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Domenico34 - La Fede - XI. La fede di Mosè

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2010 13:41
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27/12/2010 14:09

Per fede lasciò l’Egitto senza temere l’ira del re, perché rimase fermo come se vedesse colui che è invisibile (Ebrei 11:27).

E, vedendone uno che subiva un torto, lo difese e vendicò l’oppresso, uccidendo l’Egiziano.
Or egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio stava per dar loro liberazione per mezzo suo, ma essi non compresero.
Il giorno seguente egli comparve in mezzo a loro mentre litigavano e li esortò alla pace, dicendo: O uomini, voi siete fratelli, perché vi fate torto uno all’altro?
Ma chi faceva torto al suo vicino lo respinse, dicendo: Chi ti ha costituito principe e giudice su di noi?
Vuoi uccidere me, come ieri hai ucciso l’Egiziano?
A queste parole Mosè fuggì e dimorò come forestiero nel paese di Madian, dove generò due figli
(Atti 7:24-29).

In quei giorni, quando Mosè si era fatto grande, avvenne che egli uscì a trovare i suoi fratelli e notò i loro duri lavori; e vide un Egiziano che percuoteva un uomo ebreo, uno dei suoi fratelli.
Egli guardò di qua e di là e, visto che non c’era nessuno, uccise l’Egiziano e lo nascose poi nella sabbia.
Il giorno seguente uscì e vide due uomini ebrei che litigavano; egli disse a quello che aveva torto: Perché percuoti il tuo compagno?
Ma quegli rispose: Chi ti ha costituito principe e giudice su di noi? Vuoi uccidermi come hai ucciso l’Egiziano? Allora Mosè ebbe paura, e disse: Certamente la cosa è risaputa.
Quando il Faraone sentì parlare dell’accaduto, cercò di uccidere Mosè; ma Mosè fuggì dalla presenza del Faraone e si stabilì nel paese di Madian; e si pose a sedere presso un pozzo
(Esodo 2:11-15).

Tra il resoconto che scrive il libro dell’Esodo e quello degli Atti, non c’è una notevole differenza, come si nota nelle poche parole della lettera agli Ebrei. Il particolare che rivela Stefano, nel ricordarci che Mosè, vedendo il torto che subiva l’ebreo da parte dell’Egiziano, lo difese e vendicò l’oppresso, c’induce a considerare e a riflettere, sul carattere di Mosè. In quel tempo Mosè, era ben lontano dall’essere definito:

Or Mosè era un uomo molto mansueto, più di chiunque altro sulla faccia della terra (Numeri 12:20)

Aveva un carattere troppo impulsivo: non tollerava facilmente un torto, un’offesa, un maltrattamento ingiusto; era insomma un uomo troppo violento. Difese l’oppresso, uccidendo l’aggressore.
Mettendo in risalto la brutalità di Mosè, - anche se era giustificata da un senso di giustizia -, davanti all’insegnamento di Gesù e del N.T. in generale, riesce difficile a capire come ha fatto Dio a scegliersi un uomo di questo tipo, per costituirlo come capo e conduttore del Suo popolo Israele.

Se però teniamo presente che Mosè venne chiamato da Dio ad essere lo strumento di liberazione di quel popolo disprezzato ed oppresso dagli Egiziani, dopo un periodo di quaranta anni trascorsi nel deserto, come pastore dietro un gregge, allora l’ostacolo del “carattere” di Mosè, viene superato facilmente. In poche parole possiamo dire: Dio, per usarsi di Mosè, dovette aspettare quaranta anni, per poi utilizzarlo, secondo il piano della Sua volontà.

Se si pensa a Mosè, uomo di elevata cultura, idoneo ad assumere una cattedra Universitaria, e lo vediamo invece pascere un gregge, come se fosse un essere umano senza istruzione, degno di stare assieme al bestiame, siamo portati allora a riflettere su quello che Dio fece nella vita di quest’uomo, per addomesticare e addolcire il suo carattere, e per abbassare e polverizzare la sua grandezza umana. Il particolare che evidenzia l’Esodo, quando dice che Mosè:

Guardò di qua e di là e, visto che non c’era nessuno, uccise l’Egiziano e lo nascose poi nella sabbia,

è sufficiente per mettere in risalto l’accortezza di Mosè. Egli, da persona intelligente ed accorta che era, con quell’azione di nascondere nella sabbia il corpo dell’Egiziano, credeva che tutto l’affare fosse stato risolto, e che nessuno non avrebbe mai saputo del suo crimine. La cosa però non fu così, perché lo stesso Mosè, nel giro di un solo giorno, dovette prendere atto, che il suo crimine era già venuto a conoscenza degli altri. Si illudono molto, quelli che pensano e credono che possono tenere nascosti i loro malfatti, con il pretesto che nessuno li ha visti!

Costoro, devono ricordarsi che, al disopra dell’uomo, c’è sempre però Dio che vede e sa ogni cosa; e, quanto meno se lo aspettano, le cose occulte, saranno predicate sopra i tetti.

L’altro aspetto del comportamento di Mosè è costituito dalla sorpresa, quando, invitando alla “pace” i due ebrei che si litigavano, si vide respinto, con le parole:

Chi ti ha costituito principe e giudice su di noi? Vuoi uccidere me, come ieri hai ucciso l’Egiziano?

In questo suo intervento, Mosè, - a differenza del giorno precedente che aveva ucciso l’Egiziano e lo aveva nascosto nella sabbia -, dimostra un atteggiamento moderato e riconciliante, che mira a spegnere il litigio anziché a fomentarlo.
Però, visto che i suoi fratelli lo avevano respinto, e che il suo crimine era stato scoperto, pensando soprattutto all’ira del re - che nel frattempo aveva già saputo del suo delitto, con la precisa intenzione di farlo morire -, e considerando che non c’era per lui altra alternativa, Mosè preferisce fuggire dal paese di Egitto e rifugiarsi nel territorio di Madian.

In questa sua azione, Mosè, non deve essere giudicato come uno che venga meno nella sua fede; anzi deve essere valutato nel contesto della sua saggezza che vedendo un serio pericolo, cerca di evitarlo. Si può benissimo applicare a lui il testo del savio:

La strada maestra degli uomini retti è evitare il male; chi vuol custodire la sua anima sorveglia la sua via (Proverbi 16:17).

E che dire di Cristo, il quale vedendo che i Giudei lo volevano lapidare,

...si nascose e uscì dal tempo, passando in mezzo a loro, e così se ne andò? ( Giovanni 8:59).

Nel paese di Madian, Dio ha un piano riservato per Mosè; ed è qui, che quest’uomo, viene preparato da Dio stesso per la gran missione che più tardi gli affiderà, mentre il suo carattere viene addomesticato e la sua vita preparata per il gran compito che lo attende.

Tutto questo è chiaro nella mente di Dio, ma non è altrettanto chiaro nell’intelletto di Mosè, che ancora deve conoscere che l’Eterno lo ha scelto per una missione particolare. I metodi che Dio adopera per preparare una persona per l’opera che le vuole affidare, non sempre sono comuni, nel senso che Dio adopera mezzi e metodi che sono di là da ogni comprensione e valutazione umana.

Quando una persona entra nelle officine di Dio per essere lavorato, non uscirà da quelle se il divino artefice, non abbia completato il suo lavoro, anche se per compierlo, ci vorranno lunghi anni, per Mosè ne occorsero quaranta.

Si continuerà il prossimo giorno...
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