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Domenico34 - Insegnando le cose che Gesù ha comandato di osservare

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2011 00:08
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15/08/2011 00:18

Con tutto il profetizzare che avranno fatto nel nome di Gesù e con tutte le opere potenti che avranno fatto nel suo nome, non c’è posto per loro nel regno dei cieli; saranno perentoriamente escluse dal cielo. Com’è possibile ciò? C’è una sola risposta a questo inquietante interrogativo: È che, chi avranno profetizzato, cacciato demoni e fatte opere potenti nel nome di Gesù, non hanno fatto appieno la volontà del Padre celeste, la sola valida per entrare nel cielo.

Si ribatterà: È mai possibile che una persona del tipo di Matteo 7:21, non faccia la volontà di Dio e sia stata usata per compiere opere miracolose? Il tutto diventa chiaro quando si pensa all’apostolo Paolo. Quest’uomo, con tutto il suo attivo di fatiche e successi missionari, può dire di se stesso:

Io quindi corro, ma non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria; anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia riprovato (1 Corinzi 9:26,27).

Quando il profetizzare, il cacciare demoni e l’operare opere potenti, non vengono fatte in vista e per amore (1 Corinzi 13), tutto diventa privo di significato e di vero valore. Questo severo monito, ha un solo obbiettivo: far vedere all’uomo qual’è la sola cosa importante ed indispensabile che apre la porta del cielo, senza nessuna diffità e che dà pieni diritti di entrare: Fare la volontà del Padre celeste. Se il profetizzare e compiere azioni miracolose non hanno come mira la suprema volontà di Dio, ch’è rinuncia a noi stessi ed accettazione incondizionata di quello che Egli vuole da noi, ciò sarà un correre in vano, un battere l’aria, un dare agli altri ed essere riprovato.

La serietà e la fermezza della parola di Gesù dovrebbe portarci ad una seria e profonda riflessione e portarci e chiedere: Sto vivendo solo per me stesso? Le cose che faccio, le compio in accordo con quello che Dio vuole, con quello che Egli approva, o è soltanto una pura e formalistica professione di fede avendo come mira il plauso e il beneplacito degli uomini? Sto dedicando la mia vita per il bene degli altri o vivo solamente pensando a me stesso?

Solo se ci proponiamo sinceramente e ci impegniamo seriamente a vivere la nostra vita cristiana in accordo e nell’adempimento della parola di Gesù, saremo sulla buona strada della volontà di Dio. Quando poi avremo terminato il nostro corso su questa terra, troveremo la porta del cielo spalancata e sentiremo una voce che ci dirà:

Entra mio fedele servitore... nella gioia del tuo Signore (Matteo 25:21).

21. UNA PRECISA DISPOSIZIONE A PREGARE IL PADRE CHE SPINGA DEGLI OPERAI

Ben è la messe grande, ma gli operai sono pochi . Pregate dunque il Signore della messe che spinga degli operai nella sua messe (Matteo 9:37,38; Luca 10:2).

La richiesta di preghiera di cui parla il nostro testo, oltre ad essere un’invocazione specifica, ci permette di valutare l’importanza che Gesù dà alla preghiera e il valore che hanno gli operai davanti agli occhi di Dio. È in una dimensione divina che Gesù vuole condurre i suoi discepoli, affinché imparino, non solo a saper pregare come si conviene., ma anche e soprattutto imparino a conoscere la necessità che c'è nella gran messe. Che il campo di lavoro, secondo questo detto di Gesù, sia grande, vale a dire c'è tanta possibilità di lavorare per molti, appare evidente. Quest'enorme possibilità soprattutto è chiara per coloro i quali hanno la volontà e la disponibilità di lavorare in questo campo. Qui non si tratta di considerare la messe come

«l'insieme delle piante e dei cereali (e, in partiare modo, il frumento) che crescono in un'estensione di terreno tivato, considerati nelle varie fasi del loro sviluppo; si deve piuttosto pensare alla maturazione, al tempo della mietitura, alla stagione della racta».

Il termine greco adoperato nel testo di Matteo è therismos [Per la storia del concetto F. Hauck, GLNT, (Grande lessico del Nuovo Testamento), Vol. IV, 497-500] che significa appunto: “Raccogliere i prodotti dell'estate, falciare, mietere”.

È questo il lavoro specifico del nostro testo che sta esaminando. Anche se non c'è varietà di lavoro, c'è però l'abbondanza che richiede tanti operai. Si potrebbe chiedere perché mai Gesù ordina ai suoi discepoli di pregare che il padrone della messe spinga degli operai nel suo campo, e non lo fa per coloro i quali sono e dovranno essere impegnati a spargere il seme. Si potrebbe forse avere una mietitura senza semina? Il lavoro del seminatore, è forse meno importante da quello di chi raccoglie? Assolutamente no!

Anche se il seminatore quando porta e sparge il seme, va piangendo (Salmo 126:5,6). Se Gesù ordina di pregare che ci siano degli operai per raccogliere i prodotti dell'estate, non è tanto per ignorare o sottovalutare il lavoro che (probabilmente viene fatto da altr per ciò che concerne la semina, quanto per il rischio che c'è di perdere il racto per mancanza di operai. Appare abbastanza chiaro dalle parole che Gesù pronunciò in altra circostanza, quando affermò:

Il mietitore riceve premio e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il falciatore si rallegrino assieme. Poiché in questo è vero il detto: l'uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandato a mietere quello intorno a cui non avete faticato; altri hanno faticato, e voi siete entrati nella loro fatica (Giovanni 4:36-38).

Gli esegeti fanno oggetto di dettagliate discussioni per individuare, nelle varie parole di questo testo, quello che Gesù voleva dire o a chi si riferiva per il seminatore e il mietitore. Non si mette in dubbio che Gesù, secondo la famosa parabola del seminatore, sia Egli stesso il gran seminatore. Ma il volere restringere, in maniera quasi dogmatica, che il mietitore, del v. 36 sia Gesù Cristo stesso, significa negare che il testo possa riferirsi anche ad un qualsiasi operaio che il padrone della messe manderà.

«Anche se le parole del v. 38: io vi ho mandato a mietere che immancabilmente sono riferite ai discepoli, contribuisce ad estendere il significato di mietitore ad altri, oltre che a Gesù e al Padre. Il volere stabilire che chi ha faticato, siano solamente il Padre e Gesù, e non vedere in quella frase un qualsiasi lavoro missionario (anche quello preparatorio, che in questo caso fu svolto da Mosè e dai profet significa ignorare il principio spirituale che Gesù ha voluto insegnare in questa circostanza, cioè che il mietitore merita una ricompensa, ma nello stesso tempo avverte che nessun falciatore può raccogliere il frutto indipendentemente dal seminatore» [D. Guthrie, Commentario Biblico, III, pag. 20].

Se la parola alloi = Altri, significa solamente il Padre e Gesù, ci si domanda perché mai Gesù non l'abbia specificarlo. Ma se la frase include anche tutti chi ha svolto un qualsiasi lavoro (anche quello preparatorio) direttamente ed indirettamente, allora appare chiaro il valore dell'opera missionaria nella quale vengono coinvolti tanti [R. Schnackenburg, Il vangelo di Giovanni, I, pagg. 664-670].

Ritornando al testo di (Matteo 9:37,38), ci preme mettere in risalto alcune cose.

1) Gesù rivolge la sua parola di comando di pregate ai suoi discepoli, perché sono gli unici che possono capire la sua definizione dal momento che Egli ha voluto onorarli e farli partecipi del suo lavoro missionario. Il discepolo è chi si è messo, volontariamente a seguire il maestro. Egli, rinunciando ai suoi propri interessi, ha scelto di occuparsi dei compensi del suo maestro. Non importa la posizione che occupa il discepolo di Gesù in una qualsiasi Comunità; se si è messo a seguire Gesù, è diventato un suo seguace, e come tale, farà bene ad accogliere la parola di Gesù, quindi, a pregare il padrone della messe.

Si continuerà il prossimo giorno...
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