.

Salmo 80:1:
Porgi orecchio, o Pastore d’Israele.

Isaia 40:11:
Come un pastore, egli pascerà il suo gregge.

DI GESÙ CRISTO IL N.T. DICE:


Matteo 26:31:
Io percoterò il pastore e le pecore saranno disperse.

Giovanni 10:11,14:
Io sono il buon pastore; il buon Pastore mette la sua vita per le pecore. Io sono il buon Pastore e conosco le mie pecore.

Ebrei 13:20:
Tratto dai morti, il gran Pastore delle pecore.

1 Pietro 2:25:
Poiché eravate erranti come pecore; ma ora siete tornati al Pastore e Vescovo delle anime vostre.

1 Pietro 5:4:
Ma quando sarà apparito il Sommo Pastore.

f) RE:

Per quanto riguarda questo titolo, attribuito a Geova, l’A.T. documenta abbastanza bene.

1 Samuele 12:12, dice:
L’Eterno vostro Dio, era vostro Re.

Salmo 5:2:
Odi la voce del mio grido. o mio Re e mio Dio.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00domenica 18 dicembre 2011 00:10
Salmo 9:7:
L’Eterno siede come Re in eterno.

Salmo 10:16:
L’Eterno è Re in sempiterno.

Salmo 24:7,8,9:
Il Re di gloria entrerà. Chi è questo Re di gloria?

Salmo 29:10:
L’Eterno sedeva sovrano sul diluvio, anzi l’Eterno siede Re in perpetuo.

Salmo 44:4:
Tu sei il mio Re, o Dio.

Salmo 47:2,6,7:
L’Eterno è Re supremo su tutta la terra. Salmeggiate al nostro Re, salmeggiate! Dio è Re di tutta la terra.

Salmo 74:12:
Ma Dio è il mio Re ab eterno.

Salmo 84:3:
I tuoi altari, Re mio, Dio mio!

Salmo 95:3:
L’Eterno è un gran Re sopra tutti gli dèi.

Salmo 145:1:
Io t’esalterò, mio Dio, mio Re.

Isaia 33:22:
L’Eterno è il nostro Re.

Isaia 44:6:
Così parla l’Eterno, Re d’Israele.

Geremia 10:7,10:
Chi non ti temerebbe, o Re delle nazioni? L’Eterno è l’Iddio vivente, è il Re eterno.

Geremia 46:18:
Il Re, che ha nome l’Eterno degli eserciti.

Daniele 4:37:
Esalto e glorifico il Re del cielo.

Fofonia 3:15:
Il Re d’Israele, l’Eterno, è in mezzo a te.

Zaccaria 14:9:
L’Eterno sarà Re di tutta la terra.

DI GESÙ CRISTO IL N. T. DICE:

Matteo 2:2:
Dove è il Re dei Giudei ch’è nato?

Matteo 21:5:
Ecco il tuo Re viene a te (cfr. Zaccaria 9:9)

Matteo 25:34:
Il Re dirà a quelli della sua destra.

Matteo 27:29,37,42:
Salve, Re dei Giudei! (cfr. Marco 15: 18; Giovanni 19:3). Questo è il Re dei Giudei (cfr. Marco 15: 26; Luca 23:2-3; Giovanni 19:19). Da che è Re d’Israele, scenda giù di croce.

Luca 19:38:
Benedetto il Re che viene nel nome del Signore (cfr. Salmo 118:26).

Luca 23:2:
Diceva di essere lui il Cristo Re.

Giovanni 1:49:
Tu sei il Figliuol di Dio, tu sei il Re d’Israele.

Giovanni 12:15:
Non temere o figliuola di Sion! Ecco il tuo Re viene.

Giovanni 18:37:
Io son Re, son nato per questo.

Atti 17:7:
Dicendo che c’è un’altro Re, Gesù.

Apocalisse 17:14:
Costoro guerreggeranno contro l’Agnello, e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re.

Apocalisse 19:16:
E sulla veste e sulla coscia porta scritto questo nome: RE DEI RE, SIGNOR DEI SIGNORI.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00lunedì 19 dicembre 2011 00:04
Da questa panoramica che abbiamo condotta su alcuni punti chiave degli Scritti dell’A.T., crediamo di avere abbastanza materiale per fare una solida e definitiva conclusione. Dai titoli che l’A.T riconosce a Geova, quali: Salvatore, Pastore e Re, nonché le azioni di: Salvare e redimere, facendo un confronto col N.T. abbiamo visto chiaramente che gli stessi titoli e le stesse azioni vengono attribuite a Gesù Cristo.

Quando il N. T. parla di Cristo come il Salvatore del mondo, come Colui che Salva dai peccati; come Colui che redime e riscatta col suo sangue; come Colui che è chiamato: Il buon Pastore che mette la sua vita per le pecore; come Colui che è chiamato: Re dei re e Signore dei signori, non usa queste espressioni a caso, come se le stesse non avessero alcun significato teologico.

Al contrario, davanti a queste affermazioni che gli autori del N.T. fanno, non ci sono tante conclusioni a cui l’uomo possa arrivare: esiste una sola conclusione, logica e coerente, che è quella di vedere e riconoscere a Gesù Cristo, tutti i titoli, come: Dio fatto carne; L’Emmanuele, Dio con noi; come Geova che viene di persona per salvare (Isaia 35:4).

PS: Se al termine del capitolo 15 ci sono domande da fare, fatele liberamente e saremo pronti per rispondere



CAPITOLO 16




TESTI CHE NECESSARIAMENTE BISOGNA CONOSCERE




Il verbo «conoscere» che viene usato nella testata di questo capitolo, non ha soltanto il significato di «sapere», anche se il sapere in sé, denota una scala di livelli, ma soprattutto il significato di comprendere, sapere giustamente «interpretare» quei testi delle S. Scritture, specie quelli del N.T. che parlano di Gesù Cristo. Solo quando sapremo giustamente interpretare questi testi, sapremo meglio capire perchè le S. Scritture usano certi termini e certe espressioni, senza le quali sarebbe difficile capire chi è veramente Gesù Cristo.

Naturalmente, una simile conoscenza ci condurrà inevitabilmente a fare certi controlli, sia sul piano della forma grammaticale, sia soprattutto sul piano del contenuto, tenendo per altro presente il contesto nel quale il testo in esame è stato collocato. Questo tipo di indagine, anche se ci conduce sul terreno dell’interpretazione, sarà necessario affrontarlo se non altro per saper valutare e distinguere una corretta e giusta interpretazione da una errata.

Tutte le eresie che si sono presentate e propagate attraverso i secoli intorno alla persona di Gesù Cristo, dall’inizio del cristianesimo fino ai giorni nostri, hanno avuto come punto fondamentale l’interpretazione. Una giusta interpretazione di un testo biblico, porta come conseguenza logica alla comprensione e alla formulazione di una determinata dottrina, in una determinata maniera; mentre, un’errata interpretazione la presenta in un’altra forma, possibilmente in opposizione alla prima.

Crediamo pertanto che, per affrontare il problema dell’interpretazione ed avere una maggiore garanzia, la cosa da fare come primo passo, è cercare di capire il significato linguistico della parola o della frase che si vuole esaminare. Quando si è sicuri del suo significato, si potrà procedere alla sua interpretazione, specie quando il termine o la frase in questione presenta diversi significati.

In tal caso (e il N.T. abbonda di questi casi), bisogna immancabilmente attenersi, per la sua interpretazione, non solo al contesto nel quale il testo si trova, ma soprattutto all’insieme dell’insegnamento che la Scrittura presenta, specie quando si tratta di un argomento di fondamentale importanza, qual’è quello relativo al nome e alla persona di Gesù Cristo.

Inoltre, bisogna aggiungere che, trattandosi di interpretazione, il lettore e lo studioso della Bibbia, devono cercare di capire quello che la Scrittura vuole dire, evitando conclusioni preconcette e vedute denominazionali. Solo in questa maniera si potrà capire il messaggio che le Scritture ci comunicano intorno a Gesù Cristo, e solo in questo modo si potrà sapere chi veramente Egli è.

Chi legge e studia la Bibbia, non dovrà fare tanta fatica a scoprire che Gesù Cristo, in certi testi, viene presentato in un modo, rispetto a tanti altri che lo presentano diversamente. Non si tratta qui di affermare che la Bibbia parla di due Cristi, come disgraziatamente, si è cercato di fare attraverso i secoli fino ad oggi. Il Cristo che le Scritture presentano in due modi, è lo stesso Gesù Cristo, unico ed inseparabile che il cristianesimo proclama.

D’altra parte, se dovessimo interpretare quei testi che presentano Gesù Cristo con le caratteristiche umane, e poi interpretare gli altri testi che lo presentano con le caratteristiche divine, avremmo, come conseguenza logica e coerente, due persone, una diversa dall’altra. Questo tipo di interpretazione è sbagliata e conduce a conclusioni errate, dando origine alle cosiddette eresie.

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Domenico34
00martedì 20 dicembre 2011 00:07
Dato che la persona è una, dobbiamo conoscerla nella sua «totalità», e cercare anche di capire perché le Scritture, in certi testi presentano Gesù Cristo in un modo ed altri in una maniera diversa. Lo scopo di questo capitolo è appunto, esaminare quei testi che parlano di Gesù Cristo, per sapere chi veramente Egli è se le due nature che ha, sono compatibili con l’insegnamento nella Scrittura e se è possibile considerarlo come un essere inferiore a Dio, per ciò che riguarda la sua natura senza compromettere la dichiarazione del credo apostolico che lo definisce: Vero Dio e vero uomo nello stesso tempo.

I. IL TITOLO FIGLIO DI DIO


Matteo 16:16, dice:
Simon Pietro, rispondendo, disse: Tu sei il Cristo, il Figliol dell’Iddio vivente.

Chi legge tutto il contesto di questo brano, sa perché Pietro arrivò a quella affermazione, quando chiamò Gesù Cristo: «Figliol dell’Iddio vivente». Che Pietro sia arrivato a quella definizione in virtù di una speciale rivelazione dall’alto, è un fatto che dà maggior peso alla sua affermazione.

Quando Gesù disse a Pietro: La carne e il sangue non t’hanno rivelato questo, ma il Padre mio ch’è nei cieli, voleva appunto dire: Se il Padre mio non t’avesse rivelato questo, con la tua capacità mentale ed umana, non avresti mai potuto chiamarmi: «Figliol dell’Iddio vivente». Se il Padre ti ha fatto dono di questa speciale rivelazione, è prova che Egli voleva che gli uomini conoscessero me, Gesù Cristo, non solo come un puro personaggio storico, ma come io veramente sono: «Figliolo (e non un figliolo) dell’Iddio vivente».

Già questa sola affermazione che la Scrittura fa, è più che sufficiente per farci capire la portata di questa frase. I Giudei, che conoscevano abbastanza bene le Scritture dell’A.T. sapevano qual’era il significato di questa espressione. Nel giorno del processo di Gesù, il Sommo Sacerdote Caiafa, gli rivolse una precisa domanda: Ti scongiuro per l’Iddio vivente a dirci se tu sei il Cristo, il Figliol di Dio.

In precedenza, quando si diceva di Gesù che egli aveva detto: Io posso disfare il tempio di Dio e riedificarlo in tre giorni, e il Sommo sacerdote aveva sollecitato una risposta da parte di Gesù, il sacro testo precisa che Gesù taceva. Ma quando gli venne chiesto se egli era il Cristo, il Figliuol di Dio, e dato che Cristo aveva specificato:

Anzi vi dico che da ora innanzi vedrete il Figliuol dell’Uomo sedere alla destra della potenza, e venire su le nuvole del cielo,
il Sommo Sacerdote
si stracciò le vesti, dicendo: Egli ha bestemmiato; che bisogno abbiamo più di testimoni? (Matteo 26:63-65).

Perché avrebbe bestemmiato? perché aveva detto appunto di essere Figliol di Dio (cfr. Marco 14:6 e Luca 22:70) e di sedere alla destra della Potenza. In precedenza, Gesù aveva chiesto ai Giudei perché lo volevano lapidare, ed essi avevano risposto:

Non ti lapidiamo per una buona opera, ma per bestemmia; e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio (e non un dio) (Giovanni 10:32,33).

È chiaro allora che quando il N.T. parla di Gesù Cristo quale Figliol di Dio, (e sono molti i testi che ne parlano), ce lo vuol far vedere nella sua deità, caratteristica che non può essere ignorata né sminuita, senza degradarlo nella sua effettiva natura.

A. I SINOTICI

Ecco qui di seguito un numero di testi che presentano Gesù Cristo come Figliuol di Dio. Quando il N.T. ci parla della tentazione di Gesù, subita ad opera del diavolo, per due volte, Matteo e Luca, mettono in bocca al diavolo: Se tu sei Figliuol di Dio (Matteo 4:1-11; Luca 4:1-13).

Non dobbiamo pensare che la forma dubitativa «se tu sei», debba essere interpretata come se il diavolo non sapesse con certezza che Cristo era il Figliuol di Dio. Una simile interpretazione è sbagliata, per il fatto che viene smentita da altri testi biblici. Quando Matteo 8:29 dice:

Che v’è fra noi e te, Figliuol di Dio? Sei venuto qua prima del tempo per tormentarci? e:
E dato un grido, disse: Che v’è fra me e te, o Gesù Figliolo dell’Iddio altissimo? Io ti scongiuro, in nome di Dio, di non tormentarmi (Marco 5:7).

A prima vista sembrerebbe che questa sia la voce degli indemoniati o dell’indemoniato, vale a dire, delle persone o della persona che si trovava in quello stato.Ma se approfondiamo l’esame di questi due testi, ci rendiamo conto che non era la parola degli uomini o dell’uomo di Gadara, ma la parola dei demoni (cfr. Marco 3:11).

Che i demoni siano sotto la dipendenza del diavolo e al suo servizio, è provato dall’insegnamento di tutta la Bibbia. Ora, come è possibile pensare che un dipendente del diavolo sappia che Gesù Cristo è Figlio di Dio e lui stesso lo ignori? Allora è chiaro quello che ci vuol dire il N. T. quando mette la forma dubitativa nella bocca del diavolo: «Se tu sei il Figliuol di Dio», non è tanto per farci credere che il diavolo era all’oscuro, quanto quello di seminare, il dubbio e l’incertezza nella mente del Cristo.

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Domenico34
00mercoledì 21 dicembre 2011 00:03
Quando, al termine della crocifissione di Gesù, il Centurione Romano che era stato incaricato di quella esecuzione, afferma: Veramente costui era Figliuol di Dio (Matteo 27:54 e Marco 15:39), lo disse in riferimento a tutto quello che egli aveva visto e sentito in quella particolare circostanza. La sua non è un’affermazione dettata dall’incredulità, dallo scherno e dalla paura, ma la convinzione di una coscienza che non può rimanere silenziosa davanti ad una scena realistica e toccante.

È molto significativo come Marco inizia la stesura del suo Evangelo: Principio dell’evangelo di Gesù Cristo, Figliol di Dio (Marco 1:1). Già il lettore di questo evangelo, fin dalle prime battute, può pensare a Gesù Cristo, come Figliol di Dio e non solamente come un comune personaggio storico. Luca, dal canto suo, racconta molti particolari della vita di Gesù, specie per quanto riguarda, la nascita e l’infanzia. Quando l’angelo Gabriele andò ad annunziare a Maria che dal suo seno sarebbe nato il Messia, promesso dalla legge e dai profeti, specificò che quello che nasceva da lei, sarebbe stato: Grande, e sarà chiamato Figliol dell’Altissimo (Luca 1,32).

Ovviamente, questa specificazione serviva a far conoscere a Maria, per la prima, e poi a tutto il mondo, chi era questo bambino che doveva venire al mondo. Quando poi Maria stentava a capire le parole dell’angelo, chiese: Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?, l’angelo rispose:

Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò ancora il Santo che nascerà, sarà chiamato Figliolo di Dio (Luca 1:34,35).

B. L’EVANGELO DI GIOVANNI

L’evangelo di Giovanni usa il titolo Figliol di Dio con un accento ed un significato particolare, e, attraverso i diversi riferimenti che fa, ci fa vedere in profondità, il significato di questa espressione.

La testimonianza che Giovanni Battista rende a Gesù Cristo, è molto significativa, soprattutto per la specificazione che ne fa, specificazione che vuole essere anche una seria valutazione, basata su una constatazione di prima mano. L’opera che il Battista compì in mezzo agli Ebrei, non fu voluta, né da lui stesso, né da qualche altro uomo; fu direttamente voluta da Dio. Infatti, egli non ebbe nessuna esitazione ad affermare:

Colui che mi ha mandato a battezzare con acqua, mi ha detto: Colui sul quale vedrai scendere lo Spirito e fermarsi, è quel che battezza con lo Spirito Santo (Giovanni 1:33).

Con queste chiarissime parole il Battista autenticava la sua missione, come missione divina. Più tardi Gesù dirà che questo Giovanni era il maggiore dei profeti nati di donna (Matteo 11:11). Dal momento che Dio aveva dato un segno visibile al suo servitore Giovanni per riconoscere il Messia, e che questo segno si era verificato alla lettera, il Battista non ha nessuna difficoltà ad affermare: E io l’ho veduto e ho attestato che questi è il Figliuol di Dio (Giovanni 1:34).

La sua proclamazione: Questi è il Figliuol di Dio, non è il risultato di una particolare considerazione o riflessione teologica è invece il risultato di una esperienza personale, esperienza che non può essere confusa né giudicata come il frutto di una autentica allucinazione. Anche la testimonianza di Natanaele ha quasi la stessa portata di quella del Battista. A differenza di Andrea, Pietro e Filippo, che senza eccessiva riflessione accettano Gesù Cristo come il Messia, questi, da persona più colta e preparata, chiede se può venire qualche cosa di buono da Nazareth (Giovanni 1:46).

Filippo, col quale Natanaele stava parlando, non essendo all’altezza di rispondere adeguatamente, si limita a dire: Vieni a vedere. Quando Gesù vede venire a lui questo Natanaele, con fermezza dichiara: Ecco un vero israelita in cui non c’è frode (Giovanni 1:47). Le parole di Gesù miravano a mettere in risalto la buona moralità di quest’uomo. Dal canto suo, Natanaele, venne sorpreso da quelle parole e non poteva rendersi conto come faceva Gesù a fare quella affermazione, dato che non gli risultava, che prima d’allora, l’avesse conosciuto.

Ecco perchè Natanaele chiede: Da che mi conosci? Fu la risposta alla sua domanda che aprì gli occhi di quest’uomo, per fargli riconoscere chi era quel personaggio col quale stava parlando. Prima che Filippo ti chiamasse, quand’eri sotto il fico, io t’ho veduto. Erano parole che rivelavano un particolare specifico della vita di Natanaele; e, poiché le parole di Gesù erano vere, Natanaele non ha nessuna difficoltà a dichiarare: Maestro, tu sei il Figliuol di Dio (Giovanni 1:49).

Pensiamo per un attimo: Se Natanaele avesse potuto dire: Quando mai io sono stato sotto il fico, come tu stai affermando? Avrebbe costui chiamato Gesù il «Figliuol di Dio?», certamente no! Ma siccome Gesù disse la verità, verità che per Natanaele era un segreto, lo portò a riflettere.

Qui non mi trovò davanti ad un uomo qualsiasi; questo personaggio col quale sta parlando, ha qualcosa di particolare in sé; può rivelare i segreti e dire cose come colui ch’è stato presente in una certa località. Non è possibile che questi sia un uomo comune: Questi è il Figlio di Dio.

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Domenico34
00giovedì 22 dicembre 2011 00:02
La cosa più bella di questa testimonianza, è che Natanaele non disse: Suppongo che tu sei, può darsi che debba essere chiamato. Niente di tutto questo: Un’affermazione categorica e dogmatica: «Tu sei il Figliuol di Dio». Parlando dell’amore di Dio che dà il suo Unigenito Figliolo, l’apostolo Giovanni, aggiunge:

Affinché chiunque crede il lui non perisca ma abbia vita eterna (Giovanni 3:16).

Ora Giovanni sa che non tutti crederanno per aver la vita eterna, perciò si affretta a precisare:

Chi crede il lui (Gesù) non è giudicato; ma chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’Unigenito Figliolo di Dio (Giovanni 3,18).

Questo testo è molto importante dal fatto che ci specifica perché una persona viene giudicata. Quando si pensa al giudizio, di solito si mette in risalto quello che l’uomo dice e fa, poiché di ciò dovrà rendere conto. Anche se ciò è vero, secondo l’insegnamento della Parola di Dio, pur nondimeno, Giovanni fa dipendere il giudizio, unicamente dal fatto, di non aver creduto a Gesù Cristo, come l’Unigenito Figliuol di Dio.

Credere in Gesù Cristo, come un personaggio qualsiasi, non significa aver la garanzia della propria salvezza. La salvezza è garantita dal credere in Gesù, come «Il Figliuol di Dio». In altre parole: Una persona che dovesse professare la sua fede in Gesù Cristo, e dicesse che questo Gesù morì per la salvezza dell’umanità, ma nello stesso tempo si rifiutasse di credere alla sua deità, quella persona sarà condannata, non perché non ha creduto all’esistenza di Gesù Cristo, ma perchè non ha creduto alla sua deità. Si può vedere subito, quanto sia importante e fondamentale questo testo di (Giovanni 3:18).

Coloro che negano la deità di Gesù Cristo, chiunque essi siano, dovrebbero seriamente pensare alla loro salvezza e al loro destino eterno. Quando Giovanni parla del Padre che risuscita i morti, lo fa per mettere in risalto una sua prerogativa divina. Infatti, chiamare alla vita un morto, è prerogativa di Dio. Allo stesso tempo si parla di Gesù Cristo come colui che chiama alla vita i morti, nella stessa maniera come fa il Padre (Giovanni 5:21). A questo punto Giovanni cita le parole di Gesù:

In verità, in verità io vi dico: L’ora viene, è anzi già venuta che i morti udranno la voce del Figliuol di Dio; e quelli che l’avranno udita, vivranno (Giovanni 5:25).

Il fatto che sarà la voce del Figlio di Dio a far tornare i morti alla vita, è già per se stessa una prova che parla della sua divinità. Infatti, se Gesù Cristo non possedesse la prerogativa della deità, la sola che consenta di chiamare un morto alla vita, non potrebbe compiere quest’opera divina. (Giovanni 9:35), dice:

Gesù udì che l’avevano cacciato fuori; e trovatolo gli disse: Credi tu nel Figliuol di Dio?

Queste parole dette a bruciapelo, a una qualsiasi persona, avrebbero fatto la stessa reazione che fecero nel cieco miracolato. E chi è egli, Signore, perché io creda in lui? Era più che naturale che il miracolato rispondesse in quella maniera alla domanda postagli in quei termini. Gesù, calmo e sereno, rispose: Tu l’hai veduto; e quel che parla teco, è lui (Giovanni 9:37).

In che senso aveva veduto il cieco il Figlio di Dio? Nel miracolo, naturalmente, che aveva ricevuto. Il cieco capì subito di che cosa si trattava, perciò non ebbe nessuna esitazione a rispondere: Signore, io credo (Giovanni 9:38). Quando Giovanni riferisce intorno ad una accesa discussione tra Gesù e i Giudei, e dice che questi lo volevano lapidare, specifica anche il perché di questa loro volontà. Gesù aveva detto chiaramente, che tra lui e il Padre non c’era nessuna differenza: Io e il Padre siamo uno (Giovanni 10:30).

Naturalmente, quella parola di Gesù: Io e il Padre siamo uno, equivale ad una vera proclamazione della sua deità, dichiarandosi uguale al Padre. È in questo contesto che deve essere intesa la parola di Gesù, quando chiese:

Come mai dite voi a colui che il Padre ha santificato e mandato nel mondo, che bestemmia, perché ho detto: Son Figliuol di Dio? (Giovanni 10:36).

A Marta, addolorata per la morte di suo fratello Lazzaro, Gesù chiede se crede che egli è:
La resurrezione e la vita, e che quelli che credono in lui, anche se sono morti, vivranno (Giovanni 11:25-26).

Gesù non aveva chiesto quello che Marta, presto proclamerà; aveva solamente chiesto se lei credeva che lui era la resurrezione e la vita. Marta, avrebbe potuto rispondere benissimo con un sì, e questo avrebbe soddisfatto Gesù. Marta però capì che se lei confessava che Gesù era la resurrezione e la vita, la sua sarebbe stata una proclamazione della deità di Cristo. Cogliendo appieno il significato della domanda, risponde con fermezza:

Sì, io credo che tu sei il Cristo, il Figliolo di Dio che doveva venire nel mondo (Giovanni 11:27).

Infine, quando Pilato dice ai Giudei che dovevano essere loro a prendere e crocifiggere Gesù, perché lui non trovava nessuna colpa, questi risposero:
Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge egli deve morire, perché egli s’è fatto Figliol di Dio (Giovanni 19,7).

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Domenico34
00venerdì 23 dicembre 2011 00:05
I Giudei capirono molto bene, cosa volesse ignificare la frase: «Figliuol di Dio». Per loro non c’era nessun dubbio. Farebbero bene, tutti coloro che negano la natura divina di Gesù, a riflettere seriamente sulla frase: «Figliuol di Dio».

C. ATTI DEGLI APOSTOLI

Questo libro che narra le tante attività degli apostoli e le tante manifestazioni dello Spirito Santo, non ha molti testi da offrirci, per quanto riguarda la nostra formula che stiamo esaminando. L’unico testo che ci fornisce, è abbastanza significativo, soprattutto se è visto e valutato nel suo contesto. Luca, ch’è l’autore di questo libro, sta finendo di narrare la conversione di Saulo da Tarso, uomo crudele e spietato verso coloro che professano la fede in Cristo Gesù ed invocano il suo nome. Dopo alcuni giorni dalla sua conversione, Luca specifica:

E subito si mise a predicare nelle sinagoghe che Gesù è il Figliuol di Dio (Atti 9:20).

Per Saulo da Tarso, ch’era stato educato ai piedi del grande Gamaliele, per quanto riguardava la legge e i profeti, era molto significativo che proprio lui, il persecutore acerrimo di Gesù e dei suoi seguaci, affermasse che questo Gesù, non era soltanto il Cristo = il Messia, promesso dalla legge e dai profeti, ma era essenzialmente e soprattutto il Figlio di Dio.

D. PAOLO

Questo uomo, di cui abbiamo parlato un momento fa col nome di Saulo da Tarso, è colui che ci fornisce la dimostrazione più completa della deità di Gesù Cristo. Scrivendo nella sua epistola ai Romani, ch’è considerata da tutti, lo scritto più significativo e più profondo dell’apostolo, fin dai primi versi afferma:

Dichiarato Figliol di Dio con potenza secondo lo spirito di santità mediante la resurrezione dai morti (Romani 1:4).

Questo non significa che Cristo «divenne Figliol di Dio con la resurrezione, perché già egli lo era; fu costituito «Figlio di Dio con potenza». Scrivendo ai Corinzi e parlando loro della sua attività missionaria, fatta non di «sì» e «no», dichiara:

Il Figliol di Dio, Cristo Gesù, che è stato da noi predicato fra voi, cioè da me, da Silvano e da Timoteo, non è stato «sì» e «no»; ma «sì in lui» (2 Corinzi 1:17-19).

Quando poi vuol far sapere alla fratellanza come lui conduce la sua vita, dichiara:
Sono stato crocifisso con Cristo, e non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e la vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede del Figliol di Dio il quale m’ha amato, e ha dato se stesso per me (Galati 2:20).

Questo uomo ebbe le più grandi rivelazioni, di quasi tutte le dottrine cristiane, e la sua conoscenza era talmente grande, da non poterla paragonare a nessuno degli apostoli. Quando però, pensava a Gesù Cristo, e soprattutto quando doveva additare alla fratellanza una meta o un traguardo, nella scala della conoscenza, non poteva presentare se stesso, ma additava Gesù, con queste parole:

Affinché tutti siamo arrivati, all’unità della fede e della piena conoscenza del Figliol di Dio, allo stato d’uomini fatti; all’altezza della statura perfetta di Cristo (Efesini 4:13).

Paolo non si accontentava e non insegnava una discreta conoscenza del Cristo, no, voleva ed insegnava una piena conoscenza del Figliuol di Dio. Forse quando scriveva queste parole aveva nella sua mente le parole di Osea:

Conoscendo l’Eterno, sforziamoci di conoscerlo! Il suo levarsi è certo, come quello dell’aurora; egli verrà a noi come la pioggia, come la pioggia di primavera che annaffia la terra (Osea 6:3).

E. L’EPISTOLA AGLI EBREI

Questa epistola parla diffusamente del sacerdozio levitico e di tutto quello che veniva fatto ai tempi di Mosè, quando continuamente si offrivano a Dio, sacrifici ed olocausti, sia per il perdono dei peccati, sia come rendimento di grazie. Lo scrittore di questa epistola, non parla a caso di questo argomento, come se i destinatari non conoscessero tutto il cerimoniale mosaico; egli ne parla, perché vuole presentare Gesù Cristo, come Sommo Sacerdote. Nel presentarlo però, non si limita a dire che Gesù Cristo è solamente un Sommo Sacerdote; preferisce presentarlo nel seguente modo:

Avendo noi dunque un gran Sommo Sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figliol di Dio, riteniamo fermamente la professione della nostra fede (Ebrei 4:14).

Qual’era la professione di fede, che lo scrittore di questa epistola invitava a ritenere fermamente? Era forse quella relativa di dire che Gesù è un gran Sommo Sacerdote? Se dovessimo pensare in questa maniera, faremmo il più grande errore di tutti i tempi. Il cristianesimo, attraverso tutti i secoli, non ha mai avuto né conosciuto una professione di fede basata solamente sul sacerdozio, anche se ha sempre proclamato, l’importanza del sacerdozio di Cristo, unico nel suo genere.

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Domenico34
00sabato 24 dicembre 2011 00:02
La professione di fede, di cui parla il nostro testo, è quella relativa a Gesù quale Figlio di Dio. Il peccato, per coloro che ricadono e per il quale è impossibile rinnovarli da capo a ravvedimento, è perché

Crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliol di Dio, e lo espongono ad infamia (Ebrei 6:6).

Di Melchisedec, questa epistola può dire di
rassomigliare al Figliuol di Dio, perché è senza padre, e senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fin di vita (Ebrei 7:3).

E quando poi cerca di fare un confronto con coloro che peccano per sapere qual’è il più grave peccato, chiede:
Di qual peggior castigo stimate voi che sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figliol di Dio e avrà tenuto per profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e avrà oltraggiato lo Spirito della grazia? (Ebrei 10:29).

Logicamente, non c’è peccato più grave che calpestare il Figliol di Dio, e questo lo si fa quando non si accetta la sua divinità, in virtù della quale viene messo alla pari di Dio.

F. EPISTOLA DI GIOVANNI

L’apostolo Giovanni, come abbiamo notato, usa nel suo evangelo la formula: «Figliol di Dio», con un profondo e particolare significato teologico. Lo prova e lo afferma nella sua epistola, quando dice:
Chi confessa che Gesù è il Figliol di Dio, Iddio dimora in lui, ed egli in Dio (1 Giovanni 4:15).

Ed ancora:
Chi crede nel Figliol di Dio ha questa testimonianza in sé; ma chi non crede a Dio l’ha fatto bugiardo, perché non ha creduto alla testimonianza che Dio ha resa circa il proprio Figliolo (1 Giovanni 5:10).

Confessare che Gesù è il Figlio di Dio, equivale a dire che Gesù è Dio. Questo è il significato che il N.T. dà a tutte quelle citazioni che abbiamo esaminato e di cui non abbiamo il minimo dubbio. Non esiste altra spiegazione valida che si possa accettare, senza capovolgere l’insegnamento di tutto il N.T. La prova che questa confessione di cui sopra è riferita alla deità di Gesù Cristo, sta nel fatto che:

1. Dio dimora in quella persona e quella persona dimora in Dio;
2. Dio ha reso una testimonianza pubblica quando ha detto:
3. Quest’è il mio diletto Figliolo nel quale mi son compiaciuto (Matteo 3:17);

Se non si accetta questa testimonianza divina, equivale a fare bugiardo Dio. Quale altra diversa spiegazione possiamo presentare o quale altro significato ha, quando il N.T. presenta Gesù come il Figliol di Dio, se non quello di affermare che Gesù Cristo è Dio? Giovanni continua:

Chi è colui che vince il mondo, se non colui che crede che Gesù è il Figliol di Dio? Sappiamo che il mondo giace nel maligno (1 Giovanni 5:19)

e per poterlo vincere occorre una forza superiore. L’unica forza superiore a quella del diavolo è quella di Dio. Se colui che crede che Gesù è il Figlio di Dio vince il mondo, è perché nel Figliol di Dio, c’è la forza di Dio, che si trasmette al credente e lo rende vittorioso. Infine, l’apostolo chiude la sua epistola con le seguenti parole:

Sappiamo che il Figliol di Dio è venuto e ci ha dato intendimento per conoscere colui ch’è il vero; e noi siamo in colui ch’è il vero, cioè nel suo Figliolo Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna (1 Giovanni 5:20).

L’ultimo libro del N.T., l’Apocalisse, chiude la serie delle citazioni con queste parole:
E all’angelo della chiesa di Tiatiri scrivi: Queste cose dice il Figliol di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco e i cui piedi son come terso rame (Apocalisse 2:18).

Da quanto abbiamo detto fin qui e da tutti i testi esaminati, risulta abbastanza chiaro che non esiste una diversa spiegazione e conclusione a cui si possa arrivare. Quando il N.T. parla di Gesù Cristo e lo presenta come il «Figliolo di Dio», non ha altro scopo se non quello di invitare l’uomo ad ascoltarlo e a crederlo che egli è veramente: L’Emmanuele Dio con noi.

2. FILIPPESI 2:5-11

Nelle pagine precedenti, abbiamo affermato che Paolo ci fornisce la dimostrazione più completa della deità di Gesù Cristo. Questa nostra affermazione, non vuole rimanere sul piano delle semplici parole e congetture, ma vuole fornire una chiara ed inconfutabile dimostrazione, in modo che il lettore possa vedere e conoscere quello che Paolo ha insegnato, attraverso tutto l’arco del suo ministero, ministero che non è soltanto proclamazione del vangelo a viva voce, ma soprattutto rivelazione del mistero di tutta l’opera concernente la persona di Gesù Cristo.

Paolo afferma senza tema di essere smentito, che l’evangelo che egli predica, è quello che gli è stato rivelato da Gesù Cristo, e non proviene da una fonte umana (Galati 1:11,12). Nello stesso tempo non ha nessuna difficoltà a definire Cristo: Speranza della gloria (Colossesi 1:27). Dal momento che da Paolo possiamo conoscere, nella sua totalità, chi è Gesù Cristo, non dobbiamo fare altro che esaminare i testi che egli ci ha lasciato.

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Domenico34
00domenica 25 dicembre 2011 00:17
Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato in Cristo Gesù; il quale essendo in forma di Dio non reputò rapina l’essere uguale a Dio, ma annichilì se stesso, prendendo forma di servo e divenendo simile agli uomini; ed essendo trovato nell’esteriore come un uomo, abbassò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte della roce. Ed è per ciò che Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al disopra d’ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e sotto la terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre (Filippesi 2:5-11).

In questo testo, l’apostolo Paolo ci dà la descrizione completa delle due nature che c’erano in Cristo Gesù: La natura divina e quella umana. Ovviamente, questo testo deve essere ben capito, per poter valorizzare quello che Paolo dice. Una errata interpretazione, o l’omissione di qualche frase, porterebbe inevitabilmente verso l’errore, verso l’eresia.

È necessario pertanto che questo testo lo esaminiamo, prima dal punto di vista della forma grammaticale, e solo quando avremo capito bene la forma linguistica, potremo cogliere tutto il significato teologico che esso ha. D’altra parte, questo passo è troppo importante per sorvolare una parola o una frase, senza correre il rischio di capovolgere il significato fondamentale, di cui Paolo vuole parlare.

Non è nostra intenzione tracciare la storia dell’interpretazione di (Filippesi 2:5-11); ciò ci porterebbe molto lontano, e neanche soffermarci, per sapere se quest’inno a Cristo (così lo chiamano gli studiosi) fu scritto da Paolo, o se lo trovò già scritto e poi lo utilizzò, adattandolo benissimo, allo scopo ch’egli si prefiggeva. Conoscere queste cose, anche se si possono dare diverse valutazioni, non cambia la sostanza dell’insegnamento contenuto in questo brano.

Cercheremo, allora, di esaminare il testo, per cercare di capire che cosa voleva dire Paolo in riferimento a Gesù Cristo. Il punto fondamentale di questo testo, è mettere in dovuta evidenza, le «due forme» nelle quali si trovò Gesù Cristo: La prima morphē theou «nella forma di Dio», la seconda: morphēn doulou «forma di schiavo». Capire queste due espressioni è molto importante, perché, a nostro avviso, rappresenta la chiave, per comprendere chi è veramente Gesù Cristo.

La parola morphē, ha un vastissimo significato [Basta leggere la storia del concetto che J. Behm ha tracciato in GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vo. VII, Col. 477-509 per rendersi conto].

Condividiamo in pieno l’affermazione di J. Behm, quando dice che «non c’è traccia in questo passo paolino di una comprensione ellelistico-filosofica». Interpretare il termine greco morphē nel senso filosofico, equivale a imbattersi in una seria difficoltà interpretativa per quanto riguarda la forma di Dio stesso.

La prova viene data dalle diverse interpretazioni con cui il termine in questione è stato tradotto. Tradurre morphē nel senso di «forma, figura aspetto esteriore», non rende giustizia al significato del termine, visto nel suo contesto, anche se questo è il significato nella sua forma linguistica. Diversi traduttori, rendendosi conto del valore e del contesto in cui Paolo adopera il termine, non hanno difficoltà a tradurlo: «Esistenza divina; natura di Dio». Secondo noi, quest’ultima traduzione è da preferirsi, per il fatto, che non solo ci permette di vedere Gesù Cristo prima della sua incarnazione, ma evita lo scoglio della forma fisica di Dio, soprattutto quando si pensa alla definizione: Dio è spirito (Giovanni 4:24).

Se Gesù Cristo «era» nell’esistenza divina o natura di Dio, prima di «assumere», con un atto personale e volontario, l’esistenza di schiavo, va da sé che qui Paolo, presenta Gesù Cristo come il «preesistente», in perfetta sintonia con (Giovanni 1:1). Dal momento che viene stabilito questo punto importante e fondamentale, è assurdo tradurre: «Benché esistesse nella forma di Dio, non la considerò una cosa da afferrare, ciò che dovesse esser uguale a Dio» (la TNM).

Se Egli era già nell’esistenza divina e natura di Dio, e il testo paolino non accenna che Cristo «cessò di essere tale», quando «assunse l’esistenza umana», come poteva Cristo considerare una «cosa da afferrare», per quanto riguardava l’essere uguale a Dio? Non solo notiamo l’assurdità di questa traduzione, ma avvertiamo l’eresia che in essa è nascosta. L’eresia consiste nel far vedere che Gesù Cristo non è uguale a Dio.

Qui logicamente, per evitare malintesi, si deve dire tuttavia chiaramente, in virtù degli interessi dogmatici, che non si è affatto di fronte ad una speculazione sulle nature di Cristo. Neanche si può ritenere che Cristo abbia avuto, prima della sua incarnazione, una «tentazione» ad impadronirsi di una cosa che non lo riguardava, come per esempio:

Salirò sulle sommità delle nubi, sarò simile all’Altissimo (Isaia 14:14), o Voi sarete simili a Dio (Genesi 3:5),

tendenza che si è manifestata in seno all’umanità attraverso tutti i tempi. Se si confronta (Filippesi 2:6) con i giudizi impregnati di questo spirito, si scorgerà che non si può supporre nell’einai isa theō, detto di Cristo, che trovi posto l’idea per una tentazione.

Il «divenire» simile agli uomini, e vederlo nel suo aspetto «esteriore» come uomo, non vuol dire che l’umanità di Gesù era apparente e fittizia; al contrario, egli fu un vero uomo, e lo dimostrò quando annichilì se stesso o svuotò se stesso, per diventare un uomo.

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Domenico34
00lunedì 26 dicembre 2011 00:12
In queste parole abbiamo la descrizione di un’azione personale che Cristo compì. Ci domandiamo: Di che cosa Cristo si svuotò? Di qualcosa che non gli apparteneva, o di qualcosa che era suo per natura o esistenza?. Il fatto stesso che Gesù compì quest’azione di svuotamento, è una prova che egli aveva un qualcosa che ha voluto mettere da parte, ai fini della sua missione.
Se l’essere uguale a Dio (l’unica cosa che Paolo afferma in questo testo) non rientrava, nella sua natura di «essere», quale fu la cosa che Cristo mise da parte, o della quale si svuotò?

È chiaro allora quando il testo precisa (e questa è l’esatta interpretazione di (Filippesi 2:6), che Cristo non considerò o stimò, l’essere uguale a Dio come un guadagno (che non si lascia sfuggire), come nel caso della tentazione di Adamo (sarete come Dio), né tanto meno ad una tentazione di Cristo anteriore alla creazione del mondo, perché qui non si tratta di una tentazione, ma di un atto libero, e dal termine arpagmom va esclusa ogni idea di furto, di rapina.

Quando si analizza il v.10 in cui viene affermato che nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio, nei cieli, sulla terra e sotto la terra, appare più evidente la caratteristica della deità di Gesù Cristo, soprattutto quando questo testo si mette a confronto con (Isaia 45:23), ch’è il testo parallelo di (Filippesi 2:10). Nel testo di Isaia si legge:

Per me stesso io l’ho giurato; è uscita dalla mia bocca una parola di giustizia, e non sarà revocata: Ogni ginocchio si piegherà, davanti a me, e ogni lingua mi presterà giuramento.

Si sa molto bene che in questo testo è Geova che reclama una simile cosa e che non c’è essere che non abbia a piegare il suo ginocchio davanti a lui. La stessa autorità di Geova, Paolo la vede in Cristo Gesù, perciò non esita di applicare a lui le parole di (Isaia 45:23).

Tutta la rimanente argomentazione che Paolo fa, quando parla dell’ubbidienza di Cristo, del suo abbassamento e del suo innalzamento da parte del Padre, tutto va inquadrato e compreso in riferimento alla sua missione come Messia, che Egli compì su questa terra. Non è quindi fuori posto che Cristo, quasi al termine della sua missione, dica al Padre:

Glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse.

E le seguenti parole: Affinché veggano la mia gloria che tu mi hai data (Giovanni 17:5,24). Il voler mettere in risalto che questa non è la stessa gloria che ha Geova, per il fatto che la gloria di Gesù viene data dal Padre, è una delle tante meschine considerazioni. Per poter confutare questa asserzione, basti ricordare le parole di (Isaia 42,8:

Io sono l’Eterno; tale è il mio nome; e io non darò la mia gloria ad un altro, né la lode che m’appartiene agl’idoli.

Se Geova dà la «sua gloria» a Gesù, è prova che tra lui e Cristo non c’è nessuna differenza. Se Cristo fosse «un altro», secondo il testo di (Isaia 42:8), Geova non darebbe la sua gloria. Si potrebbe ribattere che (Giovanni 17:5) non afferma che la gloria, che Cristo reclama, è quella di Geova. Sorge allora la domanda: Quanti tipi di Gloria ha il Padre? Si noti bene che la gloria a cui Gesù Cristo fa riferimento, ha origine nell’eternità, prima che il mondo fosse.

Si tenga poi in debito conto l’affermazione di Cristo: Io sono nel Padre e il Padre è in me, e subito si capirà che la gloria del Cristo non è diversa da quella del Padre, di Geova. L’apostolo Giovanni dirà chiaramente, ch’è
Gloria come quella dell’Unigenito venuto da presso il Padre (Giovanni 1:14) [Per l’esegesi di Filippesi 2:5-11 cfr. J. Gnilka, La lettera ai Filippesi, pagg. 200-252. Per la storia del concetto di morphē, cfr. J. Behm, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vol. VII, Col. 477-509. Per la storia del concetto arpazō-arpagmon, cfr. W. Foerster, GLNT, I Col. 1255-1263].

3. COLOSSESI 2:9

Poiché in lui (Cristo) abita corporalmente tutta la pienezza della deità.

La versione della TNM della Torre di Guardia, dice: «Perché in lui dimora corporalmente tutta la pienezza della qualità divina» [Cfr. E. Stauffer, GLNT, IV, Col. 464 ed E. Lohse, Le lettere ai Colossesi e a Filemone pag. 193].

La parola greca usata in questo testo è: theotetos da theotes che significa: «Divinità, natura divina ed esprime l’essere divino». Questo termine in tutto il N.T. ricorre una sola volta, e precisamente in questo testo di (Colossesi 2:9). Un altro termine, che con ogni probabilità è stato frainteso dalla Torre di Guardia è: theiotes, da theios, che significa:
«Divinità, ed esprime la proprietà del divino, la divinità» [Cfr. H. Kleinknecht, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testaemto) Vol. IV, Col. 473-474 ed E. Lohse, Le lettere ai Colossesi e a Filemone, pag. 193].

Anche questo testo ricorre una sola volta nel N.T. precisamente in (Romani 1:20), in cui è detto:

Poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità theiotes, si vedono chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue.

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Domenico34
00martedì 27 dicembre 2011 00:11
Anche se qualche versione, come per esempio la Diodati, rende theiotes deità, bisogna subito dire, per amore di precisione e di correttezza, che i due termini in questione, non sono considerati sinonimi. Se la Torre di Guardia avesse tradotto (Colossesi 2:9) con divinità, come del resto fanno alcuni traduttori, non avremmo fatto nessuna osservazione (anche se il termine non è adatto e non esprime l’esattezza del suo significato). Ma, poiché, la TNM suona: «Qualità divina», non si può rimanere indifferenti davanti a questa interpretazione.

La «qualità divina», è caratteristica di theiotes e non di theotetos. Paolo sta parlando che in Cristo abita corporalmente la pienezza della divinità, vale a dire della natura divina, o l’essere-Dio. Da un punto di vista della lingua italiana, divinità significa: «L’essere divino; essenza, divinità». Deità significa: «Essenza, natura divina, divinità».

Come si vede, le due parole, nella lingua italiana, hanno lo stesso significato. Ma dovendo tradurre theotetos, è più esatto tradurlo deità, anche perché questo termine non ha bisogno di nessuna specificazione, perché dà l’idea della natura di Dio. Siccome però la Torre di guardia non crede che Gesù Cristo è Dio, ecco perché ricorre a questo tipo di traduzione, per non far vedere che Cristo è Dio. La loro però, è una cultura camuffata, avendo sempre come obbiettivo: Degradare la persona del Signor Gesù Cristo.

4. EBREI 1:3

Il quale (il Figlio di Dio) essendo lo splendore della sua gloria e l’impronta della sua essenza e sostenendo tutte le cose con la parola della sua potenza.

Chi legge e medita questo versetto e lo valuta nel suo contesto dell’insegnamento del N.T. non può fare a meno di vedere nel Figlio di Dio, la natura e i segni caratteristici di Dio. Per poter capire bene la portata di (Ebrei 1:3) e tutte le conseguenze teologiche connesse, dato che il testo ha termini teologici ben precisi, soprattutto per la definizione che si fa del Figlio di Dio, occorre necessariamente comprendere, in una maniera sicura e ben fondata, i quattro termini greci di maggiore importanza impiegati in questo testo. Una volta che si avrà una chiara comprensione di questi termini, il Figlio di Dio apparirà nella sua reale luce. Ecco i quattro termini:

1. apaygasma,
2. charaktēr,
3. upostaseos,
4. ferōn.

a) apaygasma, significa:
Splendore, riflesso, o per tenere l’unanime esegesi patristica, irradiazione della gloria divina [Cfr. G. Kittel, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vol. I, Colonna 1350].

Questo termine è stato tradotto in diverse maniere. Diodati, Luzzi, Martini, lo traducono «Splendore»; Ricciotti: «Raggio»; S.Garofalo:«Fulgore»; La Paideia: «irraggiamento»; KJV: «brightness»; NIV: «radiance»; JB: «radiant light»; NEB: «splendour»; RSV: «reflects»; Amplied: «expression»; NAS: «radiance».

Tenendo presente il concetto fondamentale di splendore, irradiazione, ci troviamo davanti al Figlio di Dio che viene definito tale in relazione alla gloria di Dio. Che il termine apaygasma venga tradotto: Splendore, irradiazione, riflesso, raggio, ect. non sposta minimamente il valore della definizione in questione. Se si dovesse obbiettare che il raggio del sole non è sole, o che la radiazione della luce non è luce, si può benissimo rispondere che le due cose: Raggio-Sole e radiazione-luce sono inseparabili.

Se il Figlio di Dio, in questo testo di (Ebrei 1:3) viene definito: Irradiazione della gloria di Dio, è prova che tra lui e la gloria di Dio, vi è una tale unità di partecipazione che è impossibile separarli, facendoli vivere indipendenti l’uno dall’altro. Non si può parlare quindi della gloria di Dio, senza dover parlare del Figlio di Dio che è appunto la sua naturale irradiazione, dato che sta appunto in un rapporto inscindibile.

b) charaktēr, significa:

1) Incisione, intagliatore
2) Impronta
3) Figura
4) Segno distintivo».

Anche per questo termine, abbiamo una varietà di traduzioni. Diodati, Luzzi, Ricciotti, S. Garofalo: traducono:
«Impronta»; Martini: «Figura»; KJV: «express image»; TEV: «exact likiness»; NIV, NAS, NI: «exact representation»; JB: «Perfect copy»; RSV: «Stamp».

Trattandosi di una definizione che riguarda il Figlio di Dio, e quando si parla di lui, non bisogna mai dimenticare la sua natura (almeno questo fa il N.T. quando ne parla), il termine da preferire è quello che maggiormente si avvicina all’intero insegnamento delle Scritture. Crediamo pertanto che si possa preferire «impronta» anziché «rappresentazione», per il fatto che questo termine esprime meglio il concetto, non solo dell’insegnamento generale delle Scritture, ma soprattutto è in piena armonia con il prossimo concetto di upostaseos che segue. Che cosa significa impronta, da un punto di vista prettamente linguistico?

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Domenico34
00mercoledì 28 dicembre 2011 00:06
1. Segno traccia lasciata da un corpo premuto o appoggiato su un altro, che per lo più ne conserva la forma
2. fig. Caratteristica che costituisce il segno inconfondibile di qualcuno»
.

Che cosa significa rappresentazione? «Il rappresentare qualcuno, la cosa rappresentata». A sua volta rappresentare significa:

«Prendere in sé la figura di qualche cosa. Dar idea. Mettere davanti agli occhi: tenere la vece e il luogo».

Tenendo presente queste caratteristiche linguistiche, vediamo quale delle due parole: «Impronta» o «rappresentazione», può essere applicata al testo di (Giovanni 14:9).

Gesù gli disse: Da tanto tempo sono con voi e tu non m’hai riconosciuto Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre.

Logicamente, questo vedere il Padre in Gesù, non può essere inteso nel senso somatico del termine, perché Dio non ha, né una forma umana, né un corpo umano, dato che egli è spirito (Giovanni 4:24). Va da sé allora che l’affermazione di Gesù deve necessariamente intendersi su un altro piano. Attraverso le stesse parole di Gesù, possiamo capire meglio come si possa vedere il Padre in lui e come è possibile che chi vede Gesù veda il Padre. Gesù, affrontando i giudei che spesse volte lo rimproveravano di appropriarsi una prerogativa divina, quando si dichiarava: Uno col Padre, disse:

Se non faccio le opere del Padre mio, non mi credete, ma se le faccio, anche se non credete a me, credete alle opere, affinché sappiate e riconosciate che il Padre è in me e che io sono nel Padre (Giovanni 10:37,38).

Queste erano parole che rivelavano che in lui vi era quel segno inconfondibile che tutti potevano vedere, e vedendolo, potevano vedere il Padre. In quale maniera gli uomini avrebbero visto in Gesù questo segno caratteristico del Padre che era stato impresso? Gesù stesso lo spiega, quando dice:

Credete alle opere che io faccio, perché credendo in esse, potete sapere e riconoscere che il Padre è in me e che io sono nel Padre.

È chiaro allora che Gesù, nella definizione di (Ebrei 1:3), è l’impronta, dell’essenza o natura di Dio.

c) upostaseos:

Anche questa parola è stata tradotta in diverse maniere, e questo prova la difficoltà nel determinare il senso di (Ebrei 1:3). Diodati, l’ha reso: «Sussistenza»; Luzzi: «Essenza»; Ricciotti, Martini e S. Garofalo: «Sostanza»; KJV: «Person»; NIV: «Being»; PME, JB, RSV e NAS: «Nature»; TEV: «Likeness». Köster crede di poter dimostrare, attraverso la storia del concetto e dell’interpretazione, cominciando da Lutero, che il termine in questione, nei tre testi dell’epistola agli Ebrei, in cui ricorre, cioè, (Ebrei 1:3; 3:14; 11:1), debba essere interpretato con «realtà» [Cfr. per tutta la discussione H. Köster. GLNT, XIV, Col. 703-750].

Il Diodati, in tutti i tre testi succitati, rende il termine upostasis: sussistenza». Che significa realtà? «Qualità di ciò ch’è reale» Che significa sostanza? «Nome generico d’ogni cosa esistente, reale». Che significa sussistenza? «Essere, sostanza». Come benissimo si può notare, Gesù Cristo è chiamato: impronta» della realtà trascendente di Dio, e questo è un elemento qualificante dell’essenza o natura di Dio.

d) ferōn.

Esporre o fare una trattazione esauriente e definitiva di questo termine, è quasi impossibile, per il vastissimo significato che ha. Daremo qui di seguito il significato più importante:

1. Portare, trasportare, portare con se o su di se, tenere, avere
2. Sopportare, tollerare
3. Apportare, arrecare
4. Attribuire, imputare
5. Condurre, dirigere, contribuire a
6. Tendere, mirare inclinare
7. Recare (una notizia), riferire, annunziare
8. Eleggere, designare
9. Governare, conservare
11. Trascinare, portar via, depredare, rubare
12. Portare come frutto, produrre
13. Portare ciò che è dovuto, pagare, soddisfare
14. Esaltare, celebrare
15. Riportare, conseguire, ottenere
16. Arrestare (un colpo), lanciare, muoversi, spingersi, essere diretto, essere 17. rivolto o esposto, stendersi»
[Cfr. per altra documentazione, storia del concetto e la sua interpretazione, K. Weiss, GLNT,(Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vol. XIV, Col. 974-984].

Quasi tutti i traduttori, si sono orientati sul significato di conservare, sostenere, governare. Anche K Weiss consiglia in questo senso [Cfr. K. Weiss, GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento) Vol. XIV, Colonna 983].

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Domenico34
00giovedì 29 dicembre 2011 00:10
Gesù Cristo in questo testo di (Ebrei 1:3) viene definito come Colui che ha potere di: Conservare, sostenere, governare tutte le cose con la potenza della sua parola. Davanti a questa solenne affermazione, è impossibile pensare Gesù Cristo come un comune essere, nel senso umano del termine. Si noti bene che la caratteristica con cui viene presentato Gesù Cristo, è una prerogativa di Dio, identica a quella che ha portato all’esistenza tutte le cose (Giovanni 1:3 e Colossesi 1:16,17), li conserva, li sostiene, li governa.

Riassumendo, in (Ebrei 1:3) abbiamo:
1) Cristo, splendore, irradiazione della gloria di Dio
2) Cristo, impronta, dell’essere, natura di Dio
3) Cristo, realtà della trascendenza dell’essenza o natura di Dio
4) Cristo, Sostenitore, conservatore, governatore di tutte le cose.

Davanti ad una simile descrizione, e soprattutto davanti a simili concetti ben specificati, non si può rimanere indifferenti e passivi come se queste definizioni non volessero dire proprio nulla e non avessero la loro importanza. Non si può, per ragione di coerenza, guardare Gesù Cristo come una persona comune. Il buon senso e la coerenza portano a guardare e pensare di lui, come veramente Egli è: Dio fatto carne, Colui che ha alzata la sua tenda in mezzo agli uomini, come vero uomo e nello stesso tempo, vero Dio (Giovanni 1:1,14).

5. GIOVANNI 8:58

Gesù disse: In verità, in verità vi dico: Prima che Abramo fosse nato io sono.

Chi legge questo testo nella versione della TNM della Torre di Guardia: «Gesù disse loro: Verissimamente vi dico: Prima che Abramo venisse all’esistenza, io sono stato», con ragione si chiede perché mai questo testo è stato tradotto in quel modo. Noi non ci stancheremo mai di ripetere che la Torre di Guardia fa del tutto, anche là dove è impossibile, come in questo passo, per falsificare il testo sacro, con traduzioni molto dubbie, per non far vedere la deità di Gesù Cristo.

Sarà nostro dovere, comunque, smascherare questa loro pretesa di sapere interpretare correttamente i testi originali, come del resto abbiamo fatto in altra parte di questo libro, facendo vedere al lettore, la loro incoerenza nel tradurre le due parole greche del nostro testo.

Le due parole greche di Giovanni 8:58 sono: Egō eimi. Egō, è pronome di prima persona e significa sempre: «Io» e serve principalmente a mettere in risalto il soggetto di prima persona, per distinguerlo da altri soggetti. Eimi, significa: «Essere, essere in realtà, esistere, sussistere; vivere, aver luogo, succedere, avvenire, durare». In tutti i testi del N.T. in cui Egō eimi ricorre, si traduce «sempre»; Io sono, sempre col tempo presente, e mai col «passato prossimo».

Questa forma di Giovanni, ha un suo particolare significato, sia sul piano religioso che teologico. Basti pensare alle 26 volte che ricorre nel solo evangelo di Giovanni, in confronto alle sei volte che risulta nei Sinottici.

Per dare al lettore la dimostrazione di quanto sia importante questa espressione Egō eimi nel N.T., passeremo in rassegna tutti i sei testi dei Sinottici e i 26 passi di Giovanni, tenendo d’occhio come questi testi sono stati interpretati dalla TNM, così che il lettore, alla fine, potrà vedere quante volte la frase in questione, è stata tradotta col tempo di «passato prossimo». Inoltre, metteremo tra parentesi quadre le due parole greche dei vari testi che citeremo e tra parentesi, la versione della TNM.

a) I SINOTTICI

Matteo 14:27:
Ma subito Gesù parlò loro e disse: State di buon animo, son io Egō eimi (sono io).

Matteo 24:5:
Poiché molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Io sono Egō eimi il Cristo (Io sono).

Marco 6:50:
Perché tutti lo videro e ne furono sconvolti. Ma Egli subito parlò loro e disse: State di buon cuore, sono io Egō eimi (Sono io).

Marco 13:6:
Molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Son io Egō eimi e ne sedurranno molti (Son io).

Marco 14:62:
E Gesù disse: Sì, Io sono Egō eimi
e vedrete il Figliuol dell’uomo seduto alla destra della potenza
(Lo sono).

Luca 21:8:
Ed egli disse: Guardate di non essere sedotti; perché molti verranno sotto il mio nome, dicendo: Son io; Egō eimi e: Il tempo è vicino; non andate dietro a loro (Sono io).

b) GIOVANNI

Giovanni 4:26:
Gesù le disse: Io che ti parlo, son d’esso Egō eimi (Sono io)

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