Domenico34 - ROMANI - ESAME DEL CAPITOLO 8 DELL'EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI

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Domenico34
00venerdì 24 settembre 2010 03:17


Introduzione

L’epistola di Paolo ai Romani, è considerata da tutti gli studiosi della Bibbia, senza nessuna distinzione denominazionale, il documento più importante di tutti gli scritti neotestamentari, per il semplice fatto che contiene le dottrine fondamentali del cristianesimo.
Inoltre, a Paolo viene dato il riconoscimento unanime, di essere stato il più gran teologo di tutti i tempi. Infatti, l’epistola ai Romani, non è lo scritto di un semplice fratello in Cristo, è invece il documento più impegnativo, teologicamente parlando. II suo linguaggio e le varie argomentazioni che conduce, non mettono in luce solamente la vasta conoscenza che quest'apostolo e dottore dei Gentili aveva, ma evidenziano anche o soprattutto, il vero pensiero di un teologo, illuminato dalla luce della rivelazione divina.

I tanti autori che, attraverso i secoli fino a noi si sono succeduti nel commentare questo scritto del Nuovo Testamento, sono talmente numerosi, che qualcuno si è permesso di affermare che la bibliografia inerente a questo testo, è pressappoco “sconfinata”, volendo significare che i libri che si sono scritti intorno a quest'epistola, sono tantissimi. I teologi, che affrontano lo studio di questo scritto del Nuovo Testamento, hanno difficoltà nel raccogliere tutto quello che è stato scritto intorno all’epistola ai Romani, per l’enorme quantità che c’è sul campo. Inoltre, nel compilare la bibliografia, di solito si limitano ad una certa selezione, nell’impossibilità di citare tutto. Tutto questo per dire l’importanza che questo scritto del Nuovo Testamento ha avuto attraverso i secoli fino a noi.

Comprendere il pensiero di Paolo a dargli una giusta valutazione e interpretazione a tutti gli argomenti dottrinali che egli affronta, non è impresa facile. In fase interpretativa, bisogna essere molto prudenti ed evitare di fornire interpretazioni soggettive, (che hanno creato tanti problemi in mezzo alla cristianità), ma dare quell’interpretazione oggettiva, per non fare dire all’apostolo quello che egli non voleva affermare.

Nell’esame che condurremo sul capitolo 8 dell’epistola ai Romani, non ci limiteremo solamente alla lettura del testo biblico, cercheremo di vagliare e confrontare quello che gli altri hanno scritto e detto. Come ho detto in altro forum, non sono un pentecostale che si limita a leggere solamente la Bibbia (nessuno dei miei fratelli si offenda di questa mia affermazione), mi piace confrontarmi con altri, non solo con i semplici fratelli, ma anche con i teologi, per vedere se le loro spiegazioni possono essere accettate a no. Non ho nessuna difficoltà ad accettare quello che altri hanno scritto o detto, specialmente se le loro spiegazioni contribuiscono ed accrescono la luce per comprendere meglio la Parola del Signore.

Un fratello che si rifiuta di ascoltare gli altri, pensando che quello che egli comprende della Parola di Dio, sia sacrosanta verità, cioè una definitiva rivelazione divina, rischia di andare a finire nel cerchio di chi si crede di sapere tutto; questo suo atteggiamento, potrebbe anche portarlo verso l’orgoglio culturale e spirituale. Sapere apprezzare ed accogliere (con la giusta ponderazione) quello che altri dicono in materiali interpretativa, rappresenta il pregio di un credente, seguace di Gesù Cristo.

Infine, vorrei impostare l’esame del capitolo 8 dell’epistola ai Romani, verso dopo verso, in modo che tutti i 39 versi che compongono il nostro capitolo, siano esaminati, (senza fare il salta banco) facendo del tutto, con l’aiuto del Signore e con l’assistenza dello Spirito Santo, per comprendere quello che l’apostolo ci ha lasciato. Naturalmente, non sarò solo io che scriverò; la libertà sarà data a tutti quelli che vorranno intervenire, tenendo presente l’edificazione comune. Tutto ciò lo farò, se il fratello Roberto, responsabile del forum, approverà il piano di lavoro.
Info.
00venerdì 24 settembre 2010 19:14
Domenico34, 24/09/2010 3.17:


Tutto ciò lo faro, se il fratello Roberto, responsabile del forum, approverà il piano di lavoro.


Io potrei dire la mia come chiunque, cioè provare a suggerire come impostare l'esposizione. Non sò se può essere una buona idea la mia, ma la dico..

Invece di partire esaminando un versetto alla volta, io farei un riassunto (non necessariamente lungo) che racchiude il pensiero di Paolo su Romani 8, in modo da avere da subito un quadro generale.

Come avrai notato io ho una visione diversa da quella di Eliseo o Salvo (al momento) e perciò questo riassunto può poi farlo chiunque (dopo il tuo che esponi) in modo che sentiamo più campane.

Penso che questo serva perchè sennò rischiamo di fermarci al 1° verso su chi ha la traduzione giusta, in quanto ci sarebbe come un "insistere" per esporre la propria verità, invece così uno può dire da subito il suo pensiero, sarà poi opera del buon Dio aprire la mente.

Poi devi considerare la "quantità" degli scritti da scrivere di tutti e 39 i versi. Se non è molta potresti (magari suddividendola in più post) esporla tutta, e poi insieme, passo passo, valutare i versi, non vorrei che arriviamo ad un verso e ci fermiamo lì rischiando di non arrivare alla fine dei 39 versi.

Dobbiamo poi, sempre secondo me, cercare di non "uscire troppo fuori" il contesto per non diramare in altre questioni.

Ma...aspettiamo un attimo che ognuno dica la sua prima di cominciare

Questo quello che penso io [SM=g8080]
Domenico34
00venerdì 24 settembre 2010 21:04


Io potrei dire la mia come chiunque, cioè provare a suggerire come impostare l'esposizione. Non sò se può essere una buona idea la mia, ma la dico..



Vorrei adottare la seguente suddivisione:

1. Vita nello Spirito (8:1-17)

2. La gloria futura (8:18-30)

3. Il trionfo della fede (8:31-39)

Che te ne sembra, Roberto, di questa suddivisione?

Info.
00venerdì 24 settembre 2010 21:12
Allora faresti 3 suddivisioni? Dai titolio sembra che possa andar bene, devi però vedere come "trattare" ogni suddivisione: se vuoi fare il prime verso e poi aspetti se ci sono domande o chiarimenti, oppure scrive tutti e 17 i versi (della prima suddivisione) e poi dopo l'esposizione vedere un verso alla volta.

A questo punto vedendo le 3 suddivisioni forse (e dico forse, è solo una pensata) sarebbe meglio trattarli separatamente, tu che dici, qui puoi fare la 1° parte di Romani cap.8, e poi come fai qui fare le altre 2, ma non sò visto che l'esposizione è la tua, perchè se a te piace tenerle unite facciamo tutto qui.
Info.
00venerdì 24 settembre 2010 21:16
Aggiungo che stò preparando qualcosa da divulgare a chi partecipa, cioè il far sapere che questi preparativi le facciamo in "Domande e chiarimenti" così lasciamo il lavoro dell'esposizione e dello studio "pulito", in modo che anche la lettura risulti incentrata sulla Parola di Dio e non interrotta dalle nostre "chiaccherate" (seppur lecite). Al momento andiamo avanti così..quando sarò pronto ve lo dirò
Domenico34
00venerdì 24 settembre 2010 22:14


A questo punto vedendo le 3 suddivisioni forse (e dico forse, è solo una pensata) sarebbe meglio trattarli separatamente, tu che dici, qui puoi fare la 1° parte di Romani cap.8, e poi come fai qui fare le altre 2, ma non sò visto che l'esposizione è la tua, perchè se a te piace tenerle unite facciamo tutto qui.



Le tre parti intendo trattarli separatamente, nel senso che nella prima parte, saranno presi in esame solo i vv. 1-17, come anche le altre due parti, ma nello stesso tempo tenerli concatenati nello stesso documento, cioè dove si trova l'introduzione.
Info.
00venerdì 24 settembre 2010 22:18
Va bene Domenico. Parti..poi le cose si possono sempre migliorare e se c'è interesse poi da Romani 8 si può passare ad altro (ma questo lo vedremo).
Domenico34
00domenica 26 settembre 2010 03:17
Cominciamo l’esame delle tre parti

1. VITA NELLO SPIRITO

Sotto questo titolo prenderemo in esame i vv. 1-17 del capitolo 8 dell’epistola ai Romani. Se riportiamo il testo, è principalmente perché ci piace averlo davanti a noi.

1 Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù,
2 perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte.
3 Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne,
4 affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito.
5 Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito.
6 Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace;
7 infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo;
8 e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio.
9 Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non appartiene a lui.
10 Ma se Cristo è in voi, nonostante il corpo sia morto a causa del peccato, lo Spirito dà vita a causa della giustificazione.
11 Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.
12 Così dunque, fratelli, non siamo debitori alla carne per vivere secondo la carne;
13 perché se vivete secondo la carne voi morrete; ma se mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete;
14 infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, sono figli di Dio.
15 E voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione, mediante il quale gridiamo: «Abbà! Padre!»
16 Lo Spirito stesso attesta insieme con il nostro spirito che siamo figli di Dio.
17 Se siamo figli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se veramente soffriamo con lui, per essere anche glorificati con lui
(vv. 1-17).

Sono pienamente d’accordo con O. Kuss, per quello che egli afferma: «Il cap. 8 è dominato totalmente dal pensiero dello Spirito» [H. Schilier, La lettera ai Romani, pag. 392]. Infatti, il termine “spirito” (gr. pneuma) pur essendo utilizzato nei capitoli 1-7 cinque volte e otto volte nei capitoli 9-16, nel solo capitolo 8 è menzionato 21 volte, 19 dei quali scritto con la lettera maiuscola “Spirito” (che indubiamente si riferisce allo Spirito di Dio) e due volte scritto con la lettera minuscola “spirito”, (che senza dubbio fa riferimento allo spirito dell’uomo).

Quest'elemento statistico, che non è sicuramente pura casualità, vuole dire senza dubbio qualcosa.

Il primo verso, così come la stragrande maggioranza l’hanno tradotto Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, mancante della parte terminale i quali non camminano secondo la carne ma secondo lo Spirito, (Diodati e la Nuova Diodati, almeno quelli che io conosco), non deve destare eccessiva preoccupazione. Gli studiosi riferiscono che il verso in questione termina nelle parole “in Cristo Gesù”, visto che la parte che ha aggiunto il Diodati, non si trova nel testo originale greco. Si direbbe: perché la parte mancante del verso, il Diodati l’ha incluso, (non dentro una parentesi quadra [ ] (come qualcuno ha fatto) ma come facente parte integrale del testo? Visto che il v. 4 recita: Affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito, probabilmente, influenzato da questo verso, ha creduto opportuno inserirlo nel primo verso, come qualcuno ha suggerito. Guardando obbiettivamente la cosa, non è improbabile che sia avvenuto proprio così. Comunque, la verità concernente al camminare secondo lo Spirito e non secondo la carne, è garantito come punto fermo dal v. 4.

Occupiamoci al momento del v. 1. Questo verso, ha lo scopo di dimostrare che quelli che sono in Cristo, (espressione generica che vale per tutti, senza fare il nome di qualcuno), sopra di loro, non c’è più nessuna condanna. Anche se la Nuova Riveduta non adopera il termine “ora”, come ha fatto il Luzzi, per esempio, nondimeno significa che prima di essere “in Cristo”, gravava la condanna. Che questa condanna, cui parla l’apostolo, sia stata causata dal peccato, nessuno lo metterà in dubbio, almeno per chi crede a quello che la Bibbia insegna su quest'argomento.

La domanda che Paolo fa in 7:24 Chi mi libererà da questo corpo di morte? Oltre a trovare in parte la risposta in 7:25 Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo..., trova la piena spiegazione in 8:1. Infatti, i credenti sanno che la condanna dei loro peccati, è stata rimossa da Gesù al Calvario, quando Egli, prese su di sé i loro peccati e subì nel suo corpo la condanna che essi meritavano. Anche se è vero che Gesù al Calvario portò i peccati dell’intera umanità e subì la condanna per tutti loro, è altrettanto vero che solo quelli che credono nel Suo Nome e lo ricevono nella loro vita come il loro personale Salvatore, usufruiscono il beneficio della liberazione della loro condanna. Ecco perché Paolo specifica che non c’è più nessuna condanna per quelli che "sono in Cristo Gesù”, cioè per chi ha creduto nel Suo Nome e lo ha accettato come il suo personale Salvatore.

Mi fermo al momento, aspettando che ci sia qualche intervento.

Info.
00domenica 26 settembre 2010 15:33
Domenico34, 26/09/2010 3.17:

1 Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù,


Qui sarebbe da delineare cosa Paolo intende, in che senso? Che Paolo stà dicendo che non c'è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo non ci sono dubbi ma:

- lo stà dicendo in riferimento a quelli che sono sotto le legge (qualsiasi legge)? come a dire: sotto la legge non avevamo scampo ma in Cristo si. Il secondo verso sembrerebbe avvalorare questo in quanto comincia con un "perchè"

2 perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte.

alcuni potrebbero leggere questo "essere in Cristo" dopo che si sono o hanno imparato a sottomettersi, perciò chiedo anche (per sentire un pò di voci)

- questo "non c'è più nessuna condanna" ha efficacia "nel momento della converione e ravvedimento"?

Tralascerei al momento il perseverare fine alla fine..etc..ma vorrei sentire se è condiviso che non si è più sotto condanna nel momento del ravvedimento e conversione. Ed ancora: è sempre in questo momento (ravvedimento e conversione) che "si è in Cristo"? Io dico di sì
eliseo.
00domenica 26 settembre 2010 21:30
Re:
Info., 26.09.2010 15:33:


Qui sarebbe da delineare cosa Paolo intende, in che senso? Che Paolo stà dicendo che non c'è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo non ci sono dubbi ma:

- lo stà dicendo in riferimento a quelli che sono sotto le legge (qualsiasi legge)? come a dire: sotto la legge non avevamo scampo ma in Cristo si. Il secondo verso sembrerebbe avvalorare questo in quanto comincia con un "perchè"

2 perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte.

alcuni potrebbero leggere questo "essere in Cristo" dopo che si sono o hanno imparato a sottomettersi, perciò chiedo anche (per sentire un pò di voci)


Pace,
Paolo fa riferimento alla "legge del peccato e della morte", e tutti gli uomini sono sotto questa legge, sotto condanna dunque.
Infatti al v.3 dice "Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto...", cioè, anche coloro che erano sotto "La Legge" mosaica erano sottoposti a quella "legge di peccato e di morte", a motivo della "carne". Dunque anche chi era sotto "La Legge" non "aveva scampo", infatti mai si fu giustificati per la Legge, ma sempre per la Fede.

Secondo me dunque Paolo non fa riferimento ("solamente") a quelli che sono "sotto la Legge" (mosaica), ma a coloro che sono sotto "la legge del peccato e della morte", e tiene a precisare, "riunisce" sotto quella legge (del peccato), anche coloro che sono/erano "sotto la Legge" (mosaica), affermando al v. 3 che "era impossibile" alla Legge togliere "la condanna" della legge del peccato e della morte. Solo Gesù poteva farlo.

alcuni potrebbero leggere questo "essere in Cristo" dopo che si sono o hanno imparato a sottomettersi, perciò chiedo anche (per sentire un pò di voci)

- questo "non c'è più nessuna condanna" ha efficacia "nel momento della converione e ravvedimento"?

Tralascerei al momento il perseverare fine alla fine..etc..ma vorrei sentire se è condiviso che non si è più sotto condanna nel momento del ravvedimento e conversione. Ed ancora: è sempre in questo momento (ravvedimento e conversione) che "si è in Cristo"? Io dico di sì


La condanna si estingue completamente al momento della Giustificazione, dunque al momento in cui si accetta il Sacrificio del Cristo per la propria Salvezza.
Se si considera il ladrone in croce infatti, lui non ebbe il tempo "materiale" per poter "manifestare" un qualche segno di "conversione" o "ravvedimento", anzì morì in croce da malfattore, e si ritrovò lo stesso giorno "in paradiso". La sua Fede in Cristo lo aveva giustificato e salvato.

Il "non c'è più nessuna condanna" dunque ha efficacia dal momento in cui ci si "ravvede e converte", cioè si accetta Gesù come personale Salvatore. Da quel momento in poi si è "nati da Dio", si è "in Cristo", e non c'è più nessuna condanna.
Ma questo avviene "in un'istante", mentre invece il "ravvedimento" e il "convertirsi" è un processo che dura tutta la vita, e che "caratterizza" coloro che sono "in Cristo".

Il discorso è un po' complicato, comunque la certezza è che "non c'è più nessuna condanna" per coloro che sono in Cristo, che sono "nati da Dio".
Il vivere poi secondo "la legge dello spirito della vita in Cristo Gesù", cioè mortificando la carne e camminando per lo Spirito, sarà la "condizione" per poter rimanere in Cristo, e la "testimonianza" di coloro che sono in Cristo.
Anche in questo si manifesta l'inscindibile relazione fra Fede e opere.

La domanda che Paolo fa in 7:24 Chi mi libererà da questo corpo di morte? Oltre a trovare in parte la risposta in 7:25 Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo..., trova la piena spiegazione in 8:1.


Pace caro Domenico, secondo me non c'è relazione fra quella "domanda" di Paolo e Romani 8:1, in quanto l'assenza di condanna per mezzo della Giustificazione in Cristo di Romani 8:1 non impedì a Paolo di affermare/confessare che "con la mente servo alla legge di Dio, ma con il corpo (servo) alla legge del peccato.

Sarà al verso 10 poi che insegna che "ben è il corpo morto a cagione del peccato; ma lo spirito è vita a cagione della giustizia (di Cristo, la giustificazione per Fede).

Comunque, credo che quel "Chi mi libererà da questo corpo di morte" sospirato da Paolo non sia un concetto di facile comprensione, e personalmente non lo metterei in relazione a Romani 8:1.
Lui era già in Cristo, e pienamente cosciente di essere senza condanna. Cos'è dunque che gli fa "sospirare": "Misero me, uomo!"?
Credo sia tutto un'altro discorso, dunque, a meno che non abbia capito cosa intendi con "trova la piena spiegazione".

O forse, "non c'è più nessuna condanna", nonostante "con il corpo (servo) alla legge del peccato"?
Info.
00domenica 26 settembre 2010 22:10
Eliseo:


Lui era già in Cristo, e pienamente cosciente di essere senza condanna. Cos'è dunque che gli fa "sospirare": "Misero me, uomo!"?


Credo che Paolo stesse personificando coloro che sono "nella carne" e\o "sotto la legge", miseri appunto perchè "non affrancati" (liberati) da quel corpo di morte. Usa a riguardo "il presente" per essere "più diretto" secondo me.

Credo anche che durante questa esposizione Paolo abbia "esclamato la prima parte del verso 25 (del cap.7) perchè sospinto dallo Spirito che li ha "ricordato" (fatto risentire) chi egli (Paolo) era ora (come se avesse aperto una parentesi con l'esclamazione della prima parte del verso 25) ma poi Paolo finisce di dire quello che è il verso 25, che ancora non aveva finito di dire.

Secondo me..
eliseo.
00domenica 26 settembre 2010 22:48
Re:
Info., 26.09.2010 22:10:

Eliseo:


Lui era già in Cristo, e pienamente cosciente di essere senza condanna. Cos'è dunque che gli fa "sospirare": "Misero me, uomo!"?


Credo che Paolo stesse ...


Io credo che Paolo, parlando de "la legge e il peccato nell'uomo", non abbia potuto fare a meno che considerare che:

Il corpo e seminato corruttibile, che è seminato ignobile, che è seminato debole, ed è appunto un "corpo naturale". Della "polvere" dunque...
Probabilmente, aveva in mente e realizzava in sè stesso quelle parole di Davide: "Ecco, io sono stato formato nella iniquità,
e la madre mia mi ha concepito nel peccato.
(Salmo 51:5)

E a questo punto, alla fine della sua esposizione, non ha potuto fare a meno di dire: Misero me, uomo!

Ma grazie siano rese a Gesù.
E ha continuato a ribadire con forza il concetto "non c'è più alcuna condanna", in coloro che sono in Cristo, e a spiegarlo (lucidamente).

Ironia della sorte, sarà proprio la morte, a "liberarlo" da quel corpo di morte, in quanto solo allora, grazie al Cristo, egli resusciterà con un corpo incorruttibile, glorioso, potente. Un corpo spirituale.

Nel frattempo, grazie al Cristo, abbiamo la certezza che "non c'è più alcuna condanna", nonostante questo "corpo di morte".
Domenico34
00domenica 26 settembre 2010 23:04


La condanna si estingue completamente al momento della Giustificazione, dunque al momento in cui si accetta il Sacrificio del Cristo per la propria Salvezza.



Concordo!



Credo sia tutto un'altro discorso, dunque, a meno che non abbia capito cosa intendi con "trova la piena spiegazione".

O forse, "non c'è più nessuna condanna", nonostante "con il corpo (servo) alla legge del peccato"?



Esattamente!



Credo anche che durante questa esposizione Paolo abbia "escamato la prima parte del verso 25 (del cap.7) perchè sospinto dallo Spirito che li ha "ricordato" (fatto risentire) chi egli (Paolo) era ora (come se avesse aperto una parentesi con l'esclamazione della prima parte del verso 25) ma poi Paolo finisce di dire quello che è il verso 25, che ancora non aveva finito di dire.



Nel considerare il capitolo 8, bisogna tenere anche presente il capitolo 7, per il semplice fatto che col capitolo 8, si comprende e si spiega meglio il capitolo 7.
Info.
00lunedì 27 settembre 2010 03:34
Pace a tutti...ancora due parole



Lui era già in Cristo, e pienamente cosciente di essere senza condanna. Cos'è dunque che gli fa "sospirare": "Misero me, uomo!"?


Secondo me quella frase non era per lui in quel presente, riporto alcuni versi a cominciare da quello che può sembrare un consiglio ma che è in realtà un richiamo ad una presa di posizione che Paolo poteva ben dare senza tema di essere considerato uditore e non facitore in quanto da lui già sperimentato, ecco cosa dice agli altri:

Romani 6:11 "Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù."

ecco cosa dice agli altri di se stesso:

Galati 2:20 "Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me."

e poi anche:

Filippesi 3:8 "Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo"

ancora riguardo al corpo:

1°Corinzi 9:26-27 "26 Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l'aria; 27 anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato."

sicuramente Paolo era motivato. E a proprosito della propria fiducia che piace tanto alla carne Paolo dice:

2°Corinzi 2:10 "Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte."

Questo è il Paolo che ha scritto la Lettera ai Romani, non può riferirsi a sè quando dice "Misero me, uomo!", così come non è riferito a lui quando afferma o confessa:

Romani 7:25b "Così dunque, io stesso con la mente servo alla legge di Dio, ma con la carne alla legge del peccato."

Questa purtroppo è la condizione di miseria di chi è schiavo, sia avente la legge di Mosè sia che non ce l'abbia, e Paolo parla di "natura", la stessa che anche lui aveva benchè Ebreo di Ebrei, e parlando di natura si esprime come colui che ne era divenuto consapevole di ciò che realmente era, perciò riesprime quello che a suo tempo non ha potuto fare a meno di constatare e di esternare, appunto "Misero me uomo!" usando il presente come rivestendo i panni che furono per far arrivare meglio il messaggio di "miseria" che caratterizza la vecchia natura.

Ecco perchè quel "Misero me.." non può riguardare il presente di quando scrive.

Pace [SM=g6811]
Domenico34
00lunedì 27 settembre 2010 05:57
Dopo aver fatto la grand'affermazione che per quelli che sono in Cristo Gesù, non c’è più nessuna condanna, l’apostolo passa subito a parlare della legge dello Spirito e della legge del peccato; due leggi differenti l’una dall'altra. Se prima parla della “legge dello Spirito”, è principalmente perché in 7:23 aveva riferito della “legge del peccato” che rende l’uomo prigioniero. Visto che il capitolo 7 ha lasciato l’uomo in quello stato, cioè schiavo del peccato, era necessario che l’apostolo indicasse chiaramente da dove verrà la liberazione; questo lo fa con il v. 2, che recita: perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte.

Se Paolo, sia nel capitolo 7 e sia in questo v. 2 del capitolo 8 si esprime al singolare, cioè riferendosi a se stesso, credo che egli lo faccia non tanto per parlare della sua persona, quanto per identificarsi con l’uomo in genere, per far comprendere a tutti, qual è lo stato in cui si trova l’essere umano, sotto la legge del peccato e qual è la condizione di chi è in Cristo Gesù.

Qui lo Spirito, è senza dubbio quello di Dio. È definito Spirito di vita, perché produce vita, liberazione, che è l’opposto della schiavitù e della morte. Se la legge del peccato, lascia l’essere umano prigioniero, cioè privo di libertà, senza nessuna possibilità di uscire da quella situazione che, naturalmente equivale alla morte, ci penserà lo Spirito della vita a rimediare la situazione e dare speranza allo schiavo e al prigioniero.
Info.
00lunedì 27 settembre 2010 17:01
Ci sarebbe ancora un punto da chiarire secondo me su Romani 8:1, più precisamente in questa parte

"Non v’è dunque ora alcuna condanna" (Riveduta) (Diodati) (Nuova Diodati) (King James)
"Non c'è dunque più nessuna condanna" (Nuova Riveduta) (Cei) (MacArthur)

l'attenzione la voglio porre su quel "più" che alcuni inseriscono ed altri no, ma anche leggendo dove non è inserito c'è la possibilità che venga ugualmente letto "tra le righe"; 'Non v’è dunque ora alcuna condanna' può lasciarlo intendere, e quel più può essere letto come mai più. (E chissà se questo è uno dei versi usati da coloro che sostengono che non si scade dalla Grazia, ovvero che asseriscono che non si può perdere la salvezza. Proprio per questo ho voluto tornarci su)

Paolo era questo che intendeva? Beh..io non faccio parte di coloro che asseriscono che "una volta salvato, sempre salvato", e perciò ritengo che Paolo non può aver voluto significare che "non ci sarà mai più" una condanna per i salvati.

Paolo secondo me si riferisce ad una "posizione" che si ha acquisito ora in Cristo, ma dal contesto Biblico è il rimanere in questa posizione che ci fà escludere dalla condanna, ed infatti si parla poi di un perseverare fino alla fine

Può sembrare scontata la cosa, ma non credo lo sia per tutti. (Aggiunta: Non mi riferisco necessariamente a chi partecipa in questo spazio)

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Avete fatto caso che il verso 2 non dice: 'perché lo Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte.'

ma dice: 'perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte.'

Qualcuno sa cosa si intende con "la legge dello Spirito"?
preferisco aspettare prima di pronunciarmi (ma anche devo rifletterci)

Pace
Domenico34
00lunedì 27 settembre 2010 18:18


l'attenzione la voglio porre su quel "più" che alcuni inseriscono ed altri no, ma anche leggendo dove non è inserito c'è la possibilità che venga ugualmente letto "tra le righe"; 'Non v’è dunque ora alcuna condanna' può lasciarlo intendere, e quel più può essere letto come mai più. (E chissà se questo è uno dei versi usati da coloro che sostengono che non si scade dalla Grazia, ovvero che asseriscono che non si può perdere la salvezza. Proprio per questo ho voluto tornarci su)

Paolo era questo che intendeva? Beh..io non faccio parte di coloro che asseriscono che "una volta salvato, sempre salvato", e perciò ritengo che Paolo non può aver voluto significare che "non ci sarà mai più" una condanna per i salvati.

Paolo secondo me si riferisce ad una "posizione" che si ha acquisito ora in Cristo, ma dal contesto Biblico è il rimanere in questa posizione che ci fà escludere dalla condanna, ed infatti si parla poi di un perseverare fino alla fine



Caro Roberto, anche io non faccio parte di coloro che asseriscono...



Avete fatto caso che il verso 2 non dice: 'perché lo Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte.'

ma dice: 'perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha affrancato dalla legge del peccato e della morte.'



Bisogna tenere saldamente la “posizione” che il credente ha in Cristo; ma se questi viesse meno a motivo del suo sviamento, logicamente il credente si troverebbe in quella condizione di rispondere davanti a Dio.
Domenico34
00lunedì 27 settembre 2010 18:58
Proseguendo nel nostro esame, arriviamo alla specificazione che l’apostolo fa, dopo aver parlato della legge dello Spirito della vita. Che la specificazione in oggetto, sia importante, appare dalle parole che Paolo adoprea.

Infatti, ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne (v. 3)

Perché l’apostolo parla dell’impossibilità della legge? Perché lui stesso aveva affermato la vera funzione della legge, che consiste nel mettere in evidenza due punti importanti:

1) Farci conoscere la “concupiscenza”, che genera il peccato

Che cosa diremo dunque? La legge è peccato? No di certo! Anzi, io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire».
Ma il peccato, colta l’occasione, per mezzo del comandamento, produsse in me ogni concupiscenza; perché senza la legge il peccato è morto
(7:7-8).

2) Condurci a Cristo

Così la legge è stata come un precettore per condurci a Cristo, affinché noi fossimo giustificati per fede (Galati 3:24).

Dalle affermazioni dell’apostolo, era pertanto chiaro che la legge, non aveva il “potere” di liberare l’uomo dalla schiavitù del suo peccato, per il semplice fatto che la carne la rendeva impotente. Davanti a questa constatazione, comprendendo il piano di Dio e la Sua volontà circa la salvezza di tutti gli uomini (1Timoteo 2:4), Paolo si affretta ha precisare che, visto che la legge non aveva la possibilità, a causa della carne che la rendeva impotente, Dio lo ha mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condanno il peccato nella carne.

L’unico che avrebbe risolto il problema, era proprio il Figlio di Dio, all’infuori del quale non ci sarebbe stata nessuna possibilità di produrre la liberazione dell’uomo dal suo peccato. Valutato in questo senso, il v. 3 di Romani 8, si comprende subito l’importanza fondamentale che ha l’asserzione paolina, per il fatto che investe in pieno il piano di Dio, per la salvezza del peccatore. A questo punto si direbbe: perché Dio ha mandato il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato? Simile in carne, non significa che l’umanità di Gesù era fittizia e non vera. Dare una simile interpretazione all’affermazione di Paolo, significa, non solamente di non comprendere giustamente le sue parole, ma dice anche e soprattutto travisare e falsificare tutto l’insegnamento che la Bibbia fornisce intorno alla vera natura umana che Gesù prese, in senso pieno e non come un semplice “rivestimento”. Inoltre, la carne del peccato che Gesù prese, era la stessa che ogni essere umano ha avuto, solo che in Lui non c’èra il peccato, in virtù della natura divina che Egli possedeva in sé. L’apostolo specifica che il Figlio Dio, venuto in carne, aveva lo scopo di condannare la carne del peccato.

Come dicemmo, la condanna del peccato avvenne al Calvario, e Gesù, quale Figlio di Dio, non morì sulla croce come Dio, pure essendolo, ma come uomo, visto che Dio non poteva cessare di vivere, perché la legge universale della morte, esiste per gli esseri umani e non per Lui. Questo è in definitiva l’insegnamento che Paolo ci fornisce con il v. 3 del capitolo 8 ai Romani.
Domenico34
00martedì 28 settembre 2010 00:11
affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito (v. 4).

Con il v. 4 si entra nell’argomento che si è tanto discusso in questo forum, suscitando a tratti un po’ di polemica tra i partecipanti, per il fatto che non tutti condividevano quello che si asseriva. Lasciando da parte la polemica che, facilmente inasprisce gli animi e crea il cosiddetto “mal umore”, cerchiamo di capire quello che Paolo voleva dire intorno al passo che abbiamo davanti a noi.

Il testo in questione parla chiaramente di due tipi di camminare: uno secondo lo Spirito e uno secondo la carne. Che i due tipi di camminare si riferiscono a chi è in Cristo Gesù, cioè a quelli su cui non c’è più nessuna condanna (v. 1), è confermato dal pronome personale plurale noi, presente nel testo che include anche l’apostolo Paolo. Il camminare secondo lo Spirito, non è lo stesso di quello secondo la carne. Sono due modi di vivere, o meglio ancora di “comportamento”, diametralmente opposti l’uno dall’altro.

Non deve preoccupare nessuno, come se sia un’assurdità, o peggio ancora un deviare dalla verità, se in mezzo a chi è in Cristo, non tutti camminano secondo lo Spirito o secondo la carne. Non ha nessun'importanza cercare di individuare, per poi suggerire le linee direttive, quando si inizia a camminare secondo la carne o secondo lo Spirito. Sì, è vero che la Scrittura ci fornisce certi esempi che ci permettono di vedere se il tipo di camminare di un credente, o il suo comportamento, sia secondo lo Spirito o secondo la carne.

Lo Spirito Santo che Dio ci ha donato, non solo ci fa conoscere le cose che ci sono state date in dono (1Corinzi 2:12), ma ci permette anche di camminare su un sentiero che corrisponde al volere divino. Questo però, è strettamente subordinato alla sottomissione e all’ubbidienza del credente. Che lo Spirito di Dio sappia guidare in tutta la verità, è confermato dalla parola di Gesù, contenuta in Giovanni 16: 13, che precisa: quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire.

Va da se quindi che, quando si è sottomessi e si obbedisce allo Spirito Santo, che di solito parla attraverso le Sacre Scritture, si cammina secondo lo Spirito; mentre quando non si segue l’insegnamento della Parola di Dio, si cammina secondo la carne. Questo tipo di ragionamento, o meglio questa semplice spiegazione, è molto facile da comprendere, anche se non ci siano quei particolari che la riflessione teologica fornisce.

In conclusione, “I tre piani della vita cristiana” che il fratello Salvo ha postato nel forun, non solo sono importanti, ma ci conducono ad una seria riflettere. Infine, avremo modo di approfondire l’argomento, quando passeremo in rassegna i vv. 5-9.

eliseo.
00martedì 28 settembre 2010 09:54
Re:
Domenico34, 28.09.2010 00:11:


Non deve preoccupare nessuno, come se sia un’assurdità, o peggio ancora un deviare dalla verità, se in mezzo a chi è in Cristo, non tutti camminano secondo lo Spirito o secondo la carne. Non ha nessun'importanza cercare di individuare, per poi suggerire le linee direttive, quando si inizia a camminare secondo la carne o secondo lo Spirito. Sì, è vero che la Scrittura ci fornisce certi esempi che ci permettono di vedere se il tipo di camminare di un credente, o il suo comportamento, sia secondo lo Spirito o secondo la carne.



Più che di "preoccupazione" io parlerei di "scandalo".
Tanti, molti (moltissimi), si scandalizzano alla sola idea di poter "camminare per la carne". E in questo modo, si rifiutano di accettare il giudizio della Parola, quando li "accusa" di camminare per la carne, e invece di umiliarsi e ravvedersi, ci si fa scudo delle Scritture e della "Fede" che si professa in Cristo Gesù.

E si realizzano appunto anche in coloro che sono in Cristo le parole del Profeta:
Matteo 13:15
perché il cuore di questo popolo s'è fatto insensibile, son divenuti duri d'orecchi ed hanno chiuso gli occhi, che talora non veggano con gli occhi e non odano con gli orecchi e non intendano col cuore e non si convertano, ed io non li guarisca.

Il pericolo è grande, non per "il mondo", ma per il "popolo di Dio".

Davide era l'unto dell'Eterno, un uomo che viene definito addirittura "secondo il cuore di Dio", eppure, manifestò apertamente e senza la minima "inibizione" tutta la malvagità che si trovava nel suo cuore, e in "buona coscienza", non se ne rendeva nemmeno conto, e continuava "tutto contento", magari salmeggiando com'era solito fare.

C'è voluto il Profeta mandato da Dio, a farlo rinsavire, e a fargli ammettere/riconoscere di essere degno di morte.

Davide però, non si "scandalizzò" quando il Profeta gli disse: Tu sei quell'uomo!
Egli non prese a giustificarsi, nè si fece scudo con tutta la sua "Fede" nell'Eterno degli Eserciti, Fede che aveva e che nessuno potrebbe osare mettere in dubbio, ma disse prontamente: Ho peccato contro l'Eterno.

E in seguito...
"Beato l'uomo a cui l'Eterno non imputa l'iniquità e nel cui spirito non è frode alcuna! (Salmo 32:2)

Cosa vuol dire "nel cui spirito non è frode alcuna"? non era "in sè" Davide, quando si macchiò di quella colpa infame?
Certo che lo era, ma quando Dio gli aprì gli occhi e lo confrontò con il suo peccato, egli non "derubò" l'Eterno dandogli del bugiardo, ma confessò il suo peccato e mise la sua sorte nelle mani dell'Eterno.

Consigliandoci:
"Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, la cui bocca bisogna frenare con morso e con la briglia, altrimenti non ti si accostano!" (Salmo 32:9)

Nessuno "scandalo" dunque.
Non c'è più alcuna condanna appunto, per l'uomo a cui Dio non imputa l'iniquità grazie al Sangue di Gesù Cristo e alla Fede in Lui.

Questo riguardo alla Fede e all'azione di Dio di non "imputare peccato", ma il nostro cuore, chi lo conoscerà?

È Dio che lo conosce, e per mezzo della Sua Parola ci manifesta di volta in volta la sua malvagità. Starà a noi poi, non "scandalizzarci" e ribadire: "Ma noi siamo in Cristo"! ....lo affermano le Scritture!

Scusate se forse sono andato un po' fuori tema,
Pace



Info.
00martedì 28 settembre 2010 15:00
Pace a tutti e buongiorno


affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito (v. 4).

Il testo in questione parla chiaramente di due tipi di camminare: uno secondo lo Spirito e uno secondo la carne. Che i due tipi di camminare si riferiscono a chi è in Cristo Gesù, cioè a quelli su cui non c’è più nessuna condanna (v. 1), è confermato dal pronome personale plurale noi, presente nel testo che include anche l’apostolo Paolo.


Personalmente io non vedo in questo verso che il riferimento al camminare e nella carne e nello Spirito si riferisca ai soli credenti. Ci sono sicuramente nella Bibbia esempi di cammino che di spirituale non hanno niente, credo però che qui Paolo ancora pone la differenza tra coloro che non hanno conosciuto il Signore e chi lo ha conosciuto, e questo fino al verso 8 compreso. Ritengo comunque sia ininfluente lo stabilire se si parla di soli credenti o meno in quanto quello che scrive vale per entrambi (almeno fino al verso 8)


Che lo Spirito di Dio sappia guidare in tutta la verità, è confermato dalla parola di Gesù, contenuta in Giovanni 16: 13, che precisa: quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire.

Va da se quindi che, quando si è sottomessi e si obbedisce allo Spirito Santo, che di solito parla attraverso le Sacre Scritture, si cammina secondo lo Spirito;


...che camminiamo...secondo lo Spirito.

Camminare secondo lo Spirito è seguire le sue direttive, direttive già scritte nella Scrittura ma incomprensibili senza la Luce divina, un pò come la forma senza la sostanza, e la sostanza, "il vero senso", glielo diamo noi spesso, additandolo poi come illuminazione dello Spirito Santo. Ringraziamo Dio che non sempre è così.

La sottolineatura ho pensato doverosa farla in quanto in quel "camminiamo (secondo lo Spirito)" il credente, in quanto tale, vede se stesso come esserci in questo cammino non domandandosi però "se ascolta lo Spirito", ascolto che invece può venire (prendiamo per buono) da noi stessi o dal nostro fratello(sorella), ma anche fermandosi "all'aver capito" cosa il Signore intende dire in una determinata cosa. E' comunque un invito a considerare meglio l'opera dello Spirito Santo anche in un rapporto "a tu per tu"

Pace
Domenico34
00martedì 28 settembre 2010 16:10
Un’ulteriore precisazione sul v. 4.

Il “non camminare secondo la carne”, presuppone il “camminare secondo lo Spirito”; come anche il “camminare secondo lo Spirito”, suppone il “non camminare secondo la carne”. Questi concetti devono essere chiari nella nostra mente, per interpretare “oggettivamente” le parole di Paolo.
eliseo.
00mercoledì 29 settembre 2010 11:12
affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi...
Cos'è che adempie il "comandamento della Legge" in noi?
Se non erro, è " la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù " di cui si parla al v. 2.
Questa legge dello Spirito della vita ci ha liberato dalla legge del peccato e della morte, e dunque ha annullato la condanna della Legge e del peccato (e della morte).
È lo "Spirito della vita in Cristo Gesù" dunque, che ha adempiuto in noi il comandamento della legge, e ci ha resi "perfetti", giusti davanti a Dio, mediante la Fede in Lui.

In Cristo dunque, non c'è più nessuna condanna, perchè il Cristo ha adempiuto "in noi" il comandamento della legge e ci ha liberato dalla morte (condanna della legge).

Chi "muore in Cristo" infatti, è giustificato ed è stato reso giusto dal Sangue di Cristo, non dall'aver adempiuto il comandamento ed essersi così "reso perfetto" da sè stesso.

Pur "camminando per lo Spirito" infatti (lo Spirito della vita in Cristo Gesù), non è che abbiamo eliminato tutto il peccato che è/vive in noi, ma solamente (di volta in volta) quello che riconosciamo e sul quale abbiamo "vittoria". Di contro, fino a che raggiungiamo la "perfetta statura di Cristo", ne abbiamo di "marcio" da scoprire dentro il nostro cuore e nella nostra vita, e a questo infatti serve il "camminare per lo Spirito".
Da una parte ci "rende la vita" e ci toglie la "condanna", e dall'altra ci permette di "vincere il peccato"/ridurre in schiavitù il nostro corpo, ogni qualvolta lo Spirito ci manifesta il "peccato latente" e ci convince appunto di peccato, in modo che possiamo "spogliarci" della vecchia natura (di morte) e rivestirci della "natura spirituale".

Se non avessimo infatti la certezza che la Fede in Cristo ci ha redenti e ha tolto la nostra condanna, non avremmo scampo, in quanto nella pratica, noi abbiamo "ripulito" soltanto "la facciata", al momento della "conversione", e sarà poi compito della "Spada affilata a due tagli", durante il nostro cammino "seguendo il Cristo", a purificare la nostra vita e a mettere di volta in volta in evidenza il peccato che è "dentro di noi", che noi non vedremmo nè riconosceremmo se non fosse per l'Opera di quella "Spada" che ci penetra dentro e ci manifesta quello che siamo.

Dunque siamo si "senza condanna", ma solamente in virtù del Sangue di Cristo e della vita da Lui ricevuta, nonostante ancora non abbiamo "ripulito" tutto, nella nostra vita, in quanto noi possiamo "ridurre in schiavitù" solamente ciò che prima abbiamo "riconosciuto" e del quale siamo stati "convinti" dallo Spirito e dalla Parola.
Nel "frattempo" però, godiamo della Giustificazione del Cristo, che ha tolto ogni condanna.

Ritornando un'attimino a quel Paolo che aveva "ridotto in schiavitù" il suo corpo, vogliamo ricordare che proprio a lui, era stato inviato un messo di Satana incaricato di schiaffeggiarlo affinchè non si insuperbisse, sebbene a motivo dell'eccellenza della Rivelazione.
Dunque, quel "famoso corpo di morte", non "indietreggia" nemmeno di fronte all'eccellenza della Rivelazione, e vuole e pretende la sua parte anche in quel caso.
Ed ecco che Paolo si "gloria" pure nella debolezza e rende grazie a Dio anche e soprattutto per questo, perchè altrimenti, potrebbe facilmente cadere vittima della Superbia, del "peccato" dunque, proprio a motivo di quel "corpo di morte", della carne.

E Paolo era Paolo, ma noi, chi siamo?
Quanto conosciamo di questo "corpo di morte" e del suo "potere"?
Quanto conosciamo della Grazia di Dio e della Giustificazione in Cristo?
Di cosa ci "gloriamo", se spesso non riusciamo a tenere a freno nemmeno la lingua, figuriamoci il "ridurre a schiavitù" il nostro corpo?

Pace
Eliseo
Info.
00mercoledì 29 settembre 2010 13:06
E Paolo era Paolo, ma noi, chi siamo?
Verrebbe di metterci in una posizione da "meno" rispetto ai progressi di Paolo. Io però credo che quello che è stato per Paolo può esserlo per noi. Gesù non avrebbe detto: "Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro" (Matteo 5:48)

Magari dobbiamo ricordarci del continuo tante cose: per esempio che per andare verso questa "perfezione" abbiamo bisogno di costanza: "E la costanza compia appieno l’opera sua in voi, onde siate perfetti e completi, di nulla mancanti." (Giacomo 1:4); ma la costanza la si ha per mezzo della prova della nosta fede: "sapendo che la prova della vostra fede produce costanza." (Giacomo 1:3); perciò dobbiamo essere provati, ma se ricalcitriamo?

Io credo che Paolo era uno come noi, ma è anche vero che è stato ammaestrato dal Signore. Cosa voglio dire? voglio dire che se serviamo il Signore con la Sua unzione produrremo in chi ci ascolta non "un ascolto (fine a se stesso come per una presa d'atto)", ma si imporrà "una scelta" nell'ascoltatore. Oltre che una spada a doppio taglio la Parola è anche: "La mia parola non è essa come il fuoco? dice l’Eterno; e come un martello che spezza il sasso?" (Geremia 23:29)

Paolo non era migliore di noi, ma ha rinunciato alla vita (la sua) per ritrovare quella vera (in Cristo), Filippesi 3:8 "Anzi, a dir vero, io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della conoscenza do Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte codeste cose e le reputo tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo,"


Quanto conosciamo di questo "corpo di morte" e del suo "potere"?
Io personalmente non mi preoccuperei "del corpo di morte", non sò quanto potrebbe essere utile "continuare a conoscerlo" visto che devo spogliarmene

Quanto conosciamo della Grazia di Dio e della Giustificazione in Cristo?
Conosciamo "una parte" perchè questo ci è dato, come ci è dato: "E noi tutti contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nell’istessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito." (2°Corinzi 3:18)

Di cosa ci "gloriamo", se spesso non riusciamo a tenere a freno nemmeno la lingua, figuriamoci il "ridurre a schiavitù" il nostro corpo?
Giacono 3:2 "Poiché tutti falliamo in molte cose. Se uno non falla nel parlare, esso è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo."

Uno spunto per riflettere: Forse (probabilmente) noi preferiamo "essere forti" non nella debolezza, ma "a nostro modo", diversamente da Paolo che invece poteva dire "quando son debole, allora sono forte." (2°Corinzi 12:10b). Credo dobbiamo soffermarci a considerare cosa significa questo "debole" in quanto fà parte proprio di quel camminare "per lo Spirito. Perciò, visto che ci riguarda, se vogliamo aprire una parentesi a riguardo..

Pace [SM=g6811]
Domenico34
00mercoledì 29 settembre 2010 14:36


Io credo che Paolo era uno come noi, ma è anche vero che è stato ammaestrato dal Signore. Cosa voglio dire? voglio dire che se serviamo il Signore con la Sua unzione produrremo in chi ci ascolta non "un ascolto (fine a se stesso come per una presa d'atto)", ma si imporrà "una scelta" nell'ascoltatore. Oltre che una spada a doppio taglio la Parola è anche: "La mia parola non è essa come il fuoco? dice l’Eterno; e come un martello che spezza il sasso?" (Geremia 23:29)

Paolo non era migliore di noi, ma ha rinunciato alla vita (la sua) per ritrovare quella vera (in Cristo), Filippesi 3:8 "Anzi, a dir vero, io reputo anche ogni cosa essere un danno di fronte alla eccellenza della conoscenza do Cristo Gesù, mio Signore, per il quale rinunziai a tutte codeste cose e le reputo tanta spazzatura affin di guadagnare Cristo,"



Esatto! Paolo era uno come noi. Paolo non era migliore di noi. Se egli sperimentò nella sua vita la potenza della grazia e l'aiuto dello Spirito Santo che gli dava discernimento per conoscere le vie di Dio, tutte le sue realizzazioni erano collegate alle sue scelte e alle sue decisioni che seppe prendere nel corso degli anni, da quando affidò la sua vita interamente a Cristo. Ecco perché egli poteva dire:

Sono stato crocefisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato sé stesso per me (Galati 2:20).

Poteva anche affermare con fermezza e determinazione:

anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato (1 Corinzi 9:27).

La conclusione più ovvia è che, se noi credenti, che viviamo in un’altra epoca, ma che abbiamo ricevuto la stessa grazia e lo stesso Spirito, che ottenne Paolo e facciamo le stesse scelte e prendiamo le stesse decisioni che egli prese e scelse, possiamo realizzare nella nostra vita, quello che Paolo sperimentò in sé, tanto da essere capace essere un esempio agli altri cristiani, ed affermare arditamente, senza nessun'ironia: siate miei imitatori, come anch’io lo appartengo a Cristo (1 Corinzi 11:1).
eliseo.
00giovedì 30 settembre 2010 14:39
Re:
Info., 29.09.2010 13:06:



Paolo non era migliore di noi, ....


Pace, certo che Paolo non era migliore di noi, e onestamente mi sorprende che sia stato banalizzato a tal punto quanto ho detto.

Io mi riferivo alla "eccellenza delle rivelazioni" ricevuta da Paolo, che nello specifico non si riferisce alla conoscenza del Cristo, ma alle "parole ineffabili che non è lecito all'uomo di proferire", che Paolo appunto "udì" e "conobbe", e noi no (perchè non ce le ha riferite).
2Corinzi 12:4
...Iddio lo sa) fu rapito in paradiso, e udì parole ineffabili che non è lecito all'uomo di proferire.

Non era dunque questione di essere "migliori" o meno.
Il punto era solamente far osservare che "l'uomo fatto di carne" non puó sostenere "eccellenza di rivelazioni" senza cadere vittima del peccato della Superbia, e questo a motivo della carne.
Per Paolo infatti, si rese necessario "inviare un messo" incaricato a "riportarlo con i piedi per terra", affinchè non si insuperbisse.

Il problema dunque non è quello che noi possiamo "ottenere/raggiungere" in fatto "rivelazioni", perchè questo è lo Spirito che le dà a proprio piacimento e secondo la Grazia ricevuta, ma il come reagisce l'uomo (la carne) a queste "rivelazioni".

Non era dunque un "innalzare" Paolo al di sopra di "noi credenti", ma un constatare che "noi credenti", stando a quanto dicono le Scritture, ne "facciamo di tutti i colori", pur "essendo in Cristo", e la "superbia" e compagnia bella, la fanno da padrone senza nemmeno andare a scomodare le "eccellenti rivelazioni".

Perchè ci sono "contese e liti" fra noi?
Non si rivolge a noi Paolo dicendo: "Ma se vi mordete e divorate gli uni gli altri, guardate di non esser consumati gli uni dagli altri." (Galati 5:15), oppure tutto questo non ci riguarda, a noi che "camminiamo per lo Spirito" e citiamo tutti questi bei versetti e "siamo come Paolo"?

Una cosa è la certezza di essere "senza condanna", un'altra "l'aver corso la corsa, combattuto il buon combattimento, e l'aver serbata la Fede".
Paolo, affermano le Scritture, aveva "finito la corsa" e poteva dire "del rimanente mi è riservata la corona della vita", testimoniano le Scritture, ma quanto a noi, siamo nel bel mezzo della corsa, se non agli inizi, e possiamo fare affidamento solamente su quel "non c'è più nessuna condanna", sulla Grazia di Dio, dunque, perchè non sappiamo cosa ci riserverà il domani, e se resteremo "senza condanna".

Possiamo certo far nostre tutte le affermazioni delle Scritture, ma se non le afferriamo, comprendiamo, viviamo, resteremo nella stessa condizione di quei farisei che credevano di aver vita per mezzo delle Scritture, che conoscevano a memoria...


Quanto conosciamo di questo "corpo di morte" e del suo "potere"?
Io personalmente non mi preoccuperei "del corpo di morte", non sò quanto potrebbe essere utile "continuare a conoscerlo" visto che devo spogliarmene


Caro Roberto, come ci si può spogliare di qualcosa che non si conosce?
Il salmista diceva:
Salmo 139
23 Investigami, o Dio, e conosci il mio cuore. Provami, e conosci i miei pensieri. 24 E vedi se v'è in me qualche via iniqua,
e guidami per la via eterna.

Il che equivale a chiedere a Dio di mostrarci "l'iniquità del nostro cuore", affinchè possa essere purificata, perchè solo ciò che viene "messo alla luce", viene purificato dalla Luce.


Quanto conosciamo della Grazia di Dio e della Giustificazione in Cristo?
Conosciamo "una parte" perchè questo ci è dato, come ci è dato: "E noi tutti contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nell’istessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito." (2°Corinzi 3:18)


Si, ma questa non è una "risposta", questo è solamente un citare le Scritture.
Il conoscere "in parte" non deve essere una giustificazione per le ansietà, i dubbi, il non vivere quel "non c'è più nessuna condanna" da parte di coloro che "sono in Cristo", "poichè voi non avete ricevuto uno spirito di servitù per ricader nella paura; ma avete ricevuto lo spirito d'adozione, per il quale gridiamo: Abba Padre!" (v.15)
Lo "viviamo" tutto questo, e dunque viviamo "senza paura, gridando: Abba Padre", oppure prendiamo solamente atto di ciò che è scritto, e siamo "d'accordo" con quanto "è scritto"?
La "Grazia di Dio" in Cristo Gesù non è un "concetto" che ha da comprendersi intellettualmente, magari "investigando" le Scritture, ma una realtà che ha da viversi, in Cristo Gesù, appunto.


Di cosa ci "gloriamo", se spesso non riusciamo a tenere a freno nemmeno la lingua, figuriamoci il "ridurre a schiavitù" il nostro corpo?
Giacono 3:2 "Poiché tutti falliamo in molte cose. Se uno non falla nel parlare, esso è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo."


Ripeto, farsi scudo con le Scritture non ha mai giustificato nessuno.
E comunque, proprio perchè "non siamo perfetti" e non lo saremo mai fino a quando vestiremo "questo corpo (di morte)", abbiamo appunto la certezza che "non c'è più alcuna condanna", per coloro che sono in Cristo, e che non sono "perfetti", che "conoscono in parte", e che si lasciano "mettere a nudo" dalla Parola di Dio, lasciando che Essa mostri tutte le "vie inique" che fanno parte di noi e che si nascondono nel nostro cuore e nella nostra vita.


Perciò, visto che ci riguarda, se vogliamo aprire una parentesi a riguardo...


Beh..., le parentesi si rendono sempre necessarie, e sono sempre utili... [SM=g7986]






Domenico34
00giovedì 30 settembre 2010 18:47
Esame dei vv. 5-8

5 Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito.
6 Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace;
7 infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo;
8 e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio.


In questi versetti appaiano due categorie di persone e due tipi di pensare: quelli secondo la carne, pensano alle cose della carne, mentre quelli secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito. Il pensare denota una certa inclinazione dell’essere umano, e lo indirizza verso una cerca direzione. Se il pensare è secondo lo Spirito, la persona viene indirizzata verso Dio, la Sua Parola e le Sue vie, se invece è secondo la carne, l’indirizzo è verso le cose della carne, che poi non sono quelle che piacciano a Dio.

Ma prima che approfondiamo il discorso, voglio riportare il testo e il commento del professor C. E. B. Cranfield.

«v. 5 Infatti, quelli la cui vita è determinata dalla carne hanno la mentalità della carne, ma quelli la cui vita è determinata dallo Spirito, tengono per lo Spirito.

Si può dire che la congiunzione iniziale «infatti» indichi il rapporto del v. 4 non solo con il v. 5, ma anche con la sezione composta dai vv. 5-11 nel suo complesso. Essi costitiscono una spiegazione del riferimento presente nel v. 4 al camminare non secondo la carne ma secondo lo Spirito. Data la presenza largamente diffusa dell’espressione greca, che si può tradurre letteralmente: «aver cura delle cose di qualcuno» (confronta Mc. 9:33), con il significato di «avere le stesse idea dell’altro», «essere dalla sua parte», «avere la stessa mentalità», e dato che il significato è ben appropriato al nostro caso, noi riteniamo che il pensiero di Paolo sia che coloro i quali lasciano determinare l’indirizzo della loro vita dalla carne, in verità si mettono dalla parte della carne nel conflitto fra lo Spirito di Dio e la carne, mentre quelli che lasciano determinare l’indirizzo della loro vita dallo Spirito si mettono dalla parte dello Spirito» [C. E. B. Cranfield, La lettera di Paolo ai Romani (capitoli 1-8], pag. 222]. (Secondo me, è un accellente commento che porta a riflettere seriamente). Per chi non lo sapesse, ecco cosa hanno scritto di questo autore. «L’autore, professore emerito di teologia dell’Università di Durham, è internazionalmente riconosciuto come uno dei massimi esperti mondiali per quanto riguarda questa epistola.

Hanno scritto di questo libro:

«... una pietra miliare nella storia dell’interpretazione biblica» F.F. BRUCE sulla rivista “Expository Times”
«Come esegeta della lettera ai Romani, il prof. Cranfield non ha maestri, e pochi forse nessuno a lui pari in questa generazione». [Dalla copertina del libro citato].

Ora, riprendiamo il discorso in base alla versione della N.R. da noi citata. Tanti traduttori menzionano la mente, cioè il pensare, che sarà elemento fondamentale, per il fatto che determina l’indirizzo della vita. Forse tanti non fanno attenzione al loro modo di pensare, credendo che non significhi proprio niente. Però, noi sappiamo che non è affatto così! Non per niente la Bibbia esorta al rinnovamento della nostra mente. Un passo della lettera ai Romani, può chiarire meglio la questione.

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale.
Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà
(Romani 12:1-2).

È molto importante considerare la specificazione che Paolo fa in questo testo: Affinché' conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà. Questo significa che una mente che non è rinnovata, non conoscerà la volontà di Dio, cioè quella buona, gradita e perfetta; mentre quella rinnovata, la conoscerà. Quando non si conosce la volontà di Dio, per eseguirla, si andrà incontro a qualcosa di spaventevole, e, nel giorno della resa dei conti, non avrà nessun valore ripetere:

Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte opere potenti?"
Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, malfattori!
(Matteo 7:22-23).

Una mente non rinnovata, appartiene alla carne e pensa alle cose della carne; mentre una mente rinnovata aderisce allo Spirito e considera alle cose dello Spirito. Allora, l’insegnamento di Paolo, non è solamente serio, ma è anche importante, perché ha a che fare, non solo con la vita presente, ma anche con l’eternità.

Il verso 6 parla di “brama”, di “desiderio”. Ma ciò che brama la carne è morte, mentre ciò che brama lo Spirito è vita e pace.

Il termine greco usato nel v. 6 è phronema che significa "desiderio, intenzione, modo di pensare". Sappiamo che nel campo dei desideri, ci sono quelli buoni e quelli cattivi; quelli sani e quelli impuri. La carne nella sua natura, non ha desideri sani, ma impuri, cioè non buoni. Un esempio lo possiamo ricavare da un'affermazione di Gesù.

Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore (Matteo 5:28).

Il desiderare una donna, nell’atto pratico significa andare a letto con lei. Questo desiderio, naturalmente, condurrà la persona a compiere un atto che non è gradito da Dio, cioè a commettere peccato. Sappiamo che il peccato paga con la morte, secondo l’affermazione di Paolo: Perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore (Romani 6:23).

Ecco perché l’apostolo, nel nostro v. 6 parla che il desiderio della carne è morte, cioè conduce la persona verso quella meta; mentre ciò che lo Spirito desidera è vita e pace, cioè porta la persona verso quel traguardo di vita e di pace. In concreto, questo significa che i “desideri” dello Spirito, sono buoni e sani.

Un esempio lo ricaviamo dalle parole di Paolo; sono stretto da due lati: avendo il desiderio di partire da questa tenda e di essere con Cristo, il che mi sarebbe di gran lunga migliore (Filippesi 1:23). Certamente, il desiderio di partire dal corpo per essere con Cristo, non gli veniva dalla carne, ma dallo Spirito che gli faceva vedere la differenza tra il rimanere nella tenda (figura dell’esistenza temporanea terrena) e di essere con Cristo, cioè nel regno della gloria. Ecco, davanti ad una simile prospettiva, Paolo poteva esortare la fratellanza:

Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio.
Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra;
poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio
(Colossesi 3:1-3).

Con i vv. 7,8, l’apostolo, oltre a fare un’importante specificazione, mette anche in risalto il piacere di Dio. Infatti, ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo;
e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio
.

Se con il v. 6 Paolo dichiara che il desiderio della carne è morte, con i vv. 7,8 specifica che il desiderio della carne è inimicizia contro a Dio e, quelli che hanno queste direttive, cioè che si sono lasciati dominare dalla carne, non possono piacere a Dio. Come si vede, tutta l’argomentazione che l’apostolo fornisce, tende a far capire alla fratellanza i seri pericoli che esistono se si va dietro alla carne; mentre se si segue lo Spirito, che ha sani pensieri e desideri nobili che mirano ad accentrare la prospettiva alle cose del cielo, dove Cristo è salito alla destra del Padre, durante l’esistenza terrena si gode quella vita (la vita dello Spirito) e quella pace, che lo prepareranno per l’eternità.
Info.
00venerdì 1 ottobre 2010 12:44

E Paolo era Paolo, ma noi, chi siamo?


"Paolo era Paolo" esprime un termine di paragone, molte volte usato da molti nella Chiesa stessa i quali si sono sottoposti ad un'altro termine di paragone "ma noi, chi siamo?" Alcuni hanno individuato in Paolo almeno 3 errori, errori palesati ma che non ricordo adesso. Le "quote" parlavano proprio e solo di questo, se avessi voluto fare "allacciamenti" con il post li avrei riportati


Quanto conosciamo di questo "corpo di morte" e del suo "potere"?
Io personalmente non mi preoccuperei "del corpo di morte", non sò quanto potrebbe essere utile "continuare a conoscerlo" visto che devo spogliarmene

eliseo.:


Caro Roberto, come ci si può spogliare di qualcosa che non si conosce?
Il salmista diceva:
Salmo 139
23 Investigami, o Dio, e conosci il mio cuore. Provami, e conosci i miei pensieri. 24 E vedi se v'è in me qualche via iniqua,
e guidami per la via eterna.

Il che equivale a chiedere a Dio di mostrarci "l'iniquità del nostro cuore", affinchè possa essere purificata, perchè solo ciò che viene "messo alla luce", viene purificato dalla Luce.


Infatti non mi preoccupo "del corpo" ma "dell'opera di Dio", non penso al mio corpo perchè non è lui il mio punto di riferimento.


Quanto conosciamo della Grazia di Dio e della Giustificazione in Cristo?
Conosciamo "una parte" perchè questo ci è dato, come ci è dato: "E noi tutti contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nell’istessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito." (2°Corinzi 3:18)

eliseo.:


Si, ma questa non è una "risposta", questo è solamente un citare le Scritture.


Non è "solamente" un citare le Scritture

eliseo.:


Lo "viviamo" tutto questo, e dunque viviamo "senza paura, gridando: Abba Padre",



eliseo.:


oppure prendiamo solamente atto di ciò che è scritto,


No

eliseo.:

Di cosa ci "gloriamo", se spesso non riusciamo a tenere a freno nemmeno la lingua, figuriamoci il "ridurre a schiavitù" il nostro corpo?
Giacono 3:2 "Poiché tutti falliamo in molte cose. Se uno non falla nel parlare, esso è un uomo perfetto, capace di tenere a freno anche tutto il corpo."

eliseo.:


Ripeto, farsi scudo con le Scritture non ha mai giustificato nessuno.


Il verso di Giacomo è per uno sprono. Oggi tu ci vedi li scudi, un domani magari no..

Roberto:

Perciò, visto che ci riguarda, se vogliamo aprire una parentesi a riguardo...

eliseo.:

Beh..., le parentesi si rendono sempre necessarie, e sono sempre utili...


In questo caso la parentesi riguardava il portare l'attenzione su questo essere deboole che cita Paolo:

  Uno spunto per riflettere: Forse (probabilmente) noi preferiamo "essere forti" non nella debolezza, ma "a nostro modo",
 diversamente da Paolo che invece poteva dire "quando son debole, allora sono forte." (2°Corinzi 12:10b).
Credo dobbiamo soffermarci a considerare cosa significa questo "debole" in quanto fà parte proprio di quel camminare "per lo Spirito.
Perciò, visto che ci riguarda, se vogliamo aprire una parentesi a riguardo..
eliseo.
00sabato 2 ottobre 2010 10:49
Re:

In questo caso la parentesi riguardava il portare l'attenzione su questo essere deboole che cita Paolo: ....


Si caro Roberto, ma io parlavo di "parentesi" (plurale), includendo dunque a questa, anche le osservazioni fatte da me, che non sarebbe male trattare separatamente.
Mi sembra infatti un po' troppo, rispondere semplicemente con un "Si" o con un "No" a delle questioni che pur apparendo di semplice "comprensione", non solo è stato necessario "scrivere" un'intera Bibbia, ma nonostante questo, alla fine ci potremmo ritrovare ad ascoltare per risposta: "Io non vi conobbi mai!"

Comunque, visto che si trattava di "parentesi", sarebbe meglio occuparsene altrove, come argomenti separati.

Domenico34, 30.09.2010 18:47:


......
Ecco, davanti ad una simile prospettiva, Paolo poteva esortare la fratellanza:

Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio.
Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra;
poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio
(Colossesi 3:1-3).

Con i vv. 7,8, l’apostolo, oltre a fare un’importante specificazione, mette anche in risalto il piacere di Dio. Infatti, ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomesso alla legge di Dio e neppure può esserlo;
e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio
.

Se con il v. 6 Paolo dichiara che il desiderio della carne è morte, con i vv. 7,8 specifica che il desiderio della carne è inimicizia contro a Dio e, quelli che hanno queste direttive, cioè che si sono lasciati dominare dalla carne, non possono piacere a Dio. Come si vede, tutta l’argomentazione che l’apostolo fornisce, tende a far capire alla fratellanza i seri pericoli che esistono se si va dietro alla carne; mentre se si segue lo Spirito, che ha sani pensieri e desideri nobili che mirano ad accentrare la prospettiva alle cose del cielo, dove Cristo è salito alla destra del Padre, durante l’esistenza terrena si gode quella vita (la vita dello Spirito) e quella pace, che lo prepareranno per l’eternità.


Pace caro Domenico, ma che cosa si intende con "desideri della carne"?
Comprendo che l'esempio del "guardare una donna per desiderarla" sia stato citato appunto a mo' di esempio, ma non può essere che spesso si identificano con "desideri della carne" solamente quei desideri "sessuali" o comunque esplicitamente "peccaminosi"?

In Geremia 17:5 leggiamo:
Così parla l'Eterno: Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si ritrae dall'Eterno!

Nella citazione del commentatore Cranfield si parlava del "conflitto fra lo Spirito di Dio e la carne", che poi credo si possa tradurre con "il conflitto fra la Volontà di Dio e la volontà dell'uomo".

È questo il vero peccato in fondo, il ritrovarsi fuori dalla Volontà di Dio, e la "degenerazione" è in realtà solamente il frutto di questa condizione di separazione dell'uomo nei confronti della Volontà di Dio.
Non in tutti infatti l'essere fuori dalla Volontà di Dio porta agli "eccessi delle abominazioni", non per questo però saranno "più vicini" alla Volontà di Dio o meno "abominevoli" o "maledetti" agli occhi di Dio.
Per questo infatti, non è "obbligatorio" commettere adulterio, omicidio o qualche altra "infamia", ma è sufficiente il seguire il "desiderio della carne", che è semplicemente il "confidare in sè stessi", il fare la "propria volontà" anzichè la Volontà di Dio.

Adamo infatti, non commise nessuna "abominazione", ma fu maledetto semplicemente perchè inseguendo i propri desideri (che erano quelli di "diventare intelligente"), disattese a quella che era la chiara Volontà che Dio aveva espresso.
La "Volontà" di Dio era una, andava in una direzione, mentre la volontà di Adamo si è rivelata essere un'altra, e andava nella direzione opposta, direzione che, stando alle parole di Dio, conduceva alla morte.

Ora, "maledetto l'uomo che confida nell'uomo...".
Certamente un uomo simile non può essere sottomesso a Dio, nè può "«avere le stesse idea dell’altro», «essere dalla sua parte», «avere la stessa mentalità»", in relazione a Dio, ma tutto questo sarà in relazione all'uomo, nel quale appunto "confida".
I suoi "desideri" dunque, non sono volti a ciò che riguarda Dio, ma a ciò che riguarda l'uomo, ed è questo "il peccato", indipendentemente dalle varie forme che poi "assume" una volta concepito, un "desiderio" dopo l'altro.

"...e fa della sua carne il suo braccio...".
In altre parole, che "vive grazie a sè stesso", alle proprie forze e capacità.
E non era forse questo il "desiderio" di Adamo, che lo portò a disubbidire a ciò che era la Volontà di Dio e lo rese "maledetto"?

Cosa vuol dire, tenendo conto di Geremia 17:5, "camminare secondo la carne", essere "secondo la carne", "pensare alle cose della carne"?
Non è estremamente riduttivo, portare alla mente (solamente) il "guardare una donna per desiderarla"?
È "tutta qui", la vita dell'uomo, o della "carne"?

"...e il cui cuore si ritrae dall'Eterno."
Ecco in definitiva a cosa portano i "desideri della carne", a ritrarre il cuore dall'Eterno per seguire il proprio, di "cuore", che essendo per natura insanabilmente maligno, non può che esprimere "inimicizia" verso Dio, nonostante magari il tutto sia sapientemente "imbiancato" con dello stucco, del quale di solito non ne abbiamo coscienza, perchè appunto "non camminiamo per lo Spirito", e non lasciamo che lo Spirito faccia "breccia" in quello "stucco" che nasconde l'inimicizia verso Dio che si nasconde nel nostro cuore.

Da qui poi, la "difficoltà" quasi "congenita" nel comprendere e vivere per "la Grazia di Dio" in Cristo Gesù, in una condizione nella quale "non vi è più alcuna condanna", in quanto il nostro cuore, nel profondo, ci condanna eccome, ma molto spesso "respingiamo" questa condanna "proclamando" ciò che "è scritto" e aderendo intellettualmente alle "certezze" date dalle Scritture, piuttosto che invece, "ascoltare" il nostro spirito, che in accordo con lo Spirito di Dio, ci dovrebbe attestare che "siamo figliuoli di Dio", e dunque "senza condanna".

Il che ci porterebbe a non essere e a non vivere come "...una tamerice nella pianura sterile; e quando giunge il bene, ei non lo vede; dimora in luoghi aridi, nel deserto, in terra salata, senza abitanti.", e a giustificare poi questo stato di cose con miriadi di "versetti" e "concetti scritturali", ma ad essere e a vivere come "...un albero piantato presso all'acque, che distende le sue radici lungo il fiume; non s'accorge quando vien la caldura, e il suo fogliame riman verde; nell'anno della siccità non è in affanno, e non cessa di portar frutto.".
Una condizione questa, che non necessita di alcuna "giustificazione", essendo essa già stata compiuta alla perfezione dal Cristo, Parola Vivente.

A questo punto, non mi resta che "citare" una Scrittura...
Salmo 51
Abbi pietà di me, o Dio, secondo la tua benignità; secondo la moltitudine delle tue compassioni, cancella i miei misfatti.
Lavami del tutto della mia iniquità e nettami del mio peccato!
Poiché io conosco i miei misfatti, e il mio peccato è del continuo davanti a me.
Io ho peccato contro te, contro te solo, e ho fatto ciò ch'è male agli occhi tuoi; lo confesso, affinché tu sia riconosciuto giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi.
Ecco, io sono stato formato nella iniquità, e la madre mia mi ha concepito nel peccato.
Ecco, tu ami la sincerità nell'interiore; insegnami dunque sapienza nel segreto del cuore.
Purificami con l'issopo, e sarò netto; lavami, e sarò più bianco che neve.
Fammi udire gioia ed allegrezza; fa' che le ossa che tu hai tritate festeggino.
Nascondi la tua faccia dai miei peccati, e cancella tutte le mie iniquità.
O Dio, crea in me un cuor puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo. Non rigettarmi dalla tua presenza e non togliermi lo spirito tuo santo.
Rendimi la gioia della tua salvezza e fa' che uno spirito volonteroso mi sostenga.
Io insegnerò le tue vie ai trasgressori, e i peccatori si convertiranno a te.
Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza, e la mia lingua celebrerà la tua giustizia.
Signore, aprimi le labbra, e la mia bocca pubblicherà la tua lode.
Poiché tu non prendi piacere nei sacrifizi, altrimenti io li offrirei; tu non gradisci olocausto.
I sacrifizi di Dio sono lo spirito rotto; o Dio, tu non sprezzi il cuor rotto e contrito.
Fa' del bene a Sion, per la tua benevolenza; edifica le mura di Gerusalemme. Allora prenderai piacere in sacrifizi di giustizia, in olocausti e in vittime arse per intero; allora si offriranno giovenchi sul tuo altare.


Info.
00martedì 12 ottobre 2010 22:52
eliseo., 02/10/2010 10.49:

Mi sembra infatti un po' troppo, rispondere semplicemente con un "Si" o con un "No"...


Ti ho risposto qui

@Domenico Riguardo il tuo ultimo post non ho niente da aggiungere, se vuoi puoi proseguire..


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