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Domenico34 – Alcuni imperativi della Bibbia – Capitolo 13. L’’esortazione a vegliare

Ultimo Aggiornamento: 18/03/2011 01:44
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15/03/2011 01:59


Capitolo 13




L’ESORTAZIONE A VEGLIARE




State in guardia, vegliate, poiché non sapete quando sarà quel momento (Marco 13:33).

Nota statistica

Il termine “vegliare”, ricorre nel N.T. quattordici volte: dieci delle quali le pronunciò Gesù, (secondo quello che ci riferiscono i Sinottici); tre volte la usò Paolo e una volta Pietro. I testi che ne parlano, sono: (Matteo 24:42; 25:13; 26:38; 26:41; Marco 13:33; 13:35; 13:37; 14:34; 14:38; Luca 21:31; Atti 20:31; 1 Corinzi 16:13; Efesini 6:18 e 1 Pietro 5:8).

In tutti questi passaggi, la forma verbale è sempre all’imperativo. Questo ci dà l’idea dell’importanza che riveste questo temine, soprattutto ai fini di farci comprendere le varie situazioni che si determineranno nel corso degli anni della vita umana. Per avere presente tutti i vari contesti nei quali la nostra parola viene adoperata, è necessario passare in rassegna i testi summenzionati.

I quattordici passaggi nei quali si trova la parola vegliare, si possono raggruppare in sette sezioni:

I. Nella prima sezione ci sono i testi di (Matteo 24:42; Marco 13:33,35,37; Luca 21:36), il cui contesto è la venuta del Figlio dell’uomo, Gesù Cristo.

II. Il secondo raggruppamento è composto di un solo testo, quello di (Matteo 25:13), il cui contesto è la parabola delle dieci vergini.

III. Nel terzo figurano (Matteo 26:41; Marco 14:34,38), il cui contesto è l’agonia di Gesù nel giardino del Getsemani.

IV. La quarta sezione è composta dell’unico testo di Atti 20:31, in cui si parla della minaccia che Paolo intravede dopo la sua morte, cioè quando si introdurranno in mezzo alla fratellanza dei lupi rapaci che non risparmieranno il gregge.

V. (1 Corinzi 16:13), è la quinta sezione in cui si parla dello sbandamento che potrà verificarsi in mezzo alla comunità, per ciò l’apostolo esorta a rimanere fermi della fede.

VI. La sesta sezione è costituita dall’unico testo di (Efesini 6:18), e riguarda il combattimento cristiano con le varie forze delle potenze infernali.

VII. Infine, (1 Pietro 5:8), presenta la strategia degli assalti del diavolo, per cercare di divorare i seguaci di Gesù.

RASSEGNA DELLE SETTE SEZIONI

I. La venuta del Figlio dell’uomo

I testi di (Matteo 24:42; Marco 13:33,35,37; Luca 21:36), nei loro contesti, offrono un ampio e dettagliato panorama di quello che accadrà, prima della venuta del Figlio dell’uomo, che riguarderà essenzialmente il ritorno di Gesù Cristo. Come tutte le predizioni dei profeti, circa la venuta del Messia, Gesù Cristo, si sono adempiute, così si compiranno anche quelle che hanno a che fare con la sua seconda venuta.

Siccome l’evento della seconda venuta di Gesù Cristo, sarà straordinario e unico nella storia, al pari della sua prima venuta, il Signor Gesù, ha creduto opportuno, non solo parlarne, ma anche descriverne, in forma profetica, quello che accadrà in mezzo all’umanità e in seno alla cristianità. Sarà quindi, estremamente importante, avere le idee chiare intorno a quest’evento e seguire con molta attenzione, quello che Gesù ha predetto.

Quello che si dirà sull’argomento della venuta del Figlio dell’uomo, cioè del ritorno di Gesù Cristo, sarà esclusivamente imperniato su quanto hanno scritto i Sinottici, compatibile con la parola vegliate, e non prevede l’esame di altri testi.

Si comincia con una precisazione categorica che riguarda il giorno e l’ora, per affermare che l’evento della venuta del Figlio dell’uomo, nessuno lo conosce, né gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre. Se Gesù fece quest’importante dichiarazione, aveva precisi motivi per farlo. Uno di questi, era senza dubbio, la messa in guardia di ogni possibile abuso di speculazione ed anche perché Egli, in virtù dell’attributo dell’onniscienza che possiede, può predire gli eventi, prima che appaiano sull’orizzonte e accadano. Nonostante che la parola di Gesù sia stata chiara e facile nella sua comprensione, non sono mancati quelli che, non tenendo conto dell’avvertimento di Gesù, si sono dati alacremente a stabilire date. Siccome quelle predizioni non erano divine, nel senso che non erano state ispirate dallo Spirito di Dio, ovviamente, non si sono avverate.

Il “nessuno” che Gesù adoperò, oltre ad essere un “assoluto”, non lascia spazio per nessuna speculazione, visto che Egli ha incluso anche se stesso. A questo punto sorge una domanda: com'è possibile che Gesù, quale Figlio di Dio, non conosca il giorno e l’ora della Sua venuta? Questo, è compatibile con la Sua deità? Come deve essere intesa la sua affermazione? Crediamo che Gesù, faccia riferimento alla sua umanità, volendo con ciò significare che Egli, com'essere umano, non poteva conoscere un segreto della divinità; però, come Dio, quale Egli è, si trova alla pari del Padre, di conseguenza può conoscere le stesse cose che conosce il Padre. Chiarito questo punto, che potrebbe condurre ad errate interpretazioni, possiamo esaminare quello che l’evangelista Matteo riferisce intorno al discorso che Gesù fece, circa l’evento della Sua venuta.

Il paragone che Gesù fece dei giorni di Noè, con la venuta del Figlio dell’uomo, fu fatto per mettere in risalto l’atteggiamento dell’umanità di quei tempi.

Come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell’uomo.
Infatti, come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s’andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca,
e la gente non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo
(Matteo 24:37-39).

Con queste sue parole, Gesù ha voluto forse insegnare che Egli condannava il mangiare, il bere, prendere moglie e andare a marito? Assolutamente no! Lo scopo del suo ragionamento era di far comprendere che la gente ai tempi di Noè, non pensava ad altro che a mangiare, a bere, a prendere moglie e andare a marito, e non teneva conto dell’invito pressante al ravvedimento che Noè predicava, in vista dell’imminente diluvio che si sarebbe abbattuto sull’umanità di quei tempi. Lo stesso atteggiamento d'indifferenza assumeranno le persone, per le cose di Dio, in vista della venuta del Figlio dell’uomo.

Non si può negare che ai nostri giorni, c’è una grande maggioranza che a tutto pensa, tranne che di avvertire la necessità di arrendere la propria vita a Cristo Gesù, e riceverlo nel proprio cuore come personale Salvatore. Queste persone, subiranno la stessa sorte di quello che Gesù afferma:
Allora due saranno nel campo; l’uno sarà preso e l’altro lasciato;
due donne macineranno al mulino: l’una sarà presa e l’altra lasciata
(vv. 40-41).

Questa cosiddetta separazione avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo e la farà Lui stesso, dato che Egli conosce i suoi e non ci sarà nessun pericolo di commettere errore. Che i “presi” saranno quelli che appartengono al Signore, nel senso più stretto di questo termine, cioè quelli che Egli conosce, non c’è nessun dubbio; mentre quelli che saranno lasciati, non appartengono a Lui. Qui, ovviamente, vengono descritte due categorie di persone.

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16/03/2011 01:41

L’esempio di due che saranno nel campo, o di due donne che macineranno al mulino, potrebbe darci l’idea di due categorie di persone che si trovano nello stesso ambiente, o più specificamente: nella stessa chiesa, o nella stessa denominazione, ciò è probabile supporlo. Se poi si aggiunge quello che riferisce Luca, questa probabilità non diminuisce certamente, ma aumenta.

Io vi dico: in quella notte, due saranno in un letto; l’uno sarà preso, e l’altro lasciato.
Due donne macineranno assieme; l’una sarà presa e l’altra lasciata.
Due uomini saranno nei campi; l’uno sarà preso e l’altro lasciato
(Luca 17:34-36),

Questo però non significa che le parole di Gesù abbiano solamente questo significato; possono avere anche il senso di un’equazione: Presi = chiesa del Signore; lasciati = mondo, cioè persone che non appartengono a Gesù Cristo, anche se i soggetti in questione vivono in ambienti diversi. Tenendo poi presente le parole dei vv. 43-44:

Ma sappiate questo, che se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte il ladro deve venire, veglierebbe e non lascerebbe scassinare la sua casa.
Perciò, anche voi siate pronti; perché, nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà.
Questo ci porta a dare può importanza all’esortazione di Gesù: Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà
(v. 42).

Marco, da parte sua, riferisce un altro esempio:
Lo scopo di questa similitudine è per far comprendere che, siccome non si conosce il giorno e l’ora della venuta del Figlio dell’uomo, bisogna tenersi sempre pronti per non farsi trovare addormentati dal padrone della casa.

Visto che il discorso profetico di Gesù, era essenzialmente rivolto a suoi discepoli, nondimeno la sua esortazione è valida anche per altri. Perciò Egli non esita a concludere: Quel che dico a voi, lo dico a tutti: "Vegliate"» (v. 37).

Il pericolo di addormentarsi, non è certo rivolto a quelli che non appartengono al Signore, cioè al mondo, perché questi si trovano già nel sonno della morte spirituale, ma è senza dubbio rivolto ai credenti. Sono loro, infatti, che rischiano di addormentarsi, cioè farsi trascinare dalle tante sollecitudini della vita, e dimenticare la priorità che dovrebbe essere in loro, cioè: Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più (Matteo 6:33).

La raccomandazione che Gesù rivolge ai suoi, secondo quello che Luca ci riferisce, è molto importante:
Essere preso dalle ansiose preoccupazioni di questa vita, è molto facile, visto che i credenti non sono “fuori del mondo”, ma vivono in mezzo alla società, che affrontano gli stessi problemi degli altri. L’invito a pregare in ogni momento, con la specificazione affinché siate in grado di scampare a tutte queste cose..., rappresenta una sicura via d'uscita dai vari tranelli che, verranno quotidiamente tesi nella vita.

II. Il testo di Matteo 25:13 – La parabola delle dieci virgini

Il contesto di (Matteo 25:13) parla della parabola delle dieci vergini. Questa parabola illustra chiaramente quello che accadrà prima della venuta del Figlio dell’uomo, Gesù Cristo. L’illustrazione parabolica non è stata fornita per illustrare la situazione del mondo incredulo, ma serve essenzialmente per farci conoscere una situazione che si determinerà in seno alla cristianità. Non è, infatti, il mondo incredulo che aspetta lo sposo (Gesù Cristo); sono invece i credenti che lo attendono e sono loro quelli che escono per incontrare lo sposo. Se nella parabola in questione si tiene in conto l’elemento primario che viene illustrato, cioè la reale condizione in cui si troveranno i credenti alla venuta del Figlio dell’uomo, si possono meglio valutare i vari elementi che compongono il mosaico parabolico.

Il termine “vergine”, parla di uno stato fisico in cui si trova una donna, prima di avere contatti sessuali con un uomo, e, descrive la sua integrità e la sua purezza. Inoltre, nella Bibbia, specialmente nel N.T. la parola “vergine”, non viene mai usata per il mondo, viene sempre adoperata con riferimento ai credenti. Che le dieci vergini della parabola, cinque sono “avvedute” e cinque “stolte”, ciò dimostra che non tutti hanno le stesse caratteristiche. Basta solo ricordare le parole di Gesù, per spiegare cosa significano i due aggettivi di avveduto e di stolto, adoperati nella descrizione della parabola.

...chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato a un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia.
La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia.
E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato a un uomo
stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande»
(Matteo 7:24-27).

L’avvedutezza delle cinque vergini della nostra parabola consiste nel fatto di aver preso anche l’olio assieme alla lampada; mentre la stoltezza delle altre cinque, perché non avevano preso olio assieme alla lampada. Logicamente, fino a che lo sposo non arrivò, le caratteristiche delle une e delle altre, non apparivano; ma con la sua venuta, vennero messe in evidenza. Infatti, fu alla venuta dello sposo che, l’avvedutezza e la stoltezza delle dieci vergini si rivelarono. Così avverrà al ritorno di Cristo! Sarà, infatti, in quel tempo che sarà evidenziato quelli che hanno messo in pratica le parole di Gesù e quelli che si sono solamente limitati al semplice ascolto.

Il diventare sonnacchiosi e addormentarsi delle dieci vergini, potrà avere il senso della morte, e non necessariamente il significato del raffreddamento della fede e la perdita dello zelo e del fervore spirituale, o altro, come di solito viene spiegato. Col risvegliarsi, infatti, non si parlerà dello stato verginale di quelle donne, si metterà in evidenza a quale delle due categorie le vergini appartengono: alle avvedute o alle stolte. Quelle che si sono addormentate avendo con loro la lampada e l’olio, non solo incontreranno lo sposo, ma soprattutto entreranno con lui nella sala delle nozze, mentre le altre rimarranno fuori. Questo è l’elemento essenziale che bisogna tenere presente.

La morte fisica, anche se annullerà tutti i programmi lavorativi e tutte le più impegnative iniziative, non annullerà le caratteristiche di una persona che ha avuto mentre viveva. Se una persona mette in pratica la parola di Gesù, durante i giorni della sua vita terrena, al suo risveglio, quella caratteristica non scomparirà; sarà invece come la sua carta d’identità, che gli consentirà di avere libero accesso nel luogo del festino, cioè nella gloria dell’eternità.

Mentre per quelli che avranno avuto solamente la forma apparente di appartenere alla chiesa del Signore, cioè che non hanno messo in pratica la parola di Gesù, al loro risveglio, si troveranno esattamente con quello che hanno avuto, prima di addormentarsi: una lampada senza olio, per significare che si sono accontentati di udire semplicemente la parola di Gesù. Costoro non avranno nessun diritto di entrare nella sala delle nozze, perché alla venuta del Figlio dell’uomo, non sono stati trovati pronti. Anche se per tutta la loro esistenza terrena, hanno frequentato una chiesa e sono stati considerati membri effettivi, quella loro appartenenza, non darà loro nessun diritto per essere con Gesù, nella gloria dell’eternità!

III. I testi di Matteo 26:41 e Marco 14:34,38

Il contesto dei testi di Matteo e di Marco, ci parla dell’agonia di Gesù nel giardino del Getsemani. Qualcuno, giustamente ha affermato che, non c’è pagina più significativa nel N.T. che illustri “l’umanità di Gesù”, come quella del giardino nel Getsemani.

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17/03/2011 01:30

Durante tutti gli anni della vita terrena, Gesù non aveva mai provato, neanche per un attimo, la tristezza mortale. Poteva ricordare il turbamento che provò, quando incontrò Maria che piangeva per la morte di suo fratello Lazzaro (Giovanni 11:33) e il pianto che fece, nel giorno del suo ingresso trionfale a Gerusalemme (Luca 19:41).

Spiegare quello che Gesù provò nel giardino del Getsemani, senza tener presente la sua umanità, non sarà facile riuscirci. Gesù sapeva che il calice della sua immane sofferenza, glielo porgeva il Padre (Giovanni 18:11). Questo Egli lo affermò nel giardino del Getsemani, nello stesso giorno in cui avvertiva la “tristezza mortale”, davanti a Pietro, che cercò di difenderlo, quando, sguainando la sua spada, colpì il servo del sommo sacerdote, recidendogli l’orecchio destro, un momento prima del Suo arresto (v. 10).

L’esortazione che Gesù rivolse a Pietro, Giacomo e Giovanni a vegliare con lui, prima che Egli si fosse gettato con la faccia a terra e avesse pregato suo Padre, (Matteo 26:38-39) che allontanasse da lui quel calice (Marco 14:36), dà l’impressione come se Gesù avvertisse la presenza di qualcuno in quella notte, pronto a lottare con lui. Infatti, il vegliate con me, che Matteo riporta, è come un grido di aiuto che Gesù invoca, rivolgendosi ai suoi discepoli. Logicamente i tre discepoli in quella notte, non comprendendo l’importanza e l’urgenza di quell’implorazione, invece di vegliare con lui, si addormentarono, come per dire, lasciarono il Maestro solo.

La seconda volta che Gesù adopera la stessa espressione non siete stati capaci di vegliare con me un’ora sola? (v. 40), non ha solamente il senso di un velato rimprovero, ma vuole anche mettere in risalto il bisogno che Egli avvertiva in quella particolare circostanza.

Il vegliate e pregate, per non cadere in tentazione (Marco 14:38), mette invece in risalto il bisogno che i discepoli hanno, per non cadere sotto gli attaccati pressanti del tentatore. Questa è la scena che viene configurata dal racconto dell’agonia di Gesù, nel giardino del Getsemani.

Rientra nella logica umana chiedere: perché Gesù chiese a suo Padre di allontanare il calice, quando Egli ben sapeva che non era un uomo che gli porgeva quel calice, ma suo Padre? Che cosa rivela quella sua richiesta fatta in varie riprese? Se si considerano attentamente le parole che Gesù usò in quella particolare preghiera, non sarà difficile notare che Egli in quella notte manifestò, in un primo momento, la volontà umana. Era, infatti, l’umano, che si esprimeva e si manifestava in quel modo e che voleva rifiutare di bere il calice. Però, quello che conta ed ha valore, in quella notte memorabile, è che Gesù non fece prevalere la volontà umana, ma quella divina, quando dichiarò subito e con fermezza: Non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi.

Da queste parole, abbiamo tanto da imparare! La lezione più importante è questa: per ogni cristiano che veramente vuole seguire Gesù e fare la volontà di Dio, c’è un Getsemani = frantoio, che lo attende, per essere schiacciato e frantumato, nella parte umana del suo essere. È in questo luogo che si rimane soli, anche se vicino a noi abbiamo dei fratelli, i quali, invece di vegliare con noi si addormentano! È nel Getsemani che si dovrà rinunciare, facendo perdita della volontà umana, per accettare in pieno e con gioia, quella divina.

Che ognuno di noi sappia dire, con coraggio e determinazione, non quello che io voglio, o Signore, ma quello che vuoi Tu!

IV. Il testo di Atti 20:31

L’esortazione che Paolo rivolse a vegliare, si trova in un contesto del discorso che l’apostolo tenne a Mileto, agli anziani di Efeso.

Quando giunsero da lui, disse loro: «Voi sapete in quale maniera, dal primo giorno che giunsi in Asia, mi sono sempre comportato con voi,
servendo il Signore con ogni umiltà, e con lacrime, tra le prove venutemi dalle insidie dei Giudei;
e come non vi ho nascosto nessuna delle cose che vi erano utili, e ve le ho annunziate e insegnate in pubblico e nelle vostre case,
e ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo.
Ed ecco che ora, legato dallo Spirito, vado a Gerusalemme, senza sapere le cose che là mi accadranno.
So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni.
Ma non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine con gioia la mia corsa e il servizio affidatomi dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del vangelo della grazia di Dio.
E ora, ecco, io so che voi tutti fra i quali sono passato predicando il regno, non vedrete più la mia faccia.
Perciò io dichiaro quest’oggi di essere puro del sangue di tutti;
perché non mi sono tirato indietro dall’annunziarvi tutto il consiglio di Dio.
Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata con il proprio sangue.
Io so che dopo la mia partenza si introdurranno fra di voi lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge;
e anche tra voi stessi sorgeranno uomini che insegneranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli.
Perciò vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire ciascuno con lacrime.
E ora, vi affido a Dio e alla Parola della sua grazia, la quale può edificarvi e darvi l’eredità di tutti i santificati.
Non ho desiderato né l’argento, né l’oro, né i vestiti di nessuno.
Voi stessi sapete che queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di coloro che erano con me.
In ogni cosa vi ho mostrato che bisogna venire in aiuto ai deboli lavorando così, e ricordarsi delle parole del Signore Gesù, il quale disse egli stesso: "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere"»
(Atti 20:18-35).

Che nel discorso di Paolo ci fosse una parte profetica, la si può notare subito, dalla menzione dei lupi rapaci che si sarebbero introdotti in mezzo agli anziani, dopo la sua dipartita, i quali non avrebbero risparmiato il gregge e dal sorgere tra loro, di uomini che avrebbero insegnato cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Una simile predizione, oltre ad essere paragonata come un serio campanello d’allarme, giustificava in pieno anche l’esortazione a vegliare.

Si potrebbe chiedere, perché i lupi rapaci e gli uomini che avrebbero insegnato cose perverse, si sarebbero introdotti in mezzo alle comunità, dopo la partenza di Paolo? Con la presenza dell’apostolo in tra gli anziani, non sarebbe stato facile a questi fomentatori di disordini e di traviamenti, penetrare nelle comunità, senza essere scoperti. La conoscenza che aveva Paolo, per quanto riguardava la sana dottrina, non era comune, nel senso che questa si trovava in tutti gli anziani. In Paolo, oltre ad esserci una conoscenza particolare che poteva smascherare le più raffinate simulazioni, c’era anche il discernimento dello spirito, che gli permetteva di vedere il male, là dove gli altri non ne avevano il minimo sospetto.

Considerando il serio pericolo che minacciava le comunità, l’apostolo avverte gli anziani a vegliare. Si direbbe, perché l’esortazione alla vigilanza è rivolta a questi anziani, e non ai comuni fratelli? Perché loro erano stati costituiti vescovi, (cioè sorveglianti) per pascere la chiesa di Dio. Quando si è investiti di un onore di questo genere, c’è anche una grande responsabilità che pesa nella vita del dirigente.

I dirigenti delle nostre comunità, non devono pensare solamente a consolidare la loro posizione economica; devono sentire il peso della responsabilità del gregge che è stato affidato alla loro custodia, per non permettere ai lupi rapaci e agli insegnanti di cose perverse, di produrre danni e sviamenti in mezzo al gregge. I lupi, anche se si presentano con una veste di pecora (Matteo 7:15) — e in pratica questo lo fanno spesso —, restano sempre tali nella loro natura, perseguendo sempre lo stesso scopo, che è quello di rapire e disperdere le pecore (Giovanni 10:12). Inoltre, secondo la parola di Gesù, i lupi sono i falsi profeti.

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18/03/2011 01:44

Infine, per dare peso all’esortazione a vigilare, l’apostolo addita se stesso com'esempio da imitare: Perciò vegliate, ricordandovi che per tre anni, notte e giorno, non ho cessato di ammonire ciascuno con lacrime (v.31).

V. Il testo di 1 Corinzi 16:13

Vegliate, state fermi nella fede, comportatevi virilmente, fortificatevi.
A differenza del testo precedente che l’esortazione a vegliare era rivolta agli anziani di Efeso, quella del presente testo è invece rivolta alla chiesa di Corinto. Il contesto è ben diverso, nel senso che non ci sono le minacce dei lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge e neanche degli uomini che insegneranno cose perverse. Nonostante ciò, c’è sempre da vigilare, perché la comunità, non perda la fermezza della fede.

Stare fermi nella fede, significa non traballare, davanti a certe difficoltà che facilmente si incontrano nel corso della vita cristiana. Significa anche, non scoraggiarsi e non perdere la propria fiducia del Signore, specie quando le cose non vanno con il giusto verso e il sentiero non è luminoso. Davanti ad una simile situazione, è molto importante aggrapparsi al detto della Scrittura:
Chi di voi teme il SIGNORE e ascolta la voce del suo servo? Sebbene cammini nelle tenebre, privo di luce, confidi nel nome del SIGNORE e si appoggi al suo Dio! (Isaia 50:10)

Paolo, non esortava solamente la comunità a stare fermi nella fede, aggiungeva anche di fortificarsi. Il credente si fortifica, quando si ciba, non di qualsiasi alimento, ma della Parola di Dio, vero cibo di nutrizione per ogni figlio di Dio.

VI. Il testo di Efesini 6:18

Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza. Pregate per tutti i santi.

L’esortazione alla vigilanza che l’apostolo Paolo rivolse alla comunità Efesina, doveva essere con perseveranza, cioè continua, e non saltuaria. Per quale motivo? Si potrà comprendere questa necessità, se si tiene presente il contesto.

Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza.
Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo;
il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti.
Perciò prendete la completa armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio, e restare in piedi dopo aver compiuto tutto il vostro dovere.
State dunque saldi: prendete la verità per cintura dei vostri fianchi; rivestitevi della corazza della giustizia;
mettete come calzature ai vostri piedi lo zelo dato dal vangelo della pace;
prendete oltre a tutto ciò lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infocati del maligno.
Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio
(vv. 10-17).

Davanti ad un simile spiegamento contro forze malefiche, il combattente non si può presentare senza tenere presente con chi dovrà combattere. L’armatura che il cristiano deve prendere, è quella che Dio gli ha preparato. Non può fare la scelta per decidere quale elemento prendere e quale lasciare; deve prenderli tutti. Ogni elemento di quest'armatura ha la sua importanza e la sua funzione. Se il combattimento si affronterà con le armi che Dio fornisce, la vittoria sarà assicurata.
Nel verso che si parla di “vegliate”, è menzionata la preghiera che, certi commentatori, pensano che non faccia parte dell’armatura di Dio. Noi invece asseriamo, con piena convinzione, che lo è. Ci sono momenti nel combattimento cristiano, quando l’arma della preghiera, è l’unica che deve essere adoperata.

L’autore del Pellegrinaggio del cristiano, usa la seguente illustrazione: “Il cristiano, nel suo viaggio, si trova a passare nella “valle dell’ombra della morte”, dove tutto è oscurità e non si vede nessuno; si sentono solamente voci di spiriti infernali che incutono paura. In quel momento non serve impugnare la spada, perché non c’è nessuno. Si ricorda che nel suo arnese dove ha messo tutte le armi, ce ne è una chiamata “preghiera”. Tirandola fuori, con voce ferma, dice: “O Dio, tirami fuori di questa situazione”! Dopo aver pronunciato quelle parole, nel giro di attimi, si trova fuori di quel tunnel oscuro”.

Aveva ragione il Salmista Davide quando scriveva:
Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza (Salmo 23:4).

Usiamo l’arma della preghiera in ogni tempo, e, sicuramente potremo sperimentare la fedeltà della Parola del Signore. Amen!

VII. Il testo di 1 Pietro 5:8

Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, gira come un leone ruggente cercando chi possa divorare.

Il diavolo, l’avversario del popolo di Dio, è l’essere più astuto che si possa immaginare e il più intraprendente per le attività che svolge. Con la caratteristica che l’apostolo Pietro lo presenta, ci dà l’idea che quest'agguerrito nemico dei seguaci di Gesù Cristo, concepisce continuamente propositi aggressivi, con lo scopo di arrivare ai suoi diabolici fini. Che i suoi attacchi siano persistenti, non c’è nessun dubbio! Perciò, per prevenire i suoi insani tentativi, il credente in modo particolare, non deve sonnecchiare, ma assumere una posizione di sobrietà e di continua vigilanza.

Prima che ci addentriamo nell’analisi del testo, dobbiamo subito puntualizzare che il diavolo, non è un leone.

Pietro precisa che il diavolo rugge “come” un leone, ma non è tale, volendo significare che nella sua azione diabolica, si comporta come un animale feroce. La prima osservazione che facciamo, riguarda il movimento di quest'avversario.

Perché il diavolo gira come un leone...? Questo ci dà l’idea del suo instancabile movimento. Non è un essere, (come si direbbe in gergo che se ne sta con le braccia incrociate); è sempre in movimento per vedere e osservare quale preda dovrà assalire per divorarla. Perché rugge? Perché ha fame! Infatti, il leone non fa sentire sempre la sua voce in quel modo; lo fa solo quando ha la pancia vuota. Il ruggito che fa uscire dalla sua bocca, significa che ha fame e va in cerca della preda.

Questo pensiero si può maggiormente comprendere, osservando un branco di cervi che vengono assaliti dai leoni. Si sa che il cervo, ha un piede molto veloce, mentre l’andatura del leone, è tale da non permettergli di raggiungerlo per prenderlo.

Che cosa fanno i leoni davanti a questi animali? Per prima cosa guardano attentamente i vari membri della mandra, per individuare i cervi più piccoli. Quando decidono li lanciarsi all’inseguimento, fanno del tutto per staccare dal branco, la piccola preda. Una volta che riescono in quest'intento, mentre il piccolo cervo si dà alla fuga per scampare al pericolo, i leoni nella loro furbizia, lo inseguono, uno da un lato e un altro dall’altro, così lo incrociano e lo prendono facilmente.

La stessa tattica adopera per il cervo grande. L’animale che corre disperatamente per sfuggire da chi lo insegue, non pensa alla furbizia di altri leoni; pensa solamente di darsi alla fuga per non farsi catturare. Ma gli altri che si lanciano all’inseguimento, usano la tattica di incrociare l’animale, così la povera bestia finisce nelle zampe del leone e viene divorata.
Questa semplice illustrazione serve per farci comprendere l’astuzia del diavolo. Inoltre, dobbiamo tenere sempre presente che, il diavolo, non va attorno ai suoi, cioè a quelli che gli appartengono, che sono sotto il suo dominio, per divorarli; va in cerca per prendere i seguaci di Gesù, cioè quelli che appartengono alla famiglia di Dio. Costoro, devono essere sobri e vigilanti, cioè non addormentarsi, per non correre il rischio di essere divorati dal nemico.

L’apostolo conclude la sua esortazione con le parole: Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo (v. 9). Questo è il segreto e l’arma più potente e sicura, contro il diavolo!

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
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