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Domenico34 – Il perdono dei peccati – Sommario, Introduzione, Capitoli 1-5

Ultimo Aggiornamento: 24/05/2012 00:17
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01/05/2012 00:03

Ioab rispose al re: « Il SIGNORE, il Dio tuo, renda il popolo cento volte più numeroso di quello che è, e faccia sì che gli occhi del re, mio signore, possano vederlo! Ma perché il re mio signore prende piacere nel far questo? » (2 Samuele 24:3);

Mentre, leggendo la domanda formulata dal Cronista, Ioab aggiunse qualcosa di grave, che avrebbe dovuto indurre Davide a riflettere seriamente; ma egli non lo notò.

Ioab rispose: « Il SIGNORE renda il suo popolo cento volte più numeroso di quello che è! Ma, o re, mio signore, non sono forse tutti servi del mio signore? Perché il mio signore domanda questo? Perché rendere così Israele colpevole? » (1 Cronache 21:3)

Tenuto conto che l’ordine del re prevalse su quello di Ioab, e che lo stesso, malgrado non condividesse l’iniziativa di Davide, fu costretto ad eseguire l’ordine, così che, al termine di nove mesi e venti giorni, (v. 8) venne consegnato al re la cifra del censimento. Fin qui, sembra che tutto vada bene e che Davide, probabilmente, sia stato fiero di sapere che poteva avere un esercito di 1,300.000 uomini, tutti abili a maneggiare la spada.

Che cosa è successo nella vita di Davide, dopo di aver ordinato il censimento, non possiamo dirlo esattamente; ci limitiamo solamente a riferire quello che leggiamo nel testo biblico.

Dopo che Davide ebbe fatto il censimento del popolo, provò un rimorso al cuore, e disse al SIGNORE: «Ho gravemente peccato in quel che ho fatto; ma ora, o SIGNORE, perdona l’iniquità del tuo servo, perché ho agito con grande stoltezza» (2 Samuele 24:10).

E Davide disse a Dio: « Io ho gravemente peccato in ciò che ho fatto; ma ora ti prego, perdona l’iniquità del tuo servo, perché io ho agito con grande stoltezza » (1 Cronache 21:8).

Il rimorso che Davide provò in cuore suo, senza dubbio, ci dice tanto; almeno ci fa comprendere che sotto quel peso schiacciante, non solo si rese conto che aveva agito da folle, nell’ordinare il censimento d’Israele, ma riconobbe anche di aver commesso un grave peccato. Questi elementi che affiorano dal testo, meritano di essere tenuti in considerazione, in vista del perdono che si chiede a Dio.

Nessun peccatore, infatti, è portato a chiedere perdono a Dio, se prima non riconosce il suo peccato. Una volta che si prende coscienza del proprio peccato, si ha anche la forza di confessarlo liberamente, senza nessuna vergogna. La confessione in se stessa, è sempre motivata e spinta da un reale pentimento. Il pentimento, a sua volta, ha sempre portato il peccatore a Dio, e, quando questi domanda al Signore di perdonare il suo peccato e la sua iniquità, trova sempre Dio, pronto per accoglierlo nelle Sue braccia paterne. Tutto questo trova la più ampia spiegazione nel fatto che, Dio non vuole la morte dell’empio, ma che egli si converta e viva (Ezechiele 33:11); ed anche perché Egli, Dio, non vuole che nessuno perisca, ma che tutti vengono a ravvedimento (2 Pietro 3:9).

Continuando la lettura del racconto, sì sa, però, che dopo, precisamente il mattino seguente, Dio parlò al profeta Gad e gli ordinò di recarsi da Davide e portargli un messaggio. Davide doveva fare una scelta tra: sette anni di carestia nel paese; tre mesi di fugare davanti ai suoi nemici, o tre giorni di peste nel paese.

La risposta, unita alla motivazione fu:

Davide disse a Gad: « Io sono in grande angoscia! Ebbene, che io cada nelle mani del SIGNORE, perché le sue compassioni sono immense; ma che io non cada nelle mani degli uomini! » (v. 13).

Così avvenne che, a seguito di quella scelta, la Bibbia afferma che, durante i tre giorni che il SIGNORE mandò la peste in Israele; morirono settantamila Israeliti (v. 15). Un prezzo altissimo di vite umane! Infine, visto che Dio è grandemente benigno e misericordioso, ordinò a Davide di costruire un altare sull’aia di Ornan, e su di esso si offrirono olocausti e sacrifici con rendimento di grazie. Inoltre, Davide invocò il Signore, il quale gli rispose con il fuoco e ordinò all’angelo che era stato mandato per distruggere Gerusalemme, di rimettere la sua spada nel fodero. L’ultima parola gliel'ha sempre Dio. A Lui la gloria!

La pregiera che Salomone innalzò a Dio


Leggendo con po’ di attenzione la preghiera (oserei definirla grande) che Salomone innalzò al Signore, nel giorno della dedicazione del tempio che aveva costruito, si rimane sbalorditi, ha dir poco (per non usare un altro temine) com'egli, nella sua intercessione, non solo presentò al Signore diverse cose riguardanti il suo popolo, cioè Israele, ma si spinse anche a menzionare gli stranieri, cioè quelli che non facevano parte del popolo Ebraico. Un simile interessamento, è, a dir poco, sbalorditivo, in quanto nessuno degli Ebrei, prima e dopo di Salomone, non ha mai avuto l’idea di manifestare pubblicamente un simile pensiero, una simile idea.

Si continuerà il prossimo giorno...
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