Domenico34 – Le parabole di Gesù – Capitolo 3. LA PARABOLA DEL SEMINATORE

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Domenico34
00giovedì 31 marzo 2011 02:31

Capitolo 3




LA PARABOLA DEL SEMINATORE




In quel giorno Gesù, uscito di casa, si mise a sedere presso il mare;
e una grande folla si radunò intorno a lui; cosicché egli, salito su una barca, vi sedette; e tutta la folla stava sulla riva.
Egli insegnò loro molte cose in parabole, dicendo: «Il seminatore uscì a seminare.
Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; gli uccelli vennero e la mangiarono.
Un’altra cadde in luoghi rocciosi dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo;
ma, levatosi il sole, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì.
Un’altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono.
Chi ha orecchi per udire oda»
(Matteo 13:1-9).

Gesù si mise di nuovo a insegnare presso il mare. Una gran folla si radunò intorno a lui. Perciò egli, montato su una barca, vi sedette stando in mare, mentre tutta la folla era a terra sulla riva.
Egli insegnava loro molte cose in parabole, e diceva loro nel suo insegnamento:
«Ascoltate: il seminatore uscì a seminare.
Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e la mangiarono.
Un’altra cadde in un suolo roccioso dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo;
Un’altra cadde fra le spine; le spine crebbero e la soffocarono, ed essa non fece frutto.
Altre parti caddero nella buona terra; portarono frutto, che venne su e crebbe, e giunsero a dare il trenta, il sessanta e il cento per uno».
Poi disse: «Chi ha orecchi per udire oda» (Marco 4:1-9).
Or come si riuniva una gran folla e la gente di ogni città accorreva a lui, egli disse in parabola:
«Il seminatore uscì a seminare la sua semenza; e, mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada: fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono.
Un’altra cadde sulla roccia: appena fu germogliato seccò, perché non aveva umidità.
Un’altra parte cadde in un buon terreno: quando fu germogliato, produsse il cento per uno». Dicendo queste cose, esclamava: «Chi ha orecchi per udire oda!»
(Luca 8:4-8).

La parabola del seminatore è una delle dieci che, nel vangelo di Matteo, iniziano con la formula: Il regno dei cieli. Si sa, infatti, che la frase: l regno dei cieli è simile... appartiene esclusivamente al linguaggio di Matteo, in quanto è solo lui ad adoperarla e, nel suo vangelo, a ripeterla per ben dieci volte. Questa è anche una delle due parabole che Gesù ha spiegato in seguito alla specifica richiesta dei Suoi discepoli. Questo significa che, se non ci fosse stata tale richiesta, probabilmente Gesù non avrebbe dato la spiegazione.

Non condividiamo la convinzione espressa da J. Jeremias, secondo cui la spiegazione della parabola del seminatore vada attribuita alla chiesa primitiva, visto che il “Vangelo di Tommaso”, che riferisce la parabola, non la contiene [Cfr. J. Jeremias, Le parabole di Gesù, pag. 95]. Se si dà più importanza ad un testo apocrifo, qual è il “Vangelo di Tommaso”, più che a quello canonico, vale a dire a quello di Matteo, non si difende la correttezza dell’evangelista, anzi si getta discredito sul suo lavoro. Questo, naturalmente, alimenta la polemica sugli scritti sacri, che la critica moderna ha largamente dimezzato, riuscendo a convincere diversi studiosi.

Per noi non c’è alcun dubbio: accettiamo pienamente che la spiegazione della parabola del seminatore risalga a Gesù e che non sia da considerare un prodotto della chiesa primitiva. Se la chiesa primitiva l’ha messa in risalto nella sua predicazione, ciò non significa, però, che l’abbia inventata: ha semplicemente ribadito quello che Gesù ha spiegato. Detto questo, passiamo ad analizzare la parabola in questione.

I Sinottici — cioè Matteo, Marco e Luca —, nel trasmetterci la parabola del seminatore, non hanno usato le stesse parole. Infatti, se si fa un confronto sommario tra l’uno e l’altro, si noterà una diversità di espressioni. Questo, naturalmente, non intacca la verità insegnata dalla parabola, visto che essa riguarda semplicemente la spiegazione di certi particolari.

Tutti e tre gli evangelisti specificano che la semenza che il seminatore seminò cadde lungo la strada, sul suolo roccioso, fra le spine e nella buona terra. Il seme che portò frutto fu quello che cadde nella buona terra, mentre il rimanente andò perduto, per il semplice fatto che, quello che cadde lungo la strada, venne mangiato dagli uccelli; quello che finì sul suolo roccioso inaridì, cioè seccò dopo che germogliò, e quello che cadde fra le spine venne soffocato. Davanti a questo panorama desolante, esaminare la spiegazione che diede Gesù della parabola non solo è indispensabile per conoscere le cause dell’improduttività, ma è anche utile per comprendere l’insegnamento che Egli ci ha fornito.

Infine, non bisogna pensare solamente ai tempi in cui visse Gesù e alle persone di quell’epoca, ma anche a noi, visto che l’insegnamento della parabola si applica a ogni generazione. Ovviamente, per dare la dovuta importanza alla parola di Gesù, è necessario avere sottomano il testo dei Sinottici.

Tutte le volte che uno ode la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via quello che è stato seminato nel cuore di lui: questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada.
Quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia,
però non ha radice in sé ed è di corta durata; e quando giunge la tribolazione o persecuzione a motivo della parola, è subito sviato.
Ma quello che ha ricevuto il seme in buona terra, è colui che ode la parola e la comprende; egli porta del frutto e, così, l’uno rende il cento, l’altro il sessanta e l’altro il trenta»
(Matteo 13:19-23).

Il seminatore semina la parola.
Quelli che sono lungo la strada, sono coloro nei quali è seminata la parola; e quando l’hanno udita, subito viene Satana e porta via la parola seminata in loro.
E così quelli che ricevono il seme in luoghi rocciosi sono coloro che, quando odono la parola, la ricevono subito con gioia;
ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; poi, quando vengono tribolazione e persecuzione a causa della parola, sono subito sviati.
E altri sono quelli che ricevono il seme tra le spine; cioè coloro che hanno udito la parola;
poi gli impegni mondani, l’inganno delle ricchezze, l’avidità delle altre cose, penetrati in loro, soffocano la parola, che così riesce infruttuosa.
Quelli poi che hanno ricevuto il seme in buona terra sono coloro che odono la parola e l’accolgono e fruttano il trenta, il sessanta e il cento per uno» (Marco 4:14-20).

Or questo è il significato della parabola: il seme è la parola di Dio.
Quelli lungo la strada sono coloro che ascoltano, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dal loro cuore, affinché non credano e non siano salvati.
Quelli sulla roccia sono coloro i quali, quando ascoltano la parola, la ricevono con gioia; ma costoro non hanno radice, credono per un certo tempo ma, quando viene la prova, si tirano indietro.
Quello che è caduto tra le spine sono coloro che ascoltano, ma se ne vanno e restano soffocati dalle preoccupazioni, dalle ricchezze e dai piaceri della vita, e non arrivano a maturità.
E quello che è caduto in un buon terreno sono coloro i quali, dopo aver udito la parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portano frutto con perseveranza
(Luca 8:11-15).

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00venerdì 1 aprile 2011 02:40
Visto che nell’insieme i Sinottici ci hanno tramandato la spiegazione completa che diede Gesù alla parabola del seminatore, cominciamo col mettere in risalto il primo elemento del mosaico: Il seme è la Parola di Dio (Luca 8:11). Il seminatore, da un punto di vista generale, non è solamente Gesù Cristo, ma è dato anche da tutti quelli che, attraverso i secoli, hanno sparso e continuano a spargere la Parola di Dio fra gli uomini.

Non ha alcuna importanza stabilire se il seme in questione sia di frumento o di orzo; quello che invece ha valore è che esso abbia in sé la vita. La Parola di Dio non è una parola comune, paragonabile a quella di un qualsiasi essere umano. Quando è ricevuta nel cuore dell’uomo, essendo viva essa trasmette tutta la potenza della vita che possiede, producendo quello che afferma l’apostolo Paolo:

Per questa ragione anche noi ringraziamo sempre Dio: perché quando riceveste da noi la parola della predicazione di Dio, voi l’accettaste non come parola di uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio, la quale opera efficacemente in voi che credete (1Tessalonicesi 2:13).

Il motivo per cui il seme della parola è portato via dal maligno, dal cuore dell’uomo — ovvero quando Satana viene subito e porta via la parola (Marco 4:15) — è essenzialmente perché la parola del regno non è compresa (Matteo 13:19), e Luca aggiunge: affinché non credano e non siano salvati (Luca 8:12).

Quando la Parola di Dio non è compresa, nel suo intrinseco valore, dall’uomo che dovrebbe riceverla, essa perde la sua efficacia. Questo però non significa che essa smetta di essere la vivente Parola divina, ma succede semplicemente che l’essere umano la considera priva di valore. Visto l’atteggiamento che l’uomo assume davanti alla Parola di Dio, Satana, nemico acerrimo del benessere umano, si affretta subito a portarla via. Se il diavolo compie con tanta fretta un simile lavoro, lo fa perché sa quello che potrebbe compiere la divina Parola se restasse nel cuore dell’uomo. Infine, tenuto conto che se la persona non crederà non potrà essere salvata, Satana farà di tutto affinché l’essere umano non creda nella Parola della vita. Questa è la spiegazione della semenza caduta lungo la strada.

Per il seme che cade in luoghi rocciosi, il discorso è un altro. Gesù spiega che si tratta di chi ode la parola e la riceve subito con gioia. Però, quando vengono le tribolazioni e le persecuzioni, a causa della parola, accade lo sviamento. Questo però non significa che tutti quelli che incontreranno tribolazioni e persecuzioni si svieranno, cioè si allontaneranno dal Signore.

Pensare che la vita cristiana sia rose e fiori — come spesso si ripete in modo proverbiale — non rispecchia la realtà. Spesso, chi abbraccia la fede in Cristo Gesù viene a trovarsi davanti a una muraglia di opposizione, sia nell’ambito della propria famiglia come anche tra compagni e colleghi di lavoro. Le persecuzioni e le tribolazioni a motivo della fede in Cristo metteranno a dura prova la persona che ha ricevuto con gioia il seme della Parola di Dio nel suo cuore. Se l’entusiasmo iniziale si spegne all’insorgere delle prime difficoltà, questo può significare che la semenza sì, è germogliata; ma avendo poco terreno in mezzo alle pietre, dove affondare le radici, sarà destinata a inaridirsi e a seccarsi. Questa è la tragica realtà per il seme che cade in luoghi rocciosi.

La semenza che cade fra le spine ha a suo favore l’abbondanza del terreno, che le permetterà di germogliare e crescere; ma nel momento dello sviluppo, in vista di produrre la spiga, le spine la soffocheranno. Le spine, secondo il racconto di Matteo, sono gli impegni mondani e l’inganno delle ricchezze (Matteo 13:22). Marco, oltre a menzionare quello che riferisce Matteo, aggiunge: L’avidità delle altre cose (Marco 4:19). Infine, Luca parla delle preoccupazioni e dei piaceri della vita (Luca 8:14). Quindi, facendo la somma, si ha la seguente equazione: Spine = impegni mondani, inganno delle ricchezze, avidità delle altre cose, preoccupazioni e i piaceri della vita. Prima di procedere nella riflessione sui vari elementi suindicati, sarà utile ricordare l’esortazione del profeta Geremia che, sicuramente, ci aiuterà a comprendere la spiegazione di Gesù sulla semenza caduta fra le spine.

Poiché così parla il SIGNORE alla gente di Giuda e di Gerusalemme: «Dissodatevi un campo nuovo, e non seminate tra le spine! (Geremia 4:3).

Crediamo di fare cosa grata ai lettori nel citare quanto abbiamo scritto in un nostro libro intitolato Alcuni imperativi della Bibbia [Domenico Barbera, Alcuni imperativi della Bibbia, pagg. 64-7], anziché rimandare ad esso.

Il divieto di seminare tra le spine, viene presentato dalla Scrittura nella forma imperativa. Questo significa che non si tratta di un semplice suggerimento o di un normale consiglio, ma di un comando divino che va messo in pratica. Ignorarlo o non tenerne conto, ciò equivale ad essere considerato davanti a Dio, come un atto di trasgressione della Sua Parola.

Il profeta Geremia, che è stato il canale attraverso il quale Dio ci ha fatto pervenire la Sua Parola, non ha voluto impartire una lezione di agricoltura (anche se sotto questo profilo c’è molto da imparare, apprezzandone il contenuto del messaggio), ha voluto piuttosto farci comprendere che seminare tra le spine, significa, dal punto di vista pratico: sprecare in vano il prezioso tempo della semina.

Si sa, infatti, che il raccolto è strettamente collegato alla semina; se la semente non viene dispersa o soffocata, c’è la speranza che cresca, si sviluppi e maturi, con la prospettiva di raccogliere poi abbondantemente. Se invece, essa viene annientata dalle erbacce (e le spine lo sono), non solo ne sarà impedita la crescita, lo sviluppo e la maturazione, ma anche il raccolto sarà seriamente danneggiato, con la conseguenza che il lavoro del seminatore sarà vano, nel senso che non riceverà quella dovuta ricompensa. Valutato in quest'ambiente, il comando di non seminare tra le spine, va tenuto in debito conto, per il semplice fatto che Dio vuole il nostro bene e c’istruisce come ottenerlo.

Il terreno cominciò a produrre le spine, dopo che i nostri progenitori, Adamo ed Eva, trasgredirono il comando di Dio e mangiarono il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, che Egli aveva proibito di mangiare. Questo significa che se non ci fosse stata la trasgressione del comando divino, il terreno non avrebbe mai prodotto le spine.

Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi;
mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai»
(Genesi 3:17-19).

Ma se non scacciate d’innanzi a voi gli abitanti del paese, quelli di loro che vi sarete lasciato, saranno per voi come spine negli occhi e pungoli nei fianchi e vi faranno tribolare nel paese che abiterete (Numeri 33:55).

Lo stesso messaggio venne ribadito da Giosuè, dopo alcuni anni, allorché Israele venne esortato ad applicarsi risolutamente ad osservare e a mettere in pratica la legge del Signore:

…se voltate le spalle a lui e vi unite a quel che resta di queste nazioni che sono rimaste fra voi e vi imparentate con loro e vi mescolate con loro ed esse con voi,
siate ben certi che il SIGNORE, il vostro Dio, non continuerà a scacciare questi popoli davanti a voi, ma essi diventeranno per voi una rete, un’insidia, un flagello ai vostri fianchi, tante spine nei vostri occhi, finché non siate periti e scomparsi da questo buon paese che il SIGNORE, il vostro Dio, vi ha dato
(Giosuè 23:12-13).

Gedeone usò le spine del deserto per castigare gli uomini di Succot, che non si erano prestati a dargli aiuto per la cattura di Zeba e Salmunna.

Poi prese gli anziani della città, e con delle spine del deserto e con dei rovi castigò gli uomini di Succot (Giudici 8:16).

Davide considerava gli scellerati come spine che si buttavano via:
Ma gli scellerati tutti quanti sono come spine che si buttano via e non si prendono con la mano (2 Samuele 23:6).

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00sabato 2 aprile 2011 02:54
L’affamato gli divora il raccolto, glielo ruba perfino dalle spine; l’assetato gli trangugia i beni (Giobbe 5:5).

Se la mia terra mi grida contro, se tutti i suoi solchi piangono,
se ne ho mangiato il frutto senza pagarla, se ho fatto sospirare chi la coltivava,
che invece di grano mi nascano spine, invece d’orzo mi crescano zizzanie!»
(Giobbe 31:30-40).

M’avevano circondato come api, ma sono state spente come fuoco di spine; nel nome del SIGNORE io le ho sconfitte (Salmo 118:12).

La via del pigro è come una siepe di spine, ma il sentiero degli uomini retti è piano (Proverbi 15:19).

Spine e lacci sono sulla via del perverso; chi ha cura della sua vita se ne tiene lontano (Proverbi 22:5).

Ed infine, ritornando a parlare del pigro, riferisce:

Passai presso il campo del pigro e presso la vigna dell’uomo privo di senno;
ed ecco le spine vi crescevano dappertutto, i rovi ne coprivano il suolo, e il muro di cinta era in rovina
(Proverbi 24:30-31).

Isaia, dal canto suo, parlando d’Israele come una vigna, così si esprime:

Ne farò un deserto; non sarà più né potata né zappata, vi cresceranno i rovi e le spine; darò ordine alle nuvole che non vi lascino cadere pioggia (Isaia 5:6).

Pronunciando poi una profezia contro Edom, afferma che:

Nei suoi palazzi cresceranno le spine; nelle sue fortezze, le ortiche e i cardi; diventerà luogo di sciacalli, un recinto per gli struzzi (Isaia 34:13).

Geremia, parlando della devastazione di Giuda, afferma:

Hanno seminato grano, e raccolgono spine; si sono affannati senza alcun profitto (Geremia 12:13).

Tu, figlio d’uomo, non aver paura di loro, né delle loro parole, poiché tu stai in mezzo a ortiche e spine, abiti fra gli scorpioni; non aver paura delle loro parole, non ti sgomentare davanti a loro, poiché sono una famiglia di ribelli (Ezechiele 2:6).

...ecco, io ti sbarrerò la via con delle spine; la circonderò di un muro, così che non troverà più i suoi sentieri (Osea 2:6).

Parlando poi della dispersione d’Israele, si esprime nel seguente modo:

Essi, ... se ne vanno a motivo della devastazione; l’Egitto li raccoglierà, Memfi li seppellirà; le loro cose preziose, comprate con denaro, le possederanno le ortiche; le spine cresceranno nelle loro tende (Osea 9:6).

Gli alti luoghi di Aven, peccato d’Israele, saranno distrutti. Le spine e i rovi cresceranno sui loro altari; ed essi diranno ai monti: «Copriteci!» e ai colli: «Cadeteci addosso!» (Osea 10:8).

Infine, il profeta Michea affermando che l’uomo pio era scomparso dalla terra, continua dicendo:

Il migliore di loro è simile ad un rovo; il più retto è peggiore di una siepe di spine. Il giorno annunziato dalle tue sentinelle, il giorno della tua punizione viene; allora saranno nella costernazione (Michea 7:4).

(i falsi profeti) Li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? (Matteo 7:16).

Un’altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono (Matte 13:7).

Luca, riportando le parole di Gesù, precisa che non si colgono fichi dalle spine:
perché ogni albero si riconosce dal proprio frutto; infatti, non si colgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva dai rovi
(Luca 6:44).

Infine, lo scrittore agli Ebrei afferma:

Quando una terra, imbevuta della pioggia che vi cade frequentemente, produce erbe utili a quelli che la coltivano, riceve benedizione da Dio;
ma se produce spine e rovi, è riprovata e prossima ad essere maledetta; e la sua fine sarà di essere bruciata
(Ebrei 6:7-8).

Se abbiamo raccolto i testi suesposti, l’abbiamo fatto all’unico scopo di conoscere quello che la Bibbia riferisce intorno alle spine, e, nello stesso tempo per aiutarci a comprendere l’imperativo di Geremia: Non seminate tre le spine.

Anzitutto bisogna tener presente che quello che Geremia indirizzò alla gente di Giuda e di Gerusalemme, non erano le sue parole, cioè quello che egli pensava, erano invece le parole del Signore: ]C]Così parla il Signore alla gente... (scandito chiaramente nel testo).

L’imperativo di non seminare tra le spine, quindi, non è umano ma divino: è Dio che comanda all’uomo come si deve comportare in materia di semina; e se la gente di Giuda e di Gerusalemme ascolta e mette in pratica quello che il profeta ha detto, in effetti, non obbedisce all’uomo, ma a Dio.

Certo, il messaggio deve essere inteso in senso figurativo, visto che il vero motivo di quelle parole, non era impartire lezioni di agricoltura, ma piuttosto far capire ai destinatari la necessità del vero ravvedimento, che era essenzialmente ritorno a Dio.

La metafora agricola adoperata, metteva in risalto due cose: 1) Dissodare il campo, cioè preparare il terreno e 2) non seminare tra le spine. Spandere il seme su un terreno incolto, cioè non preparato, specialmente quando c’erano le spine, non era certamente lavoro di agricoltori competenti.

Per cogliere il vero significato cristiano dall’imperativo in questione, bisogna inquadrarlo con la parola di Gesù, in modo particolare, perché allora si potrà comprendere il vero valore del comando divino.
Nella parabola del seminatore, secondo il resoconto che diedero Matteo, Marco e Luca, si precisava che il seme che sparse il seminatore, cadde, una parte lungo la strada; un’altra parte in luogo roccioso, dove c’era poca terra; un’altra parte tra le spine e un’altra parte nella buona terra.

Se Gesù non avesse spiegato la parabola, i particolari di questa semina, probabilmente sarebbero rimasti incomprensibili; mentre con la spiegazione data, i particolari vengono messi in risalto e si può facilmente comprendere il messaggio. Siccome stiamo parlando delle spine, quello che c'interessa della spiegazione della parabola della sementa, riguarda il significato che Gesù diede alle spine.

Per Gesù le spine significano: impegni mondani e inganno delle ricchezze (Matteo13:22); impegni mondani, l’inganno delle ricchezze, l’avidità delle altre cose (Marco 4:19); preoccupazioni, ricchezze e piaceri della vita (Luca 8:14). Tutte e tre gli evangelisti affermano che le spine soffocano il seme, che è la parola, di conseguenza esso rimane infruttuoso, per Matteo e Marco, mentre per Luca il seme non arriva alla maturazione.

Con questa specifica e chiara spiegazione, si può meglio comprendere perché Dio comanda di non seminare tra le spine. Visto che le spine soffocano, non fa maturare il seme e lo rende infruttuoso, la prima riflessione che si può fare, riguarda la perdita di tempo. Il cristiano non può sprecare le opportunità che Dio gli concede durante la sua vita, come se non avessero nessun'importanza; deve tenere sempre presente che il tempo che si impiega nel compiere determinate cose, deve avere come finalità la produttività. Produrre per il regno di Dio, è la cosa più importante per ogni cristiano, seguace di Gesù Cristo.

La seconda riflessione riguarda gli impegni mondani. Tra gli impegni leciti, cioè che non arrecano nessun danno e quelli definiti mondani, c’è un'enorme differenza. Il cristiano, durante la sua vita terrena, essendo un membro della società, non può estraniarsi e vivere come se fosse un eremita.

Impegnarsi su lavori manuali, in attività commerciali, in opere di beneficenza, in impegni professionali in tutti i campi, rientra nella logica della normalità, visto che si è membri della società umana. Mentre assumere mpegni mondani, cioè che riguardano il beneficio della sola carne in concupiscenze carnali, è qualcosa che i cristiani devono evitare, per non essere soffocati e ridotti all’impotenza per ciò che concerne la maturazione e il portare frutto.

In terzo luogo, l’inganno delle ricchezze, costituisce lo stesso pericolo degli impegni mondani, perché sia l’uno che l’altro, non fanno sviluppare il buon seme, non favoriscono la sua maturazione e non lo rendono fruttuoso. Le preoccupazioni, cioè quelli incontrollati e i piaceri della vita, cioè quelli insani, producono lo stesso risultato: soffocano il seme, non lo fanno sviluppare e non gli permettono di essere fruttuoso.

A differenza del seme che è caduto lungo la strada, che hanno mangiato gli uccelli; di quello caduto sui luoghi rocciosi che, pur germogliando presto, si è inaridito ed è seccato per mancanza di terra; di quello caduto fra le spine, che è stato soffocato, il seme, invece, che è andato a finire sulla buona terra ha portato molto frutto: L’uno rende il cento, l’altro il sessanta e l’altro il trenta. Nella spiegazione, Gesù precisa che si tratta di chi ode la parola e la comprende (Matteo 13:23); di coloro che odono la parola e l’accolgono (Marco 4:20); di coloro i quali, dopo aver udito la parola, la ritengono in un cuore onesto e buono, e portano frutto con perseveranza (Luca 8:15).

Se il seme della Parola di Dio ha portato molto frutto nella vita di chi l’ha accolto, non è stato perché fosse diverso, ma grazie alla particolare attenzione che gli ha riservato chi l’ha ricevuto e al modo in cui l’ha curato, assumendo un atteggiamento diverso rispetto a tutti gli altri.

Le considerazioni che abbiamo fatto sulla parabola del seminatore ci hanno fornito degli ottimi spunti per certe riflessioni sulla vita pratica:

1.Prima che si pensi alla semina, bisogna preparare il terreno che dovrà ricevere il seme. Infatti, per ogni attività da cui si voglia conseguire un ottimo risultato, è necessario che ci sia una fase preparatoria, che rappresenta la base su cui costruire un piano, un progetto. Il tempo impiegato in questa fase non sarà mai considerato inutile e vano, ma servirà per gettare le basi di quello che si vorrà compiere. Se si pensa di programmare una campagna evangelistica, per esempio, la fase preparatoria non sarà solamente fare un’accurata campagna pubblicitaria, ma si aggiungerà ad essa la preghiera, che servirà a sgombrare il terreno dai vari ostacoli che potrebbero sorgere affinché il lavoro ottenga un buon risultato.

2.La semina in se stessa è un elemento importante, se si vuole che ci sia una raccolta. Questo significa che se manca impegno nel seminare, non ci sarà alcuna speranza di raccogliere. Logicamente, il seme della Parola di Dio non si spargerà da sé, ma richiederà sempre qualcuno che s’impegni a spargerlo sul terreno dei cuori degli uomini. Se questa divina semenza non sarà né mangiata dagli uccelli (figura delle forze sataniche), né soffocata dalle spine (figura di atteggiamenti umani che avranno la preminenza), in un primo momento si romperà, cioè morirà, e, in un secondo tempo, porterà molto frutto. Questa nostra affermazione trova conferma nelle parole di Gesù:

In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto (Giovanni 12:24).

Quelli che seminano con lacrime, mieteranno con canti di gioia.
Se ne va piangendo chi porta il seme da spargere, ma tornerà con canti di gioia quando porterà i suoi covoni
(Salmo 126:5-6).

PS: Se ci sono domande da fare, fatele liberamente e sarà un piacere rispondere
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