Domenico34 – Le parabole di Gesù – Capitolo 2. LE PRIME DUE PARABOLE: “le due case e “la stoffa nuova e gli otri nuovi”

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
Domenico34
00martedì 29 marzo 2011 02:02


Capitolo 2




LE PRIME DUE PARABOLE: “le due case e “la stoffa nuova e gli otri nuovi”




NOTA INTRODUTTIVA

Tenuto presente che diverse parabole parallele sono riferite dai tre evangelisti — cioè da Matteo, Marco e Luca —, il testo che citeremo sarà quello degli evangelisti che lo riportano. In fase di commento, terremo presente i diversi particolari che emergono tra l’uno e l’altro evangelista, al fine di formulare un’interpretazione equilibrata. «Non ci occuperemo del problema se il testo riportato dipenda da un altro evangelista (come spesso si afferma), visto che diversi racconti paralleli dipendono da Marco, che è lo scritto più antico». Quest’aspetto della questione lo lasceremo ai critici testuali, i quali, nelle loro indagini, sapranno mettere in chiaro — glielo auguriamo sinceramente — tutta la questione della dipendenza.

Inoltre, nel presentare le parabole non seguiremo un ordine cronologico, ma le citeremo secondo l’ordine in cui esse appaiono nel testo evangelico, senza tener conto del loro gruppo di appartenenza, come per esempio le parabole del regno, che presentano la formula iniziale: Il regno dei cieli è simile.... In fase di commento, però, specificheremo se la parabola in questione debba essere considerata per la vita presente o se invece abbia a che fare con il tempo escatologico.

«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia.
La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia.
E chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia.
La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande»
(Matteo 7:24-27).

«Perché mi chiamate: Signore, Signore! e non fate quello che dico?
Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, io vi mostrerò a chi assomiglia.
Assomiglia ad un uomo il quale, costruendo una casa, ha scavato e scavato profondamente, e ha posto il fondamento sulla roccia; e, venuta un’alluvione, la fiumana ha investito quella casa e non ha potuto smuoverla perché era stata costruita bene.
Ma chi ha udito e non ha messo in pratica, assomiglia ad un uomo che ha costruito una casa sul terreno, senza fondamenta; la fiumana l’ha investita, e subito è crollata; e la rovina di quella casa è stata grande»
(Luca 6:46-49).

Nel testo riportato, non si trova il termine greco parabolē. Però, è abbastanza evidente che le parole di Gesù non possano essere considerate solamente una semplice conclusione del Suo discorso: sono senza dubbio da ritenere delle vere e proprie parabole, come del resto le hanno considerate i commentatori antichi e moderni [Cfr. J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, Parte prima, pag. 413; H. Schürmann, Il vangelo di Luca, Parte prima, pag. 614; R. G. Stewart, L’evangelo secondo Matteo e Marco, pag. 78; Giorgio Tourn, I vangeli sinottici, Volume I, pag. 41; E. Schweizer, Il vangelo secondo Luca, pag. 127; G. Crisostomo, Commento al vangelo di Matteo, pag. 390; F. Wright Beare, Il vangelo secondo Matteo, pag. 226; J. Jeremias, Le parabole di Gesù, pag. 208].

Se consideriamo le parole di Matteo, chiunque ascolta queste mie parole..., e quelle di Luca, chiunque viene a me e ascolta le mie parole..., si può subito notare che la verità illustrata in questa parabola ha a che fare con la vita presente, e che non prende in considerazione le persone in genere. Le persone implicate in questa parabola, senza chiamarle per nome, sono: Chi ascolta le parole di Gesù e va a Lui. Oltre a non esserci delimitazione di luogo e di tempo, non c’è neanche differenza di classe sociale. Per Dio non c’è alcuna differenza, sia che esse appartengano ai bianchi o ai neri, sia che siano colte o ignoranti, ricche o povere, uomini o donne. Sono trattate tutte nella stessa maniera e considerate Sue creature.

Se si pensa che questa parabola Gesù l’abbia voluta indirizzare ai Suoi discepoli, per dire loro che non dovevano accontentarsi solamente dall’essere andati a Lui e di aver ubbidito alle Sue parole, non c’è da obiettare. Con questo, però, non si vuol sostenere che si debbano escludere quanti Lo ascoltarono in quel giorno. Tenuto presente che Gesù non fa alcuna specificazione, e che le Sue parole hanno una valenza generale — nel senso che si applicano a “chiunque va a Lui e ascolta le Sue parole”, senza nessuna delimitazione di tempo —, va da sé che la parabola servì allora, per le persone di quel tempo, e che vale anche per quelle del nostro.

L’insegnamento che Gesù ha voluto impartire e che ha valore riguarda il mettere in pratica le Sue parole. Agendo in questo modo, si è simili a una persona che costruisce la sua casa sopra delle solide fondamenta. Mentre, chi si limita solamente ad andare a Gesù e ad ascoltare le Sue parole, senza metterle in pratica, sarà paragonato a chi costruisce una casa sopra la sabbia. La differenza è enorme, non tanto per il fatto che le due case costruite sembrino apparentemente uguali, quanto perché l’una rimane e l’altra crolla. A dare stabilità a una costruzione sono, senza dubbio, le fondamenta: se queste sono solide, la costruzione sarà ugualmente stabile, nel senso che, all’imperversare delle tempeste, essa non crollerà. Mentre, se mancano le fondamenta e la casa sarà costruita sulla terra, davanti alla forza di un’inondazione essa si rivelerà fragile e crollerà miseramente.

Il particolare che ha Luca, in questa parabola, merita una particolare considerazione. L’evangelista precisa che, chi va da Gesù e ascolta la Sua parola e la mette in pratica, è simile a un uomo che ha scavato e scavato profondamente, e ha posto il fondamento sulla roccia. Questo significa che l’uomo della parabola non si limita solamente a scavare a una certa profondità, ma che il suo scopo è di arrivare alla roccia, perché egli vuole edificare la sua casa su di essa. La sua determinazione gli costerà tempo e denaro; però, in compenso, egli avrà delle fondamenta solide che gli garantiranno la stabilità della casa.

Se si fa una considerazione sull’aspetto esteriore delle due case costruite, non si noterà alcuna differenza: tutto quello che appare in superficie è uguale. La differenza si trova nelle fondamenta, che non sono visibili, e consiste nel fatto che una le possiede, mentre l’altra ne è sprovvista. Una casa è costruita sopra la roccia, l’altra sulla sabbia. Quando le due costruzioni saranno sottoposte alla prova delle forze naturali, cioè della fiumana, si saprà qual è quella stabile perché l’una sarà portata via, mentre l’altra rimarrà in virtù delle fondamenta solide che aveva.

La domanda che a questo punto formuliamo è la seguente: su che cosa hai costruito la tua vita religiosa, la tua fede, la tua salvezza? Sulle sabbie mobili delle tue opere, del tuo saper fare, della tua religiosità apparente? Se ti preoccupi solamente di curare la parte esterna della tua esistenza, e non pensi di vivere in accordo con la parola di Gesù, non hai fondamenta. Quando verranno le alluvioni e le inondazioni e i venti turbinosi soffieranno con la loro violenza, la tua casa crollerà e la tua rovina sarà grande. Mentre, se hai come fondamenta Cristo Gesù e la Parola di Dio, la “roccia dei secoli”, soffino puri i venti impetuosi delle prove, si scaglino le alluvioni delle avversità e i torrenti delle persecuzioni si scatenino con violenza: la tua vita non crollerà, la tua fede non sarà portata via e la tua salvezza rimarrà stabile in Cristo Gesù, il tuo Signore!

Allora si avvicinarono a lui i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo, e i tuoi discepoli non digiunano?»
Gesù disse loro: «Possono gli amici dello sposo far cordoglio finché lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni che lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno.

Continueremo il prossimo giorno...
Domenico34
00mercoledì 30 marzo 2011 02:35
Nessuno mette un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; perché quella toppa porta via qualcosa dal vestito vecchio e lo strappo si fa peggiore.
Neppure si mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri scoppiano, il vino si spande e gli otri si perdono; ma si mette il vino nuovo in otri nuovi e l’uno e gli altri si conservano»
(Matteo 9:14-17).

I discepoli di Giovanni e i farisei erano soliti digiunare. Alcuni andarono da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano e i tuoi discepoli non digiunano?»
Gesù disse loro: «Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro? Finché hanno con sé lo sposo, non possono digiunare.
Ma verranno i giorni, che lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno.
Nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio; altrimenti la toppa nuova porta via il vecchio, e lo strappo si fa peggiore.
Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino fa scoppiare gli otri, e il vino si perde insieme con gli otri; ma il vino nuovo va messo in otri nuovi»
(Marco 2:18-22).

Egli, rispondendo, disse loro: «Possono gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro? Finché hanno con sé lo sposo, non possono digiunare.
Ma verranno i giorni, che lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno»
.

Che cosa voleva intendere Gesù con questo modo di esprimersi? Sicuramente, con l’espressione figurativa dello sposo, Egli faceva allusione a Se stesso. Il digiuno in sé racchiude l’idea del dolore, del cordoglio, del lutto e anche della penitenza; mentre quella dello sposo parla di festa e di gioia. Gesù, quale sposo celeste, è il portatore della gioia della salvezza, che rende felici le persone che Lo accettano e Lo seguono. Questo però non significa che quelli che seguono Gesù non conosceranno nella loro vita periodi di tristezza, di dolore e di lutto. Tutto è racchiuso nella frase: Verranno i giorni, che lo sposo sarà loro tolto; e allora, in quei giorni, digiuneranno, come per dire che quando lo sposo sarà loro tolto (chiara allusione alla Sua morte), i discepoli mostreranno dolore e tristezza per l’assenza del loro sposo.

Che cosa intendeva Gesù con il paragone del pezzo di stoffa nuova cucita su un vestito vecchio e del vino nuovo messo in otri vecchi? Non era difficile per gli ascoltatori comprenderne il significato. Quelli che lavorano con i vestiti, cioè i sarti, sanno molto bene che un pezzo di stoffa nuova non può essere usato per rattoppare uno strappo in un vestito vecchio, per il semplice motivo che queste due cose sono incompatibili. Se si dovesse eseguire un simile lavoro, il risultato sarebbe non di rattoppare lo strappo, ma addirittura di ingrandirlo!

Il vino nuovo non può essere messo in otri vecchi, cioè consumati dall’uso, per il semplice motivo che essi non hanno la capacità di sopportare la forza dirompente della fermentazione. Mentre le fibre degli otri nuovi, a differenza di quelle dei vecchi, sono in condizione di assorbire l’urto della fermentazione, così non si correrà alcun rischio che il vino possa perdersi. Con questa similitudine, Gesù conclude dicendo: il vino nuovo si mette in otri nuovi e l’uno e gli altri si conservano.

A questo punto, è d’obbligo formulare la seguente domanda: qual è l’insegnamento che Gesù ha voluto dare con l’immagine della stoffa nuova e del vino nuovo? È impossibile negare che il Figlio di Dio, Gesù Cristo, con la Sua venuta sulla terra sia stato portatore di cose nuove. La Sua dottrina e i Suoi insegnamenti erano veramente nuovi, rispetto a quello che offriva il giudaismo. Per cogliere il significato delle affermazioni di Gesù, è utile ricordare le Sue parole:

Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.
Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto
(Matteo 5:17-18).

Dal momento che in Cristo abbiamo il compimento della legge e dei profeti, non è possibile che la dottrina e gli insegnamenti di Gesù possano stare insieme con quelli della legge e dei profeti. Il motivo consiste nella loro incompatibilità. La legge e i profeti — per rifarci al paragone di Gesù — possono essere paragonati al vestito vecchio e agli otri vecchi. Il vino nuovo della grazia di Dio va messo in otri, cioè recipienti nuovi. La conservazione, cui fa riferimento Gesù, non significa che il vecchio e il nuovo devono essere mescolati e conservati insieme, ma che il vecchio va conservato con il vecchio e il nuovo con il nuovo, cioè che le due cose vanno conservate separatamente.

«Il duplice detto figurato della toppa e del vino, preso alla lettera, intende proclamare l’incompatibilità del nuovo con l’antico e parla in termini positivi della dinamica del nuovo. Il vino nuovo è simbolo del tempo della salvezza. Il nuovo va identificato soprattutto col regno di Dio, che mette in questione l’antico e quanto è durato finora» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, Parte prima, pagg. 494,496].

«Non si può adoperare il nuovo per rabberciare il vecchio o per colarlo in stampi del passato. Quel che è accaduto in Gesù libera da ogni lavoro di aggiustatura. Così l’opera di Gesù viene intesa, una volta di più, in modo radicale come liberazione da ogni tipo opera religiosa. La venuta di ciò che è nuovo — e sola questa — ha reso ciò che è vecchio definitivamente vecchio» [E. Schweizer, Il vangelo di Marco, pag. 58].

«Oltre al digiuno obbligatorio per tutti nel giorno della riconciliazione (Lev. 1:19ss.; 23:27ss; Num.29:7), che anche Gesù e i suoi discepoli avranno osservato, i Farisei, in quanto dotati di particolare zelo religioso, osservavano spontaneamente il digiuno durante la settimana (Luca 18:12: due volte la settimana, il lunedì e il giovedì), per fare penitenza e pregare per la salvezza d’Israele. Il digiuno viene considerato un segno particolare di religiosità. Questo “detto rivoluzionario, animato da un superiore senso di potenza”, è, insieme col primo, un parabolico riferimento al regno di Dio, la cui dinamica (cfr. 9:1) rappresenta un periodo per il vecchio mondo. È un regno che richiede all’uomo cose nuove e rispetto al quale ciò che è vecchio non è adeguato. Questo doppio logion, che è sicuramente un detto autentico di Gesù, va inteso come immagine della dinamica del regno di Dio in quanto novità escatologica. Questo commento della questione del digiuno per mezzo dei detti sul vecchio e il nuovo ha probabilmente la sua migliore collocazione nel contesto della raccolta premarciana in 2:15-3:6. La vecchia prassi (= giudaica) e quella nuova (= cristiana) vengono ora radicalmente contrapposte nella questione dei pagani (= peccatori), del digiuno e del sabato» [R. Pesch, Il vangelo di Marco, Parte prima, pagg. 285,292-293].

PS: Se ci sono domanda da fare, fatele liberamente e risponderemo prontamente
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 23:06.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com