Domenico34 – Profeti e profezia nel Nuovo Testamento. Capitolo 5. GESÙ COME PROFETA – LA CONVINZIONE CHE SI AVEVA DI LUI

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Domenico34
00lunedì 23 maggio 2011 00:05

Capitolo 5




GESÙ COME PROFETA – LA CONVINZIONE CHE SI AVEVA DI LUI




«Ad un controllo statistico la designazione di Gesù come profeta non è particolarmente frequente nel N.T. Nella fonte dei racconti, si trova solo due volte: Mc.6:15 (par. Lc. 9:8) e Mc. 8:28 (par. Mt. 16:14 e Lc.9:19). Mc. 6:4 (par. Mt. 13:57; Lc. 4:24; Io.4:44) non rientra in questo contesto, perché Gesù in questo passo non si definisce profeta ma per mezzo di una frase proverbiale paragona la sua sorte a quella di un profeta. In Gesù non è mai presentato come profeta; come tale invece compare due volte nel materiale proprio di Matteo (21:11,46) e relativamente spesso in Luca (7:16,39; 24:19; Act. 3:22s.; ) e Giovanni (4:19; 6:14; 7:40; 9:17). In Luca va inoltre preso in considerazione 13:33, dove Gesù dice: «È impossibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme». Anche in questo caso, come in Mc. 6:4, non si tratta di un titolo che Gesù si attribuisce, bensì della citazione di un’opinione comune. Ma poiché Gesù non solo accetta quest’idea ma, si accinge a realizzarla, si inserisce nella schiera dei profeti» [G. Friedrich, GLNT, Volume XI, colonne 599-600].

Siccome da più parti Gesù era considerato un profeta, conviene esaminare i testi che ne parlano, in modo che si possono considerare i contesti nei quali si parla e perché le persone lo definivano tale.

La convinzione di Erode intorno a Giovanni il battista

Erode sentendo parlare della fama di Gesù, cioè dei miracoli che Egli compiva, pensava che Giovanni il battista, che lui aveva fatto imprigionare e poi messo a morte, era risuscitato dai morti, perciò le potenze miracolose agivano in lui. La sua convinzione però non era esatta, in quanto il battista non era risuscitato dai morti. Altri invece dicevano: « Elia!» Ed altri: « un profeta come quelli di una volta» (Marco 6:15, (par. Luca 9:7-9). Perché questi “altri” non pensavano che Giovanni il battista, non era risuscitato dai morti, piuttosto credevano che si fosse trattato di Elia era apparso? Per il semplice fatto che era convinzione diffusa che Elia doveva venire prima del Messia. Il fatto che i discepoli di Gesù gli chiedono:

«Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?»
Egli rispose: «Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa.
Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell’uomo deve soffrire da parte loro»
(Matteo 17:10-12) e la risposta che ricevettero, è una conferma.

La domanda che Gesù fece ai suoi discepoli

La domanda che Gesù fece un giorno ai Suoi discepoli: Poi Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?»
Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti».
Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?»
Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»
(Matte0 16:13-16, (par. Marco 8:27-30; Luca 9:18-22); appariva chiaro il diverso contesto che c’era tra la domanda che fece il re Erode e quella posta da Gesù.

Non si può negare che la risposta che i discepoli diedero, non era altro di riferire a Gesù quello che sentivano ripetere da altri: ci sono quelli che sostengono che tu sei Giovanni il battista, c’è chi asserisce che tu sei Elia o Geremia; infine, ci sono quelli che affermano che sei uno dei profeti. La domanda che si impone d’obbligo è: perché la gente pensava che Gesù era uno degli antichi profeti? Non perché lo sentiva dalla bocca di Gesù, perché Egli non si definì mai tale, anche se in Lui non mancava la consapevolezza che era il profeta di cui aveva parlato Mosé, quando, profetizzò: Per te il SIGNORE, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a lui darete ascolto! (Deuteronomio 18:15). Se la gente classificava Gesù come uno dei profeti, era essenzialmente con riferimento a quello che Egli predicava-insegnava e ai miracoli che compiva. Appariva chiaro che l’insegnamento di Gesù e il potere miracoloso che Egli manifestava, non potevano essere attribuiti ad una comune persona: doveva trattarsi di una persona speciale, quali erano appunto i profeti.

Quello che Gesù affermò a Nazaret

Poi partì di là e andò nel suo paese e i suoi discepoli lo seguirono.
Venuto il sabato, si mise ad insegnare nella sinagoga; molti, udendolo, si stupivano e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? Che sapienza è questa che gli è data? E che cosa sono queste opere potenti fatte per mano sua?
Non è questi il falegname, il figlio di Maria, e il fratello di Giacomo e di Iose, di Giuda e di Simone? Le sue sorelle non stanno qui da noi?» E si scandalizzavano a causa di lui.
Ma Gesù diceva loro: «Nessun profeta è disprezzato se non nella sua patria, fra i suoi parenti e in casa sua»
(Marco 6:1-4; (par. Matteo 13:53-57; Luca 4:24; Giovanni 4:44).

Ha ragione G. Friedrich, nel precisare che Gesù a Nazaret nel riferire una frase proverbiale paragonava la sua sorte a quella di un profeta.

«Il detto sul destino del profeta in patria (ridotto di un membro in Matteo 13:52, di due membri in Luca 4:24/Giovanni 4:44) ha carattere proverbiale, ma anche un’accentuazione del tutto propria» [Rudolf Pesch, Il vangelo di Marco, Parte prima, pag. 503].

D’altra parte, era chiaro che la gente di Nazaret, conosceva Gesù come il falegname figlio di Maria, e che nessuno dei suoi quattro fratelli e le sue sorelle, possedevano la sapienza che lui manifestava e il potere miracoloso nel compiere le opere potenti. Davanti a quello che appariva agli occhi degli abitanti di Nazaret, la loro scetticità nei confronti di Gesù, appariva giustificata dal punto di vista umano, ma non lo era davanti a Gesù, visto che davanti a Lui, il loro scetticismo era sinonimo d'incredulità.

LA GENTE CONSIDERAVA GESÙ UN PROFETA

Gesù davanti al sinedrio

Ci sono diversi testi nel Nuovo Testamento che parlano che la gente considerava Gesù, un profeta. Se facevano una simile affermazione, era soprattutto con riferimento a certe caratteristiche che Lui possedeva, simili a quelli di un vero profeta.

Alcuni cominciarono a sputargli addosso; poi gli coprirono la faccia e gli davano dei pugni dicendo: «Indovina, profeta!» E le guardie si misero a schiaffeggiarlo (Marco 14:65; (par. Luca 22:64);

Il gesto che alcuni membri del sinedrio compirono, dopo che Gesù venne giudicato degno di morte, di sputargli addosso, di coprirgli la faccia e nel dargli dei pugni, aveva il senso del più spietato disprezzo. Il fatto però che gli dicono: Indovina profeta!, non vuole significare che un indovino è profeta, come se avessero voluto fare un’equazione: indovino = profeta o che stavano facendo un gioco a nascondiglio, per godersi uno scempio spettacolo. Se usarono quel termine, probabilmente lo fecero a seguito di quello che Gesù aveva pubblicamente asserito, quando precisò: «Io sono; e vedrete il Figlio dell’uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo» (Marco 14:62). Siccome quelle parole avevano il senso di una profezia, cioè predicevano la posizione di Gesù, Figlio dell’uomo (Daniele 7:13) seduto alla destra della potenza, — e questa era la caratteristica di un profeta che conosceva il futuro — avranno pensato: egli potrà dirci chi l’ha percorso.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00martedì 24 maggio 2011 00:25
Però, fare un parallelo tra un indovino e un profeta, c’è molta differenza, non solo dal punto di vista terminologico, ma soprattutto per quanto riguarda l’azione in se stessa. Infatti, che cosa è un indovino? «Chi prevede il futuro o interpreta fenomeni occulti per mezzo di pratiche divinatorie. Dotato di poteri magici» [S. Battaglia, GDLI, (Grande Dizionario della lingua italiana), Volume VII, pagg. 846-847].

Che cosa è, invece, un profeta?

«Persona che, in virtù di una speciale vocazione, si presenta in qualità di portavoce e interprete di una divinità, in suo nome predicendo avvenimenti futuri o rivelando fatti e verità incomprensibili alla mente umana o non comprese nell’esatto significato. — In partic.: nel linguaggio biblico, persona che, in nome di Dio, parla agli uomini, comunicando loro quanto con azione soprannaturale (per mezzo di visioni, sogni, audizioni, ispirazioni interne, ecc.) Dio stesso gli ordina e svela; tale missione è diretta in primo luogo al popolo, ma spesso anche ai re o ai sommi sacerdoti della nazione ebraica, ordinariamente sotto forma di predicazione e talora anche di gesti e azioni simboliche: la predizione del futuro è oggetto, se non unico, assai frequente di tale predicazione, alternando alle minacce di castighi divini per il male commesso promesse di benedizione e di salvezza come premio per il bene e stimolo alla conversione (e fra i molti personaggi chiamati con questo nome nell’Antico Testamento sono Mosè, Giosuè, Samuele, Nathan, Elia, Michea, Eliseo e soprattutto quelli impropriamente detti, per distinguerli dai precedenti Profeti scrittori, cioè, di cui si conservano gli scritti o piuttosto gli insegnamenti, poiché non si tratta spesso di loro scritti personali, e che secondo un puro criterio materiale o quantitativo sono raggruppati in Profeti maggiori, cioè Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, e minori, cioè Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia, la cui opera ha un’ampiezza e portata inferiore; nel Nuovo Testamento e nella tradizione agiografica posteriore, il termine designa in particolari contesti chi è in possesso di un dono divino speciale o carisma che lo abilita e induce a dare testimonianza con la parola alla fede: così gli Apostoli e in genere i predicatori del Vangelo)» [S. Battaglia, GDLI, (Grande Dizionario della lingua italiana), Volume XIV, pag. 507].

Infine, un indovino che scruta il passato o predice il futuro, lo compie per un potere magico, proveniente da Satana; mentre un profeta, sia nel rivelare un segreto occulto o predire un avvenimento o interpretare dando l’esatto significato ad un testo biblico, lo fa in virtù di una divina ispirazione, cioè per mezzo dello Spirito Santo. Mettendo in evidenza l’elemento che lo distingue, cioè per l’indovino, il potere di Satana e per il profeta il potere dello Spirito Santo, non è corretto assegnare un'attribuzione diversa di quella che è a ciascuno di loro.

Gli scrittori sacri, cioè quelli che compilarono le Scritture, sia l’Antico che il Nuovo Testamento, non fanno mai confusione tra un indovino e un profeta. (cifr. Geremia 27:9; 29:8). La punizione che le Scritture prevedono per gli indovini è severa, cioè la pena della morte (Levitico 20:27); perciò Dio ammonisce il suo popolo a non consultarli (Levitico 19:31; 20:6; Deuteronomio 18:14; Isaia 8:19). Infine, Gesù e gli apostoli non chiamarono mai i falsi profeti con il nome di indovini (Matteo 7:15; 24:11,24; Marco 13:22; Luca 6:26; 2Pietro 2:1; 1Giovanni 4:1).

Gesù risuscita il figlio della vedova di Nain

Poco dopo egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei.
Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: «Non piangere!»
E, avvicinatosi, toccò la bara; i portatori si fermarono, ed egli disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!»
Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra di noi»; e: «Dio ha visitato il suo popolo».
E questo dire intorno a Gesù si divulgò per tutta la Giudea e per tutto il paese intorno
(Luca 7:11-17).

Perché tutti quelli che assistettero alla risurrezione del figlio della vedova di Nain, classificarono Gesù come un gran profeta che era sorto in mezzo di loro? Non perché Gesù in quel giorno fece una predizione o rivelò un segreto intimo, ma per la manifestazione miracolosa che Egli compì, nel risuscitare un morto. Probabilmente la gente di Nain avrà ricordato Elia ed Eliseo, due antichi profeti che, risuscitarono morti; e, davanti alla risurrezione di quel ragazzo, si convinsero che Gesù era un gran profeta.

Gesù in casa di Simone, il fariseo

Uno dei farisei lo invitò a pranzo; ed egli, entrato in casa del fariseo, si mise a tavola.
Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato;
e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l’olio.
Il fariseo che lo aveva invitato, veduto ciò, disse fra sé: «Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è una peccatrice»
(Luca 7:36-39).

La prima osservazione che facciamo è: come mai che la donna peccatrice, senza essere invitata, entrò in casa di Simone, il fariseo nello stesso giorno in cui si trovava Gesù? Secondo l’usanza di quei tempi, non era difficile entrare in un luogo in cui si teneva un pranzo, visto che si lasciava la porta aperta. Se quella donna si recò in casa di Simone, non si recò per lui, ma perché seppe che c’era Gesù. La seconda osservazione è: perché il fariseo disse fra sé: «Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è una peccatrice»? Siccome la donna non dichiarò chi era, il fariseo che la conosceva come una prostituta, essendo persona edotta circa le caratteristiche che possedevano i profeti, che conoscevano i segreti più intimi di una persona, senza che qualcuno gliene facesse parola, espresse in se stesso quella convinzione che se Gesù fosse stato un profeta, avrebbe rivelato in quel giorno che, quella donna che lo toccava era una peccatrice.

A parte il ragionamento parabolico che Gesù fece con Simone, parlandogli dei due creditori indebitati, uno di cinquecento denari e l’altro di cinquanta, quello che in realtà il fariseo diceva in se stesso, era vero, cioè che un profeta, possiede le caratteristiche di conoscere i segreti e di rivelarli senza nessun'incertezza. Anche se Gesù dimostrò in quel giorno che Egli possedeva le caratteristiche di un profeta, specialmente quando affermò che quella donna aveva “molti peccati”, si sarà convinto il fariseo che Gesù era tale? Siccome Luca non lo rivela, neanche noi possiamo affermarlo.

La testimonianza di due discepoli di Gesù

Due di loro se ne andavano in quello stesso giorno ad un villaggio di nome Emmaus, distante da Gerusalemme sessanta stadi;
e parlavano tra di loro di tutte le cose che erano accadute.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro.
Ma i loro occhi erano impediti a tal punto che non lo riconoscevano.
Egli domandò loro: «Di che discorrete fra di voi lungo il cammino?» Ed essi si fermarono tutti tristi.
Uno dei due, che si chiamava Cleopa, gli rispose: «Tu solo, tra i forestieri, stando in Gerusalemme, non hai saputo le cose che vi sono accadute in questi giorni?»

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Domenico34
00mercoledì 25 maggio 2011 00:11
Egli disse loro: «Quali?» Essi gli risposero: «Il fatto di Gesù Nazareno, che era un profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e a tutto il popolo (Luca 24:13-19).

Se i due discepoli sulla via di Emmaus definirono Gesù “un profeta”, non lo fecero certamente per averlo sentito dalla bocca di Gesù, perché Egli, non si definì mai con questo titolo, (come per esempio quello di Figlio dell’uomo, del quale parlò diverse volte), anche se certe volte non lo rifiutò, e neanche, probabilmente, per quello che sentivano dire dagli altri, al di fuori del cerchio dei discepoli. La loro affermazione, era senza dubbio basata sulla loro convinzione, facendo riferimento all’autorevolezza del Suo insegnamento e per le opere potenti che Egli faceva in mezzo al popolo.

Il fatto che la loro speranza era vacillata, noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele... (Luca 24:21), non significava però che la loro convinzione riguardante Gesù come profeta, era cambiata. Anche se si espressero nella forma di un passato, era un profeta, il significato che davano alle loro parole, si riferiva al tempo che Gesù visse, prima della Sua morte.

La donna di Samaria

Gesù le disse: «Va’ a chiamar tuo marito e vieni qua».
La donna gli rispose: «Non ho marito». E Gesù: «Hai detto bene: "Non ho marito";
perché hai avuto cinque mariti; e quello che hai ora, non è tuo marito; in questo hai detto la verità».
La donna gli disse: «Signore, vedo che tu sei un profeta (Giovanni 4:16-19).
Perché la donna di Samaria, dopo avere conversato con Gesù, lo definì un profeta? È stato forse per le parole che Gesù le aveva rivolto:
«Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo;
ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna»
(Giovanni 4:13-14)?

Sicuramente no, visto che quelle parole, probabilmente, non riusciva a comprendere nel suo vero significato. Però, quando Gesù le rivelò il suo passato e lo stato in cui viveva, visto che prima di quel giorno, non aveva incontrato quel giudeo (così lei pensava dai lineamenti che notava nel suo corpo), si rese conto che, solo un profeta poteva esprimersi in quel modo.

Se la Samaritana si espresse in quel modo, la sua non era un’illusione o una valutazione avventata; affondava le sue radici sulla realtà, poiché la caratteristica di un profeta, era quella che Gesù possedeva e che rivelò in quel giorno.

In un primo tempo la donna di Samaria si convinse che Gesù era un profeta; però, quando portò il messaggio ai suoi concittadini, invece di parlare che quell’uomo che le aveva rivelato le cose della sua vita passata e presente fosse un profeta, prospettò la possibilità che si trattava del Cristo, il Messia, promesso dalla legge e dai profeti. Il risultato del suo messaggio fu che, molti Samaritani, non solo andarono da Gesù, ascoltarono le Sue parole, credettero in Lui, ma anche riconobbero che Gesù era veramente il Salvatore del mondo (Giovanni 4:28-30,39-42).

Il miracolo della moltiplicazione dei pani

La gente dunque, avendo visto il miracolo che Gesù aveva fatto, disse: «Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo» (Giovanni 6:14).

Davanti al miracolo della moltiplicazione dei pani che Gesù fece, quei cinquemila che mangiarono a sazietà, si resero conto che Gesù non era altro il profeta che doveva venire nel mondo. Il riferimento era senza dubbio a quello che Mosè aveva predetto, testo che si trova in (Deuteronomio 18:15), il solo in tutti gli scritti dell’Antico Testamento che parla del profeta promesso. D’altra parte, è molto significativo che le persone che fecero quell’affermazione in quel giorno, si espressero in modo diverso — è certo il profeta — di come si erano espressi altri, uno dei profeti (Matteo 16:14; Marco 8:28; Luca 9:19)

Un’altra dichiarazione a seguito di aver sentito parlare Gesù

Una parte dunque della gente, udite quelle parole, diceva: «Questi è davvero il profeta» (Giovanni 7:40).

Che cosa aveva detto Gesù, da convincere parte di quanti lo avevano ascoltato, che Egli era davvero il profeta? (Anche qui la gente si espresse nella stessa maniera di quelli che avevano assistito alla moltiplicazione dei pani, “il profeta”). Citiamo alcune parole che Gesù pronunciò alla festa delle Capanne:

Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva.
Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno».
Disse questo dello Spirito, che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato
(Giovanni 7:36-39).

Queste parole furono talmente efficaci ed illuminanti nello stesso tempo che, da indurre gli ascoltatori a riconoscere che Gesù era davvero il profeta.

La guarigione del cieco nato

Passando vide un uomo, che era cieco fin dalla nascita.
I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?»
Gesù rispose: «Né lui ha peccato, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui.
Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato mentre è giorno; la notte viene in cui nessuno può operare.
Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco,
e gli disse: «Va’, làvati nella vasca di Siloe» (che significa: mandato). Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva.
Perciò i vicini e quelli che l’avevano visto prima, perché era mendicante, dicevano: «Non è questo colui che stava seduto a chieder l’elemosina?»
Alcuni dicevano: « lui». Altri dicevano: «No, ma gli somiglia». Egli diceva: «Sono io».
Allora essi gli domandarono: «Com’è che ti sono stati aperti gli occhi?»
Egli rispose: «Quell’uomo che si chiama Gesù fece del fango, me ne spalmò gli occhi e mi disse: "Va’ a Siloe e làvati". Io quindi sono andato, mi son lavato e ho ricuperato la vista».
Ed essi gli dissero: «Dov’è costui?» Egli rispose: «Non so».
Condussero dai farisei colui che era stato cieco.
Or era in giorno di sabato che Gesù aveva fatto il fango e gli aveva aperto gli occhi.
I farisei dunque gli domandarono di nuovo come egli avesse ricuperato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo».
Perciò alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non è da Dio perché non osserva il sabato». Ma altri dicevano: «Come può un peccatore fare tali miracoli?» E vi era disaccordo tra di loro.
Essi dunque dissero di nuovo al cieco: «Tu, che dici di lui, poiché ti ha aperto gli occhi?» Egli rispose: « un profeta»
(Giovanni 9:1-17).

Visto che l’uomo miracolato non era un esperto delle Scritture, e probabilmente non conosceva le parole di Mosè, intorno al profeta che Dio avrebbe dovuto suscitare in mezzo ad Israele, si limitò a rispondere alla domanda che gli venne posta: «Tu, che dici di lui, poiché ti ha aperto gli occhi?» Egli rispose: «un profeta». Se invece quell’uomo fosse stato un conoscitore delle Scritture, avrebbe sicuramente risposto: egli è il profeta. Anche se la sua affermazione non si possa farla risalire al testo del (Deuteronomio 18:15), è ugualmente importante che egli riconosca Gesù come profeta.

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e noi risponderemo con premura
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