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Domenico34 – Alcuni imperativi della Bibbia – Capitolo 2. Non aggiungere e non togliere

Ultimo Aggiornamento: 18/02/2011 01:34
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17/02/2011 02:54


Capitolo 2




NON AGGIUNGERE E NON TOGLIERE




Le due parole: “Aggiungere” e “togliere”, nella forma “imperativa” si leggono nella Bibbia quattro volte; tre volte nell’Antico Testamento e una nel Nuovo Testamento. I tre passaggi dell’Antico Testamento sono:

Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla, ma osserverete i comandamenti del SIGNORE vostro Dio, che io vi prescrivo (Deuteronomio 4:2);

Avrete cura di mettere in pratica tutte le cose che vi comando; non vi aggiungerai nulla e nulla ne toglierai (Deuteronomio 12:32).

Non aggiungere nulla alle sue parole, perché egli non ti rimproveri e tu sia trovato bugiardo (Proverbi 30: 6).

Il passaggio del Nuovo Testamento è:

Io lo dichiaro a chiunque ode le parole della profezia di questo libro: se qualcuno vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli descritti in questo libro;
se qualcuno toglie qualcosa dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritte in questo libro
(Apocalisse 22: 18-19).

I primi due passaggi parlano dei “comandamenti del Signore”; mentre il terzo parla semplicemente della Parola di Dio. Il passaggio del Nuovo Testamtento si riferisce esplicitamente alla profezia del libro dell’Apocalisse.

I passi dell’Antico Testamento

Meditiamo sui passaggi dell’Antico Testamento, non solo per cercare di comprenderli, ma anche per coglierne importanti insegnamenti di vita pratica. Per quanto riguarda i “comandamenti del Signore”, bisogna subito ricordare che questa frase, anche se si legge frequentemente negli scritti dell’Antico Testamento, serviva per regolare i rapporti del popolo d’Israele con il loro Dio.

A questo punto, però, prima di andare avanti, bisogna anche precisare che questi “comandamenti”, non riguardavano solamente la parte spirituale, cioè la devozione nel culto verso Dio, con tutto il cerimoniale che lo regolava ogni sua parte, serviva anche per regolarizzare gli affari umani: tutto quello che riguardava l’aspetto materiale dell’esistenza degli Israeliti.

Questo significa che Dio, non era interessato per il Suo popolo, solo per ciò che riguardava i rapporti con Lui, cioè quando Gli offrivano i vari sacrifici e gli olocausti, era anche interessato per l’andamento di tutti gli affari che regolavano la loro vita umana, come per esempio: norme che regolavano la stipulazione di un contratto di compra di un immobile, di uno schiavo; il diritto di riscattare una proprietà o di uno schiavo; come concedere un prestito e a quali condizioni; regole per la guerra, e tante altre norme che regolavano la vita di ogni giorno.

Se Dio comandava di osservare un suo ordine, non significava solamente che c’era validità e utilità di tutto ciò che Egli presentava al suo popolo; “nell’osservanza dei comandamenti”, da parte dei figli d’Israele, si manifestava anche rispetto e obbedienza per la Sua Parola. Questo è un elemento molto significativo, che deve essere tenuto in debito conto!

“Aggiungere” qualcosa a quello che Dio aveva comandato di osservare, in pratica significa che quello che Egli aveva detto, non era completo: cioè c’era stato dimenticanza in qualche parte, o magari non veniva specificato abbastanza un dettaglio. Un simile operare, sarebbe stato molto offensivo per Dio, come se Egli venisse paragonato ad un qualsiasi essere umano, con tutte le sue imperfezioni e limitazioni. Non solo questo, la Sua stessa saggezza e la sua sovranità, sarebbero apparse seriamente minate da apparire prive di valore normativo.

In conclusione, una simile deviazione, Dio non poteva permetterla in mezzo al Suo popolo, per il semplice fatto che tutta l’operazione, prima di ogni cosa, non sarebbe tornata a gloria del Suo Nome, e, in secondo luogo la stessa dignità divina, sarebbe stata seriamente offuscata. Ecco, perché, il Signore comandava di non “aggiungere nulla”!

“Togliere” qualcosa ai comandamenti del Signore, non era meno offensivo per Dio, di “aggiungere” qualcosa a quello che Egli aveva comandato. L’azione di “togliere”, dal punto di vista letterale, significa che quello che si elimina, non serve; è superfluo, non ha nessun'importanza e valore.
Come si sarebbe potuto facilmente intuire, Dio nel comandare di non “aggiungere” e “togliere” nulla dei suoi comandamenti, voleva far comprendere al Suo popolo a quale rischio si esponeva, se avesse avuto una simile intenzione a procedere in quel modo.

Quale uomo può ergersi, davanti a Dio e nei confronti dei Suoi comandamenti, a tali atti di spietata presuntuosità e arroganza? Chi può accusare il Signore di aver dimenticato qualche cosa? Chi può dirGli che non tutto quello che Egli ha comandato “serve” ed è “utile” per osservarlo? Solo un empio, una persona senza scrupoli, spietata, arrogante e presuntuosa; uno che non ha nessun'intenzione di servire veramente il Signore ed esserGli sottomesso, può concepire simili iniziative e portare a compimento atti del genere!

Per quanto riguarda il detto del libro dei Proverbi, leggendolo nel suo contesto, si comprende subito che il divieto di “aggiungere”, ha a che fare con la parola di Dio.

Ogni parola di Dio è affinata con il fuoco. Egli è uno scudo per chi confida in lui.
Non aggiungere nulla alle sue parole, perché egli non ti rimproveri e tu sia trovato bugiardo
(Proverbi 30: 5-6).

«La diffida ad aggiungere qualcosa alle sue parole può riferirsi al pericolo di inserire speculazioni umane nella rivelazione divina. La comprensione di Dio (teologia) deve derivare non da idee umane ma dalla parola di Dio. Il Signore rimprovera coloro che pretendono di sapere di Dio più di quanto egli stesso abbia rivelato. Costoro sono spesso tanto distanti dalla verità che Dio li chiama bugiardi» [Sid S. Buzzell, Investigate le Scritture, Antico Testamento, pag. 1025].

Se si accetta che Dio ha fatto scrivere tutto nel Suo libro, la Bibbia, non si può andare dietro a quelli che vanno in cerca di “nuove rivelazioni”, per aggiungerle a quelle che sono state scritte. La parola di Dio “scritta”, cioè le “Sacre Scritture”, è la completa rivelazione divina per l’uomo. Tutto quello che occorre all’essere umano, sia per la vita presente e massimamente per quella futura, cioè l’eternità, Dio l’ha fatto conoscere e rivelato per mezzo delle Scritture ispirate. Ogni aggiunta prodotta dall’uomo, non importa se a volte potrebbe essere giustificata dalla così detta “rivelazione dello Spirito” o da una “apparizione celeste” (come spesso si afferma), rappresenta un atto arbitrario che offende la veracità e la fedeltà di Dio.

Il testo del Nuovo Testamento

Per quanto riguarda il passaggio del Nuovo Testamento, come abbiamo suesposto, è quello dell’Apocalisse 22:18-19. Non è un puro caso che la forma “imperativa” di non “aggiungere” o “togliere”, si trovi quasi al termine e conclusione della Bibbia.

Si, è vero che il “divieto” riguarda la profezia del libro dell’Apocalisse; questo però non significa che si possono “aggiungere” altre profezie a quelle che ci sono, o “togliere”, modificandole, senza che il libro stesso ne subisca un danno di credibilità.

Si continuerà il prossimo giorno...
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18/02/2011 01:34

Se la profezia dell’Apocalisse, assieme a quelle di Ezechiele, di Daniele, di Matteo e di Paolo forniscono un quadro generale di quello che sarà la sorte dell’umanità, nel suo complesso e di Satana con tutti i suoi alleati in modo particolare, non è giustificato il tentativo che vi possa essere altro materiale profetico, con la medesima autorità divina che hanno quelle che si trovano nella Bibbia.

Davanti alla severità del divieto, (che poi non è quello dell’apostolo Giovanni, ma di Cristo stesso che diede al suo servo questa divina rivelazione (Apocalisse 1:1), il severo trattamento che subiranno i trasgressori, è più che giustificato. Non riguarderà solamente la vita terrena, includerà anche quella dell’otretomba, dato che si specifica che sarà tolta la sua parte dell’albero della vita e della santa città che sono descritte in questo libro (v. 19).

«Se da un lato è rivolto un invito a tutti coloro che vogliono ascoltare, dall’altro c’è pure un avvertimento per coloro che rifiutano la rivelazione dell’ultimo libro della Bibbia. Si tratta di un duplice avvertimento per evitare, sia che si aggiunga qualcosa, sia che si sottragga qualcosa ad esso (cfr. Deut. 4: 2; 12: 32; Prov. 30:6). Tremendo sarà il giudizio che colpirà coloro che disprezzano questo libro e lo sminuiscono considerandolo semplicemente alla stregua di un’esperienza mistica di un uomo anziano, negando quindi che esso sia la Parola di Dio. Rifiutando la Parola di Dio, si rifiuta Dio stesso. E coloro che negano le sue promesse di benedizione e manipolano le sue verità subiranno il suo giudizio e non avranno parte alcuna dell’albero della vita né accesso alla santa città (cfr. Apoc. 22:14) » [John F. Walvoord, Ingestigate le Scritture, Nuovo Testamento, pag. 1050].

Infine, è molto interessante riportare la “prefazione all’Apocalisse di San Giovanni”, scritta nell’anno 1530, da Martin Lutero.

«Seguendo quest'interpretazione possiamo servirci di questo libro e far sì che esso ci sia utile: in primo luogo per consolarci, in quanto ci annunzia che nessuna potenza o menzogna, nessuna sapienza o santità, nessuna tribolazione o sofferenza potrà soffocare la cristianità, la quale invece è destinata ad affermarsi e ad ottenere la vittoria finale.
In secondo luogo questo libro ci serve di ammonimento contro il grande, pericoloso e diverso scandalo che si produce nella cristianità. Infatti, finché una potenza così grande e imponente combatterà contro la cristianità e finché questa rimarrà occulta e deformata sotto di una tale quantità di tribolazioni, eresie ed altre imperfezioni, sarà impossibile alla ragione e alla natura di riconoscere la cristianità; piuttosto, se ne distoglie e se ne scandalizza: si dice chiesa cristiana quella che è il peggior nemico delle chiese cristiane; e ancora, dannati eretici quelli che costituiscono la vera chiesa cristiana... E dimenticano l’articolo del Credo: Io credo una santa chiesa cristiana...
L’affermazione: “Io credo una santa chiesa cristiana” è un articolo di fede tanto quanto gli altri. Perciò la ragione, per quanti occhiali inforchi, non potrà mai riconoscerla. Il Diavolo può ricoprirla di scandali e fazioni al punto che tu te ne dovresti scandalizzare. Anche Dio può nasconderla sotto tante manchevolezze e deficienze da farti perdere il senso e condurti a giudicarla erroneamente. La chiesa non la si può vedere, ma credere; si crede, infatti, ciò che non si vede (Hebr. 11: 1). La chiesa ripete anch’essa con il suo Signore: Beato colui che non si sarà scandalizzato di me...
In conclusione, la nostra gloria è in cielo, dove c’è Cristo, e non in questo mondo, concretamente visibile come la merce che si vende al mercato. Perciò gli scandali, le fazioni, l’eresia, le imperfezioni continuano pure l’opera loro finché possono: se solo rimane in noi pura la parola del vangelo, e l’abbiamo cara e preziosa, non dobbiamo dubitare che Cristo sia vicino a noi e con noi, per quanto le cose possano andar male; come appunto vediamo in questo libro: che Cristo attraverso e al di là di tutte le tribolazioni, bestie e angeli del male, rimane accanto ed assieme ai suoi santi e alla fine prevale» [Eduard Lohse, L’Apocalisse di Giovanni, pagg. 206-207].

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
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