Domenico34 – Le parabole di Gesù – Capitolo 12. LA PARABOLA DELLE DIECI VERGINI

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Domenico34
00giovedì 21 aprile 2011 13:49

Capitolo 12




LA PARABOLA DELLE DIECI VERGINI




«Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono ad incontrare lo sposo.
Cinque di loro erano stolte e cinque avvedute;
mentre le avvedute, insieme con le loro lampade, avevano preso dell’olio nei vasi.
Siccome lo sposo tardava, tutte divennero assonnate e si addormentarono.
Verso mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, uscitegli incontro!
Allora tutte quelle vergini si svegliarono e prepararono le loro lampade.
E le stolte dissero alle avvedute: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono.
Ma, mentre quelle andavano a comprarne, arrivò lo sposo; e quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze, e la porta fu chiusa.
Più tardi vennero anche le altre vergini, dicendo: Signore, Signore, aprici!
Ma egli rispose: Io vi dico in verità: non vi conosco.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora»
(Matteo 25:1-13).

La parabola delle dieci vergini è riferita solamente da Matteo; non sapremmo dire perché gli altri due evangelisti, Marco e Luca, non ne fanno parola. Gnilka riferisce che

«è in atto oggi una discussione tra gli studiosi, che si chiedono se abbiamo a che fare con una parabola o con un’allegoria». Sempre a detta dello stesso autore, è «ancora più controversa la determinazione della provenienza del brano sul piano della storia della tradizione. Essa dipende dalla determinazione del genere. Si hanno tre posizioni: 1. Alcuni ritengono che la parabola provenga da Gesù; essa trattava del regno di Dio. La tradizione o Mt. l’hanno riferita alla parusia e allegorizzata. 2. Altri considerano la parabola come creazione della comunità o della redazione matteana. Sin dall’inizio essa ha di mira la parusia e affronta la problematica della dilazione. 3. Nella sua forma attuale, la parabola sarebbe postpasquale o avrebbe una forte impronta matteana. Ma alla sua base c’è una parabola di Gesù, che non può essere ricostruita» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, parte seconda, pagg. 508-509; cfr. A. Kemmer, Le parabole di Gesù, pag. 101].

Infine, «gli studiosi si sono dati da fare per mostrare che le condizioni descritte corrispondono alle usanze nuziali della regione del tempo. Ma si è trattato d’indagini orientate di volta in volta in una sola determinata direzione. Altri studiosi hanno riso di questi sforzi o li hanno stimati inutili, perché hanno ritenuto il tutto sia inteso sin dall’inizio in senso allegorico e improntato al concetto che si vuole illustrare. Dobbiamo ammettere che le nostre informazioni sulle usanze nuziali anteriori l'anno 70 sono relativamente scarse» [Ibidem, pagg. 512-513].

Anche Francis Wrigth Beare sostiene la stessa cosa: «la difficoltà maggiore per noi nell’interpretare questa parabola è la mancanza d’informazioni circa le usanze matrimoniali giudaiche dell’epoca» [F. W. Beare, Il vangelo secondo Matteo, pag. 535].

Infine, anziché andare dietro a chi cerca di dare un significato al numero dieci, non è da scartare il suggerimento di Gnilka: «Il numero dieci serve (e noi aggiungiamo in questo caso) alla suddivisione in due gruppi, di cinque stolte e cinque prudenti» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, parte seconda, pagg. 511].

1. Le stolte

Dobbiamo concentrare la nostra attenzione e riflettere seriamente sui due concetti di stoltezza e di avvedutezza, in modo da comprendere in cosa consista la differenza. Per valutare meglio la questione nelle sue giuste dimensioni, non credo che ci sia un paragone migliore di quello che portò Gesù quando precisò:

«Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica sarà paragonato ad un uomo avveduto che ha costruito la sua casa sopra la roccia.
La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno investito quella casa; ma essa non è caduta, perché era fondata sulla roccia.
La pioggia è caduta, sono venuti i torrenti, i venti hanno soffiato e hanno fatto impeto contro quella casa, ed essa è caduta e la sua rovina è stata grande»
(Matteo 7:24-27).

Per l’avveduto, le parole chiave che mettono in evidenza i concetti di avvedutezza e di stoltezza sono: chi mette in pratica le parole di Gesù; per lo stolto, chi si limita solamente ad ascoltarle e non le mette in pratica. La similitudine serve a farci comprendere il comportamento delle due persone in oggetto, quando, passando all’atto pratico, esse riveleranno a quale categoria appartengono.

Se l’uomo avveduto ha posto il fondamento della sua casa sulla roccia, non è stato certamente perché avesse denaro da buttare via. Un simile lavoro richiedeva una spesa non indifferente; egli però, senza tener conto del denaro che avrebbe speso per arrivare alla roccia, lo ha fatto per dare solidità e sicurezza alla sua casa. Nello stesso tempo, così egli ha messo anche in evidenza di volersi difendere dagli eventuali pericoli della pioggia, dei torrenti e dei venti che avrebbero minacciato la sua casa. Questo modo di prevedere le cose — che poi non erano possibilità remote che non si sarebbero mai verificate — rivelò la sua avvedutezza. Infatti, quando vennero la pioggia, i torrenti e i venti e investirono la casa, essa non crollò, appunto perché era stata edificata sulla roccia.

Mentre chi edificò la sua casa sulla sabbia, senza spendere denaro per scavare le fondamenta, certo, aveva risparmiato tempo e denaro, però non aveva portato su un edificio solido capace di resistere alla prova della pioggia, dei torrenti e dei venti. Con ogni probabilità, quella persona che agì in quel modo non aveva pensato e previsto i pericoli, cui fa specifico riferimento la similitudine. Di conseguenza, si era comportata in quel modo. Forse dal vicino di casa ricevette elogi per la celerità con cui aveva edificato la sua casa, però, quando questa crollò, la sua stoltezza venne messa in evidenza dall’imperversare della pioggia, dei torrenti e dei venti. Quelli che non mettono in pratica le parole di Gesù possono avere un’apparenza simile a quelli che le praticano; però, col presentarsi delle varie minacce, si noterà la differenza: gli uni crolleranno e andranno in rovina, mentre gli altri rimarranno fermi e stabili.

In che cosa consisteva la stoltezza delle cinque vergini? Era forse il mancato desiderio di andare incontro allo sposo? Certamente no! Infatti, se esse avessero avuto un simile pensiero, non sarebbero uscite di casa. Mancava loro una lampada per illuminare il tratto di strada che avrebbero dovuto percorrere in compagnia dello sposo? No! Tutte loro, infatti, quando erano uscite dalle loro case, avevano preso una lampada ottima ed efficiente, pienamente adatta alla circostanza. La loro lampada era forse difettosa, cioè screpolata, che invece di contenere l’olio lo faceva uscire? Certamente no! Quelle lampade erano forse di recente fabbricazione e non erano state controllate per verificarne l’efficienza? No di certo! Chissà quante volte quelle cinque vergini le avranno usate e ne avranno constatato la piena efficienza! Ma allora perché esse vennero considerate stolte, dal momento che erano uscite di casa con la ferma intenzione di incontrare lo sposo e avevano nelle loro mani lampade in piena efficienza? Si dovranno considerare stolte le cinque vergini per essersi addormentate? No di certo! Infatti, anche le altre vergini, che furono considerate avvedute, si erano addormentate come loro. Allora in che cosa consistette la loro stoltezza? Nel fatto di non aver previsto il ritardo della venuta dello sposo e di non aver preso abbastanza olio per un tempo prolungato.

Si continuerà il prossimo giorno...
Domenico34
00venerdì 22 aprile 2011 00:25
Infine, la stoltezza di quelle vergini non apparve quando esse uscirono di casa con le lampade in mano o quando si addormentarono, bensì al grido della voce che diceva: Ecco lo sposo, uscitegli incontro! In altre parole, fu la venuta dello sposo a rivelare che quelle cinque vergini erano stolte, perché nelle loro lampade non c’era più olio. Infatti, l’olio che avevano messo inizialmente nelle lampade si era esaurito, e siccome esse non avevano una scorta con loro di quel combustibile per supplire a quella mancanza, non poterono seguire lo sposo nella casa nuziale. Sarà, infatti, la venuta dello sposo, cioè il ritorno di Gesù Cristo, a mettere in luce le tante sorprese e a rivelare, allo stesso tempo, chi appartiene al numero degli avveduti e chi invece a quello degli stolti.
Al risveglio, le vergini stolte, rendendosi conto di non avere più olio nelle loro lampade, si rivolsero alle colleghe avvedute e chiesero loro dell’olio per le proprie lampade. Queste ultime, però, lungi dall’acconsentire alle loro richieste, consigliarono alle colleghe di andare a comprarlo dai venditori con la giustificazione che l’olio non sarebbe bastato alle lampade di entrambi i gruppi.

Come spiegava ai suoi tempi, Giovanni Crisostomo, la parabola in questione? Ecco le sue parole:

«La “parabola delle vergini” tratta particolarmente dell’elemosina. Egli inoltre designa qui col nome di lampade il dono stesso della verginità, la purezza della santità, mentre l’olio rappresenta la misericordia, l’elemosina, l’aiuto ai poveri. Oltre a ciò intende sottolineare che la morte è un sonno: “s’addormentarono”, dice, infatti. Gesù le chiama di nuovo “stolte”, per sottolineare che niente è più insensato del comportamento di chi accumulano ricchezze in questa vita e che, nudi, se ne andranno all’altro mondo. Andate piuttosto dai venditori e compratevelo. E chi sono in venditori? I poveri» [G. Crisostomo, Commento al vangelo di S. Matteo, volume 3, pagg. 247-249].

La sua esegesi, valida per la mentalità dei suoi tempi, è discutibile ai nostri giorni e non sapremmo quanti sarebbero disposti ad accettarla. Per Donfried, «l’olio è metafora per le opere buone», mentre per Lutero «l’olio delle lampade rappresenta la fede» [J. Gnilka, Il vangelo di Matteo, parte seconda, pagg. 516,518, nota 35].

Quale fu l’epilogo delle vergini stolte? La parabola precisa che mentre esse si misero in cammino per cercare i venditori da cui comprare l’olio, arrivò lo sposo e quelle che erano pronte entrarono con lui nella sala delle nozze, e la porta fu chiusa. Quando più tardi arrivarono le vergini stolte e chiesero: Signore, Signore, aprici!, la risposta fu: Non vi conosco.

Tale sarà la sorte di quanti, nel corso della loro esistenza terrena, non avranno pensato di prepararsi per la vita futura, cioè per l’eternità. La preparazione, ovviamente, non consiste nel compiere opere meritorie, ma nella fede in Dio e nell’accettazione del Figlio di Dio, Gesù Cristo, quale personale Salvatore. Anche se le buone opere non verranno screditate, ma saranno premiate nella vita futura, l’accesso alla sala nuziale — che è una figura tipologica della salvezza e della gloria dell’eternità, cioè del cielo — non sarà concesso in virtù di esse, ma solamente per i meriti di Cristo Gesù e per la fede in Lui.

Infine, si illude chi pensa che dopo la morte ci sarà un’altra opportunità di salvezza. La Bibbia è molta chiara e specifica in questo settore quando afferma:

«Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori, come nel giorno della ribellione» (Ebrei 3:15; 4:7).
Poiché egli dice: «Ti ho esaudito nel tempo favorevole, e ti ho soccorso nel giorno della salvezza». Eccolo ora il tempo favorevole; eccolo ora il giorno della salvezza!
(2 Corinzi 6:2).

così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza (Ebrei 9:27-29).

2. Le avvedute

Il gruppo costituito delle cinque vergini avvedute esce di casa per andare ad incontrare lo sposo e accompagnarlo nella casa nuziale al pari dell’altro gruppo, cioè, delle vergini stolte. Anche loro sono provviste di lampade per illuminare la strada che dovranno percorrere. L’olio che hanno preso è abbastanza da durare per tutto il tempo dell’attesa, ed anche per un possibile ritardo dello sposo. Si afferma che quando lo sposo ritardò, anche le vergini avvedute si addormentarono. Però, non appena si destarono dal sonno al grido della voce che diceva: Ecco lo sposo, uscitegli incontro!, esse poterono subito preparare le loro lampade, mettersi in cammino e andare ad incontrare lo sposo.

Se si fosse addormentato solamente il gruppo delle vergini stolte, si avrebbero tutte le ragioni per affermare che esse erano venute meno alla loro vigilanza. Siccome, però, si addormentarono anche le vergini avvedute, le quali andarono ad incontrare lo sposo ed entrarono nella casa nuziale — cosa che non viene riferita delle vergini stolte —, l’addormentarsi non può avere il senso di venir meno nella vigilanza. A conferma di quanto stiamo asserendo, resta assodato che a nessuna delle dieci vergini venne mosso un rimprovero per essersi addormentata. Questo dimostra che il sonno delle vergini non può essere interpretato come un raffreddamento della fede e un venir meno nella vita spirituale, o peggio ancora come uno sviamento. Inoltre, l’esortazione finale: Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora, non può farsi risalire all’addormentamento delle vergini, per correttezza e coerenza interpretativa, senza che la parabola entri in contraddizione con se stessa. Di conseguenza, il sonno delle vergini dovrà avere un altro significato. Non è quindi illogico e privo di una coerenza interpretativa (anche se non tutti i commentatori sono concordi nell’accettare quest’interpretazione) se si pensa alla morte come a un dormire, secondo l’autorevole affermazione di Gesù (Giovanni 11:11-13). Anche Crisostomo dava questo senso al dormire delle vergini [Cfr. G. Crisostomo, Commento al vangelo di S. Matteo, volume 3, pag. 248].

A questo punto, come spiegare il ritardo dello sposo? Secondo Jeremias, ciò avveniva «quando non si riusciva a mettersi d’accordo sull’ammontare del contratto nuziale» [J. Jeremias, Le parabole di Gesù, pag. 212].

Per quanto riguarda le cinque vergini avvedute e lo sposo, la scena della parabola si conclude affermando che lo sposo e le vergini entrarono nella sala delle nozze e la porta venne chiusa. Questo significa che nessun altro sarà ammesso al banchetto nuziale. La prova è data dal fatto che, quando arrivarono le cinque vergini stolte, pur richiedendo di entrare, non l’ottennero. Il testo precisa che quelle che entrarono nella sala nuziale erano pronte, e ciò vuol significare che avevano tutti i requisiti per partecipare alla festa nuziale.
L’esortazione finale è la seguente: Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora, e anche se gli studiosi riconoscono che è stata un’aggiunta posteriore dell’evangelista Matteo, tuttavia essa corrisponde in maniera mirabile al messaggio della parabola. Qual è, dunque, il suo significato? Siccome è certo che nessuno conosce esattamente il giorno e l’ora in cui Gesù, lo sposo divino, ritornerà, conviene mantenersi pronti e preparati per quell’evento straordinario.

Anche se noi abbiamo dato il senso della morte al dormire delle dieci vergini, questo però non significa che quando un credente muore, fisicamente parlando, Gesù Cristo sia ritornato per quel fedele.

«Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me!
Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo?
Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi
(Giovanni 14:1-3).

E come essi avevano gli occhi fissi al cielo, mentre egli se ne andava, due uomini in vesti bianche si presentarono a loro e dissero:
«Uomini di Galilea, perché state guardando verso il cielo? Questo Gesù, che vi è stato tolto, ed è stato elevato in cielo, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo»
(Atti 1:10-11).

Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati.
Poiché vi diciamo questo fondandoci sulla parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati;
perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo;
Incoraggiatevi dunque gli uni gli altri con queste parole
(1Tessalonicesi 4:13-18).

Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore,
che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa
(Filippesi 3:20-21).

Spiritualizzare questi passi biblici significa capovolgere l’insegnamento della Parola del Signore e fare, con premeditazione, violenza al testo sacro.

PS: Se ci sono domande da fare. Fatele liberamente e risponderemo prontamente
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