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Domenico34 – La fede – XX. La fede dei profeti

Ultimo Aggiornamento: 16/01/2011 13:18
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14/01/2011 13:33

Capitolo 20



LA fede DEI PROFETI

E che dirò di più? Infatti mi mancherebbe il tempo se volessi raccontare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Jefte, di Davide, di Samuele e dei profeti (Ebrei 11:32).

Avendo passato in rassegna tutti i nominativi elen-cati nel capitolo undici della lettera agli Ebrei, con-cludiamo col prendere in esame l’ultima frase di questo testo, cioè dei profeti, che, secondo quello che specifica lo scrittore agli Ebrei, non sarà difficile individuarli, anche se le summenzionate specificazioni si possono riferire pure ad altri personaggi.

1. LA FRASE: “TURARONO LE GOLE DEI LEONI”

Anche se questa frase può riferirsi a Sansone (Giudici 14:6) e a Davide (1 Samuele 17:34), quasi certamente si riferisce a Daniele (Daniele 6:22). Tenendo per scontato che la suddetta frase si riferisca a Daniele, è fondamentalmente importante esaminare l’evento che la Scrittura ci fornisce, per meglio capire e valutare la fede che agiva nella vita di questo nobile profeta dell’Eterno.

Piacque a Dario di stabilire sul regno centoventi satrapi, i quali fossero preposti su tutto il regno,
e sopra di loro tre prefetti, di cui uno era Daniele, ai quali quei satrapi dovevano render conto, perché il re non ne soffrisse alcun danno
(Daniele 6:1-2).

Secondo questo testo, Daniele, non era stato solamente uno dei centoventi satrapi scelti per salvaguardare gli interessi del regno di Dario, ma era stato anche promosso prefetto, assieme ad altri due, perché tutti i satrapi gli rendessero conto del loro lavoro.
Quest’alta carica amministrativa che Daniele occupava, non era solo il risultato della sua straordinaria intelligenza e capacità di sovrintendere, ma era soprattutto perché in lui vi era qualcosa di diverso rispetto agli altri:

Ora questo Daniele eccelleva sugli altri prefetti e satrapi, perché in lui c’era uno spirito superiore, e il re pensava di stabilirlo sopra tutto il regno (Daniele 6:3)

Ci sembra ovvio che lo spirito superiore che era in Daniele non si riferiva allo spirito umano ma a quello di Dio. Era, infatti, questo Spirito, che abitava in Daniele, e che in fin dei conti ne faceva la differenza. Il fatto poi che Dario pensava di promuovere Daniele a capo di tutto il suo regno, è una prova, che il re non manteneva per sé solamente quello che notava nella vita di Daniele, lo faceva capire agli altri.
Questo accadeva con ogni probabilità, ogni volta che i tre prefetti dovevano riferire al re, intorno al comportamento di tutti i satrapi, Daniele si distingueva, soprattutto per la sua fedeltà. Quello che la Bibbia afferma, è molto importante metterlo in risalto:

Allora i prefetti e i satrapi cercarono di trovare un pretesto contro Daniele riguardo l’amministrazione del regno, ma non poterono trovare alcun pretesto o corruzione, perché egli era fedele e non si potè trovare in lui alcun errore o corruzione (Daniele 6:4).

Corrompersi, specie quando la carica è di una certa elevatezza, è molto facile, e l’uomo che non ha il timore del Signore, cade facilmente nella trappola dei regali e delle ricompense. L’egoismo dell’uomo è tale, che spessissimo ignora o fa finta di ignorare, che non sarà possibile, a lungo andare, mantenere nascosto un imbroglio o un illecito guadagno, senza che venga alla luce.

Coloro che hanno creduto di poter mantenere l’illecito nel segreto, hanno dovuto pagare a caro prezzo i loro imbrogli, o come si direbbe in termini moderni: “Il loro abuso di potere”. La fedeltà che Daniele manifestava negli affari dell’amministrazione pubblica era inconfutabile; non era saltuaria, ma permanente.
Dato che in questo settore della vita non fosse possibile trovare nessun difetto, si pensò allora di cercarlo nella sua esistenza privata, per ciò che riguardava l’adorazione del suo Dio.

È da notare, a questo punto, che i sentimenti invidiosi che vennero messi in evidenza nei confronti di Daniele, riguardavano persone che avevano lo stesso incarico amministrativo di Daniele, tranne i satrapi che erano nettamente inferiori, la stessa posizione sociale e la stessa importanza.
Se questi signori non potevano vedere di buon occhio Daniele, non era solamente per quello che ventilava Dario, circa la promozione che voleva dare a Daniele, ma verteva essenzialmente nel fatto che essi non volevano riconoscere le abilità di Daniele e la sua indiscussa fedeltà.

Poteva sembrare strano, e addirittura impensabile che, nell’ambito di questi colleghi, si preparasse una trappola per Daniele, e che gli stessi, potessero presentare una ferma accusa contro di lui, davanti al re Dario, col preciso intento naturalmente, di toglierlo di mezzo.
È stato sempre così, e continuerà ad esserlo, che sono gli amici, i fidati, i colleghi di lavoro, i compagni inseparabili, che per i primi, alzeranno la loro mano e faranno sentire la loro voce, contro la persona “indesiderata” per metterla, in un primo tempo sotto accusa e poi per metterla definitivamente fuori. Quando leggiamo:

Allora quei prefetti e satrapi si radunarono tumultuosamente presso il re e gli dissero: O re Dario, possa tu vivere per sempre!
Tutti i prefetti del regno, i governatori e i satrapi, i consiglieri e i comandanti si sono consultati insieme per promulgare un editto reale e fare un fermo decreto, in base ai quali chiunque durante trenta giorni rivolgerà una richiesta a qualsiasi dio o uomo all’infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni.
Ora, o re, promulga il decreto e firma il documento, in modo che non possa essere cambiato in conformità alla legge dei Medi e dei Persiani, che è irrevocabile
(Daniele 6:6-8).

Non si deve pensare che quella riunione straordinaria ad alto livello, si sia tenuta con l’assenza di Daniele. Dobbiamo credere, per forza di coerenza, che Daniele era lì presente quando venne proposta a Dario quella legge.
Se dovessimo accettare per un momento l’assenza di Daniele, sarebbe nato il sospetto nello stesso re, e facilmente quella legge, non sarebbe stata mai promulgata. Ma siccome Daniele era lì presente e non si opponesse a quel progetto, il re visto che regnava l’unanime accordo, non ci pensò tre volte a firmare il decreto per essere divulgato in tutto il suo regno.

Il decreto concepito in quella maniera, sicuramente avrà fatto presa nella mente di Dario, non solamente per il divieto in se stesso di esercitare una qualsiasi forma religiosa, ma perché lui stesso diventava l’oggetto divino, al quale potevano rivolgersi le persone senza incorrere nelle penalità della legge.
A questo punto, fare alcune considerazioni sul carattere di Daniele, si impongono di dovere, per meglio capire la fede di quest’uomo.
Anzitutto è da ingenui pensare che Daniele, lì per lì, non capisca perché i suoi colleghi avessero presentato al re quella proposta di legge, articolata in quella precisa maniera. Daniele capì subito che quel divieto di “rivolgere una richiesta a qualsiasi dio”, era essenzialmente diretta contro di lui, per ostacolarlo nell’esercizio della sua fede.

Daniele avrà detto dentro di sé: sicuramente tutta l’operazione è rivolta verso di me; si vuole a qualsiasi costo ostacolarmi, affinché io smetta di pregare il mio Dio, e rinunzi alla mia fede.
Qualunque cosa accadrà, non desisterò dal mio proposito e non mi lascerò intimidire dalla minaccia di essere gettato nella fossa dei leoni. La sua bocca si chiuse davanti agli uomini, non perché gli avessero tolta la parola o per non aver avuto la capacità di far vedere al re, l’insincerità di quegli uomini, ma preferì aprirla davanti al suo Dio, che più di tutti avrebbe saputo ben capire le cose.

Si continuerà il prossimo giorno...
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15/01/2011 04:39

Quando Daniele seppe che il documento era stato firmato, entrò in casa sua. Quindi nella sua camera superiore, con le sue finestre aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno si inginocchiava, pregava e rendeva grazie al suo Dio, come era solito fare prima (Daniele 6:10).

In un primo momento questo testo ci potrebbe suggerire che quando viene fatta la proposta di divieto di pregare qualsiasi dio, Daniele non fosse presente; ma considerando quello che Daniele era nella mente di Dario, la sua assenza oltre ad insospettire lo stesso
Dario, non poteva essere giustificata in nessuna maniera. Se poi si pensa che quei signori che fecero la proposta di legge al re Dario, non andarono da lui col decreto già scritto, pronto per la firma, ma solamente con il suggerimento verbale, l’autografo che il re appose al provvedimento, non richiedeva necessariamente che avveniva davanti ai prefetti e ai satrapi, ma nell’ufficio del sovrano.

La cosa che a noi interessa mettere in risalto, è l’attitudine che Daniele assunse davanti a quella nuova situazione, perché è quest’attitudine che maggiormente mette in evidenza la sua fede. Daniele, nel passato, aveva l’abitudine di pregare tre volte il giorno il suo Dio; non è però chiaro se questa sua consuetudine riguardasse anche di tenere le finestre aperte.

Se Daniele non teneva le finestre aperte nel passato e lo fece quando seppe che il re aveva firmato il decreto, questa sua azione non è presuntuosità, ma atto eroico di fede, che sfidando tutti e tutti, si erge come un vero eroe, degno di essere annoverato nel numero dei valorosi della fede. Non c’è da stupirsi se nel giro di poco tempo, Daniele fu accusato davanti al re Dario, come uno che

non mostra alcun riguardo per te, o re, o per il decreto che hai firmato, ma rivolge suppliche al suo Dio tre volte al giorno (Daniele 6:13).

Tutta la premura e l’interessamento che Dario mostrò per Daniele, per non farlo gettare nella fossa dei leoni, in quella particolare circostanza, non ebbero nessun risultato, per l’enorme pressione che venne esercita su di lui. Davanti al fatto che la legge che egli aveva firmato era un “ordinamento giudiziario dei Medi e dei Persiani”, vale a dire irrevocabile, Dario dovette ordinare che Daniele venisse gettato nella fossa dei leoni. Sono belle le parole che il re pronuncia davanti a Daniele:

...Il tuo Dio, che tu servi del continuo, sarà egli stesso a liberarti (Daniele 6:16).

Quando poi di mattino, dopo una notte insonne, il re

si recò in fretta alla fossa dei leoni.
Giunto vicino alla fossa, chiamò Daniele con voce accorata; il re prese a dire a Daniele: Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio, che tu servi del continuo ha potuto liberarti dai leoni?
Allora Daniele disse al re: O re, possa tu vivere per sempre!
Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le bocche dei leoni, ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma anche davanti a te, o re, non ho fatto alcun male
(Daniele 6:19-22).

Ecco la conclusione gloriosa di una vicenda, che umanamente parlando era senza speranza e senza sbocchi. Dio, intervenendo tramite il suo angelo, chiuse le bocche dei leoni, e Daniele venne salvato da una morte sicura. Se da una parte è vero che fu l’angelo di Dio a chiudere le bocche dei leoni, dall’altra, è altrettanto vero che fu la “fede” di Daniele che turò le gole dei leoni.

2. SPENSERO LA FORZA DEL FUOCO

La frase, spensero la forza del fuoco, indubbiamente si riferisce ai tre giovani Ebrei, Shadrak, Meshak e Abed-nego, (Daniele 3). Anche per la storia di questi tre giovani Ebrei vale la pena considerarli alla luce del testo biblico per meglio comprendere la loro vita e metterne in risalto, nello stesso tempo, la loro fede. Il re Nebukadnetsar fa erigere una statua d’oro nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia, con preciso intento che tutti i dipendenti del suo regno l’adorino.

Quindi l’araldo gridava a gran voce: A voi, popolo, nazioni e lingue è ordinato che,
appena udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, della lira, del salterio, della zampogna e di ogni genere di strumenti, vi prostriate per adorare l’immagine d’oro che il re Nebukadnetsar ha fatto erigere;
chiunque non si prostrerà per adorare, sarà subito gettato in mezzo a una fornace di fuoco ardente
(Daniele 3:4-6).

Davanti ad un simile e categorico ordine, non c’era niente da fare: l’unica cosa era di gettarsi a terra e adorare l’immagine che il re aveva fatto erigere. Quando però il decreto del re venne emanato, ci furono tre uomini che non tennero conto di quello che era stato ordinato. A questo punto la Scrittura precisa:

Or ci sono alcuni Giudei che hai preposto all’amministrazione degli affari della provincia di Babilonia, Shadrak, Meshak e Abed-nego, che non prestano alcuna considerazione a te; non servono i tuoi dèi e non adorano l’immagine d’oro che hai fatto erigere (Daniele 3:12).

L’ira del re, nei confronti dei tre giovani Ebrei non si fa attendere, quando viene a sapere che Shadrak, Meshak e Abed-nego, non hanno obbedito ai suoi ordini. E, come se il re non credesse a quello che gli era stato riferito, nel rivolgere la sua parola a quei tre giovani, disse loro:

Shadak, Meshak e Abed-nego, è vero che non servite i miei dèi e non adorate l’immagine d’oro che io ho fatto erigere?
Ora, non appena udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, della lira, del salterio, della zampogna e di ogni genere di strumenti, se siete pronti a prostrarvi per adorare l’immagine che io ho fatto, bene; ma se non l’adorate, sarete subito gettati in mezzo ad una fornace di fuoco ardente; e qual è quel dio che potrà liberarvi dalle mie mani?
(Daniele 3:14,15).

Con la sua autorità e arroganza, il re credeva che avrebbe potuto piegare l’ostinatezza dei tre giovani Ebrei intorno a quello che si diceva di loro. Davanti all’autorità di quell’austero monarca, chi avrebbe osato pronunziare il suo no, senza nessuna titubanza?
Lo stesso re, non avrebbe mai pensato di sentire con le sue orecchie, quello che gli dissero i tre giovani, anche perché erano stati da lui

preposti all’amministrazione degli affari della provincia di Babilonia. Ma Shadrak, Meshak e Abed-nego al sentire quelle parole risposero:
O Nebukadnetsar, noi non abbiamo bisogno di darti risposta in merito a questo.
Ecco, il nostro Dio, che serviamo, è in grado di liberarci dalla fornace di fuoco ardente e ci libererà dalla tua mano, o re.
Ma anche se non lo facesse, sappi o re, che non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo l’immagine d’oro che tu hai fatto erigere
(Daniele 3:16-18).

L’ira oltre misura che apparve sul volto del re, nei confronti di quei tre giovani Ebrei, era più che giustificata, umanamente parlando, se si pensa, con quale fermezza e coraggio Shadrak, Meshak e Abed-nego, avevano affrontato l’autorità del monarca, con il loro preciso e categorico no!
La risposta dei tre giovani Ebrei: Ma anche se non lo facesse, sappi o re, che non serviremo i tuoi dèi, dovrebbe essere presa in seria considerazione, perché qui sta il segreto della fede di questi Ebrei. Davanti a loro non si poneva il problema se sottostare all’autorità del re che esigeva completa ubbidienza; c’era la ferma determinazione di obbedire alla legge divina del loro Dio, che diceva chiaramente:

Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù nei cieli o quaggiù sulla terra o nelle acque sotto la terra.
Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisce l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano,
e uso benignità a migliaia, a quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti
(Esodo 20:4-6).

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16/01/2011 13:18

Valutato in questo contesto, la fede dei tre giovani Ebrei, è una fede gigantesca, degna di comparire nell’elenco degli eroi della fede. Come se le fiamme semplici del fuoco non bastassero, la fornace fu riscaldata sette volte più di quanto si soleva riscaldare poi Shadrak, Meshak e Abed-nego, vi furono gettati dentro la fornace, legati dalla testa ai piedi.

Il principio divino è sempre valido per tutte le generazioni e per ogni tempo: Io onoro quelli che mi onorano (1 Samuele 2:30). Il miglior modo di onorare Dio, è quando si presta attenzione alla Sua Parola e la si mette in pratica.
Il fuoco non fece altro che bruciare i legami con i quali erano stati legati i tre giovani Ebrei, e quindi renderli liberi, da permetter loro di

camminare in mezzo al fuoco, senza subire alcun danno, in compagnia di un quarto, simile a quello di un figlio di Dio (Daniele 3:25).

Davanti ad una simile manifestazione miracolosa, non solo la grandezza di Dio viene messa in risalto davanti a tutti, e convince lo stesso re Nebukadnetsar a chiamare Shadak, Meshak e Abed-nego, servi del Dio Altissimo (Daniele 3:26), ma mette anche in evidenza che fu la fede di questi tre giovani, che spense la forza del fuoco (Ebrei 11:34).

3. SCAMPARONO AL TAGLIO DELLA SPADA

Anche se questa frase potrebbe riferirsi ai Maccabei, ammesso che probabilmente lo scrittore agli Ebrei conoscesse quei libri, non vi sono però sufficienti ragioni per ritenere che scrivendo scamparono al taglio della spada ciò si riferisse esclusivamente a loro. Dato che la frase ha un senso generico, può facilmente riguardare Davide (1 Samuele 18:11); 19:10,12; 21:10); Elia (1 Re 19:1,2) o anche Eliseo (2 Re 6:13,31). Il fatto poi che più in là si afferma che:

Altri subirono scherni e flagelli, e anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, tentati, morirono uccisi di spada (Ebrei 11:36,37),

non ci autorizza ad esaltare quelli che C]scamparono al taglio della spada, e sottovalutare quelli che morirono uccisi di spada, come se i primi fossero stati persone di fede, quindi meritevoli di essere risparmiati, mentre i secondi no.
Si tenga inoltre presente che sia gli uni che gli altri, fossero uomini di fede. Ci sono poi certe cose che non riescono a capirsi, per esempio: un Pietro che viene liberato dal taglio della spada di Erode e Giacomo che viene messo a morte (Atti 12). Anche se per tutte le cose, non riusciamo ha dare una valida spiegazione, nondimeno li accettiamo, sapendo soprattutto che Dio, il Sovrano su tutti e su tutto, tiene sotto controllo circostanze e uomini, e la vita dei suoi figli, è nelle Sue mani, poiché è certo che nessuno potrà rapirli dalle Sue palme e dalle mani di Gesù Cristo ( Giovanni 10:28,29).

PS: Se ci sono delle domande da fare, fatele liberamente, e, da parte nostra, saremo felici di rispondere.
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