Capitolo 15
PARABOLE DELL’INSISTENZA NEL CHIEDERE
Il testo
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e va da lui a mezzanotte e gli dice: Amico, prestami tre pani,
perché un amico mi è arrivato in casa da un viaggio e non ho nulla da mettergli davanti;
e se quello dal di dentro gli risponde: Non darmi fastidio; la porta è già chiusa, e i miei bambini sono con me a letto, io non posso alzarmi per darteli,
io vi dico che se anche non si alzasse a darglieli perché gli è amico, tuttavia, per la sua importunità, si alzerà e gli darà tutti i pani che gli occorrono» (Luca 11:5-8).
NOTA INTRODUTTIVA
Sono due le parabole che presentano il tema dell’insistenza nel chiedere: quella dell’amico importuno e quella del giudice iniquo. Queste due parabole, pur avendo il contesto diverso l’una dall’altra, hanno in comune lo stesso tema, cioè il risultato che si ottiene nell’insistere in una determinata richiesta. Le due parabole in questione sono riferite solamente da Luca, mentre Matteo e Marco non ne fanno alcun accenno.
Nella parabola in questione, il testo greco presenta i vv. 5-7 nella forma interrogativa (come hanno giustamente messo in risalto J. Jeremias e A. Kemmer) [Cfr. J. Jeremias,
Le parabole di Gesù, pagg. 194-195; A. Kemmer,
Le parabole di Gesù, pag 74], però non tutti i traduttori li hanno resi in quel modo. La prova sta nel fatto che non tutti hanno inserito il punto interrogativo. Inoltre, tra quelli che l’hanno fatto, non tutti l’hanno messo nello stesso versetto. La
ND l’ha messo al termine del v. 7; G. Diodati l’ha inserito al termine del v. 6; la
NR e la
CEI l’ignorano completamente. La
King James Version l’ha messo al termine del v. 6, mentre la
Revised Standard Version l’ha inserito al termine del v. 7.
Se bisogna essere precisi, è vero che in greco il segno grafico dell’interrogazione è un punto e virgola(;), che nei versetti in questione non figura. Ma nel N.T. la frase
tis ecs umōn introduce di regola proposizioni interrogative per le quali ci si attende una risposta enfatica come: «Impossibile! Nessuno!», oppure: «Si capisce! Chiunque!». In lingua moderna, questo
tis ecs umōn si renderebbe nel miglior modo dicendo: «Potreste immaginare che qualcuno fra voi…» (Matteo 6:27 par. Luca 12:25; Matteo 7:9 par. Luca 11:11; Matteo 12:11 par. Luca 14:5; Luca 14:28; 15:4; 17:7).
Esame della parabola
Per valutare nel modo giusto la parabola dell’amico importuno e cogliere tutta la ricchezza d’insegnamento che essa ci offre, è necessario tener presente il contesto:
Gesù era stato in disparte a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano;
e perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore; e non ci esporre alla tentazione» Luca 11:1-4).
Appare abbastanza chiaro che la descrizione della parabola non solo presenti un particolare atteggiamento da assumere davanti a certe situazioni particolari, ma dia anche più forza e vivacità alla preghiera con un esempio di vita pratica. Quello che Gesù raccontò nella parabola rispecchiava esattamente ciò che spesso succedeva nei piccoli villaggi palestinesi.
A motivo delle alte temperature, tanti preferivano viaggiare di notte. Arrivare a mezzanotte in casa di un amico non era inconsueto e anormale; rientrava nella logica di quel tempo. Diventava però imbarazzante per chi doveva ospitare, quando non veniva dato un preavviso. Sembra che l’uomo che arrivò nottetempo in casa dell’amico non avesse avuto in mente di mandare un preavviso: si presentò all’improvviso. Visto che il padrone di casa non aspettava nessuno, non era provvisto di cibo per offrirlo all’ospite. Il pane, cibo principale per ogni famiglia, di solito veniva preparato durante la mattinata e veniva consumato durante tutta la giornata; di conseguenza, non erano tante quelle famiglie a cui rimanesse cibo. Nei piccoli villaggi, dove tutti i residenti si conoscevano, non era difficile sapere in quale casa fosse rimasto del pane al termine della giornata. D’altra parte, la mancanza di botteghe dove si vendeva il pane rendeva più difficile procurarsi il cibo in caso di emergenza, cioè di ospiti che arrivassero all’improvviso.
Era proprio questo il caso della famiglia della nostra parabola che, nottetempo, vide arrivare in casa una persona. A quei tempi, l’ospitalità era considerata un dovere sacro e onorevole; di conseguenza, non veniva mai rifiutata. Come abbiamo accennato, nella casa dove arriva l’ospite non c’è pane per offrirlo al nuovo arrivato. Visto che il padrone di casa conosce un amico che ha una scorta di pane, non indugia a bussare alla sua porta, pur sapendo che era notte e che tutti i componenti di quella famiglia erano andati a letto. Un uomo che va a bussare alla porta di casa di qualcuno, a mezzanotte, non è forse un disturbatore, tenendo conto dell’ora insolita? Certamente! Ma, allora, perché ci va? Non si tratta di un capriccio, e questo non può essere neanche considerato un atto violento col fine di disturbare una famiglia che si trova a letto. È il bisogno che costringe quell’uomo ad agire in quel modo! Si tratta di un’emergenza che non può essere rimandata ad un prossimo futuro.
Fuori della porta si ode una voce, ferma e decisa, che dice: «Amico, scusami se a quest’ora insolita sto bussando alla tua porta: è arrivato a casa mia un mio amico da lontano,
prestami tre pani, perché non ho nulla da mettergli davanti». Se egli bussa a quella casa non è solamente perché si tratta di un suo amico, ma anche perché sa che in quella casa c’è del pane. Infatti, la risposta che arriva dal di dentro non dice che non ha pane, ma:
Non darmi fastidio; la porta è già chiusa, e i miei bambini sono con me a letto, io non posso alzarmi per darteli (v. 7). Questo significa che in quella casa c’è del pane, e se l’amico risponde che non può alzarsi per darglielo è solamente perché la porta è chiusa e i suoi bambini sono a letto.
Per comprendere quella situazione è necessario tener presente che, di solito, la porta di una casa si chiudeva col chiavistello. Il chiavistello (una trave trasversale o una spranga di ferro) veniva fatto scorrere attraverso gli anelli che si trovavano sui battenti della porta; l’apertura del chiavistello era complicata e faticosa e faceva molto rumore, tanto da svegliare quelli che erano a letto. Inoltre, nei piccoli villaggi palestinesi di quei tempi, la maggioranza delle case aveva una sola camera, dove l’intera famiglia dormiva insieme su un’unica stuoia nella parte più alta della casa. Se il padre si fosse alzato ad aprire il catenaccio, l’intera famiglia sarebbe stata disturbata. Ecco perché, dal didentro della casa, l’amico risponde:
Non posso alzarmi per darteli.
La continuazione della parabola mette in risalto l’elemento principale di tutta la descrizione, e cioè che se anche quell’uomo non si alzasse a darglieli perché gli è amico, tuttavia, per l’importunità dell’altro si alzerà e gli darà tutti i pani che gli occorrono. È quindi l’importunità a far decidere l’amico ad aprire la porta per dare tutto il pane di cui ha bisogno. Una volta che quest’elemento è chiaro all’ascoltatore, Gesù può esortare:
Chiedete con perseveranza, e vi sarà dato; cercate senza stancarvi, e troverete; bussate ripetutamente, e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova, e sarà aperto a chi bussa (vv. 9-10).
Si continuerà il prossimo giorno...