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Domenico34 – Il perdono dei peccati – Sommario, Introduzione, Capitoli 1-5

Ultimo Aggiornamento: 24/05/2012 00:17
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Sesso: Maschile
14/05/2012 00:08

A questo punto sorge una seconda domanda: perché se si disprezza il Padre e il Figlio, Gesù Cristo = “il Figlio dell’uomo”, (a condizione che ci sia il ravvedimento e il pentimento da parte di chi compie quell’azione), ci sarà la possibilità di ottenere il perdono, mentre se la stessa azione è rivolta nei confronti dello Spirito Santo, non ci sarà nessuna possibilità di riuscirlo ad avere, né al presente e neanche nel futuro? La risposta a questa domanda è semplice: siccome è lo Spirito Santo che convince l’uomo di peccato (Giovanni 16:8); se questa azione viene respinta, con un preciso atteggiamento d'incredulità, per l’uomo in definitiva, sarà preclusa la via al ravvedimento e al pentimento in mancanza del quale non potrà mai ricevere il perdono. Questo significa in altre parole che, se per il bestemmiatore non ci sarà perdono, per questo tipo di peccato (che detto per inciso solo Dio conosce) è essenzialmente per la totale assenza di ravvedimento e di pentimento. Infatti, senza tema di essere smentiti, qualora nell’uomo ci sarà ravvedimento e pentimento, per qualsiasi peccato commesso, trova sempre Dio pronto a perdonare. Se nel caso specifico non ci sarà perdono, sia per il presente come anche per il futuro, sarà essenzialmente perché Dio, non vedrà nel peccatore il ravvedimento e il pentimento.

Infine, non è corretto pensare al rinnegamento di Pietro, per esempio, per affermare che chi bestemmia contro lo Spirito Santo e si pente, otterrà perdono. Chi si macchia di questo peccato, non si pentirà mai. Dal momento che nel peccatore si manifesta il ravvedimento, che consiste nel riconoscere il proprio peccato e si pente, cioè sente dolore e vergogna per averlo commesso, è una prova che non si è trattato della bestemmia contro lo Spirito Santo.

Le condizioni per ricevere il perdono dei peccati


Per ricevere il perdono dei peccati (diciamo di tutti, perché Dio non li perdona a mettà o in parte, ma tutti di qualsiasi genere), l’essere umano si dovrà essenzialmente ravvedersi e pentirsi. Che cos’è il ravvedimento e che cos’è il pentimento? Diamo qui di seguito la definizione linguistica dei due termini.

Ravvedimento: Operazione della coscienza, che, riferendo il proprio comportamento precedente o a idee false ed erronee sostenute o ad azioni compiute o soprattutto a colpe commesse, ne riconosce la gravità e si propone di farne ammenda, ritornando sulla retta via morale o civile (e, in participio, nella fede religiosa).

Pentimento: «Rimorso provato per la colpevole trasgressione di una legge morale o religiosa a cui si accompagna il desiderio di farne ammenda e di evitarla per l’avvenire. In participio: nell’etica cristiana, rimorso che si prova per un peccato commesso, ravvedendosene intimamente e disponendosi a farne penitenza, Cambiamento di comportamento, di condotta».

Sulla scorta di esempi scritturali, esiste un tipo di pentimento che non è leale, cioè non è vero, è solamente un pentimento camuffato che ha solo l’apparenza, ma gli mancano i segni caratteristici che lo identificano come un sincero e leale pentimento. A questo punto, si direbbe: come si conosce un vero pentimento? La risposta più semplice consiste nel guardare il comportamento e la condotta.

Chi veramente prova rimorso per un peccato commesso, generalmente non si limita a esprimerlo con la sola parola, ma lo accompagna il desiderio di evitare di ritornarci su, cambiando nel contempo, comportamento e condotta. Se questo non avviene, cioè, non c’è cambiamento di comportamento e di condotta, si tratta solamente di un falso pentimento, di un pentimento apparente, che non ha nessun valore, soprattutto davanti a Dio.

Facciamo qualche esempio tratto dalle Scritture.
1) L’apostolo Pietro, per due volte, rinnegò di conoscere Gesù, ma alla terza volta, lo fece con giuramento e maledizione (Matteo 26:74; Marco 14:71). Luca afferma che al cantar del gallo, Gesù guardò Pietro, il quale, vedendosi guardato, si ricordò la predizione che gli aveva fatto Gesù, cioè che l’avrebbe rinnegato tre volte. E, andato fuori, pianse amaramente (Luca 22:61-62). Quel pianto, senza dubbio, parlava del rimorso che provava dentro di sé, per avere rinnegato il suo Maestro. Anche se non si legge che Pietro si pentì, però, quel piangere amaramente, aveva quel significato. La prova che Pietro si pentì veramente, sta nel fatto che da quel giorno, il suo comportamento e la condotta, cambiarono.

2) Giuda Iscariota, tradì Gesù, per trenta sicli d’argento (Matteo 26:14). Il testo precisa che:

Poi, venuta la mattina, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire.
E, legatolo, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato, il governatore.
Allora Giuda, che l’aveva tradito, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì, e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani,
dicendo: « Ho peccato, consegnandovi sangue innocente ». Ma essi dissero: « Che c’importa? Pensaci tu ».
Ed egli, buttati i sicli nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi
(Matteo 27:1-5).

A differenza di Pietro, di Giuda Iscariota, è detto chiaramente che si pentì. Il suo, fu un pentimento sincero e vero? Assolutamente no! Lo prova il fatto che il suo comportamento e la sua condotta non cambiarono, ma andò ad impiccarsi.

Si continuerà il prossimo giorno...
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