È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
Canti di
Lode e
Adorazione
(clicca nella foto)
  
La Vita di Cristo non è racchiusa in un pensare. E se invece di un pensiero tu portassi la Vita?
Canti di
Lode e
Adorazione2
(clicca nella foto)
  
 
Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva

Domenico34 – Donne menzionate nella Bibbia – Capitolo 3. DONNE NOMINATE NEL N.T.

Ultimo Aggiornamento: 08/09/2011 00:09
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
13/08/2011 00:16


PARTE TERZA


Capitolo 3




DONNE NOMINATE NEL N.T.


ANNA (2)

Il suo nome significa: grazia, favore. Di lei si parla in (Luca 2:36-38). Era profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser. Visse con suo marito sette anni, e all’età di ottantaquattro anni, trovandosi nel tempio, ebbe l’onore di vedere il bambino Gesù e parlare di lui, a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere
(v. 37).

Con questa biografia, che il testo sacro delinea, si può tracciare un panorama di questa donna. Del ministero profetico di Anna, non si ha nessuna notizia, sia nell’Antico come anche nel Nuovo Testamento. In che consisteva il suo ministero profetico, come e quando lo espletò, non si può dire niente, per il semplice motivo che mancano notizie. Dalle poche parole che Luca ci ha tramandato di lei, si può affermare che era una pia donna; fortemente attacca al tempio, non si allontanava mai da esso, e la sua vita devozionale consisteva nel servire Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

Non si può descrivere la vita devozionale di una persona, meglio di così!
C’è molto da imparare da una tale persona! L’insegnamento che si ricava da Anna, non è valido solo per le donne, è valido anche per gli uomini! Si racconta che un Tizio, visitando una chiesa, notò con sua meraviglia che, la stragrande maggioranza dei frequentatori di quel locale di culto, erano donne. Rivolgendo la parola ad una di loro, disse: I locali di culto, generalmente sono frequentati prevalentemente da donne. Al che, la donna replicò: È vero che i locali di culto sono frequentati, in larga maggioranza da donne, ma le carceri, trabboccano di uomini. Il segreto per trovarsi nei luoghi di culto, nel servire Dio con perseveranza, sia con preghiere e in digiuni, è essere interessati per le cose del Signore. Quando c’è l’interessamento per le attività spirituali, il tempo per manifestare la propria devozione a Dio in publico, si trova sempre; mentre, quando manca, le mille scuse che spesso si adducono, servono solamente per mascherare la propria ipocrisia.

APFIA

Di questa donna si parla solamente in Filemone 2. Si supponne che sia stata la sposa di Filemone. Se questa supposizione è vera, il fatto che Paolo definisca Filemone suo collaboratore, ed Apfia sorella, (nella fede, naturalmente) sta a significare che questa donna, in un certo senso, partecipava alle attività del marito. Se poi si tiene conto che la chiesa, si riuniva in casa di Filemone, per il culto, la presenza di Apfia, come moglie di questo responsabile, dà più senso alla sua partecipazione attiva, nel servizio del Signore.

BERENICE

(Dal gr. Pherenike, che riporta la vittoria, vittoriosa). Viene menzionata in (Atti 25:13,23; 26:30).

«Figlia primogenita d’Erode Agrippa I. Sposò lo zio Erode, re di Calcide, che morì poco dopo. Convisse incestuosamente col fratello Agrippa II, cosa che fu motivo di scandalo. Berenice cercò di farlo dimenticare sposando Polomeno, re di Cilicia. Ben presto stancatasi di lui, lo abbandò per tornare dal fratello Agrippa (Ant. 20,7.3; Guerra 2,11.5). Era presente quando Paolo si difese davanti ad Agrippa (Atti 25:23; 26:30). Più tardi divenne l’amante di Vespasiano e poi di Tito» [René Pache, Nuovo Dizionario Biblico, pag. 121].

CANDACE

«Regina d’Epiopia o piuttosto prob. Di Meroe, nella Nubia meridianale. Tornando da Gerusalemme, dove era andato per adorare, un eunuco, gran dignitario della sua corte, fu convertito al cristianesimo per mezzo dell’evangelista Filippo (Atti 8:26-39). Strabone, Dionisio Cassio e Plinio sono concordi nel dire che nel I sec. d.C. Meroe fu retta da una dinastia di regine che si chiamavano tutte Candace» Ibidem, pag. 143].

CLOE

Verzura. Donna cristiana che abitava a Corinto. Paolo, da quelli di casa Cloe, venne informato delle divisioni che c’erano nella comunità di Corinto (1 Corinzi 1:11).

CLAUDIA

Cristiana che unì i propri saluti a quelli di Paolo (2 Timoteo 4:21).

DAMARIS

Donna che si convertì all’ascolto della predicazione fatta da Paolo (Atti 17:34).

DORCAS o TABITA

(Aram. Tebēthā, gazella; gr. Dorcas). Una pia cristiana di Ioppe. Il suo nome ricorre in (Atti 9:36,40). Alla sua morte, fu chiamato l’apostolo Pietro, il quale, dopo aver pregato il Signore, la chiamò per nome:

Tabita, alzati. Ella aprì gli occhi; e, visto Pietro, si mise seduta. Egli le diede la mani e la fece alzare; e, chiamati i santi e le vedove, la presentò loro in vita (v. 41).
DRUSILLA

Figlia minore d’Erode Agrippa I e moglie di Felice (Atti 24:24)

ELISABETTA

(Dio suo giuramento). Era discendente d’Aaronne, moglie di Zaccaria e madre di Giovanni Battista. Di lei si parla in (Luca 1:5,7,13,24,36,40-41,57).

Elisabetta fu una pia donna. L’evangelista Luca afferma che questa donna, assieme a suo marito Zaccaria, erano giusti davanti a Dio e osservavano in modo irreprensibile tutti i comandamenti e i precetti del Signore. Si riferisce anche di lei che era sterile (v. 6-7). Che questa coppia, nonostante vigesse la sterilità in Elisabetta, abbia fatto preghiere a Dio per avere un figlio, questo si desume dalle parole che l’angelo Gabriele, rivolse a Zaccaria:

«Non temere, Zaccaria, perché la tua preghiera è stata esaudita; tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio, e gli porrai nome Giovanni (v. 13).

Anche se la forma del testo evangelico è al singolare la tua preghiera... (quella di Zaccaria, ovviamente), non è improbabile che alla preghiera del marito, ci sia stata anche quella della moglie. Secondo la precisazione di Luca, terminato il turno del suo servizio, Zaccaria ritornò a casa. E fu in quei giorni che Elisabetta rimase incinta, cioè concepì (v 24). Questo in pratica significa che Dio, in adempimento della Sua promessa, guarì la sterilità di Elisabetta, talché poté concepire, nella sua età avanzata (v. 7).

Non c’è nessuna cosa che possa impedire, che una promessa del Signore, si compia al tempo che Egli ha stabilito. Si potrebbe: perché mai Elisabetta si tenne nascosta per cinque mesi, dato che con la sua gravidanza, il Signore aveva cancellato la sua vergogna in mezzo agli uomini? (v. 25). Non era forse quello l’evento che avrebbe cambiato la situazione? Perché non palesarlo subito? C’era forse in Elisabetta, un tantino di titubanza a credere che fosse stata realmente incinta? Probabilmente! La sua parente Maria, venne a sapere che Elisabetta aspettava un figlio, non dalla casa di Zaccaria, ma dalla bocca di Gabriele.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
14/08/2011 00:11

Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile;
poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace
(vv. 36-37).

È bello considerare quello che avvenne nella vita di Elisabetta, quando Maria, sua parente, andò a trovarla in casa.

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda,
ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo,
e ad alta voce esclamò: «Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!
Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?
Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia, il bambino mi è balzato nel grembo.
Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento»
(v. 39-45).

La voce del saluto di Maria, produsse gioia al bambino che si trovava nel grembo di Elisabetto, talché egli balzò; ed Elisabetta fu riempita di Spirito Santo. In conseguenza di ciò, Elisabetta fu la prima persona che ebbe l’alto privilegio di rivelare al mondo, che Maria aveva già concepito nel suo seno, secondo la parola che Gabriele le aveva comunicato, e che presto, sarebbe diventata la madre di Gesù. Anche se Elisabetta, al principio, avrà avuto qualche incertezza a credere che il Signore avesse guarita la sua sterilità, quando però, si compì il tempo della sua gestazione, diede alla luce un figlio. E, quando

all’ottavo giorno, vennero a circoncidere il bambino, e lo volevano chiamare, Zaccaria, dal nome di suo padre, sua madre intervenne e disse: «No, sarà invece chiamato Giovanni» (vv. 59-60).

Se Elisabetta disse chiaramente che suo figlio si doveva chiamare Giovanni e non Zaccaria, fu essenzialmente perché suo marito l’aveva informata, che il nome del figlio, non l’aveva scelto lui, ma Dio. La storia di Elisabetta, così come Luca l'ha tramandata, è ricca di spunti per una riflessione, che mira ad esaltare la spiritualità, basata su elementi di correttezza e di subordinazione alla legge divina.

Per una vita di questa tempra, non mancheranno sicuramente esperienze particolari nelle manifestazioni dello Spirito Santo, che porterà l’individuo a provare in sé, la differenza che esiste quando lo Spirito del Signore, si può manifestare com'Egli vuole.La vera esuberanza di gioia, infine, è quando una persona, viene riempita dallo Spirito di Dio che, indubbiamente condurrà ad esaltare e glorificare, il nome del Signore, e Salvatore, Gesù Cristo.

EUNICE

(gr. benedetta dalla vittoria). Il nome di questa donna è menzionato in (2 Timoteo 1:5). Era la madre di Timoteo. In Atti 16:1, si afferma che la madre di Timoteo era una credente ebrea. Come madre e credente ebrea, rientrava nella prassi, d’istruire i propri figli intorno alle sacre Scritture. Nelle parole: ...fin da bambino hai avuto conoscenza delle sacre Scritture… (2 Timoteo 3:15), probabilmente si fa riferimento ad Eunice, la madre di Timoteo, visto che presso gli ebrei, erano proprio loro impegnate ad istruire i figli, per quanto riguardava le sacre Scritture (Antico Testamento).

L’elogio che Paolo diede ad Eunice, riguardava la fede sincera, cioè vera, che possedeva questa donna. La fede, quando c’è, non si nasconde; si manifesta in modo tale che, altri la possono chiaramente vedere. Ciò avviene, essenzialmente, nell’esercizio che si fa. Tenuto conto che Timoteo era cresciuto in un ambiente in cui le Scritture avevano la preeminenza, la fede che la mamma manifestava, nelle varie situazioni della vita, avranno avuto un notevole impatto nella sua formazione.

EVODIA

Profumo. Cristiana di Filippi, che Paolo esortò a vivere in concordia con Sintíche. Che cosa successe tra queste due cristiane, non può essere individuato, per il semplice fatto che, di loro, viene ricordato solamente il loro nome. Nonostante ciò, si sono elaborate diverse ipotesi. C’è chi, in quest'Evodia, ha identificato la venditrice di porpora, Lidia, di Atti 16:14. Qualcuno ha pensato che le due donne in questione, fossero responsabili di comunità domestiche. Infine, la scuola di Tubinga, le interpreta come figure simboliche, atte a rappresentare la parte giudea ed etnico-cristiana di una comunità ritenuta divisa e sconvolta [Cifr. J. Gnilka, La lettera ai Filippesi, pagg. 280-281].

La cosa che va tenuta in somma considerazione, è l’esortazione amorevole che Paolo rivolse a vivere in concordia. Quando nascono i litigi, causati tante volte da incomprensioni, invece di alimentarli con la maldicenza, bisogna dare la preeminenza all’amore, che, sicuramente condurrà a vivere in armonia e in concordia, gli uni verso gli altri.

ERODIADA

Figlia di Aristobulo e sorella di Erode Agrippa I. Di lei si parla in Matteo 14:3,6; Marco 6:17,18,22; Luca 3:19). La storia di Erodiada, così come viene esposta dai Sinottici, ci fa vedere il carattere arrogante di questa donna e la condotta immorale che conduceva, nel convivere col Re Agrippa, che poi era anche suo cognato, visto che suo marito Filippo, era fratello di Erode (Matteo 14:3). Se Giovanni Battista venne imprigionato in un primo momento, e, in seguito fatto decapitare, fu per esplicito intervento di Erodiata presso il monarca.

Il testo evangelico precisa che spesso il tetrarca veniva rimproverato dal Battista a proposito di Erodiada, moglie di suo fratello, e per tutte le malvagità che aveva commesso (Luca 3:19). L’esortazione severa e pungente che Giovanni rivolgeva ad Erode, era: Non ti è lecito averla (cioè la cognata per sua moglie) (Matteo 14:4). Marco aggiunge:

«Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello!»
Perciò Erodiada gli serbava rancore e voleva farlo morire, ma non poteva
Infatti, Erode aveva soggezione di Giovanni, sapendo che era uomo giusto e santo, e lo proteggeva; dopo averlo udito era molto perplesso, e l’ascoltava volentieri
(Marco 6:18-20).

C’era anche il convincimento della folla, che considerava Giovanni un profeta (Matteo 14:5). Visto come si erano accomodate le cose per Erodiada, e, non potendo arrivare al suo scopo, si approfittò di una particolare circostanza, per manifestare la sua vendetta sul Battista. Nell’occasione del compleanno di Erode, la figlia di Erodiada, (che Flavio Fiuseppe afferma che si chiamava Salome) [Ant. 18, 136-137] davanti al re e a tutti i dignitari che erano stati invitati per quella ricorrenza, fece un ballo spettacolare e pieno di spunti erotici [Il tipo di danza che eseguì Salome, normalmente veniva affidato alle prostitute (cifr. J. Gnilka, Il vangelo di Matto, Parte seconda, p. 13].

Quella scena non solo piacque al re, ma addirittura, nella sua eccitazione e nel suo delirio, questi arrivò anche a promettere alla figlia di Erodiada, con giuramento, di darle qualunque cosa la fanciulla avesse chiesto, fno alla metà del suo regno (Marco 6:23). Visto che la fanciulla non sapeva cosa chiedere al re,

...Uscita, domandò a sua madre: «Che chiederò?» La madre disse: «La testa di Giovanni il battista».
E, ritornata in fretta dal re, gli fece questa richiesta: «Voglio che sul momento tu mi dia, su un piatto, la testa di Giovanni il battista»
(Marco 6:24-25).

Da parte sua Matteo specifica che la richiesta che la fanciulla fece al re, fu spinta da sua madre (Matteo 14:8). Ecco il giorno della vendetta di Erodiada! Anche se il re ne era

rattristato ma, a motivo dei giuramenti e degli invitati, comandò che le fosse data, e mandò a decapitare Giovanni in prigione.
La sua testa fu portata su un piatto e data alla fanciulla, che la portò a sua madre
(Matteo 14:9-11).

Davanti all’epilogo che ha avuto quell’avvenimento, si potrebbe pensare che la forza del male ha prevalso su quella del bene. Infatti, Una donna senza scrupoli e di bassa moralità, per non essere danneggiata e repressa nel suo folle e spregiudicato desiderio carnale, non indugiò a mettere in atto la più accanita, sfrenata e crudele vendetta. Perché Dio permise ad una simile empietà di avere la meglio sulla vita di un Suo servitore? Non è facile capirlo e spiegarlo! Anche se tante cose, qui in terra, non si riusciranno forse mai a comprenderle, tuttavia, rimane sempre fermo il fatto che Dio è sovrano su tutto e su tutti. A Lui la gloria!

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
15/08/2011 00:11

FEBE

(gr. pura, brillante). Diaconessa della chiesa di Cencrea. L’apostolo Paolo, essendo in procinto di recarsi a Roma, raccomanda ai cristiani di quella città, di accogliere Fede, in modo degno dei santi, e di prestarle assistenza in qualunque cosa lei possa aver bisogno, poiché lei pure ha prestato assistenza a molti santi e anche a lui (Romani 16:1).

GIOVANNA

Dall’ebr. L’Eterno è stato favorevole. Moglie di Cuza. Si parla di lei in (Luca 8:3; 23:55; 24:10). Di quale infermità Giovanna sia stata guarita da Gesù, non ci è dato di sapere. La notizia che Luca ci fornisce è quella che Giovanna, assieme alle altre donne menzionate, assiesteva Gesù e i dodici con i suoi beni. Questo significa che lei aveva messo i suoi benei, a disposizione degli altri, cioè non era egoista, ma altruista.

Anche se il testo di (Luca 23:55) non menziona il nome di Giovanna, però, tenendo presente il passaggio di 8:3, in cui è inserito il suo nome, rientra nella logica pensare a lei. La preparazione di aromi e profumi che le donne fecero, era un segno di quanto volevano bene a Gesù. Infine, Giovanna ebbe l’alto privilegio di annunziare agli apostoli, il messaggio della risurrezione di Gesù (Luca 24:10).

GIULIA

Cristiana di Roma. Era forse la moglie di Filologo (Romani 16:15).

IEZABEL (2)

Iddio semina. Di questa donna si parla in (Apocalisse 2:20). Chi era quest'Iezabel? Era una persona fisica o una figura rappresentativa? La forma stilistica e sintattica con cui l’apostolo Giovanni la presenta, è per una persona fisica.

Era la moglie del responsabile della comunità di Tiatiri, come qualcuno ha supposto? Dalla forma del nostro testo, non sembra che quest'ipotesi, possa essere sostenibile! Era sicuramente una persona che possedeva abilità d’insegnamento e che in mezzo alla comunità, aveva libertà di esercitarlo, anche se non tutto appariva chiaro. Il termine (gr. eaō) impiegato in (Apocalisse 2:20), significa:

«1. Lasciare, permettere, tollerare. 2. Lasciare, lasciar andare, abbandonare, tralasciare, trascurare, omettere, rinunciare a; smettere, desistere».
Nel nostro caso, il significato più coerente al contesto, è tra tollerare, e permettere [Cfr. M.E. Glasswell, Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento, Vol. 1, col. 976-977].

Chi permetteva ad Iezabel di insegnare nella chiesa, era senza dubbio il responsabile della comunità, o il pastore, (come si direbbe ai nostri giorni) e chi la tollerava, era la stessa persona, anche se non si possono escludere che ci fossero altri.

Il destinatario della lettera

Tenuto conto che la lettera fu indirizzata all’angelo della chiesa di Tiatiri, cioè al responsabile della comunità, e che il Figlio di Dio, conoscitore di tutto, si lamentò con lui, è più logico pensare che, chi tollerava e permetteva ad Iezabel di svolgere il suo lavoro, era proprio colui che era responsabile.

Pensare pertanto che, tra il responsabile della comunità, da una parte, e Iezabel dall’altra, esisteva un legame familiare, cioè che si trattasse di un membro della stessa famiglia, non sembra coerente, a meno che non si accetti che, i due erano marito e moglie. Comunque, indipendentemente di come siano andate le cose, lo Spirito Santo non ha ritenuto opportuno rivelarci questo segreto; di conseguenza non dobbiamo eccessivamente preoccuparci. Quello che invece, ha maggiormente valore, è di comprendere il messaggio di Gesù Cristo.

L’interpretazione del testo

Per interpretare correttamente il testo biblico, con una esegesi che tenga presente i principi ermeneutici, bisogna evitare, in un primo momento, di entrare nel campo dell’interpretazione tipologica. Questo, soprattutto, se si riconosce che non ci troviamo davanti ad immagini e figure, che richiedono una simile interpretazione. Chiarito questo punto preliminare, passiamo ad esaminare, il racconto d'Iezabel, secondo il testo dell’Apocalisse.

Si afferma nel nostro passaggio che, Iezabel si diceva di essere una profetessa; questo significa che, in effetti, non lo era. Era lei che credeva di possedere questo carisma, e, forse c’erano anche altri che la sostenevano. Ma il Figlio di Dio, non la conosceva come tale, bensì come una donna che seduceva i servitori di Cristo. Che cosa è un profeta? È una persona dotata di un particolare carisma dello Spirito di Dio, che lo guida, principalmente a proclamare gli oracoli di Dio. Si sa, secondo le Scritture che, il ministero profetico, non era un'esclusiva prerogativa degli uomini, lo svolgevano anche le donne, anche se, per amore di precisione, le stesse non erano in maggioranza.

A questo punto sorge spontanea una domanda: come mai che il responsabile della comunità, non riconobbe che Iezabel non era una vera profetessa, ma una donna che seduceva? Senza dubbio: non avrà avuto discernimento! Se, invece, l’avesse avuto, si sarebbe accorto che l’insegnamento che quella donna dava, non era secondo Dio, cioè non corrispondeva con l’insegnamento della Parola di Dio. In conseguenza di ciò, non avrebbe dovuto tollerarla e permetterle di insegnare, nel senso di lasciarla fare. Questo, però, il responsabile non lo fece!

Inoltre, si deve tenere presente che Gesù, ha tanto elogiato l’angelo della chiesa di Tiatiri, cioè il conduttore della comunità. Infatti, di lui, Egli afferma che: conosce le sue opere, il suo amore, la sua fede, il suo servizio, la sua costanza; e che le ultime sue opere, erano più numerose delle prime (v. 19). Da questa panoramica elogiativa, risulta che l’unico punto negativo che Gesù trova nella vita del conduttore della comunità, consiste nel fatto che egli ha permesso e tollerato, l’insegnamento d'Iezabel. Questo però non significa che si possa prendere lo spunto di questo passaggio, (come qualcuno ha fatto) per sostenere la validità di negare alle donne di insegnare!

Poiché non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio (1 Timoteo 2:12).

Un simile procedere di armonizzare le Scritture, non è sempre corretto, specie quando il passaggio viene estorto dal suo contesto.

L’insegnamento d'Iezabel

Prima di tutto bisogna notare che Gesù non condannava il ruolo d'insegnante d'Iezabel, bensì quello che lei insegnava. Un insegnante può essere una distinta persona: rispettosa, amabile, umile, intelligente, ecc. e insegnare false dottrine o una morale, che non si accorda con i sani principi dell’etica cristiana, insegnata dalle sacre Scritture. Gesù non criticava le caratteristiche fisiche d'Iezabel; Egli metteva in risalto l’opera che lei svolgeva, cioè: Induceva i Suoi servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli (v. 20).

Indurre significa:
«Condurre dentro, guidare, avviare, fare entrare. Causare disturbi fisici, malattie, contagi, morte. Provocare un fenomeno metereologico; scatenare una perturbazione atmosferica. Figur. Determinare l’avverarsi di conseguenze buone o cattive, liete o tristi, benefiche o dannose; ottenere un determinato risultato» [S. Battaglia, in GDLI (Grande dizionario della lingua italian), Vol. VII, pag. 859].

L'insegnamento che Iezabel impartiva, era particolarmente significativo, perché si faceva passare per una donna ispirata dallo Spirito di Dio. I profeti, infatti, pur essendo persone comuni, erano guidati dallo Spirito Santo, in quello che proclamavano. Ascoltare, quindi, il messaggio di un profeta, equivale ad ascoltare Dio. A che cosa mirava l’insegnamento d'Iezabel? A convincere i servi di Gesù, a vivere una diversa morale, rispetto a quella che insegnava la cristianità.

A questo punto, mi chiedo: perché Iezabel aveva di mira i servi di Cristo, e non le comuni anime della comunità? La fornicazione, non tocca forse la moralità di una qualsiasi persona? Certamente! Ma se questa la compie un servo del Signore, cioè una persona dedicata al ministero della Parola di Dio, essa ha un diverso significato, non perché l’atto in sé cambi di entità, ma per la responsabilità che l’individuo detiene. Si può negare che ai nostri giorni, tanti servi di Gesù Cristo, vengono indotti a commettere fornicazione, cioè ad avere rapporti sessuali illeciti? Perché questa condotta, invece di essere severamente condannata, viene purtroppo tollerata in mezzo alla cristianità?

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
16/08/2011 00:19

Chi è quest'Iezabel che compie un simile lavoro? È forse la chiesa Cattolica Romana, come si pensa da qualche parte, che lei rappresenta? Sicuramente no! È il modernismo con il suo lassismo e il suo libertinaggio, che induce a compiere, quello che i nostri padri nella fede, aborrivano con ferma determinazione.

E che dire delle carni sacrificate agli idoli? Non era forse un severo divieto che l’apostolo Paolo, insegnava nelle chiese ai suoi giorni? (cifr. Romani 14:13-23; 1 Corinzi 8:1-13; 10:14-22). Quando le persone non si attengono alla Parola di Dio, e non la stimano come dovrebbero, cioè norma di vita e regola di fede, è facile essere sedotti e trascinati verso l’errore, lontani da Dio. Spesso si è ingannati, dalla rinomanza di un nome, per farci credere a certe cose. Quando si ripete: questa cosa l’ha detto Tizio; chi insegna questa dottrina, non è una persona qualunque, è Caio. Davanti ad una scena di questo genere, c’è da prendere seriamente in considerazione, il detto di Paolo, e farne una norma di vita quotidiana:

...se noi o un angelo dal cielo vi annunziasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia anatema.
Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso: se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema (Galati 1:8-9).
Il provvedimento di Gesù per Iezabel
Le ho dato tempo perché si ravvedesse, ma lei non vuol ravvedersi della sua fornicazione.
Ecco, io la getto sopra un letto di dolore, e metto in una gran tribolazione coloro che commettono adulterio con lei, se non si ravvedono delle opere che ella compie.
Metterò anche a morte i suoi figli; e tutte le chiese conosceranno che io sono colui che scruta le reni e i cuori, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere
(vv. 21-23).

Ogni provvedimento disciplinare divino, ha sempre avuto e avrà, lo scopo di condurre il peccatore al ravvedimento. Se questo era vero ai tempi dei profeti, di Gesù e degli apostoli, lo è anche per i nostri giorni. Dio dichiara solennemente che Egli, non si compiace nella morte dell’empio, ma desidera che egli si converta e viva (Ezechiele 18:23).

Il tempo di ravvedimento per Iezabel, mirava a permetterle di riconoscere l’errore che aveva commesso. È strano come Gesù, non faccia riferimento ai suoi servi, che sono stati indotti a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli, come se quest’ultimi non fossero stati realmente sedotti. Se è vero che c’è stata la seduzione (e di ciò non si può dubitare), perché i trasgressori non sono stati richiamati a ravvedimento? Lo scopo del testo, naturalmente, non riguarda i servi di Gesù, bensì il comportamento d'Iezabel. Questo però non vuol dire, che Gesù abbia giustificato i Suoi per quello che hanno fatto.

Il Signore non ha mai giustificato un trasgressore della Sua Parola, e mai lo farà; ha sempre fatto comprendere che il peccato, è la violazione della legge (si intende la Sua) (1 Giovanni 3:4). Il fatto che d'Iezabel si affermi che, non ha voluto ravvedersi, in definitiva significa che lei stessa ha precluso ogni possibilità di salvezza. Il letto di dolore, nel quale sarà gettata Iezabel, non rappresenta un tempo salutare di riflessione, ma la conseguenza del rifiuto a ravvedersi.

[DIM]13pt]Applicazioni su Iezabel

Quali applicazioni si possono fare su Iezabel? Eccone alcune!

1. Questa donna, nel corso della sua attività, (che fu ben diversa dell’altra Izebel, la moglie di Acab) diede da intendere che lei era una profetessa, cioè uno strumento nelle mani di Dio, che proclamava gli oracoli divini. Però, in effetti, si rivelò una seduttrice dei servi di Gesù. L’ipocrisia ha sempre ingannato le persone, specie quelle che non hanno il discernimento dello Spirito del Signore, il solo che può rivelare l’errore. Le apparenze, pur belle che siano, non hanno nessun valore, principalmente davanti a Dio, Colui di fronte al quale, le stesse tenebre, sono come un giorno risplendente (Salmo 139:12).

2. L’azione seduttrice non mira a far deviare dal retto sentiero, chi si trova già sotto la dominazione del diavolo; essa cerca di raggiungere i seguaci di Gesù Cristo, per trarli in inganno. Se i seguaci di Gesù non stanno con gli occhi aperti, potrebbero essere sedotti e deviati dalla verità dell’evangelo di Dio. Sappiamo che Satana si può travestire da angelo di luce (2 Corinzi 11:14), e, presentarsi anche nella veste di un falso profeta, con un manto di pecora, quando, in effetti, è un lupo rapace ( Matteo 7:15).

3. I conduttori di comunità, devono stare molto attenti a non credere ad ogni spirito (1 Giovanni 4:1), visto che ci sono tanti spiriti seduttori, che negli ultimi tempi, faranno apostatare dalla fede (1 Timoteo 4:1).

4. Le false dottrine, a volte, vengono proclamate e sostenute da personalità eminenti, che godono di un certo prestigio e di una larga reputazione. La base della nostra fede, deve rimanere sempre la Parola di Dio; è su di lei, che vanno fatti i controlli. Infine, il detto del profeta, vale anche per i nostri giorni, e, serve come unità di misura.

Alla legge! Alla testimonianza!» Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessun'aurora! (Isaia 8:20).

«Il nome Iezabel fa capire che ella corrompeva la chiesa di Tiatiri molto più di quanto aveva fatto la moglie di Acab, sua anonima, nei confronti di Israele (1 Re 16:31-33)» [John F. Walvoord, Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pag. 996].

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
17/08/2011 00:10

LIDIA

Donna di Tiatiri, commerciante di porpora. Di lei si parla in (Atti 16:14,40). Quel poco che la Scrittura ci dice di lei, è sufficiente per farci comprendere che donna era. Lidia soleva frequentare un certo luogo, presso il fiume, fuori della città, dove, assieme ad altre donne, c’era una riunione di preghiera. Luca riferisce che questa donna temeva Dio, cioè era persona che, pur svolgendo un’attività commerciale, si manteneva onesta e retta nella sua condotta.

Trovandosi Paolo in mezzo a questo gruppo di donne, e, parlando loro del Signore, Lidia lo ascoltava. Il Signore, vedendo ciò, le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo (v. 14). Il fatto che subito si precisi che Lidia fu battezzata con la sua famiglia (v. 15), questo è una prova che il messaggio che ascoltò, lo ricevette, si convertì al Signore e lo accettò nella sua vita, come il suo personale Salvatore. Se questa donna, assieme alla sua famiglia, non avesse creduto nel Signore, Gesù Cristo, sicuramente Paolo non l’avrebbe battezzata, secondo la prassi che vigeva nella chiesa primitiva e che vige ancora tuttora.

L’invito di ospitalità che rivolse con insistenza agli apostoli, in quella circostanza, è un’ulteriore conferma del cambiamento che accadde nella vita di Lidia.

Quando poi, Paolo e Sila, a seguito di essere stati selvaggiamente battuti e messi in prigione, uscendo dal carcere, non andarono altrove, ma: Entrarono nella casa di Lidia (v. 40). Tutti questi elementi messi insieme, ci dicono chiaramente che Lidia diventò una cara sorella in Cristo Gesù. Se l’apostolo Paolo non dicesse chiaramente che non era sposato, ci sarebbe da credere, come qualcuno ha ventilato che, Lidia, in seguito, diventò la moglie dell’apostolo.

LOIDE

Nonna di Timoteo, la cui fede viene elogiata da Paolo (2 Timoteo 1:5).

MARIA

Col nome di Maria, nel Nuovo Testamento, ce ne sono sei, così denominate:
Maria madre di Gesù; Maria Maddalena; Maria di Betania; Maria madre di Giacomo; Maria madre di Giovanni Marco e Maria della comunità di Roma

MARIA MADRE DI GESÙ (1)

Premessa

Di lei si parla in Matteo 1; 2:12,46:Luca 1; 2; Giovanni 2:1-11; 19:25; Atti 1:14). Considerando il ruolo particolare che Maria ebbe nei piani divini per ciò che riguarda la sua condizione di madre di Gesù, è necessario esaminare tutto il materiale che offre il Nuovo Testamento. Non saranno consultati gli scritti apocrifi, come il Protovangelo di Giacomo, in maniera particolare, per discutere tutto l’apparato dottrinario che è stato costruito intorno a questa pia donna, da parte della chiesa Cattolica, e tutti i dogmi che sono stati proclamati in suo favore. Siccome questo lavoro non mira a trattare il gran tema della mariologia, i rilievi che saranno fatti, riguarderanno soltanto le caratteristiche di Maria.

Maria nel vangelo di Luca

Luca è il solo dei sinottici che riferisce intorno all’annunzio che Gabriele fece a Maria, circa la sua maternità.

L’annunciazione
Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città di Galilea, chiamata Nazaret,
a una vergine fidanzata a un uomo chiamato Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria.
L’angelo, entrato da lei, disse: «Ti saluto, o favorita dalla grazia; il Signore è con te».
Ella fu turbata a queste parole, e si domandava che cosa volesse dire un tale saluto.
L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù.
Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre.
Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine».
Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?»
L’angelo le rispose: «Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio.
Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile;
poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace».
Maria disse: «Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola». E l’angelo la lasciò
(Luca 1:26-38).

Che età aveva Maria quando Gabriele le comunicò che avrebbe concepito e partorito un figlio, non si sa; anche perché, sia Luca che Matteo, che parlano della maternità di Maria, non la rivelano. Conoscevano loro la sua età? E se la conoscevano, perché non l'hanno tramandata? Lo Spirito Santo che guidò sia Luca che Matteo a redigere i loro evangeli, non ha creduto opportuno fornirci l’informazione intorno all’età di Maria, quando Gabriele gli comunicò che sarebbe diventata la mamma del Figlio di Dio, cioè del Messia. Se questo dato, ai fini dell’evento straordinario, fosse stato necessario, ciò sarebbe stato trasmesso, nella stessa maniera com'è stata inserita la notizia concernente il fatto che Maria era vergine e fidanzata con Giuseppe [Testimonianze rabbiniche dànno come età normale per il fidanzamento delle ragazze palestinesi, con rare eccezioni, dodici anni – dodici anni e mezzo». (Heinz Schürmann, Il vangelo di Luca, I, pag. 133; G. Delling, GLNT, (Grande Lessico del Nuovo Testamento), Vol. IX, col. 775, nota 58].

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
18/08/2011 00:15

La verginità di Maria non poteva essere celata, non solamente per onorare questa ragazza, ma anche per il fatto che, il profeta Isaia che predisse l’evento straordinario dell’incarnazione 700 anni prima, parlò chiaramente di una vergine che avrebbe concepito e partorito. Ecco la predizione:

Perciò il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la giovane concepirà, partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele (Isaia 7:14).

Per la precisione ricordiamo che il termine ebraico ‘almah, adoperato in Isaia 7:14, significa letteralmente giovane e che nel riporto, il N.T. segue la versione dei Septuaginta, cioè l’antica traduzione del testo ebraico in lingua greca. Siccome nel termine giovane, la caratteristica di verginità è chiaramente dedotta dal contesto, i traduttori ebrei dei Septuaginta [La prima traduzione greca del VT. La tradizione vuole che settanta esperti linguisti ebrei furono concordi nella traduzione] non hanno esitato a tradurre tale termine con parthēnos, cioè vergine [Nota del traduttore al vangelo di Matteo 1:23].

La reazione di Maria al messaggio di Gabriele

Il primo rilievo che Luca mette in risalto riguarda il saluto di Gabriele. A sentire le parole: Ti saluto, o favorita dalla grazia, Maria fu turbata a queste parole (v. 29). Perché mai questa fanciulla reagì in quel modo? Prima di tutto perché non riusciva a capire il significato di quelle parole, e poi perché un simile saluto, non solo che nessuno glielo aveva rivolto, ma neanche aveva sentito parlare che qualcuno era stato salutato con quelle parole.

All’età in cui Maria poteva avere in quel tempo (13 o 14 anni?), avrebbe potuto ricordare i vari saluti che gli scritti dell’Antico Testamento registrano, a proposito di apparizioni angeliche? Se l’avesse ricordato, non avrebbe trovato riscontro con le parole che Gabriele le aveva rivolte.

A Gedeone, l’angelo del Signore lo salutò con le parole: «Il SIGNORE è con te, o uomo forte e valoroso!» (Giudici 6:12).

Alla moglie di Manoà, l’angelo del Signore si limitò ad annunciarle che nello stato della sua sterilità avrebbe concepito e partorito un figlio e che questo bambino sarebbe stato un nazireo (Giudici 13:3-5). Lo stesso Gabriele che era apparso a Zaccaria, comunicandogli che sua moglie Elisabetta avrebbe concepito e partorito un figlio, (Luca 1:13) non rivolse le stesse parole che usò per Maria: O favorita dalla grazia.

Furono senza dubbio queste parole, che Maria non riusciva a capire e per le quali fu turbata! Che la frase (gr. Kaire kecharitōmenē) = o favorita dalla grazia, e quella della Volgata «piena di grazia», (fortemente sostenuta dalla chiesa Cattolica Romana), non abbia lo stesso significato, non c’è bisogno di ricorrere alle sottigliezze del linguaggio marialogico per comprenderla. Infatti, se la frase in questione avesse il senso che le ha dato la Volgata, e con essa la Chiesa Cattolica Romana, la spiegazione che diede subito Gabriele: Hai trovato grazia presso Dio, non avrebbe senso e valore. Siccome, però, si sa che su quella frase è stata costruita e sviluppata il dogma dell’Immacolata concezione, i mariologi hanno difeso a spada tratta la traduzione della Volgata. Qual è il significato letterale delle due parole (gr. Chaire kecharitōmenē) che troviamo nel testo di Luca 1:28? Eccolo!

Kaire =

«1. Rallegrarsi, essere contento, essere lieto; godere, compiacersi.
3. All’imp. Kaire, come saluto, sta’ bene.

Karitoō =

1. Rendere gioioso, conferire grazia.
2. Essere o mostrarsi misericordioso.
3. pass. Essere pieno di grazia; essere riempito della grazia divina» [Dizionario, Greco-Italiano; Dizionario Esegetico del N.T. Vol. 2, col. 1890, ha: Salve, o dotata di grazia].

Se si obbietta che la Volgata ha ragione nell’avere tradotto il kecharitōmenē di Luca 1:28 piena di grazia, perché uno dei significati del termine è proprio questo, si deve pensare anche di Stefano in (Atti 6:8), è detto che era pieno di grazia (gr. plērēs charitos), secondo alcuni manoscritti, mentre secondo altri pieno di fede (gr. plērēs pisteōs). Se si adotta chiarito, (come fa Nestle), bisogna riconoscere anche a Stefano, quello che si riferisce a Maria, cioè che anche lui sarebbe nato senza peccato, cosa che nessun serio studioso della Bibbia, (compresa la chiesa Cattolica Romana) acconsentirebbe ad una simile affermazione. Se si riconosce che la grazia che si trova in Maria, le sia stata accordata da Dio, quindi non è lei che l’abbia originata, non può diventare la dispensatrice della grazia, perché Chi dispensa la grazia è solamente Dio.

Allora, in che cosa consiste la grazia che Maria ha trovato presso Dio? Nel fatto che è stata scelta per concepire e partorire un figlio, il cui nome sarà chiamato Gesù = Salvatore, o meglio ancora Geova Salva. Davanti ad una simile precisazione, e, comprendendo pienamente le parole di Gabriele, giustamente Maria chiese: «Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?» (v. 34).

Che cosa voleva dire Maria con queste parole? Semplicemente questo! Fino ad oggi non ho avuto nessun rapporto sessuale con nessun uomo, (il verbo conoscere ha questo senso) e, siccome i figli non nascono senza quei rapporti, mi domando: come sarà possibile che, da vergine che sono, possa concepire e partorire un figlio? Si è tanto parlato e sono stati scritti fiumi di parole su (Luca 1:34). Da parte della chiesa Cattolica, si afferma che le parole del (v. 34) si prestano a tre interpretazioni.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
19/08/2011 00:18

«a) Indicano la decisione di Maria, già prima dell’Annunciazione, di condurre con Giuseppe un matrimonio verginale. Quindi la sua domanda significa: «Com'è possibile, poiché sono vergine e desidero rimanere tale?».
Quest'interpretazione risale a san Gregorio Nisseno ( 394). È tuttora la più diffusa, grazie soprattutto a san’Agostino ( 430).
Nel Medioevo quest'interpretazione fu avvalorata soprattutto da san Bennardo, ma con una parafrasi nella quale fece vedere che Maria non si contrappone al disegno divino. Secondo san Bernardo, è come se Maria avesse detto: «Siccome il mio Signore, che legge nella mia coscienza, conosce il voto che la sua serva ha fatto di non conoscere mai uomo, con quale mezzo, in quale maniera, gli piacerà che la cosa avvenga?
Se occorre che rinunci al mio voto per divenire la Madre di un tale Figlio, sono felice del Figlio che mi ha promesso, ma sono inquieta per il mio voto: tuttavia, sia fatta la sua volontà! Ma se devo, senza cessare di essere vergine concepire un figlio e metterlo al mondo, il che non è per lui impossibile se vuole che avvenga così, allora vedrò che veramente si è degnato di guardare con occhio favorevole la sua umile serva».

b) «Non conosco uomo» significa secondo altri: «Non abito ancora con Giuseppe. Come dunque è possibile?». E l’angelo le rivela, proprio allora, che non diventerà madre per opera di uomo, ma per la potenza creatrice di Dio.
Il più autorevole sostenitore di quest'interpretazione è stato Tommaso de Vio, detto Caietano ( 1533).
c) Pensando ad Is. 7:14, la domanda significherebbe: «Come sarà possibile? Poiché, se la profezia d'Isaia si compirà in me, non conosco uomo, cioè non posso e non devo, in questo caso, conoscere uomo».
Scrive E. Schillebeeckx: «La prima e la terza interpretazione partono da dati non provati: da una parte, l’ipotesi di un voto di verginità prima dall’Annunciazione, dall’altra parte, la supposizione che Maria comprendesse perfettamente il testo d'Isaia. La seconda interpretazione è l’unica ad essere senza apriorismi, e per di più, è grammaticalmente fondata su uno studio obiettivo del testo. Se la Chiesa, cui è stato affidato il deposito della fede e della Scrittura, non intende imporre l’ipotesi di un voto di verginità prima dell’Annunciazione, la seconda interpretazione è, a parte alcune piccole difficoltà, la più plausibile dal punto di vista strettamente esegetico» [Luigi Melotti, Maria la madre dei viventi, pagg. 73-74].

Da parte sua, Schürmann, eminente studioso cattolico si esprime nel seguente modo:

«Ma, anche a prescindere dalla difficoltà d’intendere l’ou ghinōskō in senso puramente futuro, il testo che abbiamo di fronte non lascia in alcun modo trapelare l’intenzione di esprimere un voto o un proponimento di verginità da parte di Maria. In ogni caso, un lettore non prevenuto — specialmente in Palestina, dove il matrimonio era così apprezzato — non avrebbe potuto, senza indizi più precisi al riguardo, dedurre dal testo quest'intenzione di verginità, tanto più che nel v. 27 era stata fatta espressa menzione di un fidanzamento.
In ogni modo o nell’altro, un’interpretazione psicologica del v. 34 nel senso di un'affermazione storica di Maria non regge. Il v. 34 va inteso nella sua funzione letteraria — come s’è detto sopra — nel senso inteso dallo scrittore Luca. La questione della volontà di verginità di Maria quindi non è esegetica, ma storica e dogmatica; il testo attuale, nelle caratteristiche letterarie che esso presenta, non dice nulla al riguardo» [H. Schürmann, Il vangelo di Luca, I, pagg. 145-146].

Se questa strana interpretazione del voto di Maria di rimanere sempre vergine è fortemente sostenuta dai mariologi, è anche fermamente contestata da teologi e studiosi cattolici. Davanti alle chiare parole di Gabriele che Maria avrebbe dovuto concepire e partorire un Figlio, e tenuto conto che Maria non riusciva a capire come ciò avrebbe potuto avvenire, visto che lei non conosceva nessun uomo, non poteva mancare la specificazione per dileguare ogni incertezza, soprattutto dalla mente della persona interessata, cioè Maria.

Il figlio che concepirai, soggiunse il messaggero divino, non sarà il risultato dell’intervento umano, ma unicamente per la virtù dello Spirito Santo che verrà su di te. Queste parole significavano, in senso letterale e biologico, che sarebbe stato lo Spirito Santo a fecondare Maria. Accettata la spiegazione di Gabriele, e non avendo più niente da obbiettare, perché ormai Maria ha creduto che, nessuna parola di Dio rimarrà inefficace (v. 37), essa pronunciò le famose parole che rappresentano il suo totale ed incondizionato assenso:

«Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola» (v. 38).

Il valore della grazia

L’incarnazione non avrebbe potuta avvenire, se Maria non avesse dato il suo assenso pieno ed incondizionato al volere divino. Nello stesso momento che Maria accettò di diventare la madre del Figlio di Dio, lo Spirito Santo scese su di lei e la fecondò, cioè il Verbo divino si incarnò in lei. La scelta della donna che avrebbe ospitato nel suo grembo il Figlio di Dio, il Messia promesso dai profeti, la fece il Signore, il Sovrano. Su quale base Egli fece questa scelta, non c'è dato di sapere. Era forse Maria l’unica donna in tutto Israele, che poteva essere scelta per un simile compito e che pia come lei, non c’era nessun’altra?

Se si dovesse affermare l’unicità di Maria, equivarrebbe a mettere in evidenza il merito personale. A Questa conclusione non si può arrivare, senza che lo stesso concetto della grazia sia falsato e svuotato nel suo reale significato. Infatti, grazia, è favore immeritato, quindi esclude in maniera totale il merito umano. Che Maria fosse una pia e devota fanciulla al Signore e che la sua condotta fosse esemplare, non c’è da dubitare. Questo però non significa che in lei non c’era nessuna macchia di peccato, come vorrebbe la chiesa Cattolica Romana, con il dogma dell’immacolata concezione.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
20/08/2011 00:13

Se, di fatto, si riconosce e si accetta che Maria era un membro della famiglia umana, e come tale aveva ereditato la natura peccaminosa, trasmessa da Adamo ed Eva, come tutti gli esseri umani, non è possibile pensare alla sua immacolata concezione, senza, di fatto, escluderla dal numero dell’umanità. Il fatto stesso che si affermi che Maria trovò grazia presso Dio, significa inequivocabilmente che in lei, non c’era nessun merito. Se questa fanciulla fu scelta dal Signore, in virtù del fatto che nacque senza peccato, (così stabilisce il dogma dell’immacolata concezione) questo in pratica significa che, la grazia che ha trovato presso Dio, non avrebbe avuto nessun valore; sarebbe stata addirittura inutile. Dio non fa mai le cose per annullare la Sua grazia! Egli non ha mai manifestato la Sua grazia in soggetti meritevoli. Se la manifesta nella vita di un essere umano, è prova che in quell’essere non esiste nessun merito di nessun genere. Questa è una verità dogmatica di portata universale e non esclude NESSUNO.

La visita di Maria ad Elisabetta
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda,
ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo,
e ad alta voce esclamò: «Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!
Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?
Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel grembo.
Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento»
(1:39-45).

Se Maria andò a visitare Elisebetta, fu essenzialmente per la notizia che Gabriele le comunicò, circa il fatto che sua cugina aspettava un bambino e che era al sesto mese della sua gravidanza. Questo significa che Maria, prima di quel giorno, non sapeva niente della gravidanza di Elisabetta. Se Gabriele non le avesse comunicato la notizia, facilmente Maria non si sarebbe affrettata di andare a trovare Elisabetta. Lo scopo, quindi, della sua visita fu, per congratularsi con lei per il lieto evento.

In quella circostanza però, Maria seppe che anche lei aspettava il figlio che Gabriele le aveva comunicato; questo significa che non appena l’angelo del Signore lasciò la casa di Maria, lo Spirito Santo scese su di lei e la fecondò. Se Elisabetta esclamò ad alta voce:

«Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno!
Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me?
(vv. 42-43),

fu perché nel momento che sentì il saluto di Maria, fu piena di Spirito Santo, e, come conseguenza di essere stata riempita dallo Spirito di Dio, le parole che lei pronunciò all’indirizzo di Maria, erano suggerite ed ispirate dallo stesso Spirito di cui era stata riempita. Anche se Luca non riferisce niente della conversazione che le due donne ebbero in quel giorno, davanti alla proclamazione di Elisabbetta, rientra nella logica pensare che Maria comunichi a sua cugina il messaggio che Gabriele le aveva riferito.

Il cantico di Maria

E Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore,
e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore,
perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata,
perché grandi cose mi ha fatte il Potente. Santo è il suo nome;
e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su quelli che lo temono.
Egli ha operato potentemente con il suo braccio; ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore;
ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili;
ha colmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia,
di cui aveva parlato ai nostri padri, verso Abrahamo e verso la sua discendenza per sempre»
(vv . 46-55).

Il dato significativo del canto di Maria, non riguardava solamente la proclamazione della grandezza di Dio, della Sua misericordia, del Suo braccio potente che ha operato, detronizzando i potenti, disperdendo i superbi e innalzando gli umili, ma concerneva anche se stessa. Quando Maria Afferma solennemente che il suo Dio è anche il suo Salvatore, smettisce in modo categorico quello che più tardi la chiesa Cattolica Romana dirà di lei, il dogma dell’immacolata concezione, cioè che Maria era nata senza peccato.

Non ha eccessiva importanza stabilire se le parole mio Salvatore, che Maria pronunciò, si riferivano al Figlio che portava in grembo. Il dato importante di questa sua affermazione, consiste nel fatto che il suo Salvatore, è Dio, e, lei come creatura, e membro della famiglia umana, ha bisogno del Salvatore. L’esistenza del Salvatore, implica necessariamente un pericolo. Il pericolo che minaccia seriamente la vita di ogni essere umano, cioè il peccato. Se Marià parlò eloquentemente del suo Salvatore, ciò prova che lei avvertiva il bisogno di essere salvata, come un comune peccatore; e che la sua salvezza la riconosceva nel suo Dio.

Infine, se Maria, in questo meraviglioso e profetico cantico, avesse parlato del Dio Salvatore, in senso generico, le sue parole sarebbero una prova della consapevolezza che lei era nata veramente senza peccato, quindi la salvezza del suo Dio, non era per lei, ma per gli altri. Siccome questo modo di parlare Maria non lo fece, rimane fermo il fatto che il suo Dio era anche il suo Salvatore.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
21/08/2011 00:07

La nascita di Gesù

In quel tempo uscì un decreto da parte di Cesare Augusto, che ordinava il censimento di tutto l’impero.
Questo fu il primo censimento fatto quando Quirinio era governatore della Siria.
Tutti andavano a farsi registrare, ciascuno alla sua città.
Dalla Galilea, dalla città di Nazaret, anche Giuseppe salì in Giudea, alla città di Davide chiamata Betlemme, perché era della casa e famiglia di Davide,
per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre erano là, si compì per lei il tempo del parto;
ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo
(2:1-7).

Nel raccontarci la nascita di Gesù, Luca ci riferisce come avvenne e dove Maria diede alla luce il suo primogenito (gr. prôtotokos). Tenuto conto che Maria viveva già in casa di Giuseppe, come sua legittima sposa, nonostante fosse incinta e vicina al parto, ella dovette seguire il marito per farsi registrare a Betlemme, secondo l’ordine di Cesare Augusto che aveva ordinato il censimento di tutto l’impero. Luca precisa che, mentre gli sposi si trovavano a Betlemme, si compì per Maria il tempo del parto. Il bimbo che Maria partorì, dopo averlo fasciato, lo coricò in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo.

Perché non si trovò posto nell’albergo per Maria e Giuseppe? Sicuramente per l’aspetto di povertà che mostravano, visto che realmente erano poveri. Per un benestante, facilmente si sarebbe trovato un posto! Il mondo ha sempre fatto la distinzione fra un ceto e l’altro, cioè tra un ricco e un povero! Così Gesù nacque a Betlemme, esattamente nel luogo che il profeta Michea aveva predetto, cinquecento anni prima.

Quando i pastori andarono a Betlemme per vedere quello che era avvenuto, trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia, e divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino, Luca sottolinea che Maria, serbava in sé tutte quelle cose, meditandole in cuor suo (2:19).

La storia di Maria, madre di Gesù, si conclude nel vangelo di Luca con il racconto di Gesù dodicenne in mezzo ai maestri che li ascoltava e faceva loro delle domande.

Tre giorni dopo lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri: li ascoltava e faceva loro delle domande;
e tutti quelli che l’udivano, si stupivano del suo senno e delle sue risposte.
Quando i suoi genitori lo videro, rimasero stupiti; e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena».
Ed egli disse loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?»
Ed essi non capirono le parole che egli aveva dette loro.
Poi discese con loro, andò a Nazaret, e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore
(2:46-51).

Maria nel vangelo di Matteo

Matteo non contiene i particolari di Luca circa la natività di Gesù, ma riferisce qualcosa che Luca non ha.

La nascita di Gesù Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa sposa a Giuseppe e, prima che fossero venuti a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.
Giuseppe, suo marito, che era uomo giusto e non voleva esporla ad infamia, si propose di lasciarla segretamente.
Ma mentre aveva queste cose nell’animo, un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie; perché ciò che in lei è generato, viene dallo Spirito Santo.
Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati».
Tutto ciò avvenne, affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
«La vergine sarà incinta e partorirà un figlio, al quale sarà posto nome Emmanuele», che tradotto vuol dire: «Dio con noi».
Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie;
e non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio; e gli pose nome Gesù
(1:18-25).

Giuseppe, come uomo giusto che era, avrà provato un shock quando, durante il tempo del suo fidanzamento con Maria, si rese conto che la sua futura sposa era incinta. Come Matteo racconta la storia, non sembra che Maria, abbia raccontato al suo fidanzato pche aspettava un figlio. Se Maria avesse raccontato tutta la faccenda della sua gravidanza, non ci sarebbe stato bisogno che l’angelo del Signore apparisse in sogno, per spiegare a Giuseppe com'erano andate le cose.

Il fatto stesso che Giuseppe si proponeva di lasciare Maria segretamente senza esporla ad infamia, è una prova che Maria non gli disse niente del messaggio di Gabriele. La gravidanza di Maria, non aveva bisogno di nessuna testimonianza per incolparla di peccato di adulterio, passibile con la pena di morte, secondo la legge divina.

Anche se per un’assurda ipotesi, Giuseppe avesse portato a compimento il suo proposito di lasciare Maria segretamente, Maria sarebbe stata ugualmente giudicata rea di morte, per il fatto che era fidanzata con Giuseppe. Anche se ancora Maria e Giuseppe non abitavano insieme, quindi non c’era stato il contatto fisico fra i due, nondimeno erano considerati marito e moglie a tutti gli effetti. Davanti ad un pericolo di questo genere, per cui Maria veniva esposta, Dio non poteva permettere che la donna che Egli stessa aveva scelto per diventare la madre di Suo Figlio, venisse a trovarsi in quella situazione. L’infamia atroce che Maria avrebbe subito, nell’essere considerata una moglie che si era prostituita prima dell’unione con suo marito, ciò sarebbe stato imperdonabile dalla società.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
22/08/2011 00:22

Con il messaggio che Giuseppe riceve dall’angelo del Signore, le acque agitate si sono calmate, Maria viene ricevuta in casa di Giuseppe, Giuseppe si convince che Maria non ha commesso nessun peccato e ritorna la normalità tra i due. Matteo conclude il racconto col precisarci che lui (Giuseppe) non ebbe nessun rapporto coniugale con lei (Maria) (= relazioni sessuali) finché lei non ebbe partorito un figlio. L’ultimo riferimento che Matteo fa di Maria nel suo evangelo, riguarda quello che la gente diceva quando parlando di Gesù, affermava:

Non è questi il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda?
E le sue sorelle non sono tutte tra di noi? Da dove gli vengono tutte queste cose?»
(Matteo 13:55-56).

Testi sinottici che parlano di Maria madre di Gesù

I testi sinottici che parlano di Maria sono: Matteo 12:46-50; Marco 3:31-35 e Luca 8:19-21). Anche se in questi tre passaggi (che poi sono paralleli) il nome di Maria non è menzionato, è però presente l’appellativo di madre. Siccome è certo che la madre di Gesù era Maria, la domanda spontanea che nasce è: perché andò a trovare suo figlio, mentre questi era impegnato a parlare alle folle? La risposta la fornisce Marco:

Quello che afferma il vangelo di Marco

Poi entrò in una casa e la folla si radunò di nuovo, così che egli e i suoi non potevano neppure mangiare.
I suoi parenti, udito ciò, vennero per prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé»
(Marco 3:20-21).

Nel numero dei parenti di Gesù, non vanno solamente annoverati Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda, i suoi fratelli e le sue sorelle, va inclusa anche sua madre. Se lei, in maniera particolare va da Gesù, è perché non può rimanere indifferente davanti a quello che sente dire dalla gente intorno a suo figlio, cioè che è diventato pazzo, vale a dire fuori di sé. Questo sta dimostrando che Maria, non solo era molto sensibile come madre, ma era anche molto interessata alla vita di suo figlio.

Considerata la risposta che Gesù diede quando gli venne detto: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle là fuori che ti cercano» (Marco 3:32), potrebbe sembrare che Egli non avesse rispetto per i suoi familiari e, principalmente per sua madre. Però, se si considerano obbiettivamente le parole:

Girando lo sguardo su coloro che gli sedevano intorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!
Chiunque avrà fatto la volontà di Dio, mi è fratello, sorella e madre»
(vv. 34-35),

si può cogliere il significato che Gesù dava alla Sua missione in mezzo agli uomini e come Lui la considerasse al disopra della sua stessa famiglia carnale. Certo, non si può rimproverare Maria per essere uscita dalla casa e andare in cerca di suo figlio Gesù! Lei che era la madre, agì senza dubbio stimolata dall’affetto che nutriva verso il proprio figlio. Infine, Maria, credeva veramente che Gesù fosse diventato pazzo? Anche se non si può affermarlo, però un po’ di apprensione la manifestò, altrimenti non, si sarebbe comportata come si comportò.

Maria madre di Gesù nel vangelo di Giovanni

Nel vangelo di Giovanni, il nome della madre di Gesù non viene mai menzionato. Però, ci sono due episodi in cui si parla specificatamente di lei: alle nozze di Cana (Giovanni 2:1-12); e alla croce (19:25). Siccome questi due racconti sono molto importanti, per quello che ci possono insegnare, vale la pena riflettere e cercare di capirli nel loro significato intrinseco.

Maria alle nozze di Cana

Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù.
E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino».
Gesù le disse: «Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta».
Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà».
C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure.
Gesù disse loro: «Riempite d’acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all’orlo.
Poi disse loro: «Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono.
Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse:
«Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora».
Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui.
Dopo di questo, scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli, e rimasero là alcuni giorni
(2.1-12).

Non ha senso di logicità, quando Dan Brown, nel suo romanzo Il codici da vinci, afferma che il racconto delle nozze di Cana, era la festa nuziale del matrimonio di Gesù con Maria Maddalena. Chiunque legga il racconto delle nozze di Cana così come Giovanni l’ha tramandato, (e per leggerlo non ci vorrà un alto titolo di studio, basterà la semplice licenza elementare) non potrà mai dedurre che si è trattato del matrimonio di Gesù.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
23/08/2011 00:10

In questo racconto l’evangelista Giovanni afferma che Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. Se queste fossero state le sue nozze, come vorrebbe far credere Brown, si dovrebbe concludere che lo sposo invita se stesso al suo matrimonio. Chi sarebbe disposto ad accettare una simile tesi? Solo una persona che non fa funzionare il suo cervello, potrebbe accettare una simile spiegazione! Dato per scontato che la tesi del Brown non ha senso di logicità, il racconto delle nozze di Cana lo si deve esaminare, tenendo presente quello che Maria, madre di Gesù disse in quella circostanza e quello che disse e fece Gesù. Questo però non significa che si debba sottovalutare che anche Maria, fu invitata a queste nozze (visto che si sta parlando di lei in questo tratto del libro).

Sarà stato un matrimonio di famiglia? Può darsi! Tutto è possibile! Siccome non ci sono dati specifici, a rigore, non si può fare nessun'affermazione in merito. Siccome lo scopo non è quello di individuare chi si sposò in quel giorno, l’attenzione dovrà concentrarsi su Maria e sulle parole che lei pronunciò in quella circostanza. Nella situazione di tutta la narrazione, Maria dimostrò sensibilità e premura, al reale bisogno che si era determinato: il vino, elemento essenziale per una cerimonia nuziale di quel tempo, venne meno. Di conseguenza, gli addetti a servire, non sapevano come avrebbero potuto continuare il loro lavoro, senza avere a disposizione quella bevanda. Credendo che suo figlio aveva la virtù di fare un miracolo, Maria si rivolse a lui per dirgli che il vino che si serviva agli invitati, era finito. Quel suo intervento aveva lo scopo di sollecitare l’intervento di Gesù a compiere il miracolo che occorreva.

D’altra parte, Gesù sapeva che il miracolo era necessario; ma sapeva anche che l’avrebbe dovuto compiere, quando sarebbe arrivata l’ora sua. Quest'elemento che affiora dalla narrazione evangelica, ci fa comprendere che Gesù, nell’espletamento del Suo ministero, non dipendeva da sua madre, ma dal Padre Suo che lo aveva mandato sulla terra. Ed ecco perché rispose a sua madre: «Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta». Maria che comprese che le parole del figlio non avevano il senso spregiativo, nel chiamarla donna, anziché madre, invita subito i servitori, di fare tutto quel che suo figlio avrebbe detto. Maria con questo suo intervento, volle insegnare allora, come anche a noi oggi, che la nostra attenzione deve concentrarsi su Gesù e non su di lei.

Oggi, sfortunatamente ci sono moltitudini di persone che non hanno compreso il messaggio di Maria. La prova di questo stato di cose sta nel fatto che, si parla più di lei che di Gesù.

«Le parole sull’ora’ di Gesù sono misteriose e sono state oggetto di molte discussioni; da esse dipende in gran parte l’intepretazione più profonda del miracolo di Cana. Le spiegazioni sono varie, a seconda della risposta che si dà a due interrogativi esegetici: la frase è un’affermazione o una domanda retorica? Con la parola ‘ora’ s’intende la rivelazione attuale della gloria di Gesù nel segno di Cana, oppure l’ora della morte e della conseguente glorificazione di Gesù?
L’ora’ di Gesù, che non è ancora venuta, non ha tanto il significato d’un termine fisso, d’un tempo che si può calcolare, quanto piuttosto d’un decreto emanato dal Padre. Chi ha capito ciò (ammettendo che per ‘ora’ s’intenda la rivelazione attuale della gloria, nel miracolo) non ha ragione di stupirsi se Gesù opera il miracolo un po’ più tardi. E neppure Maria trova a ridire sull’insegnamento che ha ricevuto, se si fa premura di dare istruzioni ai servi, pur lasciando al figlio di decidere se intervenire o no» [R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, parte prima, pag. 462463].

Per capire quale senso dare alla frase l’ora mia non è ancora venuta, si devono esaminare gli altri tredici passaggi che l’evangelista ha nel suo vangelo, per stabilire se l’ora di cui si parla in Giovanni 2:4, ha lo stesso significato degli altri testi, o se c’è varietà.

Giovanni 4:21,23
Gesù le disse: «Donna, credimi; l’ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre
Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori
.

Leggendo tutto il contesto del dialogo che Gesù ebbe con la donna samaritana, si comprende subito che l’ora, di cui parla il testo, ha a che fare con l’adorazione. La vera adorazione che il Padre richiede dai veri adoratori, non consiste nel recarsi in un determinato luogo, ma nell’adorarlo in spirito e Verità. Quest’ora particolare, è stata istaurata da Gesù, con la sua venuta sulla terra. Infatti, è stato Lui, con il Suo insegnamento, che ha rivelato e fatto comprendere agli uomini (in quel tempo ai Giudei e ai samaritani, oggi a tutta l’umanità) che c’è un solo modo di adorazione che Dio vuole e gradisce, quella in spirito e verità.

Giovanni 5:25,28
In verità, in verità vi dico: l’ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio; e quelli che l’avranno udita, vivranno.
Non vi meravigliate di questo; perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce e ne verranno fuori
.

È chiaro che il significato dell’ora di cui parla Gesù in questo passaggio, si riferisce al tempo quando Egli chiamerà tutti i morti ad uscire fuori dei loro sepolcri. Si sa che i morti non sentono nessuna voce, perché in loro non c’è vita. Quando però, Gesù, indirizzerà la sua voce a tutti i morti, questi non solo la sentiranno, ma ubbidendo, usciranno fuori dei loro monumenti, perché Gesù che li ha chiamati, è il Signore dei vivi e dei morti (Romani 14:9).

Giovanni 7:30; 8:20
Cercavano perciò di arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso, perché l’ora sua non era ancora venuta.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
24/08/2011 00:11

Queste parole disse Gesù nella sala del tesoro, insegnando nel tempio; e nessuno lo arrestò, perché l’ora sua non era ancora venuta.

L’ora di cui parlano questi due passaggi, riguarda l’arresto del Figlio di Dio. Anche se i Giudei tentarono diverse volte di mettere le mani addosso a Gesù e di arrestarlo, non l’hanno potuto fare, perché mancavano loro i mezzi, ma per il semplice fatto che doveva scoccare l’ora che il Padre aveva fissato nel suo orologio, per quest'avvenimento. Quindi, è chiaro che, l’ora di questi due passaggi, riguarda l’arresto di Gesù.

Giovanni 12:23
Gesù rispose loro, dicendo: «L’ora è venuta, che il Figlio dell’uomo deve essere glorificato.

Leggendo il verso 24, si può capire bene a che cosa si riferiva Gesù, nel verso 23, cioè alla sua morte.

Giovanni 13:1
Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

È chiaro che l’ora del passaggio per Gesù dal mondo al Padre, sarà la sua morte e la sua risurrezione.

Giovanni 16:2,4
Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l’ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio.
Ma io vi ho detto queste cose, affinché quando sia giunta l’ora, vi ricordiate che ve le ho dette. Non ve le dissi da principio perché ero con voi
.

Con quelle parole Gesù voleva significare ai suoi quello che li attendeva, quando sarebbe arrivata quell’ora, cioè i maltrattamenti e il martirio. Quando arriverà quell’ora, i discepoli dovranno ricordare che Gesù l’aveva loro predetta.

Giovanni 16:25
«Vi ho detto queste cose in similitudini; l’ora viene che non vi parlerò più in similitudini, ma apertamente vi farò conoscere il Padre.

Visto che Gesù aveva parlato che la sua ora di tornare dal Padre era arrivata, e che dal Padre Egli avrebbe mandato ai suoi il Consolatore, cioè lo Spirito Santo, sarebbe stato per mezzo dello Spirito Santo che Gesù avrebbe fatto conoscere ai suoi il Padre.

Giovanni 16:32
L’ora viene, anzi è venuta, che sarete dispersi, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.

Era chiaro per Gesù che quando lui sarebbe stato arrestato, in vista della sua condanna a morte, i Suoi discepoli lo avrebbero lasciato solo, per la paura di essere presi anche loro e trattati nella stessa maniera del loro Maestro.

Giovanni 17:1
Gesù disse queste cose; poi, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, l’ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te.

Che l’ora della glorificazione del Figlio, era l’ora della Sua morte [Ecco cosa intendeva Agostino: «Questa era quell’ora della quale Gesù, quando si preparava a mutare l’acqua in vino, aveva parlato alla madre, dicendo: «Che c’è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora venuta». Egli aveva predetto quest’ora, che non era ancora giunta, e nella quale, nella imminenza della morte, avrebbe dovuto colei dal cui seno aveva ricevuto questa vita mortale». Si sa, però, da quanto abbiamo esposto, che l’interpretazione di Agostino, nel testo di (Giovanni 2:4), non ha quel significo], non ci vuole fatica per comprenderlo. Per gli uomini, l’ora della morte di Gesù, era il tempo in cui Egli sarebbe stato ridotto al silenzio per sempre. Mentre per Gesù, era il tempo della Sua glorificazione, perché Egli non sarebbe rimasto nella tomba, ma al terzo giorno sarebbe risuscitato. Tirando la somma di quanto Giovanni ha scritto circa l’ora, appare chiaro che il significato dell’ora mia non è venuta, in Giovanni 2:4, non è quella della Sua morte e della Sua risurrezione, ma quella di compiere il miracolo, di cambiare l’acqua in vino.

Maria alla croce di Gesù

Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena (19:25).

Anche per questo testo si è parlato e scritto tanto, specie da parte dei teologi cattolici, impregnati fortemente dei dogmi mariani, che fanno dire al testo sacro quello, che l’autore non aveva nella sua mente, quando scrisse la scena del calvario. Ecco cosa insegna la Chiesa Cattolica Romana:

«Stare presso la croce ha probabilmente qui un senso pregnante: comunicare, in fedeltà con il Cristo, al mistero che si compie sulla croce» [M. De Goedt, Bases bibliques de la maternité, in «Études Mariales», 1959, p. 50].

«Difatti, la presenza di Maria «presso la croce rappresenta il punto culminante della sua associazione alla missione salvifica di Cristo» [J. Alfaro, Cristologia a antropologia, Cittadella, Assisi 1973, p. 234], nel modo descritto dalla Lumen gentium (58/432): «Soffrendo profondamente con il suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di Lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata». La Passione di Gesù diventa in Maria una «Com-Passione».

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
25/08/2011 00:29

«Sulla croce — scrive G. Frénaud — le sofferenze di Maria e la sua offerta compiute in unione con il Salvatore hanno costituito l’atto più importante della sua maternità nei riguardi di ciascun fedele, divenendo così tesoriera e dispensatrice di tutte le grazie di salvezza» [G. Frénaud, Maternité spirituelle d’après les souverains Pontifes, in: «Études Mariales», 1959, p, 26].

«Le sofferenze di Maria non erano le sofferenze delle pie persone che assistevano al sacrificio, ma le sofferenze della madre della vittima che accettava di privarsene per il bene di tutti. Ciò che Ella compì per il Figlio, lo compì per i fedeli e per la Chiesa» [Ortensio Da Spinetoli, La Madonna della Lumen Gentium, Ed. Paoline, 1968, p. 126, in Luigi Melotti, Maria la madre dei viventi, p. 45].

Fornire un’esegesi di questo genere della presenza di Maria alla croce, significa trasportare la mariologia concepita e sviluppata dalla chiesa Cattolica Romana nella mente e nello scritto dell’apostolo Giovanni, cosa che il lettore non prevenuto dai dogmi mariani, non potrà mai leggere questo nello scritto di Giovanni. Sì, è vero che il dolore di Maria, non era lo stesso di quello che provavano le altre donne presenti con lei alla croce. Il suo, era senza dubbio il dolore di una madre, che vedeva il proprio figlio morire sulla croce innocentemente. Era infine, l’adempimento della profezia che Simeone aveva predetto, quando, parlando con Maria le disse: (e a te stessa una spada trafiggerà l’anima) (Luca 2:35).

Nelle diverse apparizioni che Gesù fece dopo la Sua risurrezione, è strano come Lui non abbia riservato un’apparizione particolare a Sua madre, almeno per onorarla per la sua associazione alle Sue sofferenze della croce, come spiega la chiesa Cattolica Romana. Chi ha buon intendimento, non sottovaluterà questo particolare che abbiamo messo in risalto, anzi sarà portato a considerarlo e valutarlo, armonizzando il tutto alla luce della Parola di Dio.

Maria negli Atti degli Apostoli

Dopo aver considerato quello che dicono gli evangeli intorno a Maria, madre di Gesù, resta da considerare l’unico testo che rimane del Nuovo Testamento, cioè di Atti 1:14

Tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù e con i fratelli di lui.

Sol perché Maria si trovò al cenacolo assieme agli altri, si fa dire al testo sopra citato, da parte dei mariologi, che lei, con la sua presenza, propiziò la venuta dello Spirito Santo, come per affermare che se Maria non si trovava al cenacolo, lo Spirito Santo non sarebbe venuto, e nessuno dei centoventi l’avrebbe ricevuto. Fare una simile affermazione, significa alterare il testo biblico volutamente, e fargli dire quello che non vuole riferire.

Se gli apostoli, con le donne e Maria perseverarono nella preghiera, fu essenzialmente in obbedienza al comando di Gesù che aveva loro ordinato di aspettare in Gerusalemme, la promessa del Padre. Se Maria si trovò assieme agli apostoli e alle altre donne al cenacolo, lo fu perché anche lei voleva ricevere lo Spirito Santo promesso, cioè essere battezzata con lo Spirito Santo, al pari di Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d’Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo (v. 13).

Si sa che a Pentecoste, a seguito della discesa dello Spirito Santo, nacque la Chiesa di Gesù Cristo. La chiesa non la fece nascere Maria, ma lo Spirito Santo. Com'è possibile che Maria possa essere considerata anche la madre della Chiesa? La prova che non è affatto vera che Maria sia da considerarsi la madre della chiesa, sta nel fatto che, dopo la pentecoste, Maria non è più nominata nel N.T., mentre lo Spirito Santo, nel solo libro degli Atti, è menzionato 42 volte, oltre alle tante volte che lo menziona l’apostolo Paolo. Se tutti i credenti, stando a quello che affermano i mariologi, sono figli di Maria, compresi Pietro e Paolo, i due apostoli più eminenti, è inconcepibile, che la loro madre, da loro, non fu mai nominata.

È forse un puro caso che, Paolo, Giacomo, Pietro, Giovanni (nelle epistole) e Giuda, scrittori del N.T. non menzionano mai Maria, la madre di Gesù nei loro scritti? Se si obbietta che l’ultimo libro del N.T., cioè l’apocalisse, Maria è nominata nel capitolo dodici, come una donna rivestita del sole, con la luna sotto i piedi e una corona di dodici stelle sul capo, si potrà chiedere: è proprio vero che la donna descritta in Apocalisse 12:1 è Maria? Che dire di quegli studiosi Cattolici, che contestano decisamente questa intepretazione, sostenendo che la donna di Apocalisse 12:1 non è Maria, ma Israele?

MARIA MADDALENA (2)

Di questa donna si parla in Matteo 27:56,61; 28:1; Marco 15:40,47; 16:1-19; Luca 8:2; 24:10; Giovanni 19:25; 20:1-18).

Maria Maddalena nei Sinottici

Per parlare di Maria Maddelema, bisogna cominciare dal vangelo di Luca, poiché è in quest'evangelo che vengono fornite alcune notizie di questa donna molto importanti.

Con lui vi erano i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni (Luca 8:2).

Maria Maddalena viene chiamata con questo nome perché proveniva da Magdala [«Secondo Billerbeck 1, 1046s. Magdala era una città famosa per la sua scostumatezza». Cifr. H. Schürmann, Il vangelo di Luca, 1, p. 709].

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
26/08/2011 01:03

«La possessione da parte di sette spiriti è indizio di un caso particolarmente grave, come in 11:26» Ibidem, p. 710, nota 19, in cui si riferisce: «La nuova introduzione di questa «Maddalena» impedisce di vedere in lei, con l’antica tradizione, la «peccatrice» di 7:36-50, tanto più che «peccato» e «possessione diabolica» nel N.T. non sono la stessa cosa»].

Se la donna peccatrice, di cui si parla in 7:36-50, fosse Maria Maddalena, Luca che, non è avvezzo a doppioni, non avrebbe mancato di specificare il nome, per evitare di interpretare erroneamente il racconto in questione. Siccome questo Luca non lo fa, bisogna concludere che Maria Maddalena di 8:2, non è la stessa della donna menzionata in 7:36-50.

Inoltre, per avvalorare questa tesi, in tutti i passaggi in cui si parla di Maria Maddalena, non la si definisce mai una «peccatrice», = una prostituta. Quest'elemento deve essere tenuto in considerazione, per non far dire al racconto evangelico quello che non vuole assolutamente asserire. Il fatto che si affermi che Maria Maddalena era posseduta da sette demoni, non è il solo Luca che lo riferisce, c’è anche la testimonianza di (Marco 16:9). Secondo una regola che vale per tutte le cose, una testimonianza per essere credibile, quindi vera, deve essere attestata da due o tre (Deuteronomio 17:6; Giovanni 8:17). Com'è avvenuta questa possessione in Maria Maddalena, non si sa. Forse c’è da escludere quello che afferma Gesù in (11:24-26), cioè:

Lo spirito immondo si aggira per luoghi aridi, cercando riposo; e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa, dalla quale sono uscito;
e, quando ci arriva, la trova spazzata e adorna.
Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrano ad abitarla; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima»
.

Comunque, indipendentemente di come siano andate le cose, quello che a Luca interessa, non è tanto riferirci del come Maria Maddalena è stata impossessata da sette demoni, quanto dall’essere stata liberata da Gesù. Per Gesù, non c’è nessuna differenza: sia che nella vita di una persona ci sia un demone, o sette, o addirittura una legione (Marco 5:9) [Una legione romana era composta di seimila unità], il Suo potere divino non conosce nessuna limitazione; prevale su tutte le forze dell’inferno.

Il fatto che poi si affermi che, Maria Maddalena, assieme a Giovanna e Susanna, assisteva Gesù e i dodici con i suoi beni, è una prova come questa donna seppe manifestare la sua riconoscenza per il gran bene ricevuto da Gesù. Fatta questa precisazione, non si parla più di Maria Maddalena, durante il ministero di Gesù in mezzo agli uomini. Si riparla di lei, quando Gesù fu crocefisso e risuscitò dai morti. Matteo precisa che quando Giuseppe d’Arimatea, mise il corpo di Gesù nella sua tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia, Maria Maddalena, era seduta di fronte al sepolcro (Matteo 27:59-61).

Marco aggiunge che, Maria Maddalena stava guardando il luogo dov’era stato messo Gesù (Marco 15:47). Da parte sua Luca specifica che:
Le donne che erano venute con Gesù da Galilea, avendo seguito Giuseppe, guardarono la tomba, e come vi era stato deposto il corpo di Gesù.
Poi, tornarono indietro e prepararono aromi e profumi. Durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento
(23:55-56).

Anche se in questo testo non è menzionato il nome di Maria Maddalena, non si può escludere che nel numero di queste donne che prepararono aromi e profumi, ci fosse anche lei (Marco 16:1). Il testo di 24:9-10; lo conferma, quando attesta che, tra quelle che ritornarono dal sepolcro: Giovanna e Maria madre di Giacomo, c’era anche Maria Maddalena.

Matteo 28:1; Luca 24:1 e Giovanni 20:1, affermano che Maria Maddalena si recò al sepolcro il primo giorno della settimana. (Marco 16:9) riferisce che Gesù, dopo la sua risurrezione, apparve prima a Maria Maddalena. Inoltre, Perché Maria Maddalena, assieme alle altre donne andò al sepolcro per ungere il corpo di Gesù? Perché effettivamente non credeva che Gesù sarebbe risuscitato dai morti, come sostiene il mio libro [Cfr. D. Barbera, L’uomo si comporta ed agisce in conformità a quel che crede, pagg. 45-66].

L’incarico che Maria Maddalena ricevette, (assieme alle altre donne) sia dall’angelo del Signore e sia da Gesù (Matteo 28:5-10; Marco 16:5-7) fu quello di annunziare agli apostoli la risurrezione di Gesù.

Maria Maddalena nel vangelo di Giovanni

La menzione che Giovanni fa di Maria Maddalena nel suo evangelo, merita una particolare attenzione, per chiarire certe cose che egli afferma di lei. I passaggi dove è menzionata questa donna, sono (19:25 e 20:1,11-18).

19:25
Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena (19:25).

Pensare, come qualcuno ha supposto che, Maria Maddalena, fosse la sorella di Maria madre di Gesù [Cfr. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, III, p. 447], significa non ritenere valida la precisazione che fa l’evangelista Giovanni, e mettere in campo un’ipotesi che non trova nessun appoggio in tutti i passi del N.T. dove si parla di lei. Se veramente la Maddalena fosse stata la sorella di Maria madre di Gesù, per farla rientrare nell’ambito della parentela di Gesù, per giustificare la sua presenza alla croce, Giovanni, sarebbe incorso in un madornale errore, menzionando per nome Maria Maddalena, dopo di Maria di Cleopa.

Si continuerà il prossimo giorno...
OFFLINE
Post: 1.112
Età: 90
Sesso: Maschile
27/08/2011 00:06

«La possessione da parte di sette spiriti è indizio di un caso particolarmente grave, come in 11:26» Ibidem, p. 710, nota 19, in cui si riferisce: «La nuova introduzione di questa «Maddalena» impedisce di vedere in lei, con l’antica tradizione, la «peccatrice» di 7:36-50, tanto più che «peccato» e «possessione diabolica» nel N.T. non sono la stessa cosa»].

Se la donna peccatrice, di cui si parla in 7:36-50, fosse Maria Maddalena, Luca che, non è avvezzo a doppioni, non avrebbe mancato di specificare il nome, per evitare di interpretare erroneamente il racconto in questione. Siccome questo Luca non lo fa, bisogna concludere che Maria Maddalena di 8:2, non è la stessa della donna menzionata in 7:36-50.

Inoltre, per avvalorare questa tesi, in tutti i passaggi in cui si parla di Maria Maddalena, non la si definisce mai una «peccatrice», = una prostituta. Quest'elemento deve essere tenuto in considerazione, per non far dire al racconto evangelico quello che non vuole assolutamente asserire. Il fatto che si affermi che Maria Maddalena era posseduta da sette demoni, non è il solo Luca che lo riferisce, c’è anche la testimonianza di (Marco 16:9). Secondo una regola che vale per tutte le cose, una testimonianza per essere credibile, quindi vera, deve essere attestata da due o tre (Deuteronomio 17:6; Giovanni 8:17). Com'è avvenuta questa possessione in Maria Maddalena, non si sa. Forse c’è da escludere quello che afferma Gesù in (11:24-26), cioè:

Lo spirito immondo si aggira per luoghi aridi, cercando riposo; e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa, dalla quale sono uscito;
e, quando ci arriva, la trova spazzata e adorna.
Allora va e prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui, ed entrano ad abitarla; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima»
.

Comunque, indipendentemente di come siano andate le cose, quello che a Luca interessa, non è tanto riferirci del come Maria Maddalena è stata impossessata da sette demoni, quanto dall’essere stata liberata da Gesù. Per Gesù, non c’è nessuna differenza: sia che nella vita di una persona ci sia un demone, o sette, o addirittura una legione (Marco 5:9) [Una legione romana era composta di seimila unità], il Suo potere divino non conosce nessuna limitazione; prevale su tutte le forze dell’inferno.

Il fatto che poi si affermi che, Maria Maddalena, assieme a Giovanna e Susanna, assisteva Gesù e i dodici con i suoi beni, è una prova come questa donna seppe manifestare la sua riconoscenza per il gran bene ricevuto da Gesù. Fatta questa precisazione, non si parla più di Maria Maddalena, durante il ministero di Gesù in mezzo agli uomini. Si riparla di lei, quando Gesù fu crocefisso e risuscitò dai morti. Matteo precisa che quando Giuseppe d’Arimatea, mise il corpo di Gesù nella sua tomba nuova, che aveva fatto scavare nella roccia, Maria Maddalena, era seduta di fronte al sepolcro (Matteo 27:59-61).

Marco aggiunge che, Maria Maddalena stava guardando il luogo dov’era stato messo Gesù (Marco 15:47). Da parte sua Luca specifica che:
Le donne che erano venute con Gesù da Galilea, avendo seguito Giuseppe, guardarono la tomba, e come vi era stato deposto il corpo di Gesù.
Poi, tornarono indietro e prepararono aromi e profumi. Durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento
(23:55-56).

Anche se in questo testo non è menzionato il nome di Maria Maddalena, non si può escludere che nel numero di queste donne che prepararono aromi e profumi, ci fosse anche lei (Marco 16:1). Il testo di 24:9-10; lo conferma, quando attesta che, tra quelle che ritornarono dal sepolcro: Giovanna e Maria madre di Giacomo, c’era anche Maria Maddalena.

Matteo 28:1; Luca 24:1 e Giovanni 20:1, affermano che Maria Maddalena si recò al sepolcro il primo giorno della settimana. (Marco 16:9) riferisce che Gesù, dopo la sua risurrezione, apparve prima a Maria Maddalena. Inoltre, Perché Maria Maddalena, assieme alle altre donne andò al sepolcro per ungere il corpo di Gesù? Perché effettivamente non credeva che Gesù sarebbe risuscitato dai morti, come sostiene il mio libro [Cfr. D. Barbera, L’uomo si comporta ed agisce in conformità a quel che crede, pagg. 45-66].

L’incarico che Maria Maddalena ricevette, (assieme alle altre donne) sia dall’angelo del Signore e sia da Gesù (Matteo 28:5-10; Marco 16:5-7) fu quello di annunziare agli apostoli la risurrezione di Gesù.

Maria Maddalena nel vangelo di Giovanni

La menzione che Giovanni fa di Maria Maddalena nel suo evangelo, merita una particolare attenzione, per chiarire certe cose che egli afferma di lei. I passaggi dove è menzionata questa donna, sono (19:25 e 20:1,11-18).

19:25
Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena (19:25).

Pensare, come qualcuno ha supposto che, Maria Maddalena, fosse la sorella di Maria madre di Gesù [Cfr. R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, III, p. 447], significa non ritenere valida la precisazione che fa l’evangelista Giovanni, e mettere in campo un’ipotesi che non trova nessun appoggio in tutti i passi del N.T. dove si parla di lei. Se veramente la Maddalena fosse stata la sorella di Maria madre di Gesù, per farla rientrare nell’ambito della parentela di Gesù, per giustificare la sua presenza alla croce, Giovanni, sarebbe incorso in un madornale errore, menzionando per nome Maria Maddalena, dopo di Maria di Cleopa.

Si continuerà il prossimo giorno...
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 2 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 09:39. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com