Domenico34 – Profeti e profezia nel Nuovo Testamento – Capitolo 1. PROFETI DELL’A.T. MENZIONATI NEL NUOVO TESTAMENTO

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Domenico34
00sabato 30 aprile 2011 00:45

Capitolo 1




PROFETI DELL’A.T. MENZIONATI NEL NUOVO TESTAMENTO




Ed egli disse: «Va’, e di’ a questo popolo: "Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!"
Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in modo che non veda con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda con il cuore, non si converta e non sia guarito!»
(Isaia 6:9-10)

Nel discorso di Gesù ai farisei sulle tradizioni degli anziani, è contenuta anche la profezia di Isaia. Ecco le sue parole e quelle del profeta:

Ipocriti, ben profetizzò Isaia di voi quando disse:
"Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me.
Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d’uomini"»
(Matteo 15:7-9;

E Gesù disse loro: «Ben profetizzò Isaia di voi, ipocriti, com’è scritto: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me (Marco 7:6).

Il Signore ha detto: «Poiché questo popolo si avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini (Isaia 29:13).

Quando andò nella sinagoga di Nazaret, all’inizio del suo ministero, Gesù ebbe l’occasione di leggere un passo delle sacre Scritture.

Si recò a Nazaret, dov’era stato allevato e, com’era solito, entrò in giorno di sabato nella sinagoga. Alzatosi per leggere, gli fu dato il libro del profeta Isaia. Aperto il libro, trovò quel passo dov’era scritto:
«Lo Spirito del Signore è sopra di me; perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi,
e a proclamare l’anno accettevole del Signore»
(Luca 4:16-19).

Lo spirito del Signore, di DIO, è su di me, perché il SIGNORE mi ha unto per recare una buona notizia agli umili; mi ha inviato per fasciare quelli che hanno il cuore spezzato, per proclamare la libertà a quelli che sono schiavi, l’apertura del carcere ai prigionieri, per proclamare l’anno di grazia del SIGNORE… (Isaia 61:1-2).

Al termine della lettura, spiegò chiaramente che la Scrittura parlava di Lui e che quel giorno, davanti a tutti i presenti nella sinagoga, la profezia si era avverata (Luca 4:21).
Se i Giudei non credevano in Gesù, nonostante i numerosi segni miracolosi in loro presenza, era essenzialmente perché tale loro atteggiamento era stato predetto dal profeta.

Sebbene avesse fatto tanti segni miracolosi in loro presenza, non credevano in lui;
affinché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? A chi è stato rivelato il braccio del Signore?»
Perciò non potevano credere, per la ragione detta ancora da Isaia:
«Egli ha accecato i loro occhi e ha indurito i loro cuori, affinché non vedano con gli occhi, e non comprendano con il cuore, e non si convertano, e io non li guarisca». Queste cose disse Isaia, perché vide la gloria di lui e di lui parlò
(Giovanni 12:37-41).

Ed egli disse: «Va’, e di’ a questo popolo: "Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!"
Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in modo che non veda con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda con il cuore, non si converta e non sia guarito!»[C/] (Isaia 6:9-10).

A Filippo, per ordine di un angelo del Signore, era stato comandato di recarsi sulla via che da Gerusalemme scendeva a Gaza. Egli, pur non sapendone il motivo, si era recato in quel luogo. Fu proprio lì che incontrò l’eunuco, ministro di Candace, il quale, strada facendo, leggeva un passo del profeta Isaia.

Egli si alzò e partì. Ed ecco un etiope, eunuco e ministro di Candace, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i tesori di lei, era venuto a Gerusalemme per adorare, e ora stava tornandosene, seduto sul suo carro, leggendo il profeta Isaia.
Lo Spirito disse a Filippo: «Avvicinati, e raggiungi quel carro».
Filippo accorse, udì che quell’uomo leggeva il profeta Isaia, e gli disse: «Capisci quello che stai leggendo?»
Quegli rispose: «E come potrei, se nessuno mi guida?» E invitò Filippo a salire e a sedersi accanto a lui.
Or il passo della Scrittura che egli leggeva era questo: «Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca.
Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio. Chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra»
(Atti 8:27-33).

Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca.
Dopo l’arresto e la condanna fu tolto di mezzo; e tra quelli della sua generazione chi rifletté che egli era strappato dalla terra dei viventi e colpito a causa dei peccati del mio popolo?
(Isaia 53:7-8).

È molto importante notare che Filippo, senza aver visto la parte del rotolo che aveva in mano il ministro di Candace, riconobbe le parole del profeta Isaia. Ciò significa che Filippo conosceva quel passo e sapeva con certezza che quelle parole erano certamente del profeta.

L’incontro che Paolo ebbe a Roma con i Giudei quando arrivò nella capitale dell’Impero Romano, non si concluse, come l’apostolo probabilmente si aspettava, perché alcuni si lasciarono persuadere da quanto disse loro intorno a Gesù per mezzo della legge di Mosè e per mezzo dei profeti.

E, avendogli fissato un giorno, vennero a lui nel suo alloggio in gran numero; ed egli dalla mattina alla sera annunziava loro il regno di Dio rendendo testimonianza e cercando di persuaderli per mezzo della legge di Mosè e per mezzo dei profeti, riguardo a Gesù.
Alcuni furono persuasi da ciò che egli diceva; altri invece non credettero.
Essendo in discordia tra loro, se ne andarono, mentre Paolo pronunciava quest’unica sentenza: «Ben parlò lo Spirito Santo quando per mezzo del profeta Isaia disse ai vostri padri:
«Va’ da questo popolo e di’: "Voi udrete con i vostri orecchi e non comprenderete; guarderete con i vostri occhi, e non vedrete;
perché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile, sono divenuti duri d’orecchi, e hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, non comprendano con il cuore, non si convertano, e io non li guarisca
(Atti 28:23-27).

Ed egli disse: «Va’, e di’ a questo popolo: "Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!
Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in modo che non veda con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda con il cuore, non si converta e non sia guarito!»
(Isaia 6:9-10).

Infine la citazione di Stefano durante il suo discorso ai religiosi Giudei, era presa dal capitolo 66 del profeta Isaia. Anche se è vero che in quest’ultimo passo non è menzionato il nome di Isaia, lo riportiamo non solo perché effettivamente si parla di lui, ma anche perché rientra in un preciso scopo che ben presto sarà chiarito.

L’Altissimo però non abita in edifici fatti da mano d’uomo, come dice il profeta:
Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi costruirete, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo?
Non ha la mia mano creato tutte queste cose?
(Atti 7:48-50).

Si continuerà il prossimo giorno...

Domenico34
00domenica 1 maggio 2011 00:42
Così parla il SIGNORE: «Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi; quale casa potreste costruirmi? Quale potrebbe essere il luogo del mio riposo?
Tutte queste cose le ha fatte la mia mano, e così sono tutte venute all’esistenza», dice il SIGNORE. «Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui che è umile, che ha lo spirito afflitto e trema alla mia parola
(Isaia 66:1-2).

Nell’esprimere i sentimenti verso Israele e nel convalidarli con la parola profetica, l’apostolo Paolo si serve di due citazioni, quella di Osea e quella di Isaia:

Così egli dice appunto in Osea: «Io chiamerò "mio popolo" quello che non era mio popolo e "amata" quella che non era amata»;
e «avverrà che nel luogo dov’era stato detto: "Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati "figli del Dio vivente"»
(Romani 9:25-26);

«Tuttavia, il numero dei figli d’Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. Avverrà che invece di dir loro, come si diceva: "Voi non siete mio popolo", sarà loro detto: "Siete figli del Dio vivente".
Io lo seminerò per me in questa terra, e avrò compassione di Lo-Ruama; e dirò a Lo-Ammi: "Tu sei mio popolo!" ed egli mi risponderà: "Mio Dio!"»
(Osea 2:1,25).

Isaia poi esclama riguardo ad Israele: «Anche se il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, solo il resto sarà salvato; perché il Signore eseguirà la sua parola sulla terra in modo rapido e definitivo» (Romani 9:27-28);

Infatti, anche se il tuo popolo, o Israele, fosse come la sabbia del mare, un residuo soltanto ne tornerà; uno sterminio è decretato, che farà traboccare la giustizia.
Poiché lo sterminio che ha decretato, il Signore, DIO degli eserciti, lo effettuerà in mezzo a tutto il paese
(Isaia 10:22-23).

Continuando la sua dimostrazione con le Scritture, Paolo cita un altro passo d’Isaia.

Come Isaia aveva detto prima: «Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra» (Romani 9:29).

Se il SIGNORE degli eserciti non ci avesse lasciato un piccolo residuo, saremmo come Sodoma, somiglieremmo a Gomorra (Isaia 1:9).

Passando poi a discutere della salvezza, l’apostolo afferma che chiunque invoca il nome del Signore sarà Salvato (Romani 10:13). Considerando obiettivamente l’importanza che riveste l’invocazione, Paolo formula quattro domande:

ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, se non c’è chi lo annunzi?
E come annunzieranno se non sono mandati? Com’è scritto: «Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!»
(Romani 10:14-15).

Tenuto però presente che non tutti hanno ubbidito alla buona notizia, l’apostolo si rifà a un altro passo d’Isaia che dice: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?» (Romani 10:16);

Chi ha creduto a quello che abbiamo annunziato? A chi è stato rivelato il braccio del SIGNORE? (Isaia 53:1).

Pensando poi ad Israele che non ha creduto, l’apostolo non solo si domanda se Israele abbia realmente compreso, ma aggiunge anche Isaia, poi osa affermare:

«Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano; mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me».
Ma riguardo ad Israele afferma: «Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo disubbidiente e contestatore»
(Romani 10:19-21).

«Io sono stato ricercato da quelli che prima non chiedevano di me, sono stato trovato da quelli che prima non mi cercavano; ho detto: "Eccomi, eccomi", ad una nazione che non portava il mio nome.
Ho steso tutto il giorno le mani verso un popolo ribelle, che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri
(Isaia 65:1-2).

Infine, quando Paolo trae le conclusioni, cioè che la buona novella è per tutti gli uomini, fa una serie di citazioni, compresa quella d'Isaia.

Infatti, io dico che Cristo è diventato servitore dei circoncisi a dimostrazione della veracità di Dio per confermare le promesse fatte ai padri;
mentre gli stranieri onorano Dio per la sua misericordia, come sta scritto: «Per questo ti celebrerò tra le nazioni e canterò le lodi al tuo nome».
E ancora: «Rallegratevi, o nazioni, con il suo popolo».
E altrove: «Nazioni, lodate tutte il Signore; tutti i popoli lo celebrino».
Di nuovo Isaia dice: «Spunterà una radice di Iesse, colui che sorgerà a governare le nazioni; in lui spereranno le nazioni»
(Romani 15:8-12).

Poi un ramo uscirà dal tronco d’Isai, e un rampollo spunterà dalle sue radici.
In quel giorno, verso la radice d’Isai, issata come vessillo dei popoli, si volgeranno premurose le nazioni, e la sua residenza sarà gloriosa
(Isaia 11:1,10).

Considerazioni sul libro del profeta Isaia

In tutte le citazioni, eccetto l’ultima, che abbiamo raccolto dal Nuovo Testamento, è inequivocabile la specifica menzione del profeta Isaia. I passi sono: (Isaia 1:9; 6:9-10; 8:23; 9:1; 10:22-23; 11:1,10; 29:13; 40:3; 42:1-4; 53:1; 53:4; 53:7-8; 61:1-2; 65:1-2; 66:1-2). Non abbiamo annoverato in quest'elenco altri passi che il Nuovo Testamento riporta dal libro del profeta Isaia principalmente perché il suo nome non viene chiaramente specificato.

La critica moderna, parlando del libro del profeta Isaia, afferma che questo non è il lavoro di un solo autore, ma addirittura di tre: Isaia 1-39; (primo autore); 40-55, Deutero-Isaia (secondo autore) e 56-66 Trito-Isaia, cioè (terzo autore) [Per conoscere i vari argomenti addotti per giustificare la presente ripartizione, possiamo citare il commentario che ha scrtto OTTO KAISER in tre volumi, editi dalla Paideia. Per la formazione del libro, Crf. volume 1, pag. 11. Crf. Anche Kaiser, Einleitung 4, 202 ss. 205. 239 ss. e 244 ss.].

Senza entrare nel merito dei motivi di una simile tesi, sveliamo subito gli autori del Nuovo Testamento che lo citarono per nome: Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo ed anche Gesù (o meglio, le parole che il Nuovo Testamento gli attribuisce, sebbene mai scritte di suo pugno), i quali però non conoscevano la moderna teoria dei tre autori. Difatti le citazioni riportate nei loro scritti riguardano indistintamente le tre sezioni in cui i critici moderni hanno suddiviso il libro, attribuendole tutte ad Isaia. Quindi per loro non esisteva primo, secondo e terzo Isaia; vi era solamente un solo autore di nome Isaia.

Se questi autori si sono espressi in tal modo, in particolare Luca, da bravo storico che era, è a dir poco curioso sorvolare o ignorare la credenza generale di quei tempi, specialmente tra gli Ebrei. Se poi si considera che gli autori del Nuovo Testamento, al pari di quelli dell’A.T., hanno scritto dietro l’ispirazione dello Spirito Santo, appare alquanto assurdo credere che gli scrittori siano stati indotti a scrivere menzogne.
Naturalmente con ciò crediamo di aver fornito elementi sufficienti per confutare la teoria dei tre autori, il che però non significa pretendere di accettare e condividere la nostra convinzione.

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Domenico34
00lunedì 2 maggio 2011 02:16
Geremia

Il nome del profeta Geremia è chiaramente menzionato in due passi del Nuovo Testamento:

Allora si adempì quello che era stato detto per bocca del profeta Geremia:
«Un grido si è udito in Rama, un pianto e un lamento grande: Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più»
(Matteo 2:17-18).

Così parla il SIGNORE: «Si è udita una voce a Rama, un lamento, un pianto amaro; Rachele piange i suoi figli; lei rifiuta di essere consolata dei suoi figli, perché non sono più» (Geremia 31:15).

Il fatto che Matteo riporti le parole di Geremia richiamando l’uccisione dei bambini di Betlemme per opera di Erode il Grande, prova non solo la conoscenza degli scritti del profeta, ma anche la loro assoluta comprensione, grazie all’illuminazione dello Spirito Santo, nonché la loro piena realizzazione in quell’evento tragico e penoso in cui tanti innocenti persero la vita.

Allora si adempì quello che era stato detto dal profeta Geremia: «E presero i trenta sicli d’argento, il prezzo di colui che era stato venduto, come era stato valutato dai figli d’Israele,
e li diedero per il campo del vasaio, come me l’aveva ordinato il Signore»
(Matteo 27:9).

Io dissi loro: «Se vi sembra giusto, datemi il mio salario; se no, lasciate stare». Ed essi mi pesarono il mio salario: trenta sicli d’argento.
Il SIGNORE mi disse: «Gettalo per il vasaio, questo magnifico prezzo con cui mi hanno valutato!» Io presi i trenta sicli d’argento e li gettai nella casa del SIGNORE per il vasaio
(Zaccaria 11:12-13).

Diverse sono le ipotesi sui motivi che abbiano indotto Matteo a ricondurre la sua citazione a Geremia anziché a Zaccaria, in quanto in realtà nei medesimi termini viene riportata da solo da quest’ultimo profeta. Qualcuno addirittura ha sostenuto che «è difficile da determinare» [Questa è la posizione di J. Gnilka. Crf. Il vangelo di Matteo, parte prima, Volume 1, pag. 653], e, qualche altro: «La ricostruzione del testo citato è particolarmente difficile» [Questo è ciò che suggerisce R.E. NIXON nel suo commento. Crf. Commentario Biblico, Volume 3, pag. 86; crf. anche Louis A. Barbieri, Jr. Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pag. 93]. Altri invece hanno pensato che si potesse vedere una certa somiglianza nei capitoli 19:1-13; 31:31-34 e 32:6-15 di Geremia.

Infine, Robert G. Stewart riferisce:

«Sarebbe troppo lungo il ricordare tutte le soluzioni di questa difficoltà, che sono state messe avanti. Chi disse essere stata una svista di qualcuno dei primi copisti; chi dell’evangelista stesso, il quale citava a memoria e non dal libro; chi pretese che Matteo abbia voluto fare allusione ad alcuni passi di Geremia (XVIII:12; XXXII:6-12). Ma la soluzione più soddisfacente, secondo noi, è la seguente, suggerita dal rinomato ebraizzante Lightfoot. La Bibbia ebraica era divisa in tre volumi: la Legge, gli Agiografi ed i Profeti. Gli Agiografi erano pure chiamati comunemente i Salmi (Luca XXIV,44), perché il libro dei Salmi era il primo di quella collezione. Per la stessa ragione Matteo, citando un passo del profeta Zaccaria, lo indica come tolto da Geremia, perché gli scritti di quel profeta erano i primi del volume dei Profeti. Lightfoot stabilisce indisputabilmente per mezzo di citazioni del dotto rabbino Davide Kimchi, che il volume dei Profeti portava il nome di Geremia» [R. G. Stewart, L’evangelo secondo Matteo e Marco, pag. 295].

Giona

Il nome del profeta Giona appare in un testo del vangelo di Matteo:

Ma egli rispose loro: «Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il profeta Giona.
Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti.
I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è più che Giona!
(Matteo 12:39-41).

La storia di questo profeta si trova nell’A.T., in particolare nel libro che porta il suo nome. Nei quattro capitoli che compone questo libro si parla dell’ordine impartito da Dio a questo profeta di recarsi a Ninive, la gran città, per annunciare ai suoi cittadini che la loro malvagità era salita fino in cielo (Giona 1:2). Il profeta, però, invece di ubbidire a Dio, preferì mettersi in viaggio per fuggire a Tarsis, lontano dalla presenza del Signore (v. 3).

Questa sua disubbidienza gli costò cara poiché nel giro di poco tempo si trovò nel ventre di un grosso pesce e lì rimase per tre giorni e tre notti. Successivamente, a seguito delle sue preghiere (in cui, con ogni probabilità, Giona riconobbe la sua disubbidienza) il Signore ordinò al pesce, e il pesce vomitò Giona sulla terra ferma (2:11), cosicché Dio ritornò a parlare al suo servitore, dicendogli:

«Alzati, va’ a Ninive, la gran città, e proclama loro quel che io ti comando».
Giona partì e andò a Ninive, come il SIGNORE aveva ordinato. Ninive era una città grande davanti a Dio; ci volevano tre giorni di cammino per attraversarla.
Giona cominciò ad inoltrarsi nella città per una giornata di cammino e proclamava: «Ancora quaranta giorni, e Ninive sarà distrutta!»
(Giona 3:2-4).

Appreso da Giona il severo messaggio divino, i Niniviti si pentirono subito dalla loro malvagità e di conseguenza Dio li perdonò risparmiandoli dalla sciagura programmata per loro, sebbene a Giona tale atto di clemenza non piacque.

Alcuni scribi e farisei chiesero a Gesù: «Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno» (Matteo 12:38) e Gesù in risposta narrò del profeta Giona che stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce. Così Egli, come Figlio dell’uomo, sarebbe stato tre giorni e tre notti nel cuore della terra, alludendo alla sua morte, cosa che probabilmente gli scribi e i farisei non capirono. Infine Gesù preannunciò la loro responsabilità concludendo con le seguenti parole: I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è più che Giona! (Matteo 12:41).

Tale monito di Gesù pronunciato in quel tempo è valido anche oggi.

Daniele

Di Daniele, in veste di profeta, è Matteo a narrare in un solo passo del Nuovo Testamento:

«Quando dunque vedrete l’abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge presti attenzione!) (Matteo 24:15).

Potrebbe sorprenderci come Gesù avesse dato a Daniele la qualifica di profeta, visto che egli era essenzialmente conosciuto come un alto funzionario statale. Tuttavia, per quanto è scritto nel libro che porta il suo nome, Gesù lo considerava un vero profeta, in quanto predisse la profanazione del tempio di Gerusalemme che, storicamente parlando, avvenne per opera di Antioco IV Epifane. In questo passo, infatti, il termine profeta è inteso semplicemente come chi predice qualcosa che dovrà accadere nel futuro.

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Domenico34
00martedì 3 maggio 2011 00:10
L’avvenimento della profanazione del tempio di Gerusalemme è descritta nel libro di Daniele con le seguenti parole:

L’invasore stabilirà un patto con molti, per una settimana; in mezzo la settimana farà cessare sacrificio e offerta; sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore».
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Per suo ordine, delle truppe si presenteranno e profaneranno il santuario, la fortezza, sopprimeranno il sacrificio quotidiano e vi collocheranno l’abominazione della desolazione
Daniele 9:27; 11:31).

Eliseo

Di Eliseo in veste di profeta dell’A.T. si parla nel Nuovo Testamento in un solo passo, precisamente nel vangelo di Luca.

Al tempo del profeta Eliseo, c’erano molti lebbrosi in Israele; eppure nessuno di loro fu purificato; lo fu solo Naaman, il Siro» (Luca 4:27).

Anche in questo caso è Gesù che ne fa parola rifacendosi ad un episodio descritto in (2Re 5:1-14). Se Gesù parlò di Eliseo come profeta, lo fece in riferimento al proverbio a lui citato dagli abitanti di Nazaret:

«Certo, voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso; fa’ anche qui nella tua patria tutto quello che abbiamo udito essere avvenuto in Capernaum!"» (Luca 4:23). Subito dopo affermò che: …nessun profeta è ben accetto nella sua patria (Luca 4:24).

Infine fece riferimento ad Elia nell’episodio in cui, tra le tante vedove in Israele, fu mandato proprio da una in Sarepta e, tra i tanti lebbrosi, proprio da Naaman, Siro, che guarì, cosicché si scatenò l’ira di coloro che si trovarono nella sinagoga di Nazaret, perciò Gesù quel giorno venne cacciato fuori della città e condotto sul ciglio del monte sul quale era costruita la loro città, per precipitarlo giù (Luca 4:29).

Gioele

Anche per questo profeta c’è un solo riferimento nel Nuovo Testamento, precisamente nel libro degli Atti.

Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole.
Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno;
ma questo è quanto fu annunziato per mezzo del profeta Gioele
(Atti 2:14-16).

In questo passo non è dato di sapere cosa aveva predetto il profeta Gioele sull’evento della Pentecoste, cioè la discesa dello Spirito Santo, ma stando all’affermazione di Pietro, era questo l’evento che Gioele aveva predetto? Ecco la sua predizione:

«Dopo di questo, avverrà che io spargerò il mio spirito su ogni persona: i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni.
Anche sui servi e sulle serve, spargerò in quei giorni il mio spirito.
Farò prodigi nei cieli e sulla terra: sangue, fuoco, e colonne di fumo.
Il sole sarà cambiato in tenebre, e la luna in sangue, prima che venga il grande e terribile giorno del SIGNORE.
Chiunque invocherà il nome del SIGNORE sarà salvato; poiché sul monte Sion e a Gerusalemme vi sarà salvezza, come ha detto il SIGNORE, così pure fra i superstiti che il SIGNORE chiamerà
(Gioele 2:28-32).

Senza dubbio l’interpretazione dell’apostolo Pietro riguardante la profezia di Gioele nel giorno della Pentecoste era esatta, soprattutto perché non c’era stata mai una simile manifestazione dello Spirito da confrontare con la profezia. Se Pietro in quel giorno poté dissentire da coloro che ritenevano la profezia opera di ubriachi e quindi credere effettivamente a quanto predetto da Gioele, fu senza dubbio grazie all’illuminazione divina.

Non poteva neanche ricorrere alla predizione di Gesù quando disse agli apostoli: Trovandosi con loro, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l’attuazione della promessa del Padre, «la quale», egli disse, «avete udito da me.
Perché Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati in
[Anche se la proposizione greca en si può tradurre “in”, non è escluso che possa significare “con”. Considerando il contesto e soprattutto il paragone di Gesù: “Giovanni battezzò sì con acqua, ma voi sarete battezzati...”, ha più senso in effetti “con” anziché “in”. D’altra parte l’azione di Battezzare sarebbe stata compiuta dallo Spirito Santo. Di conseguenza preferiamo la traduzione di ND “sarete battezzati con lo Spirito Santo”, anziché quella di NR “sarete battezzati in Spirito Santo”.] Spirito Santo fra non molti giorni» (Atti 1:4-5). Quindi il Maestro non specificò il giorno della Pentecoste o quanti giorni avrebbero dovuto aspettare prima di essere battezzati con lo Spirito Santo.

Bisogna poi chiarire se la profezia di Gioele Spargerò il mio spirito su ogni persona... si riferisce al giorno della Pentecoste. Luca ce ne fornisce una chiara prova specificando che prima dell’evento pentecostale il numero dei fratelli era di circa centoventi (Atti 1:15). Si riferiva ai circa centoventi presenti nel luogo dove scese lo Spirito Santo e li battezzò? Sebbene Luca non l’abbia specificato, generalmente tutti i commentatori sono d’accordo nel ritenere che nel giorno della Pentecoste i battezzati furono centoventi.

Prendendo per vero che lo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste scese su centoventi persone e le battezzò, non riscontriamo piena armonia con la profezia di Gioele che precisa: Spargerò il mio spirito su ogni persona (NR); sopra ogni carne (ND); sopra ogni uomo (CEI). Trattandosi di un’espressione generica e non di una precisazione numerica, siamo portati a ritenere che la profezia in questione non si sia pienamente avverata in quell’evento.
Questa nostra interpretazione non è in contrasto con l’affermazione di Pietro: Questo è quanto fu annunziato per mezzo del profeta Gioele. Pietro infatti si espresse in quel modo perché non si riferiva al “numero”, ma all’“evento”. Da questo punto di vista l’evento Pentecostale era in perfetta armonia e coerenza con le parole del profeta.

Davide

Anche Davide, pur non essendolo, viene presentato come profeta in sei passi del Nuovo Testamento.

«Fratelli, era necessario che si adempisse la profezia della Scrittura pronunziata dallo Spirito Santo per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fece da guida a quelli che arrestarono Gesù (Atti 1:16).

«Non parlo di voi tutti; io conosco quelli che ho scelti; ma, perché sia adempiuta la Scrittura, "Colui che mangia il mio pane, ha levato contro di me il suo calcagno" (Giovanni 13:18).

Anche se nei due passi non è presente il nome di Davide, la profezia a cui si fa riferimento venne da lui pronunciata.

Anche l’amico con il quale vivevo in pace, in cui avevo fiducia, e che mangiava il mio pane, si è schierato contro di me (Salmo 41:9).

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00mercoledì 4 maggio 2011 00:19
L’apostolo Pietro, nel giorno della Pentecoste, dopo la discesa della Spirito Santo, dimostrò la risurrezione di Gesù rifacendosi a quanto aveva predetto Davide.

Infatti Davide dice di lui: "Io ho avuto il Signore continuamente davanti agli occhi, perché egli è alla mia destra, affinché io non sia smosso.
Per questo si è rallegrato il mio cuore, la mia lingua ha giubilato e anche la mia carne riposerà nella speranza;
perché tu non lascerai l’anima mia nel soggiorno dei morti, e non permetterai che il tuo Santo subisca la decomposizione.
Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita. Tu mi riempirai di gioia con la tua presenza".
Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d’oggi tra di noi.
Si continuerà il prossimo giorno...

Egli dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con giuramento che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi discendenti
(Atti 2:25-30).

Io ho sempre posto il SIGNORE davanti agli occhi miei; poich’egli è alla mia destra, io non sarò affatto smosso.
Perciò il mio cuore si rallegra, l’anima mia esulta; anche la mia carne dimorerà al sicuro;
poiché tu non abbandonerai l’anima mia in potere della morte, né permetterai che il tuo santo subisca la decomposizione.
Tu m’insegni la via della vita; vi son gioie a sazietà in tua presenza; alla tua destra vi son delizie in eterno
(Salmo 16:8-11).

Quando la chiesa riunita, dopo la liberazione di Pietro e Giovanni, innalzò a Dio una particolare preghiera in favore dei suoi servi e che la Sua mano fosse stesa per guarire, venne citata una profezia di Davide:

Udito ciò, essi alzarono concordi la voce a Dio, e dissero: «Signore, tu sei colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi;
colui che mediante lo Spirito Santo ha detto per bocca del tuo servo Davide, nostro padre: "Perché questo tumulto fra le nazioni, e i popoli meditano cose vane?
I re della terra si sono sollevati, i principi si sono riuniti insieme contro il Signore e contro il suo Cristo"
(Atti 4:24-26).

La corrispondente citazione si trova nel libro dei Salmi:

Perché questo tumulto fra le nazioni, e perché meditano i popoli cose vane?
I re della terra si danno convegno e i prìncipi congiurano insieme contro il SIGNORE e contro il suo Unto
(Salmo 2:1-2).

Infine Paolo, quando parlò dell’indurimento d’Israele, citò a suo sostegno una profezia di Davide contenuta nel libro dei Salmi:

E Davide dice: «La loro mensa sia per loro una trappola, una rete, un inciampo e una retribuzione.
Siano gli occhi loro oscurati perché non vedano e rendi curva la loro schiena per sempre»
(Romani 11:9-10.

La loro tavola imbandita sia per essi come una trappola, un tranello quando si credono al sicuro!
Gli occhi loro si offuschino e più non vedano; indebolisci per sempre i loro fianchi
(Salmo 69:22-23).

Enoc

Anche Enoc, nonostante non sia conosciuto come profeta da Giuda, venne citato in quanto tale, anche se la sua profezia non si trova nell’A.T. ma nel libro apocrifo di Enoc (1:9) [Di Enoc si parla in Genesi 5:18-23. Crf. KARL HERMANN SCHELKLE, Le lettere di Pierto La lettera di Giuda, pag. 265; Edward C. Pentecost, Investigate le Scritture, Nuovo Testamento, pag. 978; David H. Wheaton, Commentario Biblico, Volume 3, pag. 650, per la discussione che è stata fatta intorno alla citazione di Giuda].

Anche per costoro profetizzò Enoc, settimo dopo Adamo, dicendo: «Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi
per giudicare tutti; per convincere tutti gli empi di tutte le opere di empietà da loro commesse e di tutti gli insulti che gli empi peccatori hanno pronunciati contro di lui»
(Giuda 14-15).

Samuele

In due passi degli Atti è menzionato il profeta Samuele. Il primo si trova in Atti 3:24: Tutti i profeti, che hanno parlato da Samuele in poi, hanno anch’essi annunziato questi giorni. Il secondo, in (Atti 13:20) e fu quello dell’apostolo Paolo nella sinagoga di Antiochia di Pisidia: Dopo queste cose, per circa quattrocentocinquant’anni, diede loro dei giudici fino al profeta Samuele. Un altro ancora si trova nella lettera agli Ebrei: Che dirò di più? Poiché il tempo mi mancherebbe per raccontare di Gedeone, Barac, Sansone, Iefte, Davide, Samuele e dei profeti (Ebrei 11:32).

Mosè

Anche Mosè non è conosciuto come un profeta del Signore, tuttavia il Nuovo Testamento in due passi lo presenta in tale veste:

Mosè, infatti, disse: "Il Signore Dio vi susciterà in mezzo ai vostri fratelli un profeta come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà.
Questi è Mosè che disse ai figli d’Israele: "Dio vi susciterà, tra i vostri fratelli, un profeta come me
(Atti 3:22; 7:37).

Il testo di queste due citazioni si trova in Deuteronomio 18:15,18,19:

Per te il SIGNORE, il tuo Dio, farà sorgere in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta come me; a lui darete ascolto!
io farò sorgere per loro un profeta come te in mezzo ai loro fratelli, e metterò le mie parole nella sua bocca ed egli dirà loro tutto quello che io gli comanderò.
Avverrà che se qualcuno non darà ascolto alle mie parole, che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto
.

Pietro per primo e Stefano poi asserirono che Mosè era un profeta perché egli predisse l’avvento di un altro profeta, il quale, indiscutibilmente, non era che Gesù Cristo.

Giovanni Battista

Chiudiamo questa rassegna annoverando Giovanni Battista tra i profeti dell’A.T., soprattutto per come Gesù lo definì. Anche se il profeta Isaia parlò di lui, senza nominarlo, in Isaia 40:3, più tardi lo stesso Battista rivendicò le parole del profeta, così come ha scritto Giovanni nel suo evangelo.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei mandarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei Leviti per domandargli: «Tu chi sei?»
Egli confessò e non negò; confessò dicendo: «Io non sono il Cristo».
Essi gli domandarono: «Chi sei dunque? Sei Elia?» Egli rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?» Egli rispose: «No».
Essi dunque gli dissero: «Chi sei? affinché diamo una risposta a quelli che ci hanno mandati. Che dici di te stesso?»
Egli disse: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto: "Raddrizzate la via del Signore", come ha detto il profeta Isaia»
(Giovanni 1:19-23).

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00giovedì 5 maggio 2011 00:09
Perché il Battista, in risposta alla domanda che gli venne posta, negò di essere il profeta? In realtà non negava di essere un profeta, bensì di essere il profeta predetto da Mosé in (Deuteronomio 18:15), in quanto trattarsi invece del Messia, il Cristo.

Per chiarire meglio la posizione del Battista, è utile ricordare la testimonianza che Gesù rese di lui, come tramandata da Matteo e da Luca.

Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla:
«Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?
Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re.
Ma perché andaste? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che profeta.
Egli è colui del quale è scritto: "Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero per preparare la tua via davanti a te".
In verità io vi dico, che fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il battista; eppure il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui
(Matteo 11:7-11; Luca 7:18-23).

Anzitutto Gesù precisò che Giovanni era un profeta, anzi più che profeta, non perché egli fosse più grande e più importante di tutti quelli succeduti prima di lui, ma per la missione affidatagli di presentarsi davanti al messaggero celeste e di preparargli la via davanti a lui (Malachia 3:1). Che questo messaggero era Gesù Cristo, non c’è alcun dubbio. In che modo però Giovanni andò davanti a Gesù e gli preparò la strada? Naturalmente col messaggio di ravvedimento che egli predicava quando esortava con fermezza il popolo giudaico a ravvedersi e a ritornare da Dio con pentimento.

Infatti il suo ruolo di profeta non era imperniato su predizioni come per i suoi antichi predecessori, sebbene nel suo messaggio non manchino riferimenti al futuro di quel popolo, come in particolare nelle seguenti parole:

Ormai la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero dunque che non fa buon frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco (Matteo 3:10).

Il frutto di cui egli parlava era senza dubbio il ravvedimento; se questo popolo, davanti a quel solenne richiamo, non fosse ritornato da Dio, avrebbe subito la stessa sorte di un albero che non porta frutto, cioè sarebbe stato tagliato.

Gesù inoltre precisò Che fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il battista, perché, dato che Egli definì Giovanni più che profeta, quest’ultimo chiudeva il ciclo di tutti i profeti dell’A.T. Si può con ragione concludere che Giovanni Battista non può essere annoverato tra i profeti del Nuovo Testamento perché in effetti appartiene ancora all’A.T. e ne fu l’ultimo profeta. Tale tesi trova sostegno nella seguente affermazione di Gesù:

Poiché tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni.
Se lo volete accettare, egli è l’Elia che doveva venire.
Chi ha orecchi per udire oda
(Matteo 11:13-13; Luca 16:16).

Infine è opportuno spendere qualche parola su come Giovanni Battista veniva considerato dalla gente e dagli stessi capi religiosi. In Matteo 14:5 si legge: E benché desiderasse farlo morire, temette la folla che lo considerava un profeta. Chi pronunciò queste parole fu Erodiada, la donna che non poteva sopportare Giovanni quando si intrometteva nell’intimità della relazione tra lei e Erode, il quale, in quanto fratello di suo marito Filippo, era anche suo cognato. Evidentemente era giunta alle orecchie di Erodiada l’esortazione di Giovanni al monarca «Non ti è lecito averla» (Matteo 14:4), riferendosi a lei, perciò questa desiderava la sua morte ma non poteva provocarla poiché temeva un’insurrezione da parte della folla che lo considerava un profeta.

La convinzione di Erode, sentendo parlare di Gesù e dei suoi miracoli, lo portò a credere nella resurrezione di Giovanni il battista dalla morte procurata dal medesimo sovrano. Il re Erode udì parlare di Gesù (poiché la sua fama si era sparsa) e diceva: «Giovanni il battista è risuscitato dai morti; è per questo che agiscono in lui le potenze miracolose» (Marco 6:14).

C’erano altri invece che, non condividendo l’opinione di Erode, asserivano: «È Elia!» Altri ancora: «È un profeta come quelli di una volta» (Marco 6:15). Con l’espressione Come quelli di una volta, il popolo intendeva riferirsi ai profeti del passato, cioè a quelli dell’A.T.

Riflettiamo ora sulla domanda che i capi sacerdoti e gli anziani del popolo rivolsero a Gesù:

«Con quale autorità fai tu queste cose? E chi ti ha dato quest'autorità?». Riflettiamo anche sulla domanda che viceversa Gesù rivolse a loro: «Anch’io vi farò una domanda; se voi mi rispondete, vi dirò anch’io con quale autorità faccio queste cose.
Il battesimo di Giovanni, da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?. Così loro risposero: «Se diciamo: "Dal cielo", egli ci dirà: "Perché dunque non gli credeste?"
Se diciamo: "Dagli uomini", temiamo la folla, perché tutti ritengono Giovanni un profeta».
Risposero dunque a Gesù: «Non lo sappiamo»
(Matteo 21:23-26; Marco 11:32; Luca 20:1-8).

Di fronte al testo evangelico appare chiaro come i capi sacerdoti e gli anziani del popolo non sapessero affatto che il battesimo di Giovanni provenisse dal cielo. Se avessero confessato apertamente che quel battesimo era opera degli uomini, avrebbero dovuto fare i conti con il popolo che lo riteneva un vero profeta.

Da ultimo c’è da tenere in debito conto la profezia del vecchio Zaccaria, padre del battista: E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai davanti al Signore per preparare le sue vie, per dare al suo popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati (Luca 1:76-77).

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e noi risponderemo con premura
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