Domenico34 – Profeti e profezia nel Nuovo Testamento – Capitolo 7. PROFETI DEL NUOVO TESTAMENTO

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Domenico34
00sabato 28 maggio 2011 00:36

Capitolo 7




PROFETI DEL NUOVO TESTAMENTO




«I profeti cristiani hanno molti aspetti in comune con quelli dell’A.T., per cui giustamente portano lo stesso nome» [G. Friedrich, GLNT, Volume XI, colonna 618].

La formula che i profeti dell’A.T. usavano, prima di pronunciare l’oracolo divino era: Così dice il Signore. Questa formula, ovviamente, non si trova nel Nuovo Testamento, si leggono solamente le parole: questo dice lo Spirito Santo (Atti 21:11). Anche se questa frase è usata una sola volta nel N.T., tuttavia chi la pronunciò fu un uomo riconosciuto come profeta, cioè Agabo. Intorno a questo nome si discute se riconoscerlo come profeta cristiano o invece pensare che appartenesse a quelli dell’A.T. I testi che parlano di lui sono due, cioè Atti 11:28 e 21:10. Dall’esame attento che condurremo dei contesti dei passi in questione, potremo stabilire se Agabo era considerato un profeta cristiano, o no.

Primo testo

In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia.
E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante l’impero di Claudio.
I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione, ciascuno secondo le proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in Giudea.
E così fecero, inviandola agli anziani, per mezzo di Barnaba e di Saulo
(Atti 11:27-30).

Quanti erano questi profeti che da Gerusalemme scesero ad Antiochia, Luca non ce lo rivela; ci precisa solamente che provenivano da Gerusalemme. Luca, inoltre non ci informa neanche se questi profeti abitavano a Gerusalemme o in qualche altra parte; se facevano parte della comunità cristiana o no. Il fatto che la comunità cristiana di Gerusalemme era costituita in gran parte se non totalmente di Giudei che si erano convertiti al cristianesimo, non significa però che questi seguivano le direttive della legge di Mosè, anche se non si può negare che in mezzo a loro c’erano di quelli che avrebbero voluto imporre l’osservanza della legge di Mosè e la circoncisione in modo particolare (cifr. Atti 15:5).

Indipendentemente se questi profeti abitassero a Gerusalemme o facessero parte della comunità, come ce li presenta Luca, è assodato che erano cristiani, anche se provenivano dal giudaesimo. Il fatto poi che si recarono ad Antiochia, una nascente comunità cristiana, e non siano andati in cerca di una comunità giudaica che facilmente poteva trovarsi in quella città, è un significativo elemento che depone a favore del fatto che questi profeti erano cristiani.

Se fossino soli a pensarla in questo modo, forse la nostra convinzione non avrebbe eccessivo peso, visto che non tutti sarebbero disposti a condividerla. Però, siccome ci sono diversi studiosi e commentatori di un certo riguardo che la pensano come noi, ci convinciamo che la valutazione che abbiamo fatto non è campata in aria e non è priva di logicità e coerenza esegetica. Per comprovare la nostra affermazione, citiamo qui di seguiti alcuni commentatori e studiosi che si sono espressi sul testo di Atti 11:27-28.

«L’epressione introduttiva «in quei giorni» si riferisce, in corrispondenza al v. 26, all’anno di lavoro comune svolto da Barnaba e Saulo in Antiochia. In questo periodo giungono da Gerusalemme ad Antiochia dei «profeti» (v. 27). Si tratta di profeti cristiani itineranti» [Gerhard Schneider, Gli Atti degli Apostoli, Parte seconda, pag. 123].

«La seconda breve notizia (vv. 27-30) di questa pericope (vedi comm. al v. 19), che racconta di una nuova visita da Gerusalemme, testimonia il permanere dei contatti tra la comunità primitiva di Gerusalemme e la giovane comunità di Antiochia convertita dal paganesimo, che aveva avuto inizio con la missione di Barnaba. Gli Atti parlano qui per la prima volta di profeti cristiani» [Gustav Stählin, Gli Atti degli Apostoli, pag. 292].

«Una caratteristica importante della chiesa primitiva era l’attività dei profeti, predicatori carismatici i quali potevano essere associati ad una chiesa locale oppure impegnati in un ministero itinerante (13.1, commento (18). Le loro funzioni erano varie e includevano sia l’esortazione sia la predizione del futuro; avrebbero anche potuto dare spiegazioni del Vecchio Testamento, senvendosi della loro intuizione spirituale per mostrare come le sue profezie si fossero adempite negli avvenimenti connessi con il sorgere della chiesa» [I. Howard Marshall, Gli Atti degli Apostoli, pagg. 283-284].

«Questi profeti del Nuovo Testamento avevano un ufficio analogo, ma non uguale, a quelli dell’Antico Testamento. Possedevano essi il carisma della «profezia», e in virtù di tale carisma facevano nelle adunanze cristiane discorsi di edificazione e di esortazione e consolazione (I Corinti 14:3), come anche potevano svelare i segreti del cuore di altri (ivi, 25) e talvolta preannunziare eventi futuri» [A cura di Giuseppe Ricciotti, Gli Atti degli Apostoli e le lettere di S. Paolo, pag. 184].

«Nella chiesa primitiva si fa spesso menzione di profeti. Profeta, nel Nuovo come nell’Antico T., non è esclusivamente uno che predice l’avvenire; ma è colui che sotto l’azione dello Spirito Santo parla nelle assemblee per l’edificazione altrui. È l’uomo, che Dio suscita ed ispira per confortare, riprendere, esortare ed a cui Dio tolora dà, come dette ad Agabo, d’intuire o preannunziare avvenimenti futuri» [Giovanni Luzzi, Fatti degli Apostoli, pag. 165].

«Alcuni credenti di Gerusalemme che avevano il dono di profezia scesero da Gerusalemme ad Antiochia...» [Stanley D. Toussaint, Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pag. 412].

«Il dono di profezia era una delle manifestazioni dello spirito Santo nella chiesa primitiva. Come i profeti dell’A.T. (Deut. 18:18), così anche i profeti del N.T. sono dei carismatici (1 Corinzi 12:1) che parlano nel nome di Dio, sotto l’ispirazione del suo Spirito. Nell’economia del nuovo patto c’è una più ampia presenza di questo carisma (Atti 2:17-18) e tutti i credenti ne possono beneficiare (Atti 19:6; 1 Corinzi 11:4-5; 14:26,29-33,37). Tuttavia alcuni individui ne sono particolarmente dotati da meritare il titolo abituale di profeta» [Otto Rauch, Nuovo Testamento annotato, Volume II, pag 142].

«Agapo. Profeta cristiano di Gerusalemme. Recatosi ad Antiochia, predisse una grande carestia che si verificò sotto l’imperatore Claudio» [René Pache, Nuovo Dizionario Bibblico, pag. 34].

Secondo testo

Terminata la navigazione, da Tiro arrivammo a Tolemaide; e, salutati i fratelli, restammo un giorno con loro.
Ripartiti il giorno dopo, giungemmo a Cesarea; ed entrati in casa di Filippo l’evangelista, che era uno dei sette, restammo da lui.
Egli aveva quattro figlie non sposate, le quali profetizzavano.
Eravamo là da molti giorni, quando scese dalla Giudea un profeta, di nome Agabo.
Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: «Questo dice lo Spirito Santo: "A Gerusalemme i Giudei legheranno così l’uomo a cui questa cintura appartiene, e lo consegneranno nelle mani dei pagani"».
Quando udimmo queste cose, tanto noi che quelli del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme.
Paolo allora rispose: «Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuore? Sappiate che io sono pronto non solo a essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù».
E, poiché non si lasciava persuadere, ci rassegnammo dicendo: «Sia fatta la volontà del Signore»
(Atti 21:7-14).

Che Agabo fosse un profeta riconosciuto, nessuno lo mette in dubbio; il dubbio semmai nasce per qualcuno, se considerarlo un profeta cristiano. Che in mezzo alla cristianità di quei tempi ci fossero profeti cristiani, è provato da diversi testi del Nuovo Testamento. Il titolo di profeta non veniva accordato a qualsiasi credente; veniva riconosciuto a quei credenti che possedevano caratteristiche ben precise di profeta. Le caratteristiche di un profeta, non erano solamente quelle di parlare agli uomini un linguaggio di edificazione, di esortazione e di consolazione (1Corinzi 14:3), includeva anche predizioni di eventi futuri e svelamenti di segreti del cuore umano (1Corinzi 14:25). Quando un credente, sia di sesso maschile che femminile, manifestava pubblicamente di possedere queste caratteristiche, — che poi era un carisma concesso dallo Spirito Santo —, veniva riconosciuto dalla cristianità come profeta.

Nell’A.T. c’era una norma data da Dio, che stabiliva quali dovevano essere le caratteristiche di un profeta del Signore. La norma si articolava in due punti:

1. Quello che diceva il profeta, parlando nel nome del Signore, doveva avverarsi. Ecco le parole del testo:
Quando il profeta parlerà in nome del SIGNORE e la cosa non succede e non si avvera, quella sarà una parola che il SIGNORE non ha detta; il profeta l’ha detta per presunzione; tu non lo temere (Deuteronomio 18:22).

2. Non ci doveva essere sviamenti verso dei stranieri:
Quando sorgerà in mezzo a te un profeta o un sognatore che ti annunzia un segno o un prodigio,
e il segno o il prodigio di cui ti avrà parlato si compie, ed egli ti dice: «Andiamo dietro a dèi stranieri, che tu non hai mai conosciuto, e serviamoli»,
tu non darai retta alle parole di quel profeta o di quel sognatore, perché il SIGNORE, il vostro Dio, vi mette alla prova per sapere se amate il SIGNORE, il vostro Dio, con tutto il vostro cuore e con tutta l’anima vostra
(Deuteronomio 13:1-3).

Tutte le verifiche venivano fatte sulla base di questa norma divina. Anche se il Nuovo Testamento non fa nessun accenno a questa norma divina, non si può immaginare che in mezzo alla cristianità non si effettuasse nessuna verifica per stabilire se un credente avesse ricevuto dallo Spirito Santo, il carisma di profeta, per profetizzare. Le quattro figlie di Filippo non sposate, ci viene detto chiaramente che profetizzavano, cioè esercitavano il ministero profetico ed erano riconosciute come tali in mezzo alla cristianità di Cesarea e non solamente come semplici sorelle in Cristo. In che cosa consistesse il loro profetizzare, non ci viene specificato.

Agabo era considerato un profeta prima che arrivasse a Cesarea; e quando arrivò in quella località, fu accolto e ricevuto con quella qualifica. Si noti che anche qui, al pari di Antiochia, Agabo si trova in mezzo ai cristiani, e la sua profezia riguardante la vita di Paolo, cioè quello che gli sarebbe accaduto a Gerusalemme, la proclamò tra i cristiani di Cesarea. Infine, nessuno della fratellanza di Cesarea, compresi Paolo e Luca che si trovarono presenti, contestarono la profezia di Agabo, o manifestarono il minimo dubbio che non fosse un messaggio proveniente dallo Spirito Santo. Il fatto stesso che la fratellanza fece del tutto per persuadere Paolo a non andare a Gerusalemme, è una prova che la predizione di Agabo venne accettata, e, se Paolo non si lasciò persuadere da nessuno, dal desistere di recarsi a Gerusalemme non fu solamente perché anche lui accettò il messaggio del profeta, ma anche perché in precedenza lo Spirito Santo, in ogni città gli attestava che catene e trinulazione lo attendevano (Atti 20:23). Tutti gli elementi che abbiamo preso in considerazione ci convincono che Agabo era un profeta cristiano, e come tale esercitava il ministero profetico in mezzo alla cristianità.

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e noi risponderemo con premura
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