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Domenico34 - Insegnando le cose che Gesù ha comandato di osservare

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2011 00:08
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12/08/2011 01:13

17. UNA PRECISA DISPOSIZIONE A CHIEDERE, CERCARE E PICCHIARE

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova, e sarà aperto a chi picchia. E qual è l’uomo tra voi, il quale, se il figliolo gli chiede un pane gli dia una pietra? Oppure se gli chiede un pesce gli dia un serpente? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dar buoni doni ai vostri figlioli quanto più il Padre vostro ch’è nei cieli darà egli cose buone a coloro che gliele domandano! (Matteo 7:7-11).

È molto interessante notare che i termini del triplice ordine: Chiedete, cercate e picchiate, appaiono nel testo in questione nella forma presente. In greco, il presente attivo, non ha lo stesso significato del nostro presente italiano. Il presente greco, difficilmente viene tradotto alla lettera nel suo vero significato. Di solito le traduzioni lo rendono come il nostro presente italiano; di conseguenza, è reso più per comodità che per precisione di natura e di significato.

La caratteristica del presente attivo in greco, denota la continuità dell’azione [A questo proposito cifr. quello che dice il professore Bruno Corsani, Guida allo studio del greco del Nuovo Testamento, pag. 17]. Pertanto il chiedere, il cercare e il picchiare, non ha il significato di fare una sola volta la richiesta, ma di continuare fino a quando il richiedente riceve; il cercatore trova chi che picchia gli sarà aperto la porta. Capito bene il significato e il valore del presente attivo di (Matteo 7:7), il credente viene spronato ad una azione continuativa, con la logica conseguenza di avere quello che si chiede, quello che si cerca e di avere aperta la porta.

Non è tanto importante sapere quello che si deve chiedere, quello che bisogna cercare o come bussare alla porta. Se Gesù avesse voluto insegnare quello che l’esegeta generalmente cerca di vedere, l’avrebbe specificato, onde evitare di andare correndo qua e là nelle Scritture, per raccordare le parole di Gesù. La cosa essenziale di questo testo, non è soltanto costituita dal presente attivo, ma dalla certezza che si avrà quello che si chiede e si riceverà quello che si cerca.

La certezza non è basata su quello che l’individuo chiede e cerca, ma sulla promessa di Gesù. La fede del credente non deve girovagare in tutte le direzioni; deve ancorarsi sulla parola di Gesù, l’unica che può essere considerata valida per ogni tempo e per tutte le circostanze.

Quando una preghiera non è esaudita entro un certo tempo, non è un valido argomento affermare che la norma di Matteo 7:7 non è sempre efficace e per tutti i casi. Gesù in questo testo non ci insegna il tempo che si deve aspettare per ricevere quello che si chiede. Se ciò fosse vero l’elemento fede, non avrebbe più motivo di esistere e tanto meno di esplicarsi.

Si fa presto a dire, sol perché una richiesta ritarda nel suo adempimento, che quella cosa domandata, non è secondo la volontà di Dio, perciò non la dona. Il credente non dovrà andare avanti nel cammino della sua vita, pensando che forse questa preghiera Dio l’esaudirà, può darsi che il Signore mi darà quello che gli domando. Con simili attitudini, difficilmente si riceverà quello che si chiede o si troverà quello che si cerca.

Una preghiera basata sul chissà, può darsi, forse, è una preghiera che non riceverà mai l’esaudimento (Giacomo 1:6-8). Quanto è diversa, nel suo contenuto e nel suo valore, la parola di fede: Questo i so: che Dio è per me (Salmo 56:9).

La domanda che viene fatta circa quel padre cui il figlio chiede un pane e al posto della pagnotta gli viene data una pietra, oppure gli chiede un pesce al posto del pesce gli viene dato un serpente, non viene fatta perché in pratica esista questa cattiveria in chi dovrà dare. E anche quando esistesse tra gli uomini questa probabilità, non esiste affatto in Dio. D’altra parte non bisogna fare un parallelo tra il voi che siete malvagi e sapete dare buoni doni ai vostri figlioli, dall’atra parte, il Padre vostro che è nei cieli darà egli cose buone a coloro che gliele domandano, come se in Dio esistesse la possibilità di dare cose non buone.
L’insegnamento che Gesù volle dare, mira a rafforzare la promessa che egli fece. Se l’uomo chiamato malvagio nella sua natura, sa dare buoni doni, quanto più il Padre celeste, che è amore nella sua essenza, donerà cose buone a quelli che gliene faranno richiesta! La cosa che ci urge mettere in risalto è la necessità di domandare. A volte si sente dire: non c’è bisogno che io faccia richiesta di una qualsiasi cosa, perché Dio sa tutto e sa quali siano nostre necessità. Non si metterà in dubbio che Dio, in virtù della sua onniscienza, sappia ogni cosa.

Questo non vuol dire però che siamo dispensati dal chiedere; anzi al contrario, nostro chiedere, proclamiamo la nostra fede in Cristo, perché avendo creduto alle sue parole, facciamo esattamente quello che Egli ci ordina.

18. UNA PRECISA DISPOSIZIONE A TRATTARE GLI UOMINI COME VORREMMO ESSERE TRATTATI DA LORO

Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro (Matteo 7:12; Luca 6:31).

Tutti gli studiosi e commentatori della Biabbia hanno definito (Matteo 7:12): La regola d’oro. Questa regola d’oro, viene meglio conosciuta e generalmente formulata nella sua forma negativa: Non fate agli altri. In questa forma i paralleli non mancano, si trovano dappertutto: tra i giudei e tra i pagani ivi compresi Isocrate e Confucio, da affermare che si tratti di una massima di sapienza universale. Ma per quanto riguarda la forma positiva, della regola d’oro, è risaputo che si trova soltanto nell’Evangelo, salvo qualche eccezione che poi non ha la vigorosa coesione del detto evangelico.

La norma evangelica non prescrive soltanto di non fare, ma di fare. Non c’è nessun elenco e nessuna specificazione che miri a stabilire una cosa a differenza di un’altra, o che accenni a una priorità. Tutto è lasciato alla discrezione del discepolo. È qcolui che il discepolo di Gesù deve essere onesto e coscienzioso con se stesso, perché le cose che vuole che gli uomini gli facciano, le deve fare a loro.

Questa non è una norma, come del resto le altre che Gesù ha dato, da lasciare sulla carta o pensare che altri la mettono in pratica. Se sei un discepolo di Gesù, è una norma che ti riguarda in tutte le manifestazioni della tua vita. È da notare che qui Gesù non presenta una regola da usare nell’ambito della fratellanza, come se si trattasse di una norma interna; si tratta invece degli uomini che vivono fuori del cerchio dei discepoli. Appare chiaro allora la differenza che emerge in questo testo, tra gli uomini, da una parte, e i discepoli dall’altra. La vita cristiana non bisogna viverla solamente nell’ambito cristiano; il vero cristiano, vivrà la sua esistenza in quell’ambiente che non lo è. Solo così i cristiani possono essere avvalorati nelle loro svariate manifestazioni, sia con la loro fede e sia modo di vivere in conformità all’insegnamento dell’evangelo, comportandosi come veri seguaci di Cristo.

Se oggi la fede cristiana viene messa in ridio e, peggio ancora, viene vituperata e schernita, ha dovuto al fatto che gli uomini hanno da rimproverare Gesù intorno a quello che Egli predicava, ma non vedono nelle azioni pratiche, una coerenza tra quello che Gesù insegnava e tra quello che i cristiani fanno.

Spesso si dice una cosa con le parole e se ne fa un’altra con le azioni. Solo se i discepoli di Gesù saranno pronti a mettere in pratica la regola d’oro, potranno aspettarsi, come risultato, la potente influenza che eserciterà la parola di Gesù sulla vita degli uomini. La parola di Gesù contenuta in Giovanni 13:13,17, ha la sua coerenza con quella di Matteo 7:12:

Voi mi chiamate Maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se sapete queste cose, siete beati se le fate.

Si continuerà il prossimo giorno...
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