Domenico34 – Le parabole di Gesù – Capitolo 8. PARABOLA DEI DUE FIGLI

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Domenico34
00mercoledì 13 aprile 2011 22:40

Capitolo 8




PARABOLA DEI DUE FIGLI




Ed egli rispose: Vado, signore; ma non vi andò.
Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L’ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: i pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio.
Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le prostitute gli hanno prestato fede; e voi, che avete visto questo, non vi siete pentiti neppure dopo per credere a lui
(Matteo 21:28-32).

A che cosa mirava Gesù con la parabola dei due figli? Tenuto conto che si parlava specificamente di pubblicani e prostitute, senza dubbio Gesù intendeva far comprendere alla classe dirigente giudaica che il loro atteggiamento nei confronti del regno di Dio era ostile, poiché in pratica essi rifiutavano di accettarlo nella proclamazione e negli insegnamenti che dava Gesù, mentre da parte dei pubblicani e delle prostitute — categoria di persone che, secondo il giudizio severo dei capi religiosi, non rispettavano la legge di Dio — c’era un’apertura, cioè essi ascoltavano e accettavano la parola di Gesù e credevano in Lui. I due figli di cui parla la parabola, che vengono invitati ad andare a lavorare nella vigna, rappresentano il comportamento delle due categorie di persone, cioè da una parte i religiosi giudei e dall’altra i pubblicani e le prostitute.

A un figlio venne ordinato: Va’ a lavorare nella vigna oggi, e anche se in un primo momento questi rispose: Vado, signore, in un secondo tempo, però, finì col non andarci. «Il senso della parabola è dunque questo: quello che conta non sono le parole ma le azioni. Conta compiere la volontà del Padre» [A. Kemmer, Le parabole di Gesù, pagg. 39-40].

Con le sue belle parole, l’uomo può ingannare il prossimo e apparire come qualcuno che abbia buone iniziative, pronto e disposto ad eseguire la volontà del Signore. Non potrà farlo, però, davanti a Dio, il quale non si lascia illudere dalle parole, perché Egli guarda ai fatti, che non sempre corrispondono alle parole. Aveva ragione Gesù quando affermava: Non chiunque mi dice, Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Matteo 7:21).

All’altro figlio vennero rivolte le stesse parole dette al primo. La risposta fu: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, vi andò. Anche se in un primo tempo ci fu una risposta negativa, che esprimeva l’indisponibilità decisa ad andare a lavorare nella vigna, in un secondo tempo, però, subentrando il pentimento, la situazione cambiò radicalmente. È il pentimento che determina il cambiamento di atteggiamento tra un peccatore e un altro, incidendo notevolmente sull’accettazione della volontà del Signore. Questa, in verità, è la vera differenza!

La domanda che pose Gesù e la risposta che ne ricevette non solo mettono in evidenza che gli ascoltatori avevano compreso la parabola, ma ci permettono anche di vedere dove voleva arrivare Gesù con quel suo modo di esprimersi: Quale dei due fece la volontà del padre?» Essi gli dissero: «L’ultimo». E Gesù a loro: «Io vi dico in verità: I pubblicani e le prostitute entrano prima di voi nel regno di Dio.

Alcuni commentatori sono rimasti sorpresi dalle parole di Gesù circa l’entrata dei pubblicani e delle prostitute nel regno di Dio prima delle persone che risposero alla Sua domanda, l’evangelista Matteo dice qualche versetto prima che «i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si accostarono a lui, mentre egli insegnava» (Matteo 21:23). Era, infatti, questa categoria di persone che aveva messo al bando i pubblicani e le prostitute. Secondo la valutazione che essi facevano e secondo il loro modo di vedere le cose, non c’era alcuna possibilità di salvezza per questa categoria di persone, visto che la loro condotta era depravata e costoro non mettevano in pratica la legge di Dio.

L’accusa che i farisei muovevano a Gesù era che Egli mangiava con i pubblicani e con i peccatori:

I farisei, veduto ciò, dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e con i peccatori?» (Matteo 9:11).

Gli scribi che erano tra i farisei, vedutolo mangiare con i pubblicani e con i «peccatori», dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangia e beve con i pubblicani e i peccatori?» (Marco 2:16).

Si afferma nel vangelo che tutti i pubblicani e i peccatori, si avvicinavano a lui [Gesù] per ascoltarlo. Ma i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro» (Luca 15:1-2).

Perché Gesù accoglieva i peccatori e mangiava con loro? Era forse per condividere il male che essi compivano? Certamente no! Se li accoglieva e si metteva seduto vicino a loro per mangiare, era essenzialmente per dimostrare che Egli era venuto sulla terra per offrire la salvezza a tutti i peccatori, senza escludere i pubblicani e le prostitute. Infine, si diceva di Gesù che Egli non era considerato solamente un mangione e un beone, ma che era diventato anche un amico dei pubblicani e dei «peccatori»! (Matteo 11:19).

Gesù propose la parabola dei due figli per mettere in risalto l’atteggiamento della classe dirigente giudaica e quello dei pubblicani e delle prostitute (= peccatori) nei confronti della volontà di Dio, manifestata essenzialmente nell’insegnamento che Egli proclamava e che, immancabilmente, conduceva al regno di Dio. Se si tiene presente l’inizio del ministero pubblico di Gesù, quando Egli proclamò: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete al vangelo» (Marco 1:15), si può apprezzare meglio il significato della parabola dei due figli.

Se si mette giustamente in risalto il pentimento, elemento essenziale per determinare un reale e profondo cambiamento di atteggiamento, la parabola in questione non risulta applicabile solamente alle persone del tempo di Gesù, ma può essere applicata anche alle persone dei nostri tempi. Che nella cristianità di oggi ci siano persone che hanno solamente l’apparenza, è una constatazione che difficilmente potrà essere smentita. Ce ne sono tanti che pronunciano solo belle parole, ma che poi, in ultima analisi, finiscono col rifiutare la volontà di Dio per la loro vita, facendo l’opposto di quello che Egli vuole.

L’essenziale nella vita cristiana non è quello che noi vogliamo, bensì la volontà di Dio, cioè quello che Egli desidera che noi facciamo. Gesù per primo ci ha lasciato un buon esempio, quando nel giardino del Getsemani chiese al Padre di allontanare da lui quel calice. Però, subito aggiunge: Non quello che io voglio, ma quello che tu vuoi (Marco14:36).

Dire Signore, Signore e non fare quello che Dio desidera significa ingannare se stessi e perdere il proprio tempo in ciò che non ha alcuna importanza, né per questa vita né, soprattutto, per l’eternità. Mentre, se nella vita umana sopraggiunge il pentimento, anche se in un primo momento una persona ha manifestato la propria indisponibilità verso le cose di Dio, costei sarà spinta e proiettata verso l’accettazione della volontà del Signore. A questo punto, a conclusione di quanto si è detto, è utile ricordare alcuni passi della Bibbia:

Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione (1Tessalonicesi 4:3),

in ogni cosa rendete grazie, perché questa è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi (1Tessalonicesi 5:18).

Perché questa è la volontà di Dio: che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti (1Pietro 2:15).

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e risponderemo con premura
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