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Domenico34 Matteo 28:19 BATTEZZANDOLI, NEL NOME DEL PADRE, DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2010 17:47
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03/09/2010 23:03


a) Lo scopo dell'ammaestramento.
Che l'ammaestramento servirà per far conoscere, comprendere le cose di Dio, ai fini di una giusta valutazione dell'Opera di Gesù Cristo, appare abbastanza evidente, dal riferimento al battesimo. I popoli dovevano essere battezzati, secondo il comando di Gesù, ma prima di arrivare a questo, dovevano essere istruiti. Non si può amministrare il battesimo a persone che non siano state prima ammaestrate. Agire in maniera diversa, significa capovolgere i termini del gran comando di Gesù e non dare la sua dovuta importanza all'insegnamento.

Già l'ordine di Gesù di ammaestrare tutti i popoli, mette in seria difficoltà l'amministrare il battesimo a persone che non possono fare uso delle loro facoltà: cioè di intendere e di volere, perché fisicamente parlando non sono in età di potersi esprimere. Ci riferiamo ovviamente al battesimo dei pargoli. Il catecumeno primo di essere battezzato, doveva conoscere riguardo a Cristo, l'opera sua, e inoltre avere la fede in Lui per la salvezza eterna. Il fatto stesso che la persona veniva prima istruita e poi battezzata, denota uno stato di quasi totale ignoranza intorno alla nuova fede che gli veniva presentata e nella quale veniva istruito.

Che l'ammaestramento, di cui parla Gesù e del quale incarica i suoi discepoli è indispensabile, appare chiaro dalla forma imperativa che viene usata. Non c'è da pensare ad una libera scelta, se ritenere opportuno accettare o no quest'ammaestramento di cui parla Gesù. Se è vero che una persona ha la facoltà di esercitare una libera scelta, è pur vero che in questo caso si tratta unicamente di accettare o respingere l'ammaestramento, ma non per decidere di essere ammaestrato o meno. Se abbiamo detto in partenza che ammaestrare significa: istruire, impartire un insegnamento, educare, ciò è chiaro ai fini della fede e dell'accettazione dell'opera di Cristo.

Infatti, l'ammaestramento che i discepoli di Gesù avrebbero dato a tutti i popoli, verteva principalmente intorno al nome e all'opera di Gesù Cristo. Una persona che ignorasse intorno a Gesù Cristo e l'opera che Egli venne a compiere in terra per la salvezza dell'umanità, non potrebbe usufruire dei benefici della prestazione redentrice di Cristo, se non l'accettasse nel suo cuore e nella sua vita, e ciò dopo di aver conosciuto e compreso, intorno a questo nome e all'opera sua. Da qui l'indispensabilità dell'ammaestramento.
Infatti, come dal punto di vista biblico l'insegnamento è luce e vita, così la persona entrando in contatto con questa luce e vita, può vedere, per quanto riguarda il conoscere, il comprendere e godere, per quanto riguarda la vita divina che viene promessa.

b) Il tempo per l'istruzione

Da quello che diciamo, vale a dire l'indispensabilità dell'ammaestramento, potremmo pensare che esista un tempo per essere istruiti. Qui entriamo in un campo di congetture e d'ipotesi. La Bibbia non parla in nessun luogo, quanto tempo dovrà intercorrere, da quando una persona riceve l'ammaestramento, per essere battezzata. Che in mezzo alla cristianità non esistano regole fisse che stabiliscono il tempo, è una prova, per quanto riguarda il contenuto delle affermazioni bibliche. Ci sono quelli che pensano che il catecumeno deve essere istruito per almeno un anno nella fede cristiana, prima che gli venga amministrato il battesimo.

Coloro che sostengono una simile teoria, insistono sul fatto che il nuovo convertito, specie se proviene da un ambiente pagano, potrebbe correre il rischio di ritornare al paganesimo. Altri infine asseriscono che il nuovo convertito deve prima conoscere tante cose della nuova fede cristiana, e questo, naturalmente implica del tempo.
A prescindere da certe valutazioni di carattere prettamente locale ed ambientale, possiamo dire senza tema di essere smentiti che la Bibbia, non fornisce nessun'indicazione per quanto riguarda, un cosiddetto tempo definito di preparazione. A rigore, se dobbiamo attenerci scrupolosamente a quei casi che la Bibbia ci presenta, dovremmo concludere che il tempo è così breve, che è difficile poter stabilire o parlare di un periodo di preparazione.

c) Un esame biblico

Cerchiamo di esaminare quello che la Bibbia dice. Anzitutto dobbiamo precisare una cosa che crediamo sia importante, ai fini di una giusta comprensione del comando di Gesù. Stiamo parlando dell'ammaestramento cristiano, insegnamento che si dà a quelli che non l'hanno, per poi includerli nel numero di chi verrà battezzati. Non ci riferiamo, quando parliamo del battesimo, a quello che i Farisei praticavano per ammettere i Gentili nella congregazione d'Israele, e tanto meno a quello di Giovanni Battista, per il semplice fatto che tra il battesimo di quest'ultimo e quello istituito da Cristo, c'è una differenza notevole.

Infatti, il battesimo di Giovanni era amministrato ai Giudei, mentre quello di Gesù, era destinato a tutti i popoli. Tutto quello che esamineremo intorno al battesimo, si riferisce ovviamente a quello istituito da Gesù Cristo. Al primo messaggio cristiano che venne predicato dopo la Pentecoste, rispondendo ad una precisa domanda:
“Fratelli, che dobbiamo fare?”, Pietro rispose: Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo (Atti 2:37,38).

Il termine greco usato in questo testo è metanoésate, che etimologicamente significa: «cambiate di mente», il che indica appunto un rinnovamento completo della mentalità. Che nel suo contesto questo termine ha con sé i concetti di conversione, pentimento e ravvedimento, appaiono chiaramente dal modo con cui Pietro addita a questi suoi ascoltatori, la nuova direzione del corso della loro vita. Ecco perché il termine in questione è stato tradotto con: pentitevi, convertitevi, ravvedetevi, e finanche «fate penitenza». Ci sembra che quest'ultima traduzione, non abbia colto il vero senso dell'insegnamento del N.T., basandosi piuttosto sulla capacità umana anziché sull'opera dello Spirito Santo, il solo che può operare la metanoia, mediante la quale l'uomo diventa una nuova creatura. Che questa conversione, ravvedimento e pentimento sia l'elemento indispensabile richiesto per essere battezzati, appare chiaramente dal testo.

Tenendo presente il comando di Gesù di «ammaestrare tutti i popoli, battezzandoli», appare chiara l'importanza del suo ordine. Il carattere di quel primo messaggio, non era semplicemente di annunziare, proclamare, bandire; era essenzialmente educativo, perché mirava, non solo a chiarire certi equivoci d'interpretazione, gettava una diversa e nuova luce, non solo sulla parola profetica, ma essenzialmente sul nome e sull'opera di Cristo Gesù, dichiarando che lo stesso, Iddio l'ha fatto Signore e Cristo (Atti 2:36).
Di fronte ad un sì preciso messaggio, era più che logico che venisse una simile domanda: «Fratelli che dobbiamo fare?» Da quello che Luca ci racconta, sappiamo che:

Quelli dunque i quali accettarono la sua parola, furono battezzati; e in quel giorno furono aggiunte a loro circa tremila persone (Atti 2:41).

Anche se il testo non afferma che in quel giorno furono battezzati tremila persone, è però da intendere in questo senso la frase: «In quel giorno furono aggiunte». Un tempo troppo breve, si dirà, per essere battezzati; ma così andarono le cose in quel giorno, all'inizio dell'era cristiana. Le cose andarono diversamente per i nuovi convertiti di Samaria. Per questo Luca dice:

Ma quando ebbero creduto a Filippo che annunziava loro la buona novella riguardante, il regno di Dio e al nome di Gesù Cristo, furono battezzati, uomini e donne (Atti 8:12).

Però, prima di essere stati battezzati, ci viene affermato che:
Le folle di pari consentimento prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, udendo e vedendo i miracoli che egli faceva (Atti 8:6).
Che tutto ciò di cui parla il capitolo otto degli Atti, non si sia verificato in un solo giorno, è abbastanza chiaro; anche e soprattutto il susseguirsi delle cose, richiede necessariamente del tempo. Quanto tempo passò prima che questi nuovi convertiti fossero battezzati? Non si sa: sarà passato, una due settimane, un mese? Nessuno lo sa, ed indicare un tempo definito, è troppo rischioso.

Per quanto riguarda il battesimo dell'Etiopo, eunuco, ministro di Candace, anche se costui era andato a Gerusalemme «per adorare», sappiamo che di ritorno, seduto sul suo carro, mentre leggeva il profeta Isaia, per capire quello che stava leggendo, fu necessario che Filippo, gli spiegasse e gli affermasse che il veggente parlava di Gesù. A questo punto Luca una precisazione:

E cominciando da quella Scrittura gli annunziò Gesù (Atti 8:35).
Quando poi Luca, a conclusione di quest'episodio aggiunge:
E cammino facendo, giunsero ad una cert'acqua. E l'eunuco disse: Ecco dell'acqua; che impedisce che io sia battezzato? (Atti 8:36).
Nulla c'impedisce di pensare che il battesimo sia stato amministrato in quello stesso giorno, anche se il testo non specifichi quanto lungo sia stato quel «cammino facendo».

Per quanto riguarda il battesimo di Saulo da Tarso, sebbene questi sia stato raggiunto da Cristo sulla via di Damasco, sappiamo che rimase in casa di un certo Giuda, senza vedere, né mangiare e bere per tre giorni, e dopo che Anania, per ordine di Gesù, si recò in quella casa, lo stesso dì fu battezzato (Atti 9:19).

Anche la storia della conversione del Centurione romano Cornelio, con tutti quelli che erano con lui, in quello stesso giorno che ascoltarono la predicazione e l'insegnamento di Pietro, furono battezzati, dato che prima avevano ricevuto lo Spirito Santo (Atti 10:45-48).
Quando poi pensiamo con quanta celerità Paolo battezzò il carceriere di Filippi, rimaniamo quasi senza parole, davanti a quelli che stabiliscono un così detto "tempo di preparazione", per amministrare il battesimo (cfr. Atti 16:25-33).

Questi pochi riferimenti che abbiamo ricordato, ci fanno vedere chiaramente che gli apostoli non avevano una regola fissa e rigida circa il tempo che avrebbe dovuto trascorrere prima che il nuovo convertito venisse battezzato. Una cosa importante è però certa: nessun battesimo era amministrato, se prima la persona non veniva ammaestrata, anche se questo era nell'ordine di una sola giornata.

d) Conclusione

Stabilire rigide regole di tempo di preparazione in vista del battesimo, significa non tenere presente quello che il N.T. ci dice, e dare più importanza a certe mentalità e convinzioni basate, non sull'autorità della Parola di Dio, ma su usanze e abitudini ambientali. Che il nuovo candidato venga prima istruito, secondo l'ordine di Gesù, non vuol dire però che il nuovo convertito debba prima conoscere tutta la teologia cristiana, e dopo potrà essere pronto per il battesimo. Per la salvezza è richiesta la fede: Credi nel Signor Gesù Cristo e sarai salvato (Atti 16:31).

Questa fede nella sua realizzazione può essere così rapida, che basteranno solo alcuni attimi per poterla manifestare e confessare.
Nell'istante in cui la persona ha confessato la sua fede in Cristo, è già pronta per essere battezzata. D'altra parte, se si dovesse aspettare una piena e completa conoscenza di tutta la dottrina cristiana, forse il nuovo convertito, avrebbe bisogno di anni per vagliare e studiare tutte le cose.

Infine, non si amministra il battesimo in acqua per preservare il nuovo convertito da un'eventuale ricaduta o di un suo ripensamento. Tutto ciò è contrario a tutto l'insegnamento del N.T. Lo Spirito del Signore che guida la Chiesa, è chi rende intelligente per un sano ammaestramento, ed è anche chi guida in una giusta direzione, perché il nuovo convertito sia battezzato, secondo il comando di Gesù.
II. NEL NOME DEL PADRE E DEL FIGLIUOLO E DELLO SPIRITO SANTO

a) Una specificazione.

Indubbiamente stando a Matt. 28:19, dobbiamo convenire che ci troviamo davanti a una formula battesimale ben definita. Che questa formula battesimale sia ricca di significato teologico ed appaia importante nella sua esecuzione, risulta chiaramente dalla forma precisa e categorica in cui viene presentata. Durante il tempo del suo terrestre ministero, Gesù, a varie riprese mandò i suoi a predicare il regno di Dio, a sanare gli infermi, a nettare i lebbrosi e a risuscitare i morti (Matt. 10:7; Luca 10:8). Gesù diede tante particolari istruzioni ai suoi discepoli circa lo svolgimento e il loro comportamento per quanto riguardava la loro missione, ma non disse una sola parola riguardante l'amministrare il battesimo nel suo nome. A dire il vero, stando a quello che dice il N.T. Gesù non parlò mai di battezzare le persone prima dell'evento di Matt. 28:19. Anche se Giov. 3:22,26 dice che Gesù battezzava, ciò non vuol dire che Gesù stesso amministrasse il battesimo. Infatti lo stesso Giovanni 4:2 specifica che quello che si diceva di Gesù non era vero, perché in effetti non era lui che battezzava, bensì i suoi discepoli. Questa precisazione Giovanni non la fa per correggere quello che prima aveva detto, ma per correggere piuttosto la voce che era giunta fino ai Farisei, perché lui stesso non battezzò mai con acqua. Il suo compito secondo Matt. 3:11 non era quello di battezzare con acqua, compito al quale era stato incaricato Giovanni Battista, in un primo momento e poi successivamente vennero incaricati i discepoli di Gesù, ma di battezzare con lo lo Spirito Santo.

Chiarito questo particolare, esaminiamo la formula battesimale, per sapere se oggi, alla distanza di tanti secoli, si deve usare la stessa.

b) La formula battesimale

Da varie parti si fa osservare che la formula battesimale così come viene presentata da Matt. 28:19, non si trova in nessun'altra parte del N.T. Gli stessi apostoli, all'inizio dell'era cristiana, non battezzavano nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Questa è una prova, si ripete, che detta formula battesimale, forse fu aggiunta al testo originale e che la stessa debba essere considerata spuria.

Quando il N.T., specie il libro degli Atti, che vuole essere una dimostrazione della prassi che usavano gli apostoli, afferma che il battesimo veniva amministrato nel nome di Gesù Cristo (Atti 2:38; 10,48); nel nome del Signor Gesù (Atti 8:16; 19:5); battezzati in Cristo Gesù (Rom. 6:3); battezzati in Cristo (Gal. 3:27), e mai nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, vuole essere forse una prova inconfutabile, che la formula battesimale di Matt. 28:19 non è una formula da accettare, perché gli stessi apostoli, gli immediati continuatori dell'opera di Cristo, non la praticarono mai, o vuole dire qualcosa di più di questa osservazione? Noi siamo del parere e siamo convinti che tra la formula di Matt. 28:19 e le altre frasi «nel nome di Gesù Cristo», «nel nome del Signor Gesù», «in Cristo Gesù», «in Cristo», usate nel libro degli Atti e nelle epistole di Paolo, non c'è nessuna discordanza e non c'è da vedere una certa collisione tra il testo di Matteo e gli altri testi sopra menzionati.

Cercheremo di specificare meglio questa nostra convinzione, per vedere se essa è compatibile con un'esatta interpretazione del testo sacro. Supponiamo di dover parlare di una legge di una nazione, ordinamento giudiziario che è stata approvata dal parlamento di quello stato. Di solito, le leggi che un parlamento di una nazione approva, portano la firma della persona che l'ha proposta. Quando si vorrà fare riferimento ad una data legge, non è necessario che venga chiamata col suo vero nome; basterà nominare il nome di chi l'ha proposta e firmata, perché tutto sia chiaro per chi vuole riferirsi a quella data legge. Ci sembra che questo paragone, si possa applicare alla formula battesimale di Matt. 28:19. Colui che ha istituito il battesimo da amministrare a tutti i popoli, doveva necessariamente dichiarare per esteso, come doveva essere amministrato questo battesimo, trattandosi di una nuova istituzione. Se si crede che il battesimo di Matt. 28:19, prima di quell'evento, non è mai esistito, si deve per forza di coerenza credere che, dal momento che viene all'esistenza, la cosa deve essere ben definita, non solo nella sua sostanza, ma anche nella sua forma. Se si accetta che il battesimo cristiano è stato istituito da Gesù Cristo e che il battesimo che gli apostoli amministravano era lo stesso di quello che Cristo istituì, va da sé, che non è necessario che venga di nuovo specificato, nelle parole della sua istituzione.

Quando il libro degli Atti parla che gli apostoli battezzavano i nuovi convertiti nel nome di Gesù Cristo, si riferisce al battesimo che Cristo istituì, vale a dire quello di Matt. 28.19. Quindi è assurdo ed incoerente che quando il libro degli Atti ci informa che gli apostoli battezzavano nel nome di Gesù, faccia riferimento ad una nuova formula e non alluda allo stesso battesimo che Cristo istituì di cui (Matt. 28:19), "nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo".

c) Perché battezzare, "nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".

1) Una precisazione.


Diciamo subito che quando Giovanni (3:22,26 e 4:2) parla del battesimo che i discepoli di Gesù amministravano, non era il battesimo che Gesù istituì secondo Matt. 28:19, dato che tra questo e quello vi era una certa differenza, non solo nella sua forma, ma anche nel suo contenuto. Infatti, Il battesimo che veniva praticato ai tempi di Gesù dai suoi discepoli, pare abbia avuto un posto intermedio e provvisorio, anche se quel battesimo veniva amministrato per suggellare quelli che diventavano discepoli di Gesù, e per confessare la loro fede nel Messia apparso nella persona di Gesù. Ma per quanto questo battesimo era stato autorizzato da Gesù, non era il battesimo che proclamava l'opera della redenzione compiuta. Una simile proclamazione si ebbe, dopo la resurrezione quando, al Signore risorto veniva conferita l'autorità universale in virtù della quale poteva avere corso, non solo l'opera missionaria della Chiesa, ma anche il comando di battezzare tutti i popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

2) Una specificazione.

La formula battesimale: nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, non è una frase convenzionale puramente formalistica, priva di un qualsiasi significato teologico; al contrario è carica di contenuto. Quando il nuovo convertito viene battezzato nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, viene battezzato nel nome di tre distinte persone, che noi chiamiamo divine.

Chi meglio di Gesù poteva sapere la portata che aveva quella formula battesimale, quando il battesimo veniva amministrato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo? Si trattava, non soltanto di nominare le tre persone divine, ma di mettere in risalto che se l'opera della redenzione era stata portata a compimento, lo era per il fatto che le tre persone: Padre, Figliuolo e Spirito Santo, si erano impegnati, fin dal primo istante, perché quest'opera di redenzione venisse adempiuta. Non si può parlare di redenzione, pensando soltanto al Figlio, Gesù, anche se questi è stato l'artefice materiale che morì sulla croce. Tutte e tre: Padre, Figlio e Spirito Santo, presero parte attiva in quest'opera di redenzione, essendo tutte e tre coinvolte nel compimento della stessa. Il merito della redenzione non deve quindi essere ascritto soltanto al Figlio; è l'opera del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il battesimo in acqua proclama, non solo l'autorità universale di Cristo, ma anche e soprattutto l'opera di redenzione portata a compimento dalle tre persone della Trinità. Ecco perché Pietro, nel giorno di Pentecoste disse:

Ravvedetevi (convertitevi, pentitevi) e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo (Atti 2:38).

Non c'è valore nel battesimo (quasi che fosse una formula magica), se viene a mancare l'elemento indispensabile e fondamentale della conversione e del pentimento. Se si poteva in quel giorno fare una simile proclamazione e invitare le persone alla conversione e al pentimento, si faceva in virtù di quello che il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo avevano fatto per la redenzione del genere umano. Era pertanto più che giustificato che il battesimo in acqua veniva amministrato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

3) Una considerazione.

Quando affermiamo che le tre persone sono distinte e divine, vogliamo esattamente dire quello che, in effetti, è. Non si può negare il valore del concetto di "persona" nel testo di Matt. 28:19. Ignorare questo concetto significa non tener presente la forma grammaticale che questo testo ha. Infatti, facendo l'analisi grammaticale, risulta in una maniera certa, che Matt. 28:19, parla di tre persone distinte tra di loro.

Padre, sostantivo maschile nome di persona. Figlio, sostantivo maschile, nome che sì da ai generati. Spirito Santo, sostantivo maschile, nome di persona. Il concetto di persona nel testo di Matt. 28:19 è anche importante perché in esso viene affermato la distinzione che c'è tra il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo per quanto riguarda la loro personalità non essendo possibile intendere come se il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo fossero un sinonimo di una sola persona. Interpretare Matt. 28:19 nel senso di una sola persona significa in ultima analisi ignorare le regole della grammatica e fare violenza al testo. Perciò non possiamo accettare quella spiegazione secondo la quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, sono espressioni o manifestazioni differenti della stessa persona, che in questo caso riguardano il nome di Gesù. In altre parole, questa spiegazione vorrebbe dire che il Padre è Gesù, manifestato come Padre; il Figlio è il Padre, manifestato come Figlio, lo Spirito Santo è Gesù, manifestato come Spirito Santo.
Accettare una simile interpretazione, non solo significa far violenza al testo di Matt. 28:19, ignorare le regole della sintassi, ma significa anche e soprattutto, ignorare tutto quello che la Bibbia dice intorno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo.

Che il Padre sia una persona distinta dal Figlio e dallo Spirito Santo, come lo è il Figlio e lo Spirito Santo rispetto al Padre, appare chiaramente, in maniera inconfutabile da tutta la Scrittura. Anche se col concetto di persona si è voluto obiettare, in quanto non si addice per applicarlo a Dio, perché esprime limitazione, quello che Dio non ha, pur tuttavia, è un concetto appropriato per descrivere Dio nella maniera più esauriente alle capacità umane, come la Scrittura lo presenta. Quando parliamo di personalità, non possiamo incorrere in un madornale errore, come se individualità fosse sinonimo di corporeità. La personalità non richiede una forma definitiva, mentre la corporeità la possiede. Non possiamo accettare il panteismo che insegna che Dio è in ogni cosa e che ogni cosa è Dio; che l'universo è Dio e Dio è il cosmo; che egli non ha un'esistenza separata e distinta. La concezione panteista è che l'insieme delle cose particolari sia Dio. Si potrebbe allora nello stesso modo affermare che i pensieri di un uomo in un momento particolare sono l'essere umano stesso o che le onde dell'oceano siano la distesa sterminata. Confutare l'errore del panteismo non è un compito difficile, come del resto, attraverso i secoli, è stato abilmente confutato.

Quando si crede e si accetta la Bibbia come Parola di Dio ispirata, non si dovrà fare tanta fatica per vedere tutti quei segni che parlano della personalità di Dio. Se si dovesse chiedere come definire la personalità, credo che si potrebbe definire nel seguente modo: "Esistenza dotata di auto-coscienza o di auto-determinazione". Gli elementi costitutivi della personalità sono tre: intelletto o capacità di pensare; sensibilità o ampiezza di sentire e volizione o vastità di volere. Associati a questi sono la coscienza e la libertà di scelta. Se si può provare che a Dio sono attribuite azioni d'intelletto, di sensibilità e di volontà, sarà possibile affermare la sua personalità. Le stesse cose si possono dire per quanto riguarda il Figliuolo e lo Spirito Santo. Anche se per il Figliuolo, non c'è la difficoltà di accettare la sua personalità, perché visse ed operò in mezzo agli uomini, la cosa è diversa per lo Spirito Santo, soprattutto quando si è definito "Forza attiva di Dio".
Qui non si tratta di presentare ricorso alla tradizione per definire la personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, come se dipendesse unicamente dal fatto che la cristianità l'ha sempre creduta. Se dovessimo proclamare la personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, solo perché si è sempre creduto in questa maniera, la nostra sarebbe una delle più meschine confessioni di fede, priva di un saldo fondamento, da non poter resistere e sopravvivere ai tanti attacchi sferrati.

La nostra credenza alla personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, distinta tra loro, è basata, non sul razionalismo, ma sull'autorità della Parola di Dio. Che poi ci sono quelli che non credono che la Bibbia, nella sua interezza è l'autorevole Parola di Dio, è un problema che riguarda soltanto loro, dato che hanno accettato la strana teoria che la Bibbia contiene la parola di Dio. Per tutti coloro che la credono, la Bibbia è e rimane sempre la suprema autorità, all'infuori della quale non è possibile rimpiazzarla o paragonarla con qualcosa d'altro.

Per quanto riguarda la questione riguardante la “personalità” del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, pur facendo parte del testo di Matteo 28:19, l’ho voluto escludere del presente scritto, per rimanere solamente sul battesimo. Però, su quello che ho scritto su Matteo 28:19, devo precisare che la prova della personalità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, oltre a far parte integrale di tutta l’argomentazione, è anche il seguito di tutto il brano in questione.

Tratto dal mio libro: Il Grande mandato di Gesù Cristo. Se qualcuno è interessato per questo libro, riguardante il “Grande mandato di Gesù Cristo”, potrà rivolgersi all’Editrice Hilkia, presso la quale è disponibile il mio libro in questione.
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